Premessa
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Premessa
Le colate detritiche (e/o franose), note anche con il nome di debris flow, sono
un fenomeno che ha una grande rilevanza nel nostro Paese, sia in ambiente alpino che
appenninico, per l’impatto che hanno avuto, hanno, e avranno sulle infrastrutture del
nostro territorio montano e sulle popolazioni ivi residenti. Questo a causa della loro ben
nota pericolosità dovuta sia alla velocità del loro sviluppo in caso di eventi pluviometrici
di forte intensità, sia alle elevate distanze che possono percorrere lungo un’asta
torrentizia dopo la formazione del flusso. Occorre infine considerare la loro forza
distruttiva in presenza di ostacoli naturali ed artificiali. Data la loro caratteristica di
ripetitività spaziale in ambienti omogenei, là dove si sono già verificati eventi di colata,
anche catastrofici, si potranno verificare di nuovo, possibilmente con intensità superiore a
quella raggiunta in passato. Le aree ritenute immuni dal fenomeno, perché non si ha
memoria storica di un evento pregresso a causa della mancanza di danni accertati ad
esso associati, o perché le zone di conoide di un bacino non sono state ancora
antropizzate, una volta assoggettate dall’uomo, possono presentare, là dove esistono le
condizioni, un potenziale di rischio relativo molto alto. Va inoltre ricordato che l’assenza
di colate verificatesi in passato non ne esclude la presenza in futuro, soprattutto a
seguito di trasformazioni del territorio per cause naturali o antropiche. La presente tesi
vuole essere un contributo conoscitivo, il più possibile organico, alla fenomenologia delle
colate detritiche (morfologia, condizioni di innesco, previsioni di percorso, volumi di
sedimenti coinvolti, caratterizzazione del rischio potenziale), in forma semplice ma
rigorosa e soprattutto aggiornata, alla comunità (tecnici, specialisti e non specialisti)
potenzialmente coinvolta nello studio e nella previsione di tali eventi.
La salvaguardia del territorio è uno dei punti fondamentali della strategia di
azione per lo sviluppo sostenibile fissata dall’Unione Europea. Uno dei criteri di
orientamento della politica di sostenibilità è individuato nella riduzione dei rischi e tra
questi in primo piano il Rischio Naturale, primaria finalità di Arpa Piemonte nell’ambito
della propria missione istituzionale di protezione ambientale. Tali problematiche sono
affrontate dall’Agenzia in linea con le direttive nazionali di riordino delle competenze in
tema di ambiente e territorio.
Ben connotabile è il livello di esposizione del Piemonte al rischio naturale ed in
particolare al rischio idrogeologico. Sul presupposto che gli eventi critici siano fenomeni
ineliminabili che si manifestino ciclicamente con una certa regolarità, con maggiore o
minore intensità, ma con meccanismi simili tra loro ed effetti al suolo di norma
confrontabili, si è sviluppata l’azione di prevenzione della Direzione Regionale di Servizi
Premessa
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Tecnici di Prevenzione integralmente mutuata in Arpa Piemonte, incentrata sulle misure
non strutturali con l’obiettivo di minimizzare gli effetti del rischio naturale in termini di
tutela dell’integrità della vita umana e dei beni esposti, con la conoscenza e la
comprensione dei fenomeni di instabilità, la previsione dei precursori ed il monitoraggio
della situazione in evoluzione, l’applicazione e la gestione di norme e vincoli.
In accordo con le linee guida della filosofia di approccio ai problemi di Arpa
Piemonte, l’azione è stata concepita con una visione complessiva ed integrata che vede
l’approfondimento delle conoscenze tecniche e scientifiche accanto allo sviluppo e la
sperimentazione di nuove tecnologie, alla comunicazione, spesso con esperienze di
avanguardia, come la collaborazione, in corso da molti anni, con il Dipartimento nazionale
della Protezione Civile che ha permesso di definire ed applicare all’intero territorio
nazionale le linee di indirizzo e le metodologie del sistema piemontese. L’apporto in
termini culturali, operativi e finanziari è stato fondamentale per la realizzazione degli
strumenti di analisi monitoraggio ed elaborazione adeguati alla specificità del contesto
delle regioni alpine e mediterranee.
Alla luce di quanto detto, risulta quindi importante prevenire la propagazione delle
colate detritiche. Questa previsione può avvenire secondo metodi empirici ed analitici.
Ho deciso di sviluppare la mia tesi in cinque parti principali, con lo scopo di
rendere il più possibile comprensibile l’argomento trattato, il quale è stato oggetto di
studio ed analisi da parte di molti ricercatori a livello mondiale.
La prima parte di questa tesi, suddivisa in undici capitoli, tratta i debris flow dal
punto di vista teorico indicandone le caratteristiche principali:
- caratteristiche morfologiche;
- caratteristiche morfometriche delle colate detritiche e dell’ambiente in cui
si possono sviluppare;
- condizioni d’innesco;
- aspetti fisici;
- metodi per la stima della magnitudo;
- estensione del conoide;
- valutazione della pericolosità;
- effetti meccanici nell’eventualità d’impatto contro strutture presenti.
Premessa
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L’ultimo capito va ad analizzare il fenomeno da un punto di vista strutturale, a differenza
dei precedenti che studiano delle colate detritiche dal punto di vista fisico.
Nella seconda parte è presente il manuale del programma ‘Debris Flow’ di
Flaccovio, mentre nella terza parte vengono descritti i quattro casi utilizzati per la
taratura del programma stesso. Il suddetto programma viene utilizzato per analizzare il
caso studio presente nella quarta parte di questa tesi: si è deciso di analizzare la colata
detritica verificatasi il 2 giugno 1992 lungo il Torrente della Pissa nei pressi di Oropa (Bi).
Questo fenomeno è stato utilizzato per la taratura del programma ‘Debris Flow’ e, proprio
per la facilità nel reperire i dati necessari al programma, dati che avremmo dovuto
ricercare tramite una dettagliatissima indagine in loco e di laboratorio, si è deciso di
prenderlo come caso studio.
All’interno del dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica (DISTR), viene
utilizzato per l’analisi dei fenomeni franosi, quali le colate detritiche, il programma ‘DAN-
W’. Per questo motivo si è deciso di analizzare il caso del debris sul Torrente della Pissa
del ’92 anche con questo programma: questo discorso viene trattato nella quinta parte
della mia tesi, con lo scopo finale di andare a fare un confronto sui dati ottenuti con i due
diversi programmi Debris Flow di Flaccovio e DAN-W, ricordando i veri risultati letti in
situ dopo che si verificò l’evento oggetto di studio.
Lo studio di questo fenomeno è stato fatto con due programmi diversi per avere
un’ottica più ampia del problema e quindi, andare a capire quanto sia possibile prevenire
l’innesco delle colate detritiche attraverso misure non strutturali e la realizzazione di
strumenti di analisi, monitoraggio ed elaborazione adeguati al contesto in cui possono
verificarsi.
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PARTE I
Aspetti teorici applicativi
I.1 Introduzione
PARTE PRIMA - Aspetti teorici applicativi
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I.1 Introduzione
I debris flow o colate detritiche torrentizie sono un processo naturale che
consiste nel trasporto di materiale solido da parte di un fluido in ambiente montano.
I cicli di denudazione e successivo rimodellamento della crosta terrestre sono dei
processi geomorfologici continui e le colate di detrito (in inglese debris flow, o lahar se di
origine vulcanica) possono essere considerati parte integrante di tali processi.
Il termine va a designare particolari e caratteristici eventi alluvionali a carattere
non stazionario e con evoluzione in tempi molto brevi caratterizzati da una elevata
potenza distruttiva. Essi sono tipici, nel nostro Paese, di ambienti alpini e prealpini in cui
vi è grande disponibilità di acqua meteorica.
I debris flow si possono generare (Seminara & Tubino, 1993):
- dalla mobilitazione di sedimenti grossolani depositati nell’alveo di un torrente, a
seguito dell’instaurarsi di una corrente liquida superficiale prodotta da piogge
intense e, occasionalmente, da fenomeni di disgelo;
- dal collasso di un versante con successiva trasformazione del movimento franoso
in colata detritica;
- dalla fluidificazione del materiale di una frana di traslazione o di scoscendimento
in atto, sia per il passaggio di una corrente idrica superficiale sia per
un’emergenza idrica nella zona di cedimento;
- dal crollo di una diga naturale prodotta dall’occlusione di un torrente a seguito di
un evento franoso precedente o da una ostruzione in alveo dovuta a tronchi
d’albero fluitati.
La prima causa descritta risulta essere generalmente la più frequente, e spesso
può portare alla rimozione di depositi prodotti in occasione di fenomeni precedenti che
hanno formato zone di accumulo nelle tratte a minor pendenza dei torrenti e sui conoidi
di deposizione.
La distribuzione geografica delle colate detritiche non conosce confini territoriali.
Lungo il versante italiano dell’arco alpino, i debris flow sono distribuiti in modo continuo
da ovest ad est, indipendentemente dal dominio geologico e litologico di appartenenza; la
figura riporta l’ubicazione dei principali eventi avvenuti fra il 1976 e il 1996.
I.1 Introduzione
PARTE PRIMA - Aspetti teorici applicativi
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1: pricipali eventi di debris flow nell'arco alpino al 1996.
I fenomeni di trasporto torrentizio di massa e di colata detritica rappresentano
circa il 36% degli eventi con impatto distruttivo nelle valli alpine. Fra gli eventi
significativi si possono citare quelli della Val di Stava in Trentino nel 1985 (268 morti e
circa 258 miliardi delle vecchie lire di danni) e della Val Pola nel 1987 (29 morti e circa
304 miliardi delle vecchie lire di danni), ambedue frane di crollo evolute in nella loro
parte terminale in colate detritiche.
Qualsiasi sia la loro origine e la loro ubicazione, le colate detritiche, incanalate e
non, si propagano verso valle con velocità elevate e, grazie alla estrema rapidità della
loro evoluzione e alla loro capacità di erosione, sono in grado di trasportare materiali
anche di grandi dimensioni a distanze notevoli; ciò implica che le conseguenze di una
colata di detrito che raggiunga nel suo percorso vie di comunicazione, o aree urbanizzate,
risultano molto spesso gravi.
L’importanza che il fenomeno delle colate detritiche ha sempre avuto nella
comunità scientifica internazionale può esser ben compreso se si esamina la vastissima
bibliografia mondiale esistente sull’argomento: già nel 1995 nella biblioteca dell’Istituto di
Geografia dell’Università Complutense di Madrid erano citati i titoli di 116 pubblicazioni
dedicati alle sole condizioni di innesco per piogge intense di colate detritiche.
I.2. Caratteristiche morfologiche e morfometriche dei Debris Flow
PARTE PRIMA - Aspetti teorici applicativi
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I.2. Caratteristiche morfologiche e morfometriche dei Debris Flow
2.1 Generalità
Le zone principali del territorio coinvolte da un evento di colata sono il bacino di
drenaggio e il conoide.
Il bacino di drenaggio (o bacino imbrifero) è la porzione di territorio in cui, in
occasione di un evento meteorico, l’acqua scorrendo in superficie erode e trasporta il
detrito, convogliando la miscela detritica verso una zona di deposizione che prende il
nome di conoide (o cono di deiezione).
Il bacino e il conoide sono raccordati tra loro da un canale percorso dalla miscela
noto come canale d’alimentazione o canale di flusso, in genere coincidente con un’asta
torrentizia. Il punto d’intersezione corrisponde all’apice del conoide ed in genere indica la
sezione di chiusura del bacino ai fini delle valutazioni morfometriche.
Il conoide inattivo, se presente, rappresenta quella parte del conoide che
prevedibilmente non è più interessata da fenomeni di deposizione, erosione ed
esondazione sono ancora attivi, viene a sua volta suddiviso in tre zone:
• prossimale;
• mediale;
• distale.
La zona prossimale del conoide è generalmente costituita da lobi e argini laterali
provenienti dall’inizio della deposizione della colata, sviluppando depositi a granulometria
grossolana di spessore anche notevole con pendenze accentuate (10°-6°); nella zona
possono a volte essere interstratificati anche depositi portati da flusso iperconcentrato. I
depositi della zona prossimale passano, procedendo verso valle, a facies a granulometria
più fine, addolcendo le pendenze del conoide nella zona mediale e distale (2°-3°).
E’ ben noto da numerosi studi eseguiti che tutti i fenomeni di colata detritica
presentano analogie sia morfologiche sia fisiche. Queste possono essere sintetizzate così:
• avanzamento sotto forma di lingua lobata, caratterizzata da un fronte e da
cordoni laterali formati da elementi lapidei di grosse dimensioni che si
depositano con l’avanzamento del fronte, e da una coda caratterizzata da
una minore concentrazione di solidi;
• canale di flusso caratterizzato da una forma ad U con presenza di evidenti
cordoni laterali;
I.2. Caratteristiche morfologiche e morfometriche dei Debris Flow
PARTE PRIMA - Aspetti teorici applicativi
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• intensa azione di asportazione e di abbattimento nei confronti della
vegetazione arbustiva presente ai lati del canale;
• flusso della colata per ondate successive e con velocità anche molto alte,
ma sempre inferiore a quella che avrebbe una corrente liquida avente la
stessa profondità media;
• flusso della colata che segue generalmente un alveo preesistente, ma può
anche procedere lungo un pendio sfruttando la capacità di crearsi delle
arginature entro cui scorrere.
E’ possibile ricostruire un evento passato attraverso le tracce lasciate dalle colate
quali:
• depositi di materiale solido con stratigrafia assente e massi angolari
immersi in una matrice più fine;
• elementi a granulometria grossolana situati sopra depositi fini;
• depositi lobati con materiale grossolano allineati lungo ed ai lati del lobo e
più fini in coda;
• canali con pareti ripide scavati nei depositi;
• cordoni laterali in materiale più grossolano allineati lungo il corso dell’asta
torrentizia;
• massi depositati a quota più alta dell’attuale livello del torrente;
• antiche tracce di scorticamenti superficiali nei fusti e/o nei rami degli
alberi.
E’ importante sottolineare che l’assenza di tracce di passaggio o di deposito di
materiale solido sul conoide non significa che il bacino studiato non sia stato oggetto in
passato a colate di detrito, soprattutto a causa di rimaneggiamenti delle zone del
conoide, o non lo possa essere in futuro.
Altro aspetto importante è la determinazione della potenzialità attuale del bacino
a produrre debris flow. Questa deve essere necessariamente passare attraverso la
quantificazione del volume di materiale solido movimentabile, della natura e dello stato di
alterazione del substrato roccioso superficiale, della presenza di masse instabili nel
versante e del loro grado di stabilità attuale.
In ambiente alpino, le caratteristiche morfologiche di una colata detritica sono
compiutamente illustrate nella figura della pagina successiva:
I.2. Caratteristiche morfologiche e morfometriche dei Debris Flow
PARTE PRIMA - Aspetti teorici applicativi
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I.2-1: morfologia di una colata.
In parole più semplici, tutto il bacino deve essere studiato attraverso un accurato rilievo
geomorfologico eseguito da geomorfologi specializzati.
I.2. Caratteristiche morfologiche e morfometriche dei Debris Flow
PARTE PRIMA - Aspetti teorici applicativi
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2.2 Grandezze significative
Le grandezze tipiche di una colata detritica da misurare nel corso di un’indagine di
dettaglio su una zona in cui si è innescato il fenomeno sono rappresentate in figura:
I.2-2: grandezze fisiche da misurare in un debris flow.
dove:
1. quota sul livello del mare del punto più alto da cui si è innescato il debri
flow, H
max
[m];
2. quota sul livello del mare del punto in cui inizia la deposizione del materiale
trasportato o apice del conoide, H
min
[m];
3. quota sul livello del mare dove termina la deposizione del materiale; H
u
[m];
4. dislivello totale fra i punti 1 e 2, H
[m];
5. dislivello totale della colata [m];
6. lunghezza del debris tra il punto di innesco ed il punto di inizio di
deposizione, L [m];
7. lunghezza del conoide, L
c
[m];
8. lunghezza totale del percorso della colata, L
TOT
[m];
9. pendenza (inclinazione) media in gradi della nicchia di distacco [°];
10. pendenza (inclinazione) media in gradi ddel percorso della colata (asta
torrentizia) = tan
-1
[(H
max
-H
min
)/L] [°];
I.2. Caratteristiche morfologiche e morfometriche dei Debris Flow
PARTE PRIMA - Aspetti teorici applicativi
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11. pendenza (inclinazione) media in gradi del conoide = tan
-1
[(H
min
-H
u
)/L
C
]
[°];
12. larghezza media della nicchia di distacco [m];
13. larghezza media dell’asta [m];
14. larghezza media del conoide [m];
15. volume stimato stimato del volume mobilitato dal debris, a partire dalla
nicchia di distacco [m
3
], e Area del conoide [m
2
];
16. profondità media del materiale mobilitato nella zona di alimentazione [m].
Le misure dei parametri devono essere eseguite sia con l’ausilio di un’adeguata
cartografia che con sopralluoghi in posto, unitamente all’esame di fotografie aeree.