VI
riconoscimento delle strutture, di cui si presentano i risultati relativi all’applicazione su
serie temporali di immagini di campi fotosferici quieti acquisite presso i telescopi Dunn
Solar Telescope (National Solar Observatory, Sacramento Peak, New Mexico, USA) e
Themis (Télescope Héliographique pour l’Étude du Magnétisme et des Instabilités de
l’atmosphère Solare, Observatorio del Teide di Izaña, Tenerife, Isole Canarie, Spagna).
Descrizione della tesi
Il primo capitolo, dopo una breve introduzione alla struttura del Sole nel suo
insieme, espone le caratteristiche della fotosfera solare, in particolare dei moti convettivi a
varia scala spaziale in essa osservabili, illustrando lo stato delle conoscenze sulle proprietà
geometriche e evolutive delle strutture di granulazione. A conclusione del capitolo, sono
trattate le principali fonti di degradazione delle immagini di granulazione solare, acquisite
in banda larga con brevi tempi di esposizione.
Il secondo capitolo presenta una panoramica dei possibili approcci alla
segmentazione dell’immagine e al conseguente riconoscimento di strutture distinte. Si
compie un’analogia tra sistemi visivi biologici e sistemi visivi artificiali, da cui si deriva la
scelta di un approccio per la segmentazione delle immagini di granulazione solare che non
dipenda da parametri fissati arbitrariamente, come in molti dei precedenti tentativi. Si
stabiliscono inoltre le necessarie definizioni operative degli oggetti di analisi, per
sgombrare il campo dalle ambiguità che sorgono nel confrontare risultati apparentemente
simili nella forma, ma divergenti nel significato.
Il terzo capitolo riporta schemi e procedure inerenti gli algoritmi implementati sulla
base delle decisioni di cui al capitolo precedente. Sono illustrati alcuni esempi di immagini
trattate, e si elencano le proprietà analizzate sulle immagini di strutture segmentate e
riconosciute.
Il quarto e ultimo capitolo illustra i risultati delle analisi svolte in termini di
proprietà geometriche ed evolutive del campo di granulazione solare esaminato tramite due
distinte serie di immagini ottenute nel 1996 e nel 1999 rispettivamente presso i telescopi
Dunn Solar Telescope e Themis. È svolto un puntuale confronto con analoghi risultati
proposti in letteratura, mantenendo sempre presente le possibili differenze di contesto,
approccio e implementazione.
VII
Desidero esprimere la più sincera stima e gratitudine al Dr. Francesco Berrilli,
relatore della tesi, per l’estrema disponibilità e pazienza dimostratami nel corso dei mesi, al
Dr. Dario Del Moro per la collaborazione e gli utili suggerimenti, e ai familiari, amici e
colleghi di lavoro che mi hanno moralmente e materialmente supportato nei momenti di
maggiore difficoltà nel corso degli studi universitari e nello svolgimento di questa tesi.
Luca Santillo,
Roma, 19 Aprile 2002
1 Il fenomeno - La granulazione solare
La prima parte del capitolo, dopo una breve introduzione alla struttura del Sole, illustra il
fenomeno della granulazione solare, presentando le conoscenze ad oggi acquisite sulle sue
proprietà geometriche ed evolutive; si introducono per confronto anche alcune
informazioni su strutture su scala spaziale superiore a quella tipica della granulazione. La
seconda parte del capitolo descrive brevemente le modalità di acquisizione e trattamento
delle immagini di granulazione.
1.1 Cenni sulla struttura solare
Il Sole, in quanto stella a noi più vicina, ricopre un ruolo speciale come fonte di precise
informazioni astrofisiche. Per esempio ne conosciamo con discreta precisione raggio,
massa, forma geometrica ed età. Inoltre sono note luminosità e forma dello spettro
elettromagnetico proveniente dalla sua superficie. Queste quantità, dedotte da osservazioni,
sono usate nei modelli teorici del Sole per derivare le proprietà fisiche del suo interno. In
figura 1.1 riportiamo la struttura solare come proposta dall’attuale modello standard
[CHRISTENSEN96].
Fig. 1.1 Schema semplificato della struttura solare.
1. Il fenomeno La granulazione solare
2
Al centro troviamo il nucleo, sede delle reazioni di fusione termonucleare, principalmente
sostenute dalla catena protone-protone, la cui pressione di radiazione, controbilanciando la
spinta gravitazionale degli strati più esterni, rende prossima all’equilibrio idrostatico la
struttura solare. Il raggio del nucleo, stimato, è r
N
≈ 0,25 R
!
, dove il raggio solare R
!
è pari
a ~ 6,96 × 10
8
m. La temperatura del plasma decresce come la densità in modo
esponenziale dal centro verso l’esterno del nucleo, da T ≈ 1,5 × 10
7
K a T ≈ 7 × 10
6
K.
Lo strato successivo al nucleo è il cosiddetto interno radiativo, o zona di trasporto
radiativo (0,25 R
!
≤ r ≤ 0,7 R
!
), dove si ha trasporto di energia solo per irraggiamento
fotonico. In questa zona la temperatura media scende da ~ 7 × 10
6
a ~ 2 × 10
6
K.
Dopo un sottile strato di interfaccia, sede di formazione del campo magnetico solare a
causa di forti accelerazioni subìte dal plasma ionizzato, troviamo la zona convettiva
(0,7 R
!
≤ r ≤ 1 R
!
), dove il trasporto di energia avviene appunto principalmente per
convezione. Questa zona ha uno spessore di ~ 200 × 10
6
m = 200 Mm e presenta una
temperatura media decrescente da ~ 2 × 10
6
a ~ 5700 K.
La temperatura alla base della zona convettiva è sufficiente “bassa” da consentire agli ioni
pesanti (C, N, O, Ca, Fe) di conservare alcuni elettroni, rendendoli quindi opachi alla
radiazione. Questo ostacolo all’irraggiamento è causa dell’instabilità del plasma, che è
spinto dalla pressione di radiazione verso moti di convezione: volumi di materia si
muovono verso l’alto, raffreddandosi e dando luogo a moti di ricaduta. Come risultato
vediamo apparire sulla superficie solare strutture spaziali transienti a varie scale spaziali e
temporali.
Infine, la regione atmosferica gassosa che avvolge la zona convettiva, con spessore
di ~ 400 × 10
3
m e temperatura media di ~ 5700 K, è la fotosfera solare (figura 1.2). La
fotosfera deve il proprio nome al fatto che da essa viene emessa la quasi totalità della
radiazione elettromagnetica solare, e corrisponde quindi al disco luminoso del Sole. Il
tracciamento delle macchie solari e misurazioni Doppler in fotosfera permettono di
misurare i moti orizzontali e i moti verticali sulla superficie solare, i cui valori tipici sono
riportati in tabella 1.1.
1. Il fenomeno La granulazione solare
3
Tab. 1.1 Valori tipici delle velocità dei moti solari su larga scala misurabili in fotosfera. Si noti che la velocità di
rotazione, non essendo il Sole un corpo rigido, varia con la profondità e la latitudine (rotazione differenziale);
il valore indicato è riferito a misure in fotosfera vicino al centro del disco solare. I flussi meridiani sono
conseguenza della rotazione differenziale. Le oscillazioni dei 5 minuti costituiscono il principale modo
vibrazionale del sole come cavità risonante. ([DUVALL79, HILL85, HATHAWAY96])
Velocità (m s
-1
)
Orizzontale Verticale
Rotazione all’equatore
2 × 10
3
-
Flussi meridiani equatore-poli 20 0
Oscillazioni dei 5 minuti 0 400
Abbiamo visto come i moti convettivi del plasma all’interfaccia tra la zona convettiva e la
fotosfera, analoghi all’ebollizione di un fluido, conducano alla formazione di
caratteristiche strutture visibili sulla superficie del Sole (granuli, mesogranuli,
supergranuli). Poiché nel seguito di questo lavoro ci concentreremo sullo studio delle
strutture convettive in fotosfera, alla minima scala spaziale ad oggi risolvibile, i granuli,
tralasciamo la descrizione delle successive regioni atmosferiche (cromosfera, corona).
Descriveremo nella seguente sezione le proprietà geometriche ed evolutive della
granulazione solare.
Fig. 1.2 Campo fotosferico, in cui sono visibili i granuli e un gruppo di macchie solari (regioni più scure). In alto a
destra è raffigurata per confronto la Terra (r
T
≈ 6300 km).
1. Il fenomeno La granulazione solare
4
1.2 Struttura ed evoluzione della granulazione solare
1.2.1 La granulazione - Proprietà geometriche
La granulazione è visibile sulla superficie solare, quando osservata ad alta risoluzione
spaziale sia in luce bianca sia in dopplergrammi, come una collezione di cellule di
dimensione tipica di ~ 1 Mm, i granuli, separate da una rete di corridoi intergranulari
interconnessi (figura 1.3). La distanza tipica tra granuli è di ~ 1,4 Mm ed è ovviamente
legata alla distribuzione dei granuli sulla superficie.
1 Mm
2
Fig. 1.3 Immagini di granulazione solare a banda larga, λ = 5570 Å, 50 Å FWHM,
λ = 5500 Å, 50 Å FWHM, rispettivamente. Le immagini proposte fanno parte delle
serie utilizzate in questo lavoro (NSO 1996, Themis 1999).
Le regioni luminose del campo di granulazione sono associate a moti di gas ascensionali
(upflow), mentre le regioni scure (corridoi intergranulari o regioni interne dei singoli
granuli) sono associate a moti di gas discendenti (downflow) [STUART54, EVANS62,
EDMONS72, BRAY76]. Questa è una prova a sostegno del fatto la granulazione è un
fenomeno convettivo (figura 1.4). Il grado di correlazione tra intensità luminosa e velocità
rimane elevato sulle più piccole scale osservabili spettroscopicamente (~ 500 km)
[DEUBNER89, ROUDIER91].
Si ritiene che i moti convettivi siano prodotti da un rilascio di energia, appena sotto la
superficie del Sole, associato alla ionizzazione dell’idrogeno [UNSÖLD30,
SIEDENTOPF33]. L’avvio di tali moti deriverebbe inoltre dall’esistenza di una specifica
zona di elevata opacità alla radiazione appena sopra la zona di ionizzazione dell’idrogeno,
a una profondità di ~ 2 Mm dalla superficie [SPIEGEL64]. Assumendo che la dimensione
verticale dei granuli sia uguale a quella orizzontale, fu dunque ipotizzata, in prima
approssimazione per tali strutture convettive, una scala orizzontale di ~ 2 Mm
[SIMON64].
1. Il fenomeno La granulazione solare
5
Fig. 1.4 Intensità media dei granuli, misurata in immagine a banda larga, in funzione della
velocità granulare media, misurata in immagine corrispondente nella riga del
C I 538,0 nm. Velocità negative corrispondono a upflow, velocità positive a downflow.
D’altra parte il carattere caotico dei moti convettivi provocherebbe la divisione delle celle
in frammenti di dimensioni minori rispetto a questa scala, dando luogo a complessi schemi
evolutivi modulati da fenomeni di frammentazione e fusione delle stesse strutture
convettive. Questo aspetto verrà ripreso nella sezione successiva.
Nell’elencare rapidamente alcuni descrittori della granulazione solare, riportiamo alcune
proprietà geometriche presentate in letteratura, come la copertura della superficie da parte
delle strutture o la distribuzione dell’intensità luminosa.
La copertura della superficie fotosferica da parte delle strutture può essere calcolata usando
la funzione di distribuzione delle loro aree, pesata per l’area. In questo caso possiamo
facilmente derivare una dimensione tipica delle strutture di tipo granulare. Title et al.,
adottando il criterio dei “4/5” della cella racchiusa dai corridoi intergranulari riconosciuti
con ricerca dei minimi di intensità e analizzando la distribuzione dei valori così ottenuti,
hanno trovato il valore di picco pari a ~ 0,8 Mm
2
. Da questo valore si ricava un diametro
equivalente d
eq
= (4A/π )
1/2
di ~ 1 Mm, con A area della cella (figura 1.5) [TITLE89].
Fig. 1.5 Istogramma dell’area coperta dai granuli in funzione della loro dimensione (copertura
normalizzata). I granuli sono stati identificati tramite i corridoi intergranulari (linea
solida) e tramite i picchi di intensità delle celle racchiuse dai corridoi (linea tratteggiata)
[TITLE89].
1. Il fenomeno La granulazione solare
6
Fig. 1.6 Intensità media dei granuli in funzione dell’area [HIRZBERGER97].
I valori pubblicati in letteratura per le dimensioni della granulazione variano tra
0,8 e 1,4 Mm. Le discordanze tra i valori delle dimensioni tipiche della granulazione
proposti dai vari autori dipendono in larga parte dalla mancanza di una definizione univoca
di “granulo” come oggetto di misurazione e di analisi. Per tale motivo riteniamo più
opportuno trattare nel seguito di generiche “strutture fotosferiche”. Evidentemente tali
strutture sono associabili ai massimi di intensità luminosa, anche se non in modo assoluto:
è stato per esempio mostrato come la luminosità media cresca con le dimensioni per
strutture “piccole”, mentre non si osserverebbe alcuna variazione per strutture più “grandi”
(figura 1.6) [HIRZBERGER97].
Infine uno schema interpretativo per studiare la fisica di tali processi è la relazione area-
perimetro, base dell’analisi frattale delle strutture. Questa inoltre può caratterizzare
ulteriormente lo studio della scala tipica della granulazione. Tale relazione, nella forma
P ~ A
D/2
, con D dimensione frattale, mostra un valore D = 1 per forme “regolari” come
cerchi o quadrati; al variare dell’irregolarità del perimetro, si può raggiungere il valore
D = 2, che indicherebbe la copertura dell’area da parte della curva perimetrale.
L’andamento di D è anche interessante per valutare l’incidenza delle teorie della
turbolenza sulla struttura e sull’evoluzione del campo di granulazione solare
[MÜLLER89, HIRZBERGER99]. Roudier et al., trovando un netto cambio di pendenza
nella relazione perimetro-area in corrispondenza di ~ 1,37 ” ≈ 1 Mm, hanno identificato i
granuli al di sotto di questa soglia come vortici irregolari generati dalla turbolenza e i
granuli al di sopra come elementi convettivi veri e propri, individuando quindi il valore di
1 Mm come limite inferiore per la granulazione (figura 1.7) [ROUDIER87]. In merito agli
effetti del particolare algoritmo utilizzato, è stato evidenziato che i valori di D variano
poco al variare della soglia del valore di intensità utilizzata per separare le regioni dal
fondo delle immagini [SCHRIJVER97].
1. Il fenomeno La granulazione solare
7
Fig. 1.7 Istogramma doppio-logaritmico della relazione area-perimetro nella
granulazione solare. [ROUDIER87]
1.2.2 La granulazione - Proprietà dinamiche ed evolutive
1.2.2.1 Campi di velocità verticali
I campi di velocità lungo la linea di vista (verticali se osservati al centro del disco solare),
associati al campo di granulazione, possono essere derivati dall’analisi Doppler delle righe
spettroscopiche che si formano nella fotosfera. Velocità tipiche sono di ~ 1 × 10
3
m s
-1
per
gli upflow (moti ascendenti) e di ~ 2 × 10
3
m s
-1
per i downflow (moti discendenti)
[LEIGHTON62].
Poiché le righe di assorbimento degli elementi presenti in fotosfera si formano a diverse
quote, è possibile ottenere una rappresentazione tomografica (3-D) della fotosfera. Questo
tipo di studio portò Keil a ritenere che la velocità verticale delle strutture granulari scenda
quasi linearmente da ~ 1,5 Km s
-1
a 100 Km al di sopra della superficie, fino a circa zero a
250 Km [KEIL80]. Con diversa analisi Mattig dedusse invece una velocità verticale di
circa 1 Km s
-1
a 250 Km di quota, con un gradiente molto lieve [MATTIG80]. Secondo
una ricerca recente, la decelerazione degli upflow è molto efficace già nei primi 120 km
della fotosfera con una variazione di velocità di circa 300 m s
-1
, indicando che
complessivamente la granulazione penetra ben poco nell’atmosfera solare [BERRILLI02].
Il campo di velocità verticale può inoltre essere sovrapposto all’immagine di granulazione
ottenuta nel continuo per ricavare informazioni sulle proprietà dinamiche delle strutture. In
questo modo, ad esempio, si è avuta conferma che i corridoi intergranulari sono, in effetti,
associati a moti verso il basso ed i granuli verso l’alto.
1. Il fenomeno La granulazione solare
8
1.2.2.2 Campi di velocità orizzontali
Senza entrare nel dettaglio di moti orizzontali a grande scala presenti sulla superficie del
Sole, quali la rotazione differenziale e i flussi meridiani, notiamo che sono presenti moti
traslazionali nelle serie temporali di immagini di granulazione, sia casuali delle singole
strutture, sia coerenti di gruppi di più strutture. Già Simon, seguendo il moto di singoli
granuli durante la loro vita, riportò la tendenza a spostarsi in modo sistematico e associò
questo moto a flussi convettivi su larga scala come la supergranulazione [SIMON67], di
cui diamo alcuni cenni più avanti. Per studiare le velocità orizzontali del plasma in
fotosfera è possibile seguire appunto il moto di tracciatori come le strutture sulla superficie
o misurare lo spostamento orizzontale per il quale si ottiene la massima correlazione
spaziale per immagini successive (Local Correlation Tracking, o LCT). In entrambi i casi
le velocità massime di 1 ÷ 2 km s
-1
del flusso del plasma in coincidenza dei granuli
risultano compatibili con i moti convettivi verticali. Usando il metodo della correlazione
spaziale, Title et al. riportano valori di ~ 370 m s
-1
in media per regioni quiete,
di ~ 275 m s
-1
per regioni con campo magnetico debole e di ~ 100 m s
-1
per regioni
associate a campo magnetico intenso; viene anche riportata una tendenza dei granuli a
muoversi più velocemente con il decrescere delle dimensioni [TITLE89]. Roudier et al.,
confrontando più metodi di determinazione di flussi orizzontali di plasma, affermano che i
metodi di correlazione dei precedenti lavori sottostimano le velocità. Le velocità
orizzontali ricavate tramite un algoritmo di misura dello spostamento dei baricentri
dei granuli risultano comprese tra 500 e 1000 m s
-1
in media, con picchi di velocità
di ~ 3300 m s
-1
[ROUDIER99]. Infine Baudin et al. riportano un effetto di congelamento
di tali moti da parte del campo magnetico in regioni attive [BAUDIN97].
1.2.2.3 Vita media ed evoluzione dei granuli
Le strutture granulari non sono stazionarie: oltre a presentare i moti di traslazione citati,
esse appaiono o scompaiono dal campo di vista, variando di dimensione e intensità durante
la loro vita. Una prima analisi dei tipi di evoluzione presentati dalla granulazione si ebbe
alla fine degli anni ’70 ad opera di Mehltretter, che, analizzando le fotografie prese nel
volo del telescopio Spektro-Stratoskop del 1975, suggerì che tutti i granuli “nascono” per
frammentazione di granuli precedenti. Nella medesima analisi stimò che metà dei granuli
“muore” per ulteriore frammentazione (~ 8 minuti dopo la nascita), mentre l’altra metà o si
1. Il fenomeno La granulazione solare
9
dissolve gradualmente (~ 12 min) o si fonde con altri granuli (~ 5 min)
[MEHLTRETTER78]. L’utilizzo di algoritmi automatici di inseguimento di granuli o
comunque di strutture spazialmente coerenti ha condotto a stime inferiori di durata,
dell’ordine di ~ 3 min e inferiori [TITLE89, ROUDIER99, DELMORO01]. La discrepanza
è in parte giustificata con i particolari criteri adottati nei vari algoritmi per riconoscere,
separare e inseguire le strutture, che possono eventualmente includere nel computo anche
strutture di scala spaziale molto ridotta e vita media brevissima.
Hirzberger et al. prendono in considerazione una classe esaustiva di possibili processi
evolutivi: nascita per frammentazione (F), nascita per formazione spontanea (D), nascita
per fusione (M), morte per frammentazione (f), morte per dissolvimento (d), morte per
fusione (m) (figura 1.8) [HIRZBERGER99b]. Inoltre le coppie F-m e M-f possono essere
viste come il medesimo processo in avanti e in indietro nel tempo; non è però ancora
chiaro se la dinamica sia effettivamente simmetrica nel tempo, ovvero se i tassi di
“natalità” e “mortalità” complessivi o per singolo tipo siano identici o meno. Per la
frequenza relativa dei tipi di nascita, Hirzberger et al. trovano F - 85%, M - 13% e D - 2%.
Infine, considerando le nove possibili combinazioni nascita-morte per le vite granulari,
emergono quattro tipi evolutivi favoriti con annessa vita media: F-f (~ 9 min), F-d
(~ 6 min), F-m (~ 6 min) e M-f (~ 5 min), per una vita media complessiva dell’ordine di
~ 8 min, a causa della preponderanza del modo F, e in particolare del tipo evolutivo F-f.
Sebbene le proprietà geometriche medie della granulazione possano ricavarsi dall’analisi di
immagini singole di granulazione, occorre tenere presente la variabilità di queste proprietà
nel corso della vita media granulare. È stato mostrato come sia l’area media, sia l’intensità
media di un granulo dipendano dalla durata della sua vita (figura 1.9) [HIRZBERGER99].
Fig. 1.8 Classificazione dei possibili processi di nascita e morte dei granuli. I segmenti rappresentano i bordi del o dei
granuli in una dimensione. Per esempio, il tipo “F” in figura rappresenta la nascita, da due granuli che si
frammentano, di rispettivamente due e tre granuli-figlio; il tipo “D” rappresenta la nascita per formazione
spontanea di due granuli da un bordo intergranulare e dal centro di un precedente granulo rispettivamente, e
così via. Ovviamente i tipi sono correlati tra loro: una morte “f” coincide con 2 o più nascite “F” e la morte “d”
di 2 o più granuli coincide con la nascita “D” del granulo che ne deriva.