Infine si andrà ad analizzare la volatilità, accertandosi in un primo momento della
sua esistenza, mediante l’ARCH TEST, e solo dopo averne appurata la presenza,
si cercherà di adattare ad essa un modello.
Dopo il completamento di questa prima fase analitica, si passerà a ciò che
rappresenta uno dei fini ultimi dell’intero lavoro: la previsione dei rendimenti per
ù teorica.
fine, nell’ultimo capitolo, si raggiungerà lo scopo di questa analisi comparata
dando a confrontare i valori del VaR ottenuti dall’analisi delle due differenti
rie facenti capo alle due diverse banche. In questo modo si riuscirà ad ottenere
tili informazioni su quali saranno gli attivi finanziari che presenteranno un
aggiore rischio.
i dieci periodi successivi alla nostra analisi. Insieme ai rendimenti, si andrà a
prevedere anche la volatilità, che sarà utile per il calcolo del rischio connesso alle
fluttuazioni future del valore delle quotazioni; per la misura di tale rischio ci si
avvarrà del Valore a Rischio, che verrà calcolato in una duplice forma, una
empirica ed una pi
In
an
se
u
m
4
Capitolo 1
remo riferimento è quella giornaliera, in
end-of-day trading, anche se utili indicazioni sono altresì
anali e/o mensili.
e informativo ritenuto rilevante è il valore registrato dai
etodologia utilizzata è quella dell’analisi grafica e
dell’adozione di particolari formule di calcolo degli indicatori.
ANALISI STATISTICA
1.1 Introduzione
L’Analisi Statistica utilizza un insieme di strumenti al fine di valutare il possibile
andamento futuro dei mercati e dei singoli titoli finanziari. Tale analisi si basa
sullo studio delle serie storiche dei prezzi e dei relativi rendimenti.
Lo scopo dell’Analisi tecnica è quello di individuare tendenze locali (di breve
periodo) al rialzo (mercato bullish) ed al ribasso (mercato bearish), e soprattutto
indicazioni precoci circa l’inversione di tendenza, da interpretare come segnale
per un’eventuale azione di acquisto o di vendita del titolo.
La frequenza di rilevazione dei dati cui fa
una prospettiva di
ottenute dall’analisi di dati settim
Nel nostro caso, l’insiem
prezzi (valore di chiusura). La m
5
1.2 Analisi dei prezzi
Con l’analisi dei prezzi, ci si allontana dal fine ultimo che è quello di prevedere
l’andamento futuro dei titoli, per focalizzarsi su aspetti teorico-statistici relativi
e la
e una ponderazione delle osservazioni.
’uso della Media Mobile tende ad eliminare le oscillazioni di breve periodo.
alla natura della serie storica.
E’ possibile, nell’analisi dei prezzi, tracciare un indicatore di tendenza com
Media Mobile, la quale non è altro ch
L
Nella nostra analisi ci avvarremo della Media Mobile Semplice (non centrata) al
tempo t di ordine k come media aritmetica dei k valori da t a t-(k-1).
ƒ
P
1
0
;
1
k
j
jttk
k
M
E’ intuitivo che la serie sarà più “liscia” della serie , in quanto in
ali nella serie dei prezzi, il valore corrispondente nella
asato,cioè i picchi e
le depressioni non sempre coincideranno con quelli della serie originale.
I valori osservati dei prezzi possono essere considerati come realizzazioni di un
processo stocastico non noto che genera i dati. Nell’analisi dei dati a nostra
tk ; t
M P
presenza di picchi anom
Media Mobile sarà meno irregolare, in quanto il valore anomalo avrà peso 1/k .
La serie a Media Mobile avrà un aspetto tanto più “liscio” quanto maggiore è k.
Con l’utilizzo della Media Mobile Non Centrata si avrà una perdita di
informazioni all’inizio della serie, ed otterremo un Segnale Sf
6
disposizione vedremo come il processo stocastico generatore dei prezzi possa
essere caratterizzato come processo Random Walk:
ttt
PP Η
1
(il più semplice processo non stazionario), oppure come processo
(Augmented Dikel Furrel), chiamato anche Unit Root Test, che testa l’ipotesi
ulla che il processo abbia radice unitaria, e che quindi sia non stazionario.
ci si può riferire ai loro logaritmi, e
farne la differenza, al fine di ottenere la serie dei Rendimenti:
ed appare oltremodo restrittiva.
ei rendimenti è possibile adattare una classe di processi, gli ARMA
cosiddetto a radice unitaria, ciò perché la serie dei prezzi è una serie non
stazionaria. La stazionarietà della serie può essere verificata dal TEST ADF
n
Per rendere la serie dei Prezzi stazionaria,
1
loglog
ttt
PPr .
1.3 Analisi dei rendimenti
La serie storica dei rendimenti può essere considerata come realizzazione di un
processo stocastico stazionario. L’assunzione che i rendimenti seguano un
processo white noise (il più semplice processo stazionario) risponde ad esigenze
di semplicità
Infatti un white noise presuppone che ci sia indipendenza tra le singole
rilevazioni, cosa che può non accadere in mercati non perfettamente trasparenti, in
cui alla serie d
(Auto-Regressive Moving Average) nei quali la dipendenza temporale è
esplicitata.
7
La conferma della stazionarietà della serie dei rendimenti può essere ottenuta con
on l’ AR(1), l’autoregressivo del primo ordine, la realizzazione della variabile
casuale corrente dipende dalla realizzazione della variabile casuale al tempo
precedente con un coefficiente ф e dalla realizzazione di una variabile casuale εt
che è i.i.d. con media 0 e varianza costante:
il test ADF, in cui verrà rifiutata l’HP nulla di radice unitaria, e quindi di non
stazionarietà.
Scartato quindi il white noise, è possibile adattare alla serie dei rendimenti un AR
oppure un MA.
C
ttt
rr Η Ι
1
Si noti che il caso nel quale 1 Ι rende il processo un Random Walk.
Non sempre l’AR(1) è stazionario. La condizione necessaria e sufficiente
affinché lo sia è che risulti 11 ≺≺ Ι .
a forma diversa di dipendenza nel tempo è quella data da un processo detto a
di due termini di disturbo
i.i.d. a media zero e varianza costante , quello corrente
Un
media mobile del primo ordine, MA(1), per il quale il valore corrente della
variabile casuale rt è determinato dalla combinazione
2
ς
t
Η e quello relativo al
ψ :
tt
r
periodo precedente con coefficiente
1 t
∴ΗΗ
i questo processo si possono derivare Media, Varianza, funzione di
D
Autocovarianza e quindi funzione di Autocorrelazione:
8
E 0)(
t
r
)1()(
22
∴ ς rVar
t
2
∴ ς ϑ 0
s
per s=1 e
s
ϑ per s>1
)1(
2
∴
∴
Υ
s
per s=1 e 0
s
Υ per s>1
za
ipendono dal tempo (al contrario del processo AR), e che quindi, senza imporre
essuna condizione su ψ, il processo MA è sempre stazionario.
processo AR(1) e del processo MA(1)
possono essere combinate insieme in un processo ARMA (1;1), definito come:
Un risultato da considerare per il processo MA(1) (che è valido anche per processi
MA di ordine superiore) è che né la varianza né la funzione di autocovarian
d
n
Infine le caratteristiche proprie del
11
tttt
rr ∴ΗΗΙ
1.4 Analisi della volatilità
L’analisi delle serie storiche non può essere completa senza una valutazione
dell’incertezza dei rendimenti futuri.
In generale al concetto di volatilità si fa corrispondere una misura statistica di
variabilità: quella più immediata è lo scarto quadratico medio (o la varianza) dei
rendimenti su un periodo storico.
9
Tuttavia, l’osservazione che la variabilità dei rendimenti non sia costante nel
condizionata autoregressiva (Autoregressive
kedasticity- ARCH) per lo studio della varianza dei
imenti condizionata ad un certo insieme informativo.
tempo è stata più volte riscontrata in ambito finanziario. In particolare, il lavoro di
Engle (1982) ha aperto il campo ad un filone di letteratura molto ampio su modelli
cosiddetti a eteroschedasticità
Conditional Heteros
rend
Per la misura della volatilità, un indice di variabilità tipicamente utilizzato come
misura della volatilità dei rendimenti è la varianza calcolata sul periodo
campionario (varianza storica):
22
)(
1
ƒ
T
i
rrς
11 tT
te: dall’analisi del comportamento dei rendimenti, è
cui tende a rimanere elevata. Questa caratteristica viene
hiamata volatility clustering.
Il fatto però che la volatilità sia variabile nel tempo è una delle regolarità che si
riscontrano empiricamen
agevole evidenziare che ci sono periodi in cui la varianza dei rendimenti tende a
rimanere bassa e altri in
c
Perciò, se misuriamo la volatilità sul tutto il periodo di analisi non si riesce a
cogliere questo aspetto, perché non si riesce a vedere questo alternarsi di periodi
di alta e bassa volatilità.
Il problema è dunque quello di misurare la volatilità il modo da evidenziarne
l’evoluzione temporale.
10
Un metodo per fare ciò è costituito dall’utilizzo della Varianza Mobile: si scinde il
azione T in tanti intervalli di ampiezza τ e ogni volta,
periodo di osserv
aggiungendo un’osservazione più recente, ed eliminandone una più vecchia, si
ricalcola la varianza mantenendo, di conseguenza, costante il numero di
osservazioni su cui è calcolata:
ƒ
t
ti
titr
rr
1
2
2
;
)(
1
Ω Ω
ς
La Varianza Mobile è una misura molto utilizzata. Il suo andamento sarà molto
smussato, tipico del resto di ogni media mobile. Il grado di smussamento sarà
tanto più elevato quanto più numerosi sono i termini su cui la varianza mobile è
calcolata.
Una delle regolarità empiriche presentate dalla serie dei rendimenti è la presenza
di autocorrelazione in trasformazioni positive dei rendimenti, in particolare il
quadrato o il valore assoluto.
Engle sfrutta questa caratteristica, e suggerisce che l’andamento della varianza del
processo generatore dei dati sia di tipo condizionatamente autoregressivo: sulla
base dell’informazione disponibile al tempo t-1, la varianza al tempo t è
esprimibile come funzione dei valori più recenti delle innovazioni al quadrato.
Tale modello viene chiamato ARCH.
quello di verificare se effettivamente esiste autocorrelazione tra il quadrato dei
Esiste inoltre un test, introdotto dallo stesso Engle, che interviene sui residui di
regressione del modello principale, quello cioè, specificato per l’analisi della
media della serie storica della variabile oggetto d’indagine. L’obiettivo del test è
11
residui. Il test sottopone a verifica l’ipotesi che i coefficienti αi associati al
quadrato dei residui “passati” siano tutti congiuntamente uguali a zero.
pirica di
nti positivi e negativi influiscano diversamente sulla varianza
metria insita in tale relazione
Se i coefficienti αi risultassero tutti statisticamente non significativi, l’ipotesi
nulla verrebbe accettata, e quindi non ci sarebbe evidenza em
autocorrelazione tra i residui al quadrato, cioè i cosiddetti effetti ARCH sarebbero
assenti.
Una volta appurata l’esistenza di persistenza della varianza, si procederà alla
determinazione del modello ARCH più adatto ai dati in nostro possesso.
Il termine GARCH sta per Generalized Autoregressive Conditional
Heteroskedasticity, riguarda una generalizzazione del modello ARCH e venne
introdotto da Bollerslev (1986).
Rispetto al modello di Engle, si introducono i valori ritardati della varianza
condizionata, in modo da risparmiare parametri da stimare rispetto alla struttura
ARCH. Il GARCH (p;q) è perciò un modello in cui la varianza condizionata al
tempo t è una combinazione lineare di p ritardi dei residui al quadrato e di q
ritardi della varianza condizionata.
Il modello GARCH tratta però in maniera simmetrica sia gli shock positivi che
quelli negativi, quindi non si riescono a cogliere possibili effetti differenziali tra
residui positivi e residui negativi. Si è spesso osservata la presenza di correlazione
negativa tra rendimenti e varianza condizionata (o volatilità) della serie. La
presenza di tale correlazione suggerisce la necessità di ricorrere ad un modello nel
quale rendime
condizionata futura e, ragionevolmente, un incremento in varianza maggiore sarà
associato al verificarsi di rendimenti negativi. L’asim
12