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1.3. Il progetto imprenditoriale: obiettivi raggiunti e futuri
Alla luce di quanto detto finora e considerando le parole dell’attuale guida dell’azienda, il Prof. Mario
Pelino: << Da quando ho preso il timone della nostra impresa il mio motto è uno e chiaro: dobbiamo
aver presente ciò che siamo stati, ciò che siamo e dove vogliamo andare >>
9
, risulta abbastanza
evidente come la Confetti Pelino Srl abbia assunto, sin dalla sua fondazione nel 1783 e consolidato
nel corso di quasi 250 anni di storia, sempre più i connotati di un’impresa familiare orientata alla
ricerca della qualità dei propri prodotti, volta di conseguenza ad innalzare l’immagine del brand.
Innanzitutto, occorre precisare che, nel caso di specie, il concetto di “impresa familiare” non si
riferisce solo al fatto che le funzioni gestorie e il controllo delle quote sociali vengono attribuite ai
membri della famiglia Pelino, bensì è stato inteso ed applicato secondo un’accezione più generale
che ha coinvolto anche tutti i dipendenti e le loro famiglie, dagli impiegati agli operai. Difatti, il tratto
familiare dell’azienda si riconosce anche dal contesto in cui padri, madri, figli e nipoti si succedono
quasi naturalmente nel lavoro in fabbrica, con il curioso particolare che circa il 90% sul totale dei
dipendenti (una trentina circa) sono donne. Circostanza giustificata dal fatto che, essendo la
produzione semi-artigianale, il “modus operandi” della donna, più incline alla duttilità e alla
creatività, meglio si presta per tale tipologia di lavoro.
Inoltre, operare sul mercato con l’obiettivo di puntare esclusivamente sulla qualità del prodotto e
renderlo per così dire “unico” rispetto a quello offerto dai competitors significa perseguire una
strategia incentrata all’ottenimento di un vantaggio competitivo basato sulla differenziazione del
prodotto. Il presupposto propedeutico all’effettiva efficacia di tale strategia consiste nel fatto che
l’unicità ricercata deve poter essere riconosciuta ed apprezzata dai clienti
10
.
Gli elementi di differenziazione, come già anticipato in precedenza, possono essere così di seguito
elencati:
1) Antica ricetta tramandata da generazione in generazione che esclude l’utilizzo di grassi di
origine animale, amidi, glutine e maltodestrine nel processo produttivo, rendendo il prodotto
compatibile con le più diffuse intolleranze alimentari;
2) Processo produttivo tradizionale e semi-artigianale che rispetta l’integrità degli ingredienti
utilizzati;
9
Cfr.: “L’orgoglio abruzzese dei signori dei confetti” (30 dicembre 2015), articolo di Marisa Fumagalli per il Corriere
della Sera.
10
Fonte: rielaborazione del concetto presente in Galeotti M. e Garzella S. (2016), Governo strategico dell’azienda, G.
Giappichelli Editore – Torino, pp. 83-89.
Alessandro Palma 11
3) Impiego nel processo produttivo unicamente materie prime di altissima e certificata qualità
come la mandorla Avola, nocciola Piemonte o Romana, cioccolato belga e diversi altri.
Tali connotati distintivi sono il frutto dell’azione combinata di una serie di “determinanti di unicità”,
ovvero quelle circostanze responsabili della generazione delle peculiarità aziendali, che, nel caso in
questione, possono essere ricondotte ai seguenti fattori:
- Politica aziendale, incentrata sulla ricerca della qualità e sul rispetto delle tradizioni;
- Apprendimento, inteso come l’accumulo di competenze nella realizzazione dell’attività
produttiva aziendale;
- Tempo, che da circa due secoli classifica l’azienda Pelino come uno dei “first movers”
dell’intero settore industriale.
Ovviamente, attuare una strategia di questo tipo comporta l’insorgere di ulteriori costi, i cosiddetti
“costi di differenziazione”, ovvero quei maggiori oneri che l’impresa deve sostenere per operare e
rendere effettive le peculiarità, tangibili o intangibili, che la rendono unica. Nel caso della Confetti
Pelino Srl risulta abbastanza intuitivo individuare tali costi, dal momento che sono stati classificati i
relativi elementi di differenziazione che li hanno generati. Gli stessi possono essere infatti ricercati
nei prezzi più alti che l’impresa deve pagare per acquistare materie prime di alta qualità (margini
inferiori), oppure nella limitata capacità produttiva e nelle tempistiche di produzione più lente
conseguenti all’adozione di un processo produttivo (tecnologia impiegata) tradizionale e semi-
artigianale.
Per tali ragioni, appare giustificabile quindi il riconoscimento di un “premium price”, in altre parole
la fissazione di un prezzo di vendita leggermente superiore al prezzo medio di mercato, che consenta
all’azienda almeno di coprire i costi di differenziazione.
Ciò non risulta necessario per i competitors che adottano, altresì, una strategia volta all’ottenimento
di un vantaggio competitivo basato sulla “leadership di costo” che si fonda soprattutto sul presupposto
dell’accettabilità dell’offerta da parte dei clienti, ovvero la capacità di realizzare prodotti di qualità
pari alla concorrenza praticando prezzi più bassi
11
, poiché dotati di strutture di costo più efficienti,
rese possibili, ad esempio, dal fatto di adottare modelli di produzione e macchinari più innovativi che
consentono di incrementare e sfruttare maggiormente la capacità produttiva.
11
Affinché il presupposto dell’accettabilità dell’offerta da parte dei clienti venga rispettato è necessario che “i minori
costi devono realizzarsi senza che ne consegua un peggioramento apprezzabile delle caratteristiche del prodotto né una
perdita di valore commerciale del prodotto stesso”. Fonte: Galeotti M. e Garzella S. (2016), Governo strategico
dell’azienda, G. Giappichelli Editore – Torino, p. 77.
Alessandro Palma 12
Dunque, tornando a quanto dichiarato dal Prof. Mario Pelino, non risultano esserci elementi che
possano far dubitare su ciò che sia stata e su ciò che è, attualmente, l’azienda Pelino. A questo punto,
non resta che chiarire che cosa vuole diventare e soprattutto dove vuole andare l’impresa sulmonese.
A tal proposito, tornano utili le parole sempre del Prof. Mario Pelino rilasciate in un’intervista di
qualche anno fa: << La nostra strategia è di crescere sui mercati internazionali con un buon rapporto
qualità-prezzo e prodotti esclusivi, quali le lavorazioni artistiche [fiori di confetti e bomboniere] che
ben rappresentano l’eccellenza artigianale del Made in Italy >>
12
.
O ancora: << L’obiettivo sostanziale è essere leader in Europa per la qualità e l’immagine del
prodotto. Non vogliamo, però, diventare una multinazionale [da intendersi come determinazione a
preservare il tratto familiare dell’azienda] >>
13
.
In queste dichiarazioni, seppur brevi ma dense di significato, è possibile estrapolare tre concetti che
fungeranno da linee-guida per lo sviluppo dell’intero progetto:
1. Obiettivo di consolidare la propria presenza nei mercati esteri, al fine di cogliere e sfruttare
migliori opportunità di business;
2. Ricerca di un posizionamento competitivo che faccia leva sull’alto valore percepito all’estero
del “Made in Italy”
14
, dimostrato dall’offerta di prodotti locali artigianali come le lavorazioni
artistiche dei confetti;
3. Decisa volontà di non strutturarsi come una società “multinazionale”
15
. In altre parole, in
riferimento alla tipologia di approccio strategico, si è scelto di perseguire una strategia di
mercato globale
16
(che mira dunque a servire non solo il mercato domestico, ma anche i
mercati esteri che risultano più attrattivi ed accessibili), ma, al contempo, di mantenere
l’assetto delle attività
17
prevalentemente in un unico paese a livello locale, ovvero l’Italia.
12
Cfr.: “I confetti resistono alla crisi, tra mandorla e cioccolato anche quelle per le nozze gay” (18 aprile 2010),
Adnkronos.com.
13
Cfr.: “L’orgoglio abruzzese dei signori dei confetti” (30 dicembre 2015), articolo di Marisa Fumagalli per il Corriere
della Sera.
14
Una delle definizioni che meglio riassume il concetto del Made in Italy è quella fornita da Fortis (1998), secondo il
quale “il Made in Italy si riferisce a prodotti e servizi in cui l’Italia vanta un effettivo grado di specializzazione e in cui
il nostro Paese è rinomato in tutto il mondo relativamente a profili quali la qualità, l’innovazione, il design, l’assistenza
ai clienti, la tempestività delle consegne, i prezzi competitivi”.
15
Tra le diverse accezioni in economia, per “multinazionale” si intende essenzialmente un’impresa operante nei mercati
esteri non solo con una rete di distribuzione commerciale, ma anche con impianti di produzione o con società sussidiarie
(a partecipazione azionaria), divenendo di fatto un’entità “sovranazionale”. Concetto collegato a quello di Investimento
Diretto Estero (IDE), come si approfondirà più avanti.
16
Cfr.: Ferrandina A. e Carriero F. (2016), Business Plan in Excel, IPSOA Guide Operative, Wolters Kluver, p. 235.
17
Con il termine “attività” (ad esempio la produzione) si fa riferimento all’assetto operativo dell’azienda, ovvero un
insieme di operations che vengono svolte direttamente dalla stessa, organizzando e facendo funzionare le proprie risorse
(umane, finanziarie e tecniche).
Alessandro Palma 13
Per completezza, meritano inoltre evidenza ulteriori tre semplici principi che, a modesto avviso dello
scrivente, dovrebbero essere posti alla base di qualsivoglia attività d’impresa e non essere per alcun
motivo sottovalutati o ignorati:
▪ La chiave di ogni strategia aziendale risiede nell’orientamento al mercato
18
, inteso come
unica fonte di prosperità aziendale. Basterebbe porsi due semplici domande: i) chi sono i nostri
clienti? e ii) che cosa desiderano? Trovare le risposte più appropriate, tuttavia, potrebbe essere
compito assai arduo;
▪ I ricavi ottenuti vendendo sul mercato devono essere sufficienti a coprire i costi sostenuti, in
modo da generare profitto, essendo la condizione necessaria che garantisce sopravvivenza
all’impresa e le consente di continuare ad operare nel mercato di riferimento;
▪ Ultimo in ordine, ma non per importanza è l’ampio concetto di “responsabilità sociale
d’impresa” (CSR – Corporate Social Responsability) che può essere sintetizzato nella presa
di coscienza da parte dell’azienda di una serie di aspetti e problematiche che nei tempi passati
venivano trascurate, come la sostenibilità, intesa come il rispetto per l’ecosistema e di tutto
ciò che ci circonda. Nel caso della Confetti Pelino Srl, alla luce di quanto si è detto in
precedenza, risulta abbastanza evidente come il suo “impegno” nei confronti del contesto
sociale possa essere ricercato essenzialmente in due aspetti:
✓ Versante interno: applicazione del concetto di impresa familiare non solo in
riferimento al proprio “model-business” incentrato sul mantenimento delle funzioni di
gestione e controllo da parte della famiglia di riferimento, ma anche da un punto di
vista “sostanziale” coinvolgendo anche tutti i dipendenti e le loro famiglie che si
succedono quasi naturalmente nel lavoro in azienda.
✓ Versante esterno: impegno continuativo nel migliorare il proprio prodotto, attenendosi
ai principi della moderna Eco-industria, e renderlo compatibile con le principali
intolleranze alimentari in modo da garantire il benessere del consumatore e, di
conseguenza, il rispetto delle istanze salutistiche.
Per concludere, una riflessione che si vuole stimolare ruota attorno alla questione se lo scopo
principale per un’impresa consista nella mera massimizzazione del profitto. In altre parole: l’attività
d’impresa si esaurisce semplicemente nel “far soldi”? Una cosa è certa. Sicuramente non è stato
l’obiettivo che ha ispirato Henry Ford nella creazione di un’azienda che ha dato il via ad una vera e
propria rivoluzione sociale, oltre che industriale: “Costruirò un’automobile a motore per le masse
18
Che può essere definito come “l’insieme degli acquirenti attuali e potenziali di un prodotto”. Fonte: Kotler P.,
Armstrong G., Ancarani F. e Costabile M. (2015), Principi di marketing, Pearson Italia – Milano, Torino, p. 12.
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[…]. Il suo prezzo sarà così basso che chiunque disporrà di un buon salario potrà permettersene
una, godendosi in compagnia della propria famiglia il piacere di trascorrere una giornata di svago
negli immensi spazi aperti che ci sono stati donati da Dio […]. Quando avrò finito, tutti potranno
permettersene una e tutti ne avranno una”
19
.
Così, se si vuol provare a generalizzare tale concetto, si potrebbe affermare che la spinta interiore, il
vero scopo, di chi fa impresa non risiede nella promessa di un futuro arricchimento, bensì nel
desiderio di creare valore. Secondo tale accezione, i profitti sarebbero per l’impresa “quel che l’aria
è per l’uomo. Respirare è essenziale per vivere, ma non è lo scopo della vita. Analogamente, i profitti
sono essenziali per l’esistenza dell’impresa, ma non sono la ragione della sua esistenza”
20
.
In altri termini, il successo di un’idea imprenditoriale non è altro che la conseguenza di una serie di
sforzi coordinati da una motivazione di fondo.
1.4. Il processo d’internazionalizzazione
Prima di addentrarsi nella descrizione del processo d’internazionalizzazione della realtà oggetto di
trattazione, nonché le varie fasi, le possibili modalità d’ingresso nei mercati-target e la gestione dei
mercati esteri, occorrerebbe far luce preventivamente sul concetto di internazionalizzazione.
Citando il Prof. Gubitta: “quando si parla di internazionalizzazione si intende in primo luogo
l’ingresso (con modalità diverse) nei mercati esteri al fine di cogliere le opportunità che il paese
presenta sotto il profilo delle vendite. L’ingresso in un paese estero finalizzato esclusivamente a
sfruttarne i vantaggi di costo non rientra a pieno titolo nel significato di internazionalizzazione, ma
di delocalizzazione”
21
.
Per intendersi: un’impresa che ha localizzato all’estero i propri impianti produttivi ma vende i propri
prodotti esclusivamente nel mercato domestico, non può essere considerata un’azienda
internazionalizzata, bensì un’impresa che ha attuato una strategia di delocalizzazione
22
delle attività
produttive finalizzata a rendere più efficiente la propria struttura dei costi.
19
Cfr.: www.abelard.org/ford.
20
Fonte: Grant R. M. (2014), L’analisi strategica per le decisioni aziendali, il Mulino – Bologna, p. 73.
21
Gubitta P. (2013)
22
Per “delocalizzazione” si intende il trasferimento (totale o parziale) di determinate attività operative (come ad esempio
la produzione) di un’impresa verticalmente integrata in paesi esteri.
Alessandro Palma 15
“Internazionalizzarsi” significa, dunque, intraprendere un percorso volto a garantire all’impresa la
possibilità di presenza o di partecipazione attiva nei mercati esteri, in modo da servire la domanda ad
essi connessa.
Come risulta evidente, tale affermazione racchiude in sé due diverse modalità di operare (anzi,
opposte):
A. La presenza, pura e semplice, che più comunemente caratterizza la maggior parte delle
aziende italiane che realizzano una frazione irrisoria del proprio fatturato all’estero con
vendite pressoché occasionali generate ad esempio da partecipazioni a fiere, contatti
professionali e/o personali e altri canali sporadici e informali
23
;
B. La partecipazione attiva, basata su un approccio di gestione pianificato avente la funzione
principale di cogliere e sfruttare opportunità ancora celate nei mercati esteri, ma soprattutto
di ridurre sensibilmente il livello d’incertezza e i rischi insiti nei mercati di cui non si ha
esperienza diretta.
1.4.1. I potenziali vantaggi
24
I principali vantaggi dell’attività d’internazionalizzazione possono essere così di seguito classificati:
o Aumento del giro d’affari, dovuto principalmente dall’allargamento del proprio mercato di
riferimento, che da nazionale (domestico), diventa per così dire “internazionale”. Di
conseguenza, se l’entità delle vendite aggiuntive ottenibili sui mercati esteri risulta tale da non
incidere significativamente sulla struttura dei costi, anche i profitti aumenteranno;
o Aumento della competitività sul mercato domestico, grazie allo sviluppo di risorse e
competenze dovuto all’acquisizione di maggior esperienza e nuove idee operando in nuove
realtà (paesi esteri), che possono essere replicate o riadattate nel mercato interno;
o Efficientamento dell’assetto strutturale interno
25
, conseguente allo sviluppo dell’attività
all’estero. Infatti, la crescita della base di mercato da servire comporta necessariamente una
23
Fonte: rielaborazione del concetto presente in Di Meo A., Beretta L. C. e Gandellini G. (2008), Il management
dell’internazionalizzazione, Associazione Piccole e Medie Industrie (API) della Provincia di Ravenna, p. 14.
24
Fonte: adattamento e rielaborazione di concetti presenti in Di Meo A., Beretta L. C. e Gandellini G. (2008), Il
management dell’internazionalizzazione, Associazione Piccole e Medie Industrie (API) della Provincia di Ravenna.
25
In analisi strategica, per “assetto strutturale interno” si intende l’insieme degli “elementi materiali ed immateriali che
caratterizzano in modo relativamente stabile l’azienda e che formano l’insieme delle condizioni operative capaci di
differenziare la singola azienda”. Fonte: Galeotti M. e Garzella S. (2016), Governo strategico dell’azienda, G.
Giappichelli Editore – Torino, p. 19. Gli elementi a cui si fa riferimento sono riconducibili prevalentemente a:
- Le “risorse” materiali (fattori produttivi), immateriali (marchio, tecnologia), umane (know-how e competenze)
e finanziarie;
Alessandro Palma 16
riflessione (e quindi un’analisi) sul grado di adeguatezza del proprio assetto organizzativo e,
nel caso, operare opportuni aggiustamenti. Inoltre, consente di sfruttare una serie di vantaggi
di costo legati alla dimensione e all’esperienza, come ad esempio le economie di scala e di
scopo
26
, oppure maggiore forza contrattuale nei confronti dei clienti e dei fornitori;
o Superamento della stagionalità del prodotto, grazie alla diversificazione dei mercati-target
27
,
assicurando all’impresa una maggiore stabilità produttiva. Tale circostanza trova riscontro
anche nelle parole del Prof. Mario Pelino: << Le dinamiche di acquisto diverse dall’Italia
consentono di mantenere la piena operatività dell’azienda nei periodi di minore richiesta
nazionale da novembre a febbraio >>
28
;
o Allungamento del ciclo di vita del prodotto che, nel caso fosse diventato obsoleto in un
determinato mercato (ad esempio quello domestico), potrebbe invece essere considerato
ancora innovativo e rispondente alle necessità di un altro mercato (come quelli meno
sviluppati industrialmente);
o Risposta alla “globalizzazione”
29
che, a causa dei processi di liberalizzazione, come la
creazione di zone di libero scambio, unitamente ai recenti sviluppi di nuove tecnologie, che
hanno interessato l’area della comunicazione, nonché i trasporti, ha permesso la “creazione”
di nuovi mercati (in senso figurato, dal momento che ci si riferisce a mercati logisticamente
lontani, divenuti, oggigiorno, raggiungibili e più accessibili).
1.4.2. I rischi da fronteggiare
Ovviamente, a fronte dei vantaggi sopracitati e delle opportunità da sfruttare che un approccio
pianificato ai mercati esteri può consentire, vi sono diverse tipologie di rischio che un’impresa
internazionalizzata deve tener sempre presente, valutare e monitorare in modo costante.
- Le “attività”, che fanno riferimento all’assetto operativo dell’azienda che organizzano e fanno funzionare le
risorse aziendali;
- La “struttura organizzativa”, avente la funzione di integrare e coordinare le risorse e le attività aziendali;
- Il “sistema di governance”, che attiene alle scelte organizzative (interne) e alla definizione delle strategie e delle
politiche di gestione (orientate al mercato).
26
Per “economia di scopo” si intende una particolare tipologia di vantaggio di costo derivante dallo sfruttamento /
utilizzazione di una risorsa in molteplici attività condotte congiuntamente, anziché indipendentemente. Concetto
strettamente connesso a quello di “sinergia”, che si fonda sullo sfruttamento dei legami e delle correlazioni tra attività
differenti per ottenere dei benefici economici.
27
Che consente dunque anche la diversificazione del rischio economico (tipologia di rischio legato all’andamento della
domanda su un determinato mercato), dal momento che le esportazioni permettono di ridurre la “dipendenza” dell’azienda
da un unico mercato e di superare, quindi, periodi di recessione che dovessero colpire i singoli mercati.
28
Cfr.: “I confetti resistono alla crisi, tra mandorla e cioccolato anche quelle per le nozze gay” (18 aprile 2010),
Adnkronos.com.
29
Inteso come il fenomeno che ha generato una forte integrazione delle relazioni economiche, politiche e sociali a livello
mondiale, generando una crescente dipendenza dei paesi, gli uni dagli altri, indipendentemente dalla loro ubicazione
geografica.