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1. INTRODUZIONE
1.1 La vite
1.1.1 Caratterizzazione botanica
La vite (Vitis vinifera L.) e' un aggregato di forme coltivate e selvatiche distribuite in primo
luogo dall'Asia occidentale all'Europa (Zohary e Hopf 2000).
La vite europea (Vitis vinifera sativa) appartiene al genere Vitis, famiglia Vitaceae o
Ampelidee, ordine Rhamnales, sottoclasse Archiclamidee, classe Dicotiledoni.
Al genere Vitis appartengono circa 40 specie asiatiche e 30 specie americane, comprendenti
due sottogeneri: Muscadinia e Euvitis.
Le specie appartenenti al sottogenere Muscadinia sono: Vitis rotundifolia, Vitis munsoniana
e Vitis popenoei. Esse possiedono un patrimonio cromosomico 2n=40 e sono caratterizzate
dalla forma dei vinaccioli quasi tondeggiante e dall‟assenza di ritidoma (la parte più esterna
della corteccia).
La Vitis rotundifolia è una specie naturale tipica delle coste meridionali degli USA e del
Messico.
Essendo molto resistente alle malattie crittogamiche, alla fillossera e ai nematodi, è stata
utilizzata in esperimenti di ibridazione con la V . vinifera L. e per ottenere nuovi portinnesti
resistenti a fillossera e nematodi.
Il sottogenere Euvitis ha patrimonio cromosomico 2n=38, i vinaccioli hanno forma
piriforme e le parti legnose della pianta presentano il ritidoma. Può essere suddiviso in base
ai climi ed alle zone geografiche di diffusione delle diverse specie che vi appartengono e,
quindi, comprende:
il gruppo delle viti americane;
il gruppo delle viti asiatiche orientali;
il gruppo delle viti euro-asiatiche.
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Nel gruppo delle viti americane troviamo specie polimorfiche con caratteristiche
interessanti.
Alcune sono resistenti al freddo, altre alla peronospora o alla fillossera. Altre ancora hanno
scarsa o nulla attitudine uvifera. Le specie più note sono: Vitis rupestris, Vitis riparia e Vitis
berlandieri, usate come portinnesti o per ottenere ibridi da utilizzare come portinnesti.
Al gruppo delle viti asiatiche orientali appartengono specie resistenti al freddo invernale e
alla peronospora, ma scarsamente alla fillossera, con attitudine uvifera.
Le specie più note sono: Vitis labrusca e Vitis aestivalis, quest‟ultima utilizzata
nell‟ibridazione per la produzione di portinnesti resistenti alle malattie.
Le viti del gruppo euro-asiatico sono tipiche dei climi temperati o temperato-freddi ed
originarie dell‟Asia. Ne fa parte la Vitis vinifera L.: naturalizzata da sempre nel bacino del
Mediterraneo ed in Europa, è la specie più importante del mondo, avendo insuperate
attitudini qualitative. E‟ però molto sensibile alle malattie.
Presenta due sottospecie: Vitis vinifera silvestris o vite selvatica e Vitis vinifera sativa o vite
europea. La V. vinifera silvestris è selvatica, dioica, cresce spontaneamente in Europa ed è
resistente alle malattie, mentre la V . vinifera sativa è ermafrodita, deriva da V . silvestris ed è
la più coltivata (Fregoni 2005).
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1.1.2 La domesticazione della vite
La domesticazione della vite e' iniziata nel Neolitico, approssimativamente 8,000 anni fa
quando le popolazioni umane iniziarono a raccogliere e propagare forme ermafroditiche e/o
partenocarpiche, selezionate tra progenitori selvatici di V . silvestris (Olmo 1995, This et al
2006).
Dalla prima area di domesticazione, più' probabilmente nelle coste meridionali del Mar
Nero e del Mar Caspio e nelle vicinanze, le forme domesticate si diffusero verso occidente
ed arrivarono nel bacino mediterraneo seguendo i principali eventi di civilizzazione e
colonizzazione (Zohary e Hopf 2000).
La coltivazione della vite si espanse poi all'interno, raggiungendo diverse regioni temperato-
fredde dell'Europa e dell'Asia (This et al 2006).
Un inventario preparato da Alleweldt nella meta' degli anni '80 ha rivelato l'esistenza di più
di 14'000 accessioni in qualche modo descritte, la maggior parte delle quali e' rappresentata
da varieta' di V . vinifera varieties (Alleweldt et al 1990).
L'origine della maggior parte di queste e' completamente ignota a causa del frequente
scambio di materiale vegetale tra i numerosi centri secondari di domesticazione e la
probabile ibridazione tra le forme domesticate di V . vinifera var. sativa e le sue forme
selvatiche di V . vinifera var. silvestris, le quali hanno distribuzione geografica sovrapposta
(Arroyo-García et al 2006).
Fino al diciannovesimo secolo, i vigneti erano costituiti con molte varietà' differenti, e
questo probabilmente ha dato luogo ad una naturale e vasta ibridazione.
Dozzine di progenie derivanti da Pinot, Gouais e Chardonnay sono state identificate tra le
varietà note in occidente (Bowers et al 1999, Boursiquot et al 2004) e molti vecchi genotipi
di pregio hanno dato origine a grandi famiglie di cultivar, come i Moscati (Crespan e Milani
2001), le Malvasie (Lacombe et al 2007), i Sangiovesi (Di Vecchi Staraz et al 2007) ed altre.
Inoltre, l'estensiva propagazione vegetativa di diverse cultivar antiche, come Afus Ali,
Chasselas, Grenache, Moscato, Pinot nero, Sangiovese, Sultanina, e altre, ha dato origine a
molte varianti clonali che hanno contribuito alla differenziazione del pool genetico della vite
(Calò et al 2001, This et al 2006, Lacombe et al 2007, Di Vecchi Staraz et al 2007, Ibáñez et
al 2009).
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Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, i vigneti europei furono devastati da
malattie fungine e dalla fillossera, introdotte tutte dall'America, le quali causarono una
drammatica riduzione della diversità genetica.
1.1.3 La vite oggi
Nel ventesimo secolo, lo sviluppo globale dell'industria dell'uva da vino ha ridotto
ulteriormente le varietà' coltivate, portando alla diffusione globale di un ristretto numero di
varietà' prevalentemente di origine francese (Alleweldt et al 1990).
Molte varietà' locali tradizionalmente coltivate furono abbandonate in favore di varietà' più
adatte alla domanda del mercato del vino, e solo recentemente sono state reintrodotte nelle
coltivazioni, in omaggio all'eredita' culturale e alle tradizioni locali, e per diversificare
localmente il mercato.
Oltre al fattore economico, le vecchie varietà locali hanno avuto una storia duratura ed
interessante, legata alle terre dove venivano solitamente coltivate, diventando parte
integrante del paesaggio,delle pratiche agricole tradizionali e della storia delle popolazioni
umane.
C'è' un interesse crescente nella comprensione dell'origine e della diversità' genetica del
germoplasma raccolto in differenti aree geografiche, come anche nel risolvere la
complessità' delle parentele tra questo complesso germoplasma e la relazione tra questo e le
varietà' interazionali maggiormente conosciute.
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1.2 I marcatori molecolari basati sull'analisi del DNA
RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphism)
L‟uso degli enzimi di restrizione e l‟ibridazione del DNA, hanno permesso lo sviluppo della
prima classe di marcatori molecolari, gli RFLP (Restriction Fragment Length
Polymorphism), caratterizzati da polimorfismi basati sull'attività di enzimi di restrizione e
rivelati in Southern blotting con sonde spesso eterologhe.
Gli RFLP sono diventati molto popolari con la scoperta del DNA ripetuto, in particolare il
DNA minisatellite, che ha dato avvio al fingerprinting in campo umano, diventato a sua
volta popolare per la celebrità assunta dal suo utilizzo come prova di colpevolezza, di
paternità ecc. Sono attualmente abbandonati in favore di marcatori amplificati in PCR (SSR
e altri) e SNP.
RAPD (Random Amplified Polymorphic DNA)
I marcatori RAPD sono stati ideati da Welsh et al. (1990) e sono realizzati utilizzando
oligonucleotidi random aventi una lunghezza di circa 10 basi. Tali oligonucleotidi vengono
impiegati come primers per una reazione di PCR random in cui il profilo degli ampliconi
risultanti dipende dai polimorfismi presenti nel DNA genomico analizzato. Questi marcatori
sono semplici da usare poiché non richiedono informazioni di sequenza preliminari.
Nonostante queste buone caratteristiche l‟uso di questo tipo di marcatori è stato
abbandonato poiché la metodologia è di tipo random, i risultati dipendono quindi dalle
condizioni di reazione, dall‟operatore e dal sistema di analisi e sono quindi poco
riproducibili.
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AFLP (Amplified Fragment Length Polymorphism)
I marcatori AFLP possono essere considerati simili ai RAPD poiché non necessitano di
informazioni preliminari sulla sequenza ma hanno un maggior contenuto informativo, cioè
consentono di evidenziare un maggior numero di differenze.
Prevedono un primo step di restrizione del DNA seguito dalla ligazione di oligonucleotidi
adattatori e dalla successiva analisi mediante reazioni di PCR preselettiva e selettiva..
I primers utilizzati per l‟amplificazione sono specifici al 5‟ per gli adattatori impiegati
mentre al 3‟ presentano una o due basi casuali che permettono quindi di selezionare e ridurre
il numero di frammenti risultanti dall‟analisi di restrizione.
Tale tecnica è stata utilizzata per la prima volta nel 1995 da V os et al. e permette di ottenere
dei risultati meglio analizzabili rispetto ai RAPD. Deve essere comunque utilizzata
particolare attenzione durante ogni singolo passaggio della tecnica poiché è anch‟essa
un‟analisi di tipo random ed estremamente influenzata dalle condizioni di reazione,
dall‟operatore e dal metodo di analisi dei risultati. Anche in questo caso è possibile
effettuare un‟analisi automatizzata utilizzando l‟elettroforesi capillare.
SNP (Single Nucleotide Polymorphism)
Gli SNPs sono mutazioni che avvengono naturalmente e che riguardano un singolo
nucleotide. Essi costituiscono la stragrande maggioranza di tutti i polimorfismi di sequenza
nella parte eucromatica di quasi tutti i genomi e sono classificati a seconda della natura del
nucleotide coinvolto.
Gli SNP non codificanti possono trovarsi nelle regioni non trascritte in 5‟ o in 3‟ (NTR),
nelle regioni non tradotte in 5‟ o in 3‟(UTR), in un introne, oppure tra un gene ed un altro
(SNP intergenici) mentre gli SNP codificanti possono essere polimorfismi di sostituzione
(cioè che cambiano l‟aminoacido codificato), oppure polimorfismi sinonimi.
I polimorfismi di non sostituzione comprendono polimorfismi sinonimi e non codificanti,
molti dei quali possono comunque influenzare le funzioni del gene attraverso effetti sulla
regolazione trascrizionale e traduzionale, sullo splicing o sulla stabilità dell'RNA.
Un‟altra possibile classificazione degli SNP è in transizioni o trasversioni. Le transizioni
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trasformano una purina in un‟altra purina, o una pirimidina in un‟altra pirimidina (es. A→G,
C→T e viceversa). Le trasversioni invece trasformano una purina in una pirimidina e
viceversa (es. A o G → C o T). In pratica le transizioni tendono ad avvenire con una
frequenza maggiore (2/3) per via dei diversi meccanismi di riparazione evoluti dai sistemi
biologici, e dalla frequenza di deaminazione della 5-metilcitosina.
In più a causa della natura del codice genetico è meno probabile che le transizioni
modifichino gli amminoacidi rispetto alle trasversioni; di conseguenza le transizioni sono
mantenute nelle regioni codificanti con una probabilità maggiore.
Per quanto riguarda applicazioni in analisi di diversità genetica, gli SNP offrono il vantaggio
del loro elevato numero e della possibilità di automatizzare il processo di genotipizzazione.
STR (Short Tandem Repeats)
Tra le varie categorie di marcatori molecolari proposti negli ultimi venti anni (vedi
Schlötterer 2004), gli SSR o Simple Sequence Repeat markers sono i marcatori più'
utilizzati per genotipizzare gli individui e quindi risolvere problemi di omonimia, sinonimia,
parentela e per dedurre la struttura genetica delle popolazioni.
I marcatori SSR, conosciuti anche come STR (Short Tandem Repeats), o microsatelliti, sono
sequenze di DNA ripetute a tandem costituite da unita' di 1-6 paia di basi, dette „core repeat‟
o „core motif‟. Oltre alla loro abbondanza nei genomi delle piante, una caratteristica che gli
SSR condividono con altri tipi di marcatori, una caratteristica di pregio e' l'alto livello di
variabilità nel numero delle ripetizioni della loro unita' centrale („core motif‟), mostrando a
volte dozzine di alleli per ogni locus.
Si amplificano attraverso la Reazione a Catena della Polimerasi (PCR), usando due primer
che si appaiano alle regioni fiancheggianti la ripetizione: il bersaglio e' pertanto un singolo
locus nei genomi diploidi. Un'altra caratteristica interessante e' che sono altamente
riproducibili e non richiedono scambi di DNA tra laboratori, come richiedono gli RFLP.
I range allelici e le varianti alleliche degli STR vengono rilevati usando comparazioni con
ladders allelici standardizzati che possiedono gli alleli più comuni, che sono stati
sequenziati per rivelare il vero numero delle ripetizioni.
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Quando molti campioni vengono analizzati con i loci SSR, vengono costantemente scoperti
nuovi alleli che non hanno esattamente la stessa dimensione degli alleli del ladder. Questi
alleli possono essere varianti con più o meno ripetizioni della „core repeat‟ rispetto ai
comuni alleli che si trovano nei ladder allelici disponibili in commercio.
In alternativa, queste varianti alleliche potrebbero contenere ripetizioni parziali,
inserzioni/delezioni nelle regioni fiancheggianti la ripetizione centrale.
In più, possono essere scoperti nuovi alleli che compaiono al di fuori del range definito dai
ladder.
Nell'ultimo decennio, i profili di DNA basati sui marcatori molecolari hanno profondamente
cambiato il modo in cui sono state condotte le analisi di diversità genetica e la
genotipizzazione delle varietà negli alberi da frutto e in vite.
I marcatori microsatelliti si sono dimostrati utili nelle analisi di parentela e nella
caratterizzazione genetica delle cultivar, ma le ripetizioni di-nucleotidiche e un ridotto
numero di tri-nucleotidiche sono le uniche usate correntemente negli alberi da frutto e nella
vite.
Nel passato erano già' state proposti la standardizzazione e lo scambio di informazioni
riguardo le risorse genetiche della vite usando marcatori microsatelliti di riferimento.
Molte serie di marcatori SSR sono state proposte per la vite, e la serie più' conosciuta e'
stata presentata dal gruppo europeo coinvolto nel progetto europeo GENRES (This et al
2004).
Questa serie e' basata su sei marcatori microsatelliti ad alta riproducibilità' con ripetizioni
di-nucleotidiche (This et al 2004).
Sebbene la lista dei marcatori sia stata estesa a venti (Di Vecchi Staraz et al 2007) e il
protocollo proposto appaia sufficientemente affidabile e riproducibile, dato che prevede
l'uso di genotipi di riferimento per le dimensioni alleliche, i microsatelliti di-nucleotidici
rimangono problematici a causa dello stuttering e della breve distanza tra gli alleli che va a
complicare il binning (Idury and Cardon 1997, Amos et al 2007).
Per questo motivo, sono stati scartati nel fingerprint umano in favore di microsatelliti con
ripetizioni centrali più lunghe (Butler 2006).
Microsatelliti con una ripetizione centrale più lunga sono meno frequenti nel genoma e
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difficili da isolare tramite librerie di DNA genomico , anche se arricchite in motivi SSR, ma
nel 2007 con la sequenza completa del genoma della vite (Jallion et al 2007), e' stato
possibile recuperare dal database NCBI decine di migliaia di SSRs con ripetizioni centrali
di tre o cinque nucleotidi (Cipriani et al 2009).
Negli SSR tetra e penta-nucleotidici, gli alleli ravvicinati sono separati e identificati più
facilmente tra loro rispetto agli SSR di-nucleotidici.
In una ricerca condotta recentemente dal gruppo di genetica delle piante da frutto e della
vite dell‟Università di Udine, 38 nuovi SSRs con ripetizioni centrali da tre a cinque
nucleotidi sono stati selezionati a partire da un totale di 26.962 microsatelliti.
Il lavoro è basato sulla sequenza del genoma di vite, ottenuta a partire da un genotipo
altamente omozigote, il PN40024.
I marcatori SSR sono stati selezionati in base alla qualità dei picchi, al potere discriminante
e alla distribuzione uniforme sul genoma (Figura 1).