Premessa
La tesi e gli argomenti trattati nascono da esperienze vissute, che hanno fatto sorgere in
me tanti interessi ed altrettanti quesiti.
Dal primo momento in cui è iniziata a prospettarsi questa tesi, e quindi anche la fine del
mio percorso universitario, ho pensato ad un argomento attuale, che potesse trovare dei
risvolti pratici nella realtà lavorativa e che fornisse informazioni, conoscenze e risposte
a chi, come me, si appresta ad essere una risorsa umana.
Attraverso la mia esperienza di tirocinio condotta presso l’ufficio Relazioni Industriali
della funzione Risorse Umane di CNH S.p.A., attraverso ricerche personali e
ripensando, anche, alle mie esperienze lavorative passate nonché al futuro che si
prospettava, sono nati gli spunti per questo lavoro, che si è andato poi arricchendo e
perfezionando nel corso del tempo in cui approfondivo la ricerca.
L’intenzione è stata, dunque, quella di affrontare un tema reale, in ambito lavorativo e
aziendale, non solo teorico, ma che affondasse le radici e trovasse degli sviluppi – con i
suoi problemi, le complessità e le potenzialità – nelle realtà attuali del mondo lavorativo
moderno. È così che ho deciso di imbattermi nel cercare di comprendere e studiare le
caratteristiche, gli aspetti, e anche i retroscena un po’ nascosti, che ruotano attorno al
concetto di ‘Risorse Umane’.
Durante il percorso formativo in CNH S.p.A., ho avvertito ed osservato in prima
persona gli effetti incalzanti che la crescente globalizzazione, il progresso tecnologico,
le continue richieste del mercato unite alla rapidità che accompagna ogni funzione
lavorativa, richiedono al mondo del lavoro e, più specificatamente, alle organizzazioni;
organizzazioni che, per restare al passo, devono crescere, distinguersi, tendere al
miglioramento continuo, rinnovarsi costantemente. In questo quadro, se ci si sofferma
9
un momento a pensare chi questi effetti incalzanti li supporta (e sopporta), la risposta
spunta in un istante: altro non è che l’uomo. Perché le organizzazioni altro non sono che
uomini. Ecco allora il ruolo chiave che la risorsa umana ricopre all’interno delle
moderne organizzazioni. Ed ecco lo spunto per iniziare un’analisi approfondita delle
attività, degli strumenti e delle politiche messe in pratica da chi queste risorse è
chiamato a gestire.
Colgo l’occasione per ringraziare Elena, il dott. Retus, il dott. Giva e quanti altri hanno
reso il mio percorso di tirocinio in CNH S.p.A. così interessante, costruttivo e tanto
piacevole. Li ringrazio per avermi fatto appassionare alla materia e per avermi
supportato e dedicato tanto tempo prezioso durante la raccolta dei dati e delle
informazioni necessarie alla stesura di questa tesi.
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Introduzione
Il ruolo centrale che al giorno d’oggi rivestono le risorse umane nelle organizzazioni
costituirà il filo conduttore dell’intero lavoro, insieme all’importanza che rivestono il
coinvolgimento e la partecipazione di queste ultime alla vita dell’impresa.
Nel corso dell’ultimo decennio, numerosi cambiamenti economici, politici e sociali
hanno alterato il contesto in cui operano le organizzazioni, le quali stanno rivolgendo
un’attenzione crescente alle risorse umane, poiché consapevoli che la qualità e le
competenze di queste ultime, unitamente a soluzioni organizzative capaci di assicurarne
un buon grado di flessibilità, possono rappresentare la più importante fonte di vantaggio
competitivo presente sul mercato. In questo quadro evolutivo, dunque, le risorse umane
costituiscono lo stimolo alla creazione di prospettive innovative di organizzazione del
lavoro, la base portante su cui impostare una nuova gestione di tipo strategico, nonché il
fattore critico e decisivo per la definizione di moderne relazioni industriali, argomento
peraltro sempre più delicato e dibattuto nell’attualità.
La tesi, a partire dall’analisi delle principali teorie sull’organizzazione del lavoro e dei
modelli aziendali alla stregua dei quali si sono evolute le configurazioni più moderne,
focalizza l’attenzione sulle strategie organizzative che pongono al centro dell’attenzione
l’individuo, in quanto risorsa umana e attore sociale, sia nell’ambito della dimensione
individuale, relativa alla gestione delle risorse umane, sia in quella collettiva,
riguardante le relazioni industriali.
La gestione della dimensione individuale dei rapporti di lavoro, tramite le politiche di
pianificazione delle risorse umane, e quella collettiva, tramite il sistema delle relazioni
industriali, rappresentano i due fattori peculiari che definiscono le ‘regole del gioco’ alle
quali si attengono le direzioni aziendali nell’organizzazione del lavoro e nella
definizione di modelli aziendali innovativi: costituiscono politiche distinte ma
fortemente integrate, poiché condividono – seppur secondo logiche diverse – lo stesso
obiettivo, e cioè coinvolgere le risorse umane in una partecipazione attiva (e positiva)
alla vita e alla crescita dell’impresa.
Per entrambe le politiche – di gestione delle risorse umane e di relazioni industriali –
l’efficacia è, da una parte, garantire il raggiungimento degli obiettivi strategici connessi
al business dell’impresa, dall’altra, ascoltare e corrispondere alle aspettative delle
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risorse umane che perseguono quegli obiettivi. Nei tempi più recenti, sembra emergere
che la strada migliore per raggiungere quell’efficacia, sia attraverso la partecipazione
degli individui nell’attività lavorativa. Ecco allora che l’obiettivo di questo lavoro è
quello di analizzare e comprendere le ragioni e le pratiche adottate da quelle
organizzazioni che considerano la via della partecipazione, la leva principale su cui
investire.
La tesi si sviluppa attraverso un percorso, che ha inizio con l’elaborazione del quadro
teorico in materia di organizzazione del lavoro, gestione delle risorse umane e relazioni
industriali, e si conclude con la verifica empirica dei contributi teorici, realizzata
attraverso l’analisi di un significativo caso aziendale, rappresentato dall’impresa CNH
S.p.A..
In particolare, al fine di comprendere lo scenario nel quale interagiscono gli attori e le
strutture che danno vita quotidianamente alle politiche di direzione delle risorse umane,
il primo capitolo ripercorre i principali interventi teorici correlati con l’evoluzione delle
teorie organizzative del lavoro e i modelli aziendali. Fornisce uno schema analitico
dell’evoluzione delle principali configurazioni organizzative, a partire da quella taylor-
fordista, per giungere ai più recenti modelli cognitivi orientati a una logica di learning
organization, di organizzazione snella e di total quality management.
Il secondo capitolo, riporta un’analisi approfondita relativa alle dimensione individuale
della prestazione lavorativa, focalizzandosi sui sistemi di governo delle risorse umane e
sul ruolo da esse rivestito ai fini della generazione del vantaggio competitivo. In primo
luogo, si prendono in esame le diverse configurazioni assumibili dalla funzione di
direzione del personale; successivamente, viene dedicato ampio spazio all’approccio
definito Strategic Human Resources Management, che rappresenta un potente e
moderno strumento nelle mani del management per pianificare, coinvolgere, valorizzare
le risorse umane. In relazione a questo, si procede poi all’analisi delle competenze e
delle attività dei manager delle risorse umane, sulla base dello schema del ‘ciclo di
gestione delle risorse umane’ (che include procedure di: selezione, valutazione,
incentivazione, comunicazione e formazione). Infine, si approfondiscono le prospettive
teoriche, elaborate nell’ambito della letteratura manageriale, relative agli aspetti
connessi alle pratiche di lavoro più innovative (la High Performance Work Practices),
che prevedono una gestione delle risorse umane basata su quattro principi: flessibilità,
partecipazione, fiducia, qualità.
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Il terzo capitolo indaga, invece, i processi connessi con la dimensione collettiva dei
rapporti di rapporti di lavoro, nell’ambito della gestione delle relazioni industriali tra il
management (datore di lavoro), le risorse umane (lavoratori) e le loro rispettive
organizzazioni di rappresentanza. In primo luogo, vengono analizzati la tipologia dei
principali attori delle relazioni industriali, il quadro giuridico e istituzionale italiano
entro cui queste relazioni sono regolate, e le tendenze in materia di contrattazione e
rappresentanza. Successivamente, si evidenziano alcuni dei principali mutamenti sociali
ed organizzativi che inducono le relazioni industriali al rinnovamento e al cambiamento,
in direzione di una nuova cultura della partecipazione e della flessibilità tesa al
raggiungimento di finalità di interesse generale.
Nel quarto ed ultimo capitolo, infine, si inserisce l’indagine empirica, svolta alla luce
dei contributi teorici osservati, presso lo stabilimento di San Matteo (MO) dell’azienda
CNH S.p.A.. L’elaborazione dei risultati, ottenuti a fronte di numerose interviste
condotte a management e rappresentanze sindacali dei lavoratori, fornisce alcune
riflessioni circa le modalità di organizzazione dal lavoro riscontrate, in termini sia di
gestione della dimensione individuale che collettiva. Il contributo di questa indagine
intende porsi come approfondimento, esplicitazione e riscontro delle osservazioni
elaborate sul tema da parte della letteratura fin qui considerata.
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CAPITOLO 1
L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
1.1 Le Organizzazioni: funzioni ed elementi
Il termine “organizzazione” deriva dalla parola greca “organon”, che significa
strumento. Nella storia sociale, economica e tecnologica dell’uomo, ciascuna epoca è
caratterizzata dal configurarsi di specifici strumenti, siano essi istituzionali, produttivi o
scientifici. Si può affermare, di fatto, che non esiste gruppo sociale che non si doti di
strumenti per il perseguimento dei suoi scopi e – di conseguenza – che non esiste
gruppo sociale che non sia caratterizzato da un’organizzazione specifica.
Laddove esiste un sistema sociale o economico che persegue determinati scopi esiste
sempre anche una configurazione organizzativa; quest’ultima rappresenta la
combinazione di determinati mezzi per il perseguimento di determinati fini, quindi, in
definitiva, uno strumento – strategico e operativo – di azione.
Attualmente, le scienze sociali, economiche, organizzative e giuridiche convengono
nell’asserire che il termine “organizzazione” designa un’entità sociale deliberatamente
costituita da più soggetti, che definiscono delle regole perché l’organizzazione stessa
possa perseguire i comuni obiettivi attesi. L’organizzazione – in questo senso – nasce
da una serie di esigenze dell’uomo; principalmente quella di ridurre l’insicurezza data
dall’imprevedibilità del futuro e quella di riuscire a perseguire degli obiettivi che da
solo egli stesso non potrebbe raggiungere. Ovviamente, poiché l'elemento cardine di
un'organizzazione è l'essere umano – ed è lui stesso che con il suo comportamento ne
determina la gestione ed il risultato – ogni organizzazione dovrà dar vita ad uno
specifico sistema volto ad orientare il più possibile l’operare dei soggetti verso i fini
della struttura; sempre in questa direzione, ogni organizzazione è solita determinare
anche dei confini di appartenenza, che delimitano e distinguono il ‘noi’ dal ‘loro’,
formando in questo modo una sorta di alleanza implicita, tra gli attori sociali coinvolti,
in funzione di un interesse comune.
1
1
Callini D., Leggere le Organizzazioni, FrancoAngeli, Milano 2007
15
Il termine organizzazione, secondo il sociologo Simon, si riferisce anche al complesso
schema di comunicazione e di relazioni diverse che viene ad istaurarsi all’interno di un
gruppo di esseri umani. Questo schema fornisce ad ogni appartenente al gruppo buona
parte dell’informazione, delle premesse, degli obiettivi e degli atteggiamenti che
influenzano le sue decisioni e, allo stesso tempo, crea in lui delle aspettative stabili e
ragionevolmente sicure riguardo a ciò che gli altri membri del gruppo stanno
compiendo e al modo in cui essi reagiranno a quanto egli dice o compie; Simon in
questo senso definisce l’organizzazione come un ‘sistema di ruoli’.
2
Il suo successo è
fondato sull’interdipendenza dei suddetti, che risultano essere la condizione
indispensabile per garantire all’organizzazione di raggiungere i suoi traguardi; tant’è
che se qualcuno “esce” dal ruolo l’organizzazione può fallire.
Più specificatamente, Gallino nel suo “Dizionario di Sociologia” individua tre diverse
accezioni del termine organizzazione, e cioè:
- attività diretta di proposito a stabilire, mediante norme esplicite, relazioni durevoli
tra un complesso di persone e di cose, in modo da renderlo idoneo a conseguire uno
scopo;
- entità concreta, o sistema sociale, che risulta da tale attività; in questa accezione
l’organizzazione è riconducibile ad una specificità di modello organizzativo e ad
una tipicità di razionalità di governo;
- struttura di relazioni formalmente previste e codificate all’interno di un sistema
sociale (mansioni, ruoli, organigramma, ecc.) le quali sono soltanto una parte delle
relazioni che lo costituiscono.
3
Nel presente lavoro mi riferirò, in particolare, al primo e al secondo significato, poiché
individuano in maniera chiara ed efficace l’agire umano ed i comportamenti
organizzativi che ne conseguono.
Negli ultimi due decenni, la letteratura che si occupa dell’analisi delle organizzazioni ha
fatto spesso ricorso al concetto di ‘organizzazione complessa’, per definire
principalmente le organizzazioni di grandi dimensioni che non differiscono dalle minori
soltanto per una serie di parametri quantitativi, ma piuttosto per il tipo, la varietà e
2
Simon 1985, cit. in Cocozza 2010 (p.43)
3
Gallino L., Dizionario di Sociologia, TEA, Milano 1993 (pp.469-470)
16
l’intreccio delle relazioni socio-tecniche che le costituiscono.
4
Uno dei fattori più
importanti che caratterizza questo tipo di organizzazioni è dato dal fatto che al suo
interno vi sono strutture e persone che svolgono funzioni diverse, sia per quanto attiene
alle attività e ai compiti professionali, sia per il livello di responsabilità che svolgono
nel governo dell’organizzazione.
Thompson ricorda che l’organizzazione complessa è costituita da un insieme di parti
interdipendenti, che danno vita ad un tutto: ciascuno fornisce un contributo ricevendone
un vantaggio in cambio
5
; a conferma dell’importanza dell’interdipendenza delle parti va
sottolineato che se il sistema non riesce a contare sulla disponibilità – di tutte le risorse
umane che lo popolano – a cooperare per raggiungere obiettivi comuni, vedrà fallire
l’azione organizzativa e non raggiungerà i risultati attesi. Diviene intuitivo quindi, date
le circostanze, identificare la posizione di fondamentale importanza – in questo tipo di
organizzazione – del fattore comunicazione: frammentandosi in un numero indefinito di
parti e dovendo gestire la complessità, è inevitabile che l’elemento chiave sia quello
della comunicazione tra le singole componenti, fra esse, gli individui che le
compongono e l’organizzazione stessa intesa in senso globale.
L’organizzazione complessa – intesa come forma di azione collettiva – è basata su
processi stabili ed intenzionali di: differenziazione, attraverso i quali il gruppo ottiene
risultati superiori alla somma degli sforzi singoli; ed integrazione (coordinamento),
poiché per conseguire i risultati bisogna riportare a unità ciò che è diviso.
Nel complesso, del concetto di organizzazione (come entità) sono state date tante e varie
definizioni; tant’è che due grandi studiosi, March e Simon, confermano che “è più
semplice fare esempi di organizzazione che dare una definizione del termine”
6
.
Tuttavia, se si ripercorrono le varie definizioni date, si può giungere a trarre una serie di
connotazioni che, per consenso abbastanza diffuso, contribuiscono a individuare le
organizzazioni propriamente dette. L’organizzazione resta così determinata dalla
presenza:
- di un gruppo di persone associate,
- per il conseguimento di uno scopo unitario,
- che, a tale scopo, stabiliscono tra loro rapporti formalizzati,
4
Barnard 1938, cit. in Cocozza 2010 (p.43)
5
Thompson J.D., L’Azione Organizzativa, ISEDI, Torino (1998)
6
Bonazzi G., Come studiare le organizzazioni, Il Mulino, (2006)
17
- aventi caratteristiche di continuità nel tempo,
- legittimati dal sistema sociale esterno,
- con la possibilità di sostituire propri membri, continuando a esistere.
7
Un particolare tipo di organizzazione è l’azienda, che la disciplina dell’economia
aziendale definisce come organizzazione di uomini e mezzi, con finalità economiche o
meno, diretta alla soddisfazione di bisogni umani attraverso produzione, distribuzione e
consumo di beni/servizi economici; anche in tal caso, il sistema nasce dall’esigenza di
razionalizzare e coordinare i singoli. Le caratteristiche essenziali individuate in questo
tipo di organizzazione sono la suddivisione del lavoro, del potere e delle responsabilità
finalizzata al perseguimento degli scopi prefissati; la presenza di uno o più centri di
potere con funzione di controllo e direzione, per soddisfare esigenze di efficienza; la
sostituibilità della risorsa umana qualora questa si mostri inadeguata od inefficiente; il
coordinamento di tutte le attività specializzate che danno vita all’attività
dell’organizzazione nel suo complesso.
8
All'interno di ogni organizzazione coesistono due strutture organizzative: una formale –
ed attesa – costituita dall’insieme di ruoli, norme e procedure che compongono la
struttura organizzativa e che trovano in tale ambito esplicita e formale descrizione a cui
attenersi; ed una informale, che nasce spontaneamente, basata su norme non scritte ma
generalmente riconosciute ed applicate, costituita principalmente dall’insieme dei
rapporti che si instaurano fra i componenti del sistema organizzativo, in base alla loro
soggettività. Più specificatamente, fanno parte del complesso di elementi formali ed
attesi:
- la gerarchia dell’autorità, poiché ogni organizzazione è caratterizzata da una
distribuzione differenziata di posizioni alle quali corrisponde l’autorità di emettere
comandi; l’autorità, diversamente dal potere, è in tal caso un attributo impersonale
che fa capo alla posizione organizzativa prevista nella struttura formale.
- i ruoli, vale a dire la divisione dei compiti, attraverso i quali si prescrivono e si
coordinano le attività indispensabili per il funzionamento organizzativo; i ruoli sono
definiti dalle norme e la loro trasgressione può comportare generalmente delle
sanzioni.
7
Bonazzi G., Come studiare le organizzazioni, Il Mulino, (2006).
8
Costa G. Gubitta P. Organizzazione aziendale. Mercati, gerarchie e convenzioni, McGraw-Hill, Milano
(2004).
18
- le norme, che rappresentano i mezzi con cui si coordina e controlla il
comportamento organizzativo, le quali possono essere più o meno specifiche.
- la pianificazione delle azioni e le strategie, finalizzate al conseguimento degli
obiettivi.
- i sistemi di comunicazione e di trasmissione delle informazioni, che possono essere
diversi; alcuni modelli organizzativi trasmettono prevalentemente informazioni
dall’alto verso il basso, in altri sono presenti canali a doppia via, altri ancora
incoraggiano la diffusione in orizzontale; le informazioni sono strumenti
indispensabili quando utilizzati per aumentare l’integrazione sociale.
- i mezzi di controllo e di motivazione, cioè sistemi basati su “premi e punizioni”, che
tendono ad assicurare una certa congruenza tra i comportamenti prescritti (dai ruoli
e dalle norme) e i comportamenti reali; questi ultimi sono sempre più indispensabili
poiché il comportamento individuale e di gruppo raramente si adegua
meccanicamente alle norme.
- la socializzazione, inteso come il processo di acquisizione delle competenze
tecniche e sociali e degli schemi cognitivi e comportamentali interni ad
un’organizzazione; ciascuna di esse infatti è caratterizzata da una storia, che di
solito è il risultato di una cultura più o meno consolidata ma sempre presente. Tale
cultura organizzativa è fatta di valori, simboli, strutture, rapporti interpersonali;
questi rappresentano importanti meccanismi d’influenza dei comportamenti
organizzativi, e talvolta la cultura può essere un efficiente sostituto dei meccanismi
di controllo.
La struttura organizzativa formale costituisce quindi il modello ufficialmente
approvato che stabilisce attraverso quali compiti e procedure si deve svolgere l’attività
organizzativa in modo da conseguire il fine prefissato.
Come già anticipato, accanto al complesso di elementi di natura formale, è
indispensabile tenere conto anche dell’esistenza di una struttura organizzativa
informale, nell’ambito della quale la vita organizzativa e le azioni dei membri si
svolgono in maniera meno pianificata, vincolata e prevedibile. Fanno parte di questa
struttura tutti gli aspetti che non possono essere programmati ma che sorgono e si
evolvono in modo contingente e naturale
9
. Fra questi:
9
Cesareo V. (a cura di), Sociologia: Concetti e Tematiche, V&P, Milano 2006 (p.100-102)
19
- i modi di fare, le norme e gli accordi taciti;
- le relazioni informali tra le persone e le relazioni interne di potere;
- le percezioni che i soggetti hanno dell’organizzazione e l’influenza delle percezioni
sui comportamenti;
- i valori impliciti comunicati;
- le aspirazioni delle persone e le strategie messe in atto per realizzarle;
- i riti, i miti, i simboli, il linguaggio, i tabù organizzativi.
La realtà globale di un’organizzazione è esattamente il prodotto di come, in ogni
preciso momento, la struttura formale e quella informale interagiscono. Le due
dimensioni infatti non solo coesistono, ma si implicano e condizionano
reciprocamente. L’influenza più manifesta della struttura informale su quella formale
si verifica nel momento in cui le deviazioni informali dal comportamento previsto
vengono recepite e poi avallate, nel medio o lungo periodo, nell’ordinamento formale
delle organizzazioni
10
.
Chiunque entra in un’organizzazione per ricoprire un ruolo professionale, deve
necessariamente conoscerne le regole e le dinamiche che ne governano il
funzionamento. E’ solo in questo modo, infatti, che il contributo del singolo, che ricopre
uno specifico ruolo, diventa efficace ai fini del raggiungimento degli obiettivi
dell’intero sistema.
D’altro canto, una persona che lavora all’interno di un’organizzazione, è tanto più
motivata quanto più riesce a collegare il proprio contributo ai risultati
dell’organizzazione stessa; questo gli consente infatti di dare senso ai propri sforzi, che
diventerebbero altrimenti semplici attività operative.
Lo studio dell’organizzazione e della gestione organizzativa, considerata in senso lato,
si può far risalire alla comparsa dei primi stati organizzati con i relativi eserciti,
istituzioni religiose e altri organismi amministrativi e gestionali.
Riferendoci alle organizzazioni complesse in termini di imprese industriali, i primi studi
articolati sull’organizzazione dell’impresa di produzione risalgono agli inizi del
10
Cesareo V. (a cura di), Sociologia: Concetti e Tematiche, V&P, Milano 2006 (p.111)
20
ventesimo secolo. In particolare, F.W.Taylor, con i suoi studi sull’organizzazione del
lavoro, rappresenta senza dubbio il precursore dei moderni studi sull’organizzazione.
Dal ‘900 ad oggi vi è stata una rapida evoluzione della ricerca e delle conseguenti
pratiche organizzative; ognuna di queste “scuole” ha lasciato in eredità importanti
strumenti e metodi per la progettazione e la gestione organizzativa.
Di seguito, cercherò di fornire una panoramica delle principali teorie e modelli
organizzativi che si sono succeduti nel corso dell’ultimo secolo, ritenendo ciò un
procedimento utile a spiegare e comprendere più adeguatamente lo scenario nel quale
– oggi – interagiscono gli attori e le strutture che animano la vita di
un’organizzazione.
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