2
preparazione.
I grandi eventi sportivi portano benefici di ogni genere: politici, che includono
un incremento del riconoscimento internazionale della città ospitante e la
diffusione di valori politici alla popolazione locale; culturali/sociali, che
comprendono la possibilità di stabilire e mantenere i valori e le tradizioni
locali; economici, che includono l’incremento dell’attività economica e
dell’impiego; turistici (Ritchie, 1984; Hall, 1992; Voeth e Liehr, 2003;
Scamuzzi, 2006; Hiller, 1990; Preuss, 1998; Cashman, 2005).
La maggior parte di articoli e libri sugli eventi sportivi si focalizzano sul
turismo, sul marketing e la sponsorizzazione (Brown, 2002; Crompton,
1995;). Essi rispondono a domande come Che tipo di evento è stato? oppure
Qual’era la struttura del Comitato Organizzatore? e più precisamente
esaminano le necessità per organizzare gli eventi sportivi oppure a quali
risultati portano.
Molte ricerche sono orientate ad esaminare l’immagine e l’identità della città
ospitante, mai considerando la prospettiva del Comitato Organizzatore e dei
suoi interlocutori (Chalip, Green e Hill, 2003; Dimanche, 1997; Molotch,
Freudenburg e Paulsen, 2000; Ritchie e Smith, 1991; Silk e Andrews, 2001;
Whitson e Macintosh, 1996).
Altri studi si focalizzano sull’impatto sull’impatto economico o sull’impatto
politico (Bull e Lovell, 2007) e sulla trasformazione degli spazi cittadini
utilizzati per manifestazioni sportive come ad esempio le Olimpiadi (Hiller,
2006; Brunetta, 2002; Dansero, 2002; Guala, 2002; Bobbio e Lazzeroni,
2002).
Ospitare un evento sportivo richiede la partecipazione di una varietà di
stakeholder, ciascuno con aspettative differenti che desiderano guadagnare
dalla partecipazione all’evento.
Di conseguenza lo scopo di questa ricerca è proporre un metodo per
analizzare e focalizzare l’attenzione sugli stakeholder e i loro obiettivi nelle
manifestazioni sportive.
Il lavoro proposto prende spunto da una analisi effettuata da Parent M.M. ed
esposta nell’articolo “Evolution and Issue Patterns for Major-Sport-Event
Organizing Committees and Their Stakeholders” (2008) in cui presenta uno
3
studio sugli stakeholder dei Pan American Games a Winnipeg (Canada) nel
1999.
La tesi si compone di quattro parti:
- nel primo capitolo vengono introdotti i concetti teorici posti alla base
della Teoria degli Stakeholder e alcuni modelli che ne derivano.
- nel secondo capitolo si introduce la responsabilità sociale d’impresa.
- nel terzo capitolo viene presentato l’evento sportivo preso in
considerazione: i XXIV Campionati d’Europa di Ginnastica Ritmica
che si sono tenuti a Torino il 5-6-7 Giugno 2008.
- nella quarta ed ultima parte viene presentato il lavoro di ricerca, svolto
durante un periodo di stage presso il Comitato Organizzatore
dell’evento, in cui vengono analizzati tutti i fattori influenzanti ed in
particolare il ruolo degli stakeholder nella manifestazione sportiva.
4
1. Teoria degli Stakeholder
Negli ultimi ventanni è stato introdotto ed ampliato il concetto di stakeholder
o portatore di interesse. Sono stakeholder tutti coloro che sono titolari di una
“posta”, dall’inglese “stake” che significa posta in gioco o scommessa,
collegata all’attività di un’organizzazione e che quindi sono condizionati o
possono condizionare le loro azioni.
Gli stakeholder sono individui o gruppi che influenzano o che sono influenzati
dal raggiungimento degli obiettivi di un’organizzazione. Questa definizione è
stata introdotta da Freeman nel 1984 nel testo “Strategic Management: A
Stakeholder Approach”.
Il primo utilizzo del termine stakeholder risale agli anni ’60 in cui, con un
intenzionale gioco di parole sul termine “stockholder”, si voleva identificare
l’esistenza di altri individui di cui tener conto oltre a coloro che detenevano il
capitale.
L’uso di questo termine deriva da un lavoro svolto presso lo Stanford
Research Institute nel 1963. Lo studio era volto a far capire ai manager le
questioni degli stakeholder, in modo da sviluppare obiettivi che gli
stakeholder stessi avrebbero supportato per ottenere un successo a lungo
termine dell’impresa.
In passato, l’attenzione dei manager era concentrata sugli azionisti; ora con
l’utilizzo del modello degli stakeholder, i manager dell’azienda considerano le
richieste provenienti da proprietari, clienti, dipendenti e fornitori, ma anche da
gruppi emergenti capaci di influenzare l’organizzazione quali gli stati, i
concorrenti, le associazioni di consumatori, gli ambientalisti e i media.
L’impresa è quindi considerata come il risultato di uno sforzo cooperativo che
coinvolge molti individui e gruppi che cercano di raggiungere i propri scopi.
Questo modello si contrappone a quello convenzionale input-output (Fig.1) in
cui l’impresa è considerata come un’attività economica in cui investitori,
dipendenti e fornitori mettono a disposizione delle risorse che l’impresa
stessa trasforma a vantaggio dei consumatori.
5
Fig.1 - Modello Input-Output
(Teoria degli stakeholder. 2007)
La teoria non descrive semplicemente situazioni esistenti o predice relazioni
causa-effetto, ma suggerisce strutture, pratiche e atteggiamenti dell’impresa
e della sua rete di stakeholder. Questo non implica che tutti debbano essere
coinvolti in tutte le attività e le decisioni allo stesso modo.
Lo scopo dell’utilizzo di questa teoria è quello di ideare una metodologia per
la gestione delle relazioni con una miriade di gruppi in modo strategico.
La Teoria degli Stakeholder si basa su quattro premesse (Jones & Wick,
1999; Phillips, 2003):
- un organizzazione ha relazioni con molti stakeholder;
- i teorici sono interessati alla natura della relazione fra l’organizzazione
e i suoi stakeholder;
- tutti gli interessi degli stakeholder hanno un valore intrinseco uguale;
- la teoria sugli stakeholder si focalizza sul processo di decisione
manageriale.
Lo sviluppo di una relazione a lungo termine fra l’azienda e lo stakeholder si
basa sulla formazione di collegamenti di vario tipo fra le parti:
- commerciali, che provvedono a portare benefici economici;
- funzionali, che sono riferiti all’uso di un prodotto o di un servizio;
- sociali;
- simbolici;
- emozionali.
6
1.1 Definizione di stakeholder
La definizione classica di stakeholder, proposta da Freeman nel 1984 nel
testo “Strategic Management: A Stakeholder Approach”, è la seguente:
“lo stakeholder di una organizzazione è ogni gruppo o individuo che può
influire, o essere influenzato, dal raggiungimento degli obiettivi
dell’organizzazione”.
Essi sono quindi i portatori di un interesse nei confronti dell’attività di una
impresa e sono in grado di condizionarne le scelte economiche ed operative.
Possono essere classificati in: interni (agiscono all’interno del sistema
impresa, ad esempio la direzione, le risorse umane…); esterni (influenzano
le scelte dell’impresa facendo pressioni dall’esterno, ad esempio lo Stato, i
fornitori…) e secondari (influenzano in modo indiretto, e sono a loro volta
influenzati dall’attività dell’impresa, ad esempio le comunità locali, i mass-
media, l’università…).
Partendo, quindi, dall’individuazione di questi soggetti e dalla considerazione
circa la loro interazione con l’impresa, Evan e Freeman nella seconda metà
degli anni ’80 elaborarono la teoria dell’impresa basata sul modello degli
stakeholder. Secondo tale teoria i manager dovrebbero avere un rapporto
che viene definito “fiduciario” verso un’ampia serie di referenti dell’impresa
(dipendenti, clienti, comunità locale, fornitori, media…).
Il fondamento morale di questa teoria risiede nel principio kantiano del
rispetto delle persone, secondo cui queste ultime devono essere trattate
come fini in sé e non come mezzi per il perseguimento di un determinato
fine.
Viene quindi fatta un’implicita critica alla contrapposta teoria degli
stockholder o azionisti, in base alla quale l’unica responsabilità dell’impresa è
quella che deve avere nei confronti dei portatori di capitale.
La novità della Teoria degli Stakeholder consiste nell’estendere la missione
dell’impresa al perseguimento di istanze sociali; l’azienda non risulta più
focalizzata esclusivamente sulla produzione di profitto per soddisfare gli
azionisti, ma è orientata anche a promuovere il benessere della società
7
attraverso il soddisfacimento degli interessi di ciascun interlocutore con il
quale interagisce.
La popolarità del termine stakeholder è cresciuta notevolmente e questo è
possibile notarlo dalla varietà di definizioni associate (Tab.1). Il termine è
utilizzato in vari contesti erroneamente e ha creato una notevole confusione
che ha impedito lo sviluppo di molte ricerche e dibattiti.
Tab.1 – Definizioni di stakeholder
(Teoria degli stakeholder. 2007)
Fonte Posta in gioco
Stanford,
1963
“quei gruppi senza il cui supporto l’organizzazione smetterebbe di
esistere”
Rhenman,
1964
“dipendono dall’azienda per raggiungere i propri obiettivi personali e
l’azienda dipende da loro per la sua esistenza”
Ahlstedt e
Jahnukainen,
1971
“guidati dai loro obiettivi ed interessi personali partecipano ad
un’azienda, e così dipendono da essa, e da loro dipende la salute
dell’azienda”
Freeman e
Reed, 1983
In senso ampio: “possono influire sul raggiungimento degli obiettivi di
una organizzazione oppure coloro che sono influenzati dal
raggiungimento degli obiettivi di una organizzazione”
In senso ristretto: “Coloro da cui l’organizzazione dipende per la sua
sopravvivenza”
Freeman,
1984
“lo stakeholder può influire o essere influenzato dal raggiungimento
degli obiettivi dell’organizzazione”
Freeman e
Gilbert, 1987
“lo stakeholder può influire o essere influenzato da un’impresa”
Cornell e
Shapiro, 1987
“coloro che hanno aspettative” che hanno “contratti”
Evan e
Freeman,
1988
“lo stakeholder ha una posta in gioco o una aspettativa nei confronti
dell’azienda”
Evan e
Freeman,
1988
“colui che ha vantaggio o un danno, e i cui diritti sono violati o
rispettati, dalle azioni dell’impresa”
Bowie, 1988 “senza il sostegno dei quali l’organizzazione cesserebbe di esistere”
Alkhafji, 1989 “gruppi verso i quali l’impresa è responsabile”
Carroll, 1989 “asserisce di avere uno o più tipi di poste in gioco” – “vanno da un
interesse per un diritto (legale o morale), alla proprietà o al titolo legale
nei confronti della proprietà o degli asset dell’impresa”
Freeman e
Evan, 1990
“detentori di un contratto”
Thompson e
al., 1991
coloro che sono in “relazione con una organizzazione”
Savage e al.,
1991
“hanno un interesse nelle azioni di una organizzazione e … la
capacità di influenzarla”
Hill e Jones,
1992
“costituenti che hanno una aspettativa legittima nei confronti
dell’azienda … definita dall’esistenza di una relazione di scambio”
coloro che forniscono “all’azienda le risorse critiche (contributi) ed in
cambio ognuno si aspetta che i propri interessi siano soddisfatti (per
persuasione)”
8
Brenner,
1993
“coloro che hanno una relazione legittima, non banale con
un’organizzazione, (ad esempio) transazioni di scambio, impatti delle
azioni e responsabilità morali”
Carroll, 1993 “colui che afferma di avere una o più tipi di poste in gioco nell’impresa”
– può influire o essere influenzato da…
Freeman,
1994
partecipanti “al processo umano di creazione del valore condiviso”
Wicks e al.,
1994
“colui che interagisce e dà un significato e una definizione all’impresa”
Langtry, 1994 l’azienda è significativamente responsabile del loro benessere oppure
essi hanno una aspettativa morale o legale sull’azienda
Starik, 1994 “possono rendere o rendono note le loro poste in gioco” – “sono o
potrebbero essere influenzati, o sono o potrebbero essere in grado di
influenzare l’organizzazione”
Clarkson,
1994
“corrono un certo rischio per aver investito un certo capitale, umano o
finanziario, qualcosa di valore, in un’azienda” oppure “corrono un
rischio per le attività dell’azienda”
Clarkson,
1995
“hanno una aspettativa, proprietà, diritti o interessi in una impresa e
nelle sue attività”
Naesi, 1995 “interagisce con l’azienda e perciò rende possibile il suo
funzionamento”
Brenner,
1995
“coloro che hanno o possono avere un impatto o su cui può impattare
un’impresa/organizzazione”
Donaldson e
Preston, 1995
“persone o gruppi con interessi legittimi negli aspetti procedurali e/o
sostanziali dell’attività dell’impresa”
La definizione di stakeholder è stata proposta nel corso degli anni secondo
una visione ampia o ristretta. E’ molto importante decidere quale definizione,
ampia o ristretta, adottare perché nel secondo caso si escludono dei gruppi
che potrebbero essere determinanti per l’organizzazione.
La definizione di Freeman (1984) – secondo cui qualsiasi gruppo o individuo
può influenzare o essere influenzato dall’organizzazione – è considerata dai
ricercatori come una delle più ampie proposte, in quanto di fatto può
includere chiunque.
Secondo Freeman (1984) un’impresa può essere considerata come il fulcro
di una ruota, mentre gli stakeholder sono posti al termine dei raggi della
stessa (modello Hub and Spoke) (Fig.2).
9
Fig.2 - Modello Hub and Spoke
Freeman (1984)
(Stakeholders: Theory and Practice. 2006)
Freeman pone alcune domande che ogni azienda dovrebbe farsi per
facilitare la creazione della mappa degli stakeholder:
- Chi sono gli stakeholder correnti e potenziali?
- Quali sono i loro diritti/doveri?
- In che modo ogni stakeholder ci influenza? E come noi li
influenziamo?
- Quali strategie dobbiamo assumere?
- Quali “variabili ambientali” influenzano noi e i nostri stakeholder? E
come dobbiamo misurare il loro impatto?
- Come raggiungiamo un risultato ottimale?
Successivamente bisogna analizzare il comportamento di ogni stakeholder
per conoscere le loro strategie ed ottenere dei risultati soddisfacenti da
10
entrambe le parti. È possibile quindi distinguere quattro tipi di strategie di
azione (Fig.3):
- Offensiva: deve essere utilizzata quando lo stakeholder possiede un
alto potenziale cooperativo e un basso livello di minaccia. Sono da
considerarsi come gli interlocutori ideali.
- Difensiva: deve essere adottata quando lo stakeholder ha un alto
livello di minaccia e un basso livello cooperativo.
- Cambiamento delle regole: si utilizza quando lo stakeholder possiede
sia un alto livello di minaccia che un alto potenziale cooperativo.
L’obiettivo in questo caso è quello di ridurre il livello di minaccia
mantenendo efficiente la cooperazione.
- Di mantenimento: si usa quando lo stakeholder possiede un basso
livello di minaccia e di potenziale cooperativo. In tale caso sono da
considerarsi come gruppi marginali.
Fig.3 – Strategie di azione
Freeman (1984)
(Stakeholders: Theory and Practice. 2006)
La potenza della minaccia è determinata dalla dipendenza dell’azienda nei
confronti delle risorse degli stakeholder e dall’abilità di formare coalizioni da
parte degli stessi.
Goodpaster (1991; 2002) ha osservato che la definizione “ampia” di
stakeholder proposta da Freeman implica il riferimento a due tipi differenti di
“approccio” agli stakeholder - strategico (o prudenziale) e morale (o “multi-
fiduciario”) - a seconda che la teoria si concentri rispettivamente sui gruppi
che possono influenzare l’impresa o su quelli che sono influenzati da essa.
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Nel caso dell’approccio strategico, il manager deve attuare una gestione
degli interessi, nel senso che lo stakeholder e i suoi interessi devono essere
“trattati” affinché l’impresa possa conseguire i propri scopi.
Nel caso dell’approccio morale, il manager deve ricercare un bilanciamento
degli interessi di tutti gli stakeholder in quanto i loro interessi e diritti hanno
uguale importanza e meritano di essere soddisfatti congiuntamente.
Ne consegue che l’approccio strategico fornisce un resoconto unidirezionale
della relazione impresa-stakeholder, considerata cioè solo dal punto di vista
dell’impresa, e che l’approccio morale fornisce un resoconto bidirezionale
dell’impresa e dei suoi stakeholder.
Diversamente da Freeman (1984), Clarkson (1995) distingue tra stakeholder
primari e secondari. I primari sono coloro senza la cui partecipazione
l’azienda non può sopravvivere. I secondari invece, pur influenzando o
essendo influenzati dall’azienda, non sono essenziali per la sua
sopravvivenza. Solitamente fanno parte del primo gruppo gli azionisti, gli
investitori, i clienti e i fornitori. Qualora uno stakeholder primario decidesse di
interrompere la relazione con l’impresa, essa sarebbe notevolmente
danneggiata o non sarebbe più in grado di continuare la propria attività.
La visione ristretta si basa sulla limitatezza reale di risorse, tempo,
attenzione e pazienza dei manager. Si cerca quindi di definire le entità
rilevanti nei confronti degli interessi economici essenziali per l’azienda.
Mitchell et al. (1997) hanno sottolineato che chi adotta la definizione ristretta,
è portato a dare importanza alla rilevanza della legittimità della pretesa dello
stakeholder; mentre, nel caso della visione ampia, si è portati a considerare il
potere dello stakeholder di influenzare l’impresa.
1.2 Tipi di Teoria degli Stakeholder
Donaldson e Preston (1995) hanno individuato tre approcci per analizzare la
natura degli stakeholder: descrittivo, strumentale e normativo. I tre approcci
sono concatenati tra loro (Fig.4): dall’esterno l’aspetto descrittivo, poi
strumentale e il cuore è normativo.
12
Fig.4 – Tre approcci della Teoria degli Stakeholder
Donaldson e Preston (1995)
(Teoria degli stakeholder. 2007)
L’approccio descrittivo cerca di analizzare se le organizzazioni prendono in
considerazione gli interessi dei propri stakeholder e se utilizzano lo
stakeholder management. Lo scopo di questa visione è quello di spiegare e
prevedere come l’azienda opera nei confronti delle influenze degli
stakeholder. L’impresa è vista come costellazione di interessi cooperativi e in
concorrenza fra loro che possiedono un valore intrinseco; la sua stessa
natura può essere identificata come una modalità organizzativa per risolvere
i problemi di coordinamento e cooperazione.
L’approccio strumentale indaga sull’esistenza di un collegamento tra l’utilizzo
della Teoria degli Stakeholder e il conseguimento degli obiettivi aziendali e
se questo nesso è positivo o negativo. L’obiettivo aziendale è il successo
economico e l’utilizzo della teoria è un mezzo per raggiungerlo. In questo
approccio si può collocare la versione di Jones (1995), secondo cui se le
imprese stipulano contratti con i propri stakeholder in base alla cooperazione
ed alla reciproca fiducia, esse avranno un vantaggio competitivo sulle
imprese che non lo fanno. Qualunque sia lo scopo o l’interesse che l’impresa
persegue, la Teoria degli Stakeholder sottolinea il fatto che occorre gestire le
relazioni con gli stakeholder se si vuole favorire il successo nel
raggiungimento dello scopo.
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L’approccio normativo prescrive che tutti gli stakeholder siano trattati
dall’organizzazione secondo principi morali. Questa visione si basa
sull’accettazione che gli stakeholder identificano se stessi a causa del loro
interesse nell’impresa e tali interessi hanno un valore intrinseco e quindi
meritano considerazione nel processo decisionale dell’impresa.
L’aspetto essenziale della Teoria degli Stakeholder si basa sull’accettazione
di due presupposti. In primo luogo tutti gli stakeholder sono persone o gruppi
che hanno interessi legittimi coinvolti da attività e risultati dell’impresa e sono
i loro interessi a definirli come stakeholder, non l’interesse che l’impresa può
avere per loro. Secondariamente tali interessi hanno valore intrinseco cioè
meritano considerazione e rispetto, non solo in senso strumentale rispetto ad
altri scopi. In altre parole, con stakeholder si indicano non solo mezzi, ma
soggetti o categorie che hanno valore a sé e che vanno trattati secondo
qualche nozione di giustizia.
La Teoria degli Stakeholder trova il suo fondamento morale nel principio
kantiano del rispetto delle persone, secondo cui esse devono essere trattate
come fini in sé e non come mezzi per raggiungere un qualche fine. Questa
prospettiva indica che gli stakeholder sono soggetti morali titolari di diritti e
che la sfida dell’azienda è quella di soddisfare le pretese legittime dei
portatori di interesse.
1.3 Teoria della identificazione degli stakeholder e della loro
salienza
Mitchell et al. (1997) hanno proposto una teoria per l’identificazione degli
stakeholder che identifichi la rilevanza o il grado di priorità dato dai manager
alle loro aspettative. Tale modello si basa sul riconoscimento di tre attributi
che possono essere attribuiti nelle loro diverse combinazioni agli
stakeholder: possono essere considerati come indicatori del grado di
attenzione che il manager deve porre nei loro confronti.
Gli stakeholder possono quindi essere suddivisi in classi attraverso il
possesso di uno, due o tutti gli attributi seguenti: potere, legittimità e urgenza
della pretesa/aspettative. I manager devono quindi prestare attenzione alle
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sette classi che si vengono a formare dalla combinazione dei tre attributi
(Fig.5).
Fig.5 – Classificazione degli stakeholder
Mitchell, Agle e Wood (1997)
(Stakeholders: Theory and Practice. 2006)
Potere: in una relazione, una parte ha potere quando ha o può ottenere
accesso a mezzi coercitivi, utilitari o normativi per imporre la sua volontà. Il
potere è transitorio e non ne implica un uso effettivo o intenzionale. Questo
attributo di per sé non garantisce un alto grado di rilevanza nella relazione fra
le due parti, ma solo attraverso la legittimità guadagna l’autorità nel rapporto
ed acquista il suo esercizio con l’urgenza.
Legittimità: è la percezione che le azioni di un’entità siano desiderabili, giuste
o appropriate all’interno di qualche sistema di norme, valori, credenze e
definizioni socialmente costruite.
Urgenza: è il grado a cui le pretese/aspettative dello stakeholder richiedono
immediata attenzione. L’urgenza non è un attributo costante, ma può variare
nel tempo nella relazione.
Mitchell et al. (1997) sottolineano che ogni attributo è una variabile, che la
loro esistenza è socialmente costruita e che uno stakeholder può non essere
consapevole di possedere uno o l’altro attributo.
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Le sette classi di stakeholder che si vengono a formare possono essere
raggruppate in tre categorie: latenti, se posseggono un solo attributo; in
attesa/con aspettative, se ne posseggono due; definitivi, quando attraverso
tutti gli attributi acquisiscono un alta rilevanza nella relazione.
In questo modello di identificazione viene mostrato il dinamismo presente
nella relazione tra i manager e i loro stakeholder; infatti ogni gruppo
acquisendo gli attributi necessari può raggiungere la posizione di stakeholder
definitivo partendo da una qualsiasi situazione.
1.4 Teoria delle influenze basata sul network sociale
La Teoria degli Stakeholder negli ultimi anni ha cominciato a spostare
l’attenzione dagli stakeholder alle relazioni che le imprese hanno con essi e
questo presuppone l’adozione di un modello basato sul network relazionale.
Le relazioni fra impresa e stakeholder non sono a senso unico, ma a doppio
senso e vedono coinvolti differenti attori portatori di differenti pretese, scopi e
interessi che non sono sempre compatibili con l’obiettivo di massimizzare la
ricchezza degli azionisti.
Secondo il modello “Hub and Spoke” proposto da Freeman (1984), le
relazioni fra stakeholder e organizzazione sono diadiche e quindi
indipendenti l’una dall’altra.
Diversamente Rowley (1997), avvalendosi dell’analisi del network sociale,
sviluppa una teoria per descrivere le influenze simultanee di molteplici
stakeholder sull’impresa e prevederne le risposte.
È molto probabile che gli stakeholder dell’impresa abbiano relazioni dirette
l’uno con l’altro quando le relazioni avvengono in un network di influenze e
non in un ambiente caratterizzato esclusivamente da legami diadici (Fig.6).
In tale modello, in cui l’impresa non è necessariamente al centro del network,
essa può essere descritta come stakeholder di molte altre organizzazioni.
Esistono quindi numerosi stakeholder indiretti con cui l’organizzazione non
ha una relazione, ma che potrebbero ugualmente influenzare le loro azioni in
quanto l’impresa è parte di un network più ampio.