Capitolo I – Introduzione
2
Alleanza per i Vaccini “GAVI” (Global Alliance for Vaccines and Immunization), per
assicurare ad ogni bambino del mondo la protezione dalle malattie prevenibili con i
vaccini, nella convinzione che l’immunizzazione sia una pietra miliare per la salute, un
elemento chiave di un più largo quadro di sviluppo economico e di riduzione della
povertà ed un passo avanti essenziale nella protezione della salute dei bambini.
Anche le attività mediche presenti nella quasi totalità dei progetti di MSF (Medici Senza
Frontiere) sono volte a ridurre l’incidenza delle principali malattie e di conseguenza le
invalidità e le morti ad esse correlate.
La priorità è la tutela dell’età infantile, che vede ancora oggi oltre 900.000 bambini
vittime del morbillo, 370.000 della pertosse e 200.000 neonati vittime del tetano. Dei 10
milioni di bambini che ogni anno muoiono prima di compiere 5 anni, 2,5 milioni
scompaiono per malattie che possono essere evitate con vaccini disponibili da tempo.
Non è difficile immaginare che le popolazioni maggiormente interessate dal problema
siano quelle dei Paesi in via di sviluppo ed in particolare alcune nazioni dell’Africa.
Nel 2001 UNICEF e WHO (World Health Organization) hanno lanciato una campagna
di vaccinazione contro il morbillo che ha adottato l’obiettivo, stabilito in occasione della
sessione speciale dell’assemblea generale dell’ONU sull’infanzia del maggio 2002, di
ridurre i decessi infantili dovuti al morbillo tra il 1999 e il 2005. I risultati
dell’immunizzazione contro il morbillo, che ha determinato la vaccinazione di più di
217 milioni di bambini tra il 2001 e il 2005, sono andati ben oltre quello che era
l’obiettivo dell’ONU: i decessi provocati dal morbillo sono diminuiti del 60% tra il
1999 e il 2005. L’Africa ha contribuito al 72% della riduzione assoluta di morti.
Secondo alcune stime, la vaccinazione ha concorso ad evitare quasi 7,5 milioni di morti
provocate dalla malattia.
Tra i principali obiettivi UNICEF nella sanità figura la situazione d’emergenza del Sud
Sudan. Attraverso due successive campagne nazionali antipolio effettuate a Febbraio e
Aprile 2006, l’UNICEF ha contribuito alla vaccinazione, rispettivamente di 2,4 e 2,2
milioni di bambini contro la polio. Alla fine di Luglio oltre 6 milioni di bambini sono
stati vaccinati contro la poliomielite, grazie all’attuazione di campagne di vaccinazione
di massa realizzate in tutto il Sudan mobilitando 4.000 operatori sanitari, tra vaccinatori,
addetti alla sensibilizzazione comunitaria in vista della campagna d’immunizzazione e
tecnici per le attrezzature per la conservazione dei vaccini. Queste misure sono state
Capitolo I – Introduzione
3
notevolmente potenziate e contribuiranno in maniera fondamentale all’estensione delle
vaccinazioni di routine contro il complesso delle malattie dell’infanzia.
Le strategie attuate devono tenere conto di alcune condizioni essenziali alla riuscita del
programma d’immunizzazione: per esempio, della stabilità sociale che incide sulla
continuità dell’azione ed il completamento del calendario vaccinale, delle risorse locali
(infrastrutture e formazione del personale) e della possibilità di assicurare la
conservazione ed il trasporto dei vaccini mantenendo la temperatura idonea (catena del
freddo).
Per avere una visione globale e immediata del problema dell’immunizzazione
riportiamo le statistiche diffuse dall’UNICEF nell’ultimo rapporto riguardo alla
condizione dell’infanzia nel 2008.
Tasso MIS5
Paese Posizione MIS5
1970 1990 2006
% di riduzione MIS5
dal 1990 ad oggi
Sierra Leone 1 368 290 270 7
Angola 2 300 260 260 0
Afghanistan 3 320 260 257 1
Niger 4 330 320 253 21
Liberia 5 263 235 235 0
Mali 6 400 250 217 13
Cina 101 118 45 24 47
Brasile 113 136 57 20 65
Stati Uniti 151 26 12 8 33
Italia 175 33 9 4 56
Tab. 1.1 – Statistiche UNICEF per la condizione dell’infanzia 2008
1.2 La catena del freddo
La componente essenziale di un programma di immunizzazione, per una nazione, è la
possibilità di utilizzare vaccini sicuri ed efficaci in tutto il territorio. Quasi tutti i vaccini
per mantenere l’efficacia devono essere mantenuti ad una temperatura che varia tra i
2°C e gli 8°C fino al momento della somministrazione. Il trasporto e la conservazione
dei vaccini allo stato di refrigerazione, costituiscono la cosiddetta cold chain, o catena
Capitolo I – Introduzione
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del freddo (figura 1.1), che rappresenta la sfida tecnica e logistica di un programma di
immunizzazione.
Fig. 1.1 – Rappresentazione schematica della catena del freddo
La funzionalità della catena del freddo s’interrompe, nella maggior parte dei casi, dopo
la fase di trasporto. Non tutti i Paesi possono disporre con continuità di energia
sufficiente per la conservazione duratura su tutto il territorio. Per questo l’UNICEF e le
altre autorità competenti sono costrette a formulare alternative valide, come “le giornate
delle vaccinazioni”, soprattutto nei luoghi lontani dai grandi centri abitati. La fig. 1.2
rappresenta in maniera evidente le località mondiali con maggiori problemi di
distribuzione di energia elettrica (fonte: IEA).
Fig. 1.2 – Popolazione che non aveva elettricità nel 2002 e previsioni e stima nel 2030
Capitolo I – Introduzione
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1.3 La produzione del freddo e le norme ambientali
La produzione del freddo si può oggi ottenere con tecniche diverse. Fra queste quelle
che sembrano aver avuto più successo sono i sistemi a compressione azionati da motore
elettrico o endotermico, i sistemi ad assorbimento ed i sistemi ad adsorbimento. I primi,
molto più diffusi, sono ampiamente presenti nel mercato detenendo il primato quasi
assoluto; i secondi sono sistemi che presentano notevoli potenzialità e in uso per grosse
potenze, mentre le macchine ad adsorbimento sono attualmente allo studio ed il loro
utilizzo è in via di sperimentazione.
I sistemi a compressione si sono diffusi notevolmente negli ultimi 50 anni saturando
quasi totalmente il mercato dei sistemi di refrigerazione. I motivi di tale successo
tecnico ed economico possono essere ricercati nella loro elevata affidabilità e semplicità
costruttiva e, nella loro variante azionata da motore endotermico, dalla possibilità di
cogenerazione.
Tali sistemi sono stati messi in evidenza già da diversi anni per la loro correlazione con
i fenomeni di distruzione dello strato di ozono ed effetto serra.
Causa di tali fenomeni sono i clorofluorocarburi (CFCs) che sono da sempre stati
utilizzati come fluidi frigorigeni nei sistemi a compressione.
Nel 1985 è stata firmata una Convenzione per la protezione dello strato di ozono che
impegna i Paesi contraenti a regolamentare la produzione e l’uso di CFCs.
Con il protocollo di Montreal del 1987 è stata concordata una riduzione del 50% della
produzione di CFCs entro il 1999. Intanto si è ricorsi all’impiego, nei cicli frigoriferi a
compressione, degli HCFCs, ovvero idroclorofluorocarburi, che per la loro relativa
instabilità, limitano la permanenza del Cl nella stratosfera a soli a 3 anni. Questa scelta,
limitata a pochi anni, serve a permettere la ricerca e l’impiego di nuovi fluidi
frigorigeni.
Infatti nell’incontro di Londra del 1990 è stata concordata l’eliminazione totale dei
CFCs entro il 2005, e l’uso dei HCFCs, nei casi di non disponibilità di tecnologie
alternative meno dannose per l’ozono, fino e non oltre il 2040. Nel Dicembre 1997
viene stabilita a Kyoto, Giappone, l’adozione di un protocollo secondo il quale i Paesi
industrializzati si impegnano a ridurre, per il periodo 2008 – 2012, il totale delle
emissioni di gas ad effetto serra almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990.
Capitolo I – Introduzione
6
I CFCs e HCFCs sono fluidi frigorigeni che presentano elevate caratteristiche
termodinamiche, per cui l’utilizzo di fluidi innovativi in cicli frigoriferi a compressione
comporta l’evidente riduzione dell’efficienza delle macchine che lavorano con tali cicli;
questo implica la necessità di introdurre un maggiore quantitativo di energia elettrica o
termica per poter produrre lo stesso effetto frigorifero. Nell’ottica del rispetto del
protocollo di Kyoto la produzione di freddo con il metodo a compressione mediante
l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili appare una soluzione ottimale che potrebbe
avere notevoli sviluppi per il futuro.
1.4 La produzione del freddo partendo dal sole
Il fabbisogno di energia è in costante aumento, non solo per le necessità dei Paesi
industrializzati, ma soprattutto per migliorare le condizioni di vita dei popoli meno
sviluppati. L’attuale situazione socio – economica del mondo e i suoi continui sviluppi
stanno provocando livelli di inquinamento sempre più alti e turbamenti sulla futura
disponibilità delle risorse. Si cerca dunque di trovare soluzioni alternative sfruttando le
cosiddette fonti rinnovabili per produrre energia.
Tra le fonti energetiche rinnovabili, quella solare riveste sicuramente un ruolo di
primaria importanza, date le caratteristiche che le si riconoscono: pulita, sicura, gratuita,
inesauribile.
L’impiego dell’energia solare costituisce un obiettivo che ha giustificato e giustifica lo
stanziamento di cospicui fondi in molti Paesi del mondo.
Bastano alcune cifre per comprenderne il motivo. La Terra intercetta una potenza di
radiazione solare di 178.500·10
12
W che corrispondono ad un’energia di 5.633.000
exaJoule (10
18
Joule) per anno. Il consumo medio globale di energia nel nostro pianeta è
stato di circa 300 exaJoule/anno. L’umanità pertanto consuma in un anno l’equivalente
di quanto il Sole invia sulla Terra in 28 minuti primi.
Il Sole è la risorsa energetica meglio diffusa nel pianeta e la radiazione solare può essere
sfruttata per produrre energia elettrica grazie al processo fotovoltaico che letteralmente
significa elettricità dalla luce. Il termine fotovoltaico è infatti l’unione di due parole
“Photo” dal greco phos (luce) e “Volt” che significa elettricità.
Capitolo I – Introduzione
7
Produrre energia elettrica con la tecnologia fotovoltaica evita inoltre l’immissione di
sostanze inquinanti come l’anidride carbonica, emessa in grande quantità dalle centrali
termoelettriche. Questa fonte di energia deve però fare i conti con la sua intermittenza.
La captazione dell’energia solare al livello del mare risente dell’assorbimento dovuto
all’atmosfera (fig. 1.3), della diversa inclinazione dei raggi, del succedersi del giorno e
della notte e della nuvolosità.
Fig. 1.3 – Le componenti della radiazione solare
Questo influisce direttamente e in maniera sostanziale nei sistemi isolati (stand – alone)
non collegati alla rete elettrica, che per produrre elettricità in continuità, hanno bisogno
di batterie per l’accumulo o di altri generi di accumulo energetico. L’idea di impiegare
l’energia solare per la produzione del freddo appare immediatamente brillante in quanto
le punte di domanda possono coincidere con le punte dell’offerta. Questa applicazione
quindi si presenta fra le più consone all’utilizzo dell’energia solare e fra le più
meritevoli di studio ed applicazione. Il problema è stato oggetto di varie ricerche e
l’indagine in questo campo ha la caratteristica di richiedere un programma che vada
dalla ricerca di base fino alla costruzione di prototipi e alla sperimentazione continua in
funzione del clima. D’altra parte le esigenze delle applicazioni del freddo per la
Capitolo I – Introduzione
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conservazione dei vaccini, per il benessere delle persone e per numerosi altri scopi, si
diffondono soprattutto nei paesi tropicali in via di sviluppo che presentano il gran
vantaggio di un clima favorevole alla produzione di energia dal sole.
1.5 Il ciclo frigorifero a compressione di vapore
Attualmente la tecnica più diffusa per la produzione del freddo è quella a compressione
di vapore; essa si basa, come del resto le altre tecniche, sull’operare di un ciclo inverso.
Nei cicli inversi bitermici, il sistema S (fig.1.4) mediante la spesa di lavoro esterno |L|
assorbe una certa quantità di calore |Q
2
| da una sorgente a temperatura più bassa T
2
e
cede ad un “serbatoio” a temperatura T
1
più alta una quantità |Q
1
| di calore che somma
del calore |Q
2
|, asportato alla temperatura T
2
, e dell’equivalente termico del lavoro |L|.
Nelle macchine frigorifere e nei sistemi per il condizionamento dell’aria si trasferisce
calore continuamente da una sorgente a temperatura più bassa (l’interno del frigorifero
o l’ambiente da raffreddare) ad una a più alta temperatura (l’ambiente esterno). Nelle
pompe di calore, invece, si rende disponibile ad un sistema isolato (ad es. i locali da
riscaldare) una quantità di calore ad alta temperatura sottratta all’ambiente esterno a
temperatura più bassa.
A
Ambiente
|Q 2|
|L|
|Q 1|
S
Sistema isolato
Ambiente
B
|Q 1|
Sistema isolato
|L| S
|Q 2|
T 1>T2
T 2
T 2
T 1
T 1
Fig. 1.4 – Schema fondamentale di una pompa di calore (A) e di una macchina frigorifera (B)
Capitolo I – Introduzione
9
Le prestazioni delle macchine operanti un ciclo inverso vengono valutate tramite il
Coefficient Of Performance (coefficiente di effetto utile) COP che viene così calcolato.
Nel caso di pompa di calore, con riferimento alla fig. 1.4 si ha:
12 2
1
pc
QQ Q
L
COP
LL L
(1.1)
essendo ovviamente, per il primo principio della termodinamica:
12
QQ
L
(1.2)
Per le macchine frigorifere il coefficiente di effetto utile assume la seguente forma:
2
frig
Q
COP
L
Η (1.3)
Per la (1.1) e la (1.3) si ha quindi:
1
pc
COP
Η (1.4)
Dalla (1.4) si capisce che il COP
pc
non è un rendimento e il suo valore risulta essere
sempre maggiore dell’unità. Infatti, alla sorgente a temperatura elevata viene reso non
solo l’equivalente del lavoro speso ma anche il calore (gratuito) assorbito dalla sorgente
a temperatura più bassa.
1.6 Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo sostenibile è una forma di sviluppo (che comprende quello economico,
delle città, delle comunità, etc.) che non compromette la possibilità delle future
generazioni di perdurare nel tempo preservando la qualità e la quantità del patrimonio e
Capitolo I – Introduzione
10
delle risorse naturali che sono esauribili. L'obiettivo è di mantenere uno sviluppo
economico compatibile con l'equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime
di equilibrio ambientale.
La prima definizione in ordine temporale è stata quella contenuta nel rapporto
Brundtland (dal nome della Commissione, la norvegese Gro Harlem Brundtland) del
1987 e poi ripresa dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU
(World Commission on Environment and Development, WCED):
“lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni
attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a
soddisfare i propri”.
Questa dichiarazione sintetizza alcuni aspetti importanti del rapporto tra sviluppo
economico, equità sociale, rispetto per l’ambiente. È la cosiddetta regola dell’equilibrio
delle tre “E”: ecologia, equità, economia.
Tale definizione parte da una visione antropocentrica, infatti al centro della questione
non è tanto l'ecosistema, e quindi la sopravvivenza e il benessere di tutte le specie
viventi, ma piuttosto le generazioni umane.
Una successiva definizione di sviluppo sostenibile, in cui è inclusa invece una visione
più globale, è stata fornita nel 1991 dalla World Conservation Union, United Nations
Environment Programme and World Wide Fund for Nature, che lo identifica come:
“un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli
ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende”.
Nello stesso anno Hermann Daly ricondusse lo sviluppo sostenibile a tre condizioni
generali concernenti l’uso delle risorse naturali da parte dell’uomo:
Il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro
tasso di rigenerazione;
L’immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell’ambiente non deve superare
la capacità di carico dell’ambiente stesso;
Lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.
In tale definizione viene introdotto anche un concetto di “equilibrio” auspicabile tra
uomo ed ecosistema.
Capitolo I – Introduzione
11
Nel 1994, l'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) ha fornito
un'ulteriore definizione di sviluppo sostenibile:
“Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di
una comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da
cui dipende la fornitura di tali servizi”.
Ciò significa che le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali sono strettamente
correlate ed ogni intervento di programmazione deve tenere conto delle reciproche
interrelazioni. Questo concetto è ben esplicato graficamente nella fig. 1.5:
Fig. 1.5 – Schema dello sviluppo sostenibile alla confluenza dei tre principali problemi
La ricerca di tale equilibrio trova la sua massima interpretazione nel 1997 con l’accordo
internazionale noto come protocollo di Kyoto, con il quale 188 nazioni del mondo si
sono impegnate a ridurre le emissioni di gas serra per rimediare ai cambiamenti
climatici in atto.
Per raggiungere questi obiettivi ora si lavora su due vie: