esportazioni di tale bevanda sebbene negli ultimi anni si stia facendo sempre più
pressante la competizione da parte di nuovi paesi emergenti quali USA, Australia e
Cile. In generale il mercato mondiale del vino sta attraversando una fase di
profonda trasformazione. Infatti, per un verso si assiste ad una progressiva
riduzione dei consumi complessivi di vino, per altro verso cresce la domanda di
vino di qualità superiore a causa dei cambiamenti delle abitudini dei consumatori,
sempre più attenti agli aspetti qualitativi dei prodotti alimentari in genere.
Questo breve inquadramento aiuta a chiarire la natura e la rilevanza dell'oggetto
della presente tesi. Infatti, l'obiettivo di questo lavoro è quello di condurre
un'analisi rivolta ad elaborare e stimare un modello econometrico capace di
descrivere in modo sufficientemente adeguato le dinamiche relative alle
esportazioni italiane di vino, comprenderne l'evoluzione e tentare anche di
effettuare previsioni sugli andamenti futuri. A tale scopo è apparso particolarmente
utile partire da un modello empirico già ben collaudato come il "modello
gravitazionale" ampiamente utilizzato in svariati studi riguardanti il commercio
internazionale.
Il lavoro è organizzato in cinque sezioni delle quali le prime due riguardano
un'analisi economica del commercio agroalimentare ed in particolare di quello
relativo al vino mentre, nelle successive, l'attenzione viene concentrata
sull'elaborazione e la stima del modello econometrico.
In particolare, nel primo capitolo viene fornito un quadro generale del commercio
agroalimentare italiano e dello scenario normativo mondiale in continua
evoluzione per poi passare ad evidenziare la struttura della bilancia agroalimentare
italiana. Nel secondo capitolo si pone l'attenzione al settore vitivinicolo
esaminando le produzioni, i consumi e gli scambi commerciali a livello mondiale,
comunitario ed infine nazionale. Nel terzo capitolo viene descritta dettagliatamente
la metodologia utilizzata nell'analisi dopo aver presentato il "modello
gravitazionale" sia nella sua forma "base" sia in quella allargata introducendo
alcune variabili esplicative "ad hoc". Nel quarto capitolo vengono commentati i
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risultati ottenuti ponendo particolare attenzione sui criteri utilizzati nella scelta del
modello econometrico finale. L'ultima sezione, infine, mostra una sintesi dei
risultati ottenuti mettendo anche in evidenza i problemi emersi durante l'indagine
empirica ed i possibili futuri approfondimenti che potrebbero essere condotti
utilizzando il presente lavoro come base di partenza.
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Capitolo I
Il commercio dei prodotti agroalimentari
1. Contesto normativo
Nel corso del tempo, gli scambi internazionali di prodotti agroalimentari sono stati
oggetto di regolamentazione attraverso l’adozione di politiche commerciali attuate
sia dai singoli Paesi sia da più Paesi tra loro coordinati da differenti livelli di
integrazione economica. In particolare, fra gli strumenti adottati nell’ambito di tali
politiche commerciali si possono ricordare i sistemi di tariffe, le quote, i prelievi
variabili, i sussidi (alle importazioni e alle esportazioni), le restrizioni volontarie
alle esportazioni, le barriere doganali, le barriere tecniche ed i sussidi alla
produzione1.
Attualmente, gli strumenti di politica commerciale sono regolamentati dal World
Trade Organisation (WTO)2, organizzazione nata nel 1994 dagli accordi siglati in
ambito Uruguay Round, ultimo dei negoziati GATT (General Agreement on
Tariffs and Trade).
Il Wto è un'istituzione, a cui aderiscono 148 membri e avente sede a Ginevra, che
svolge le seguenti funzioni: controllare il rispetto degli accordi sul commercio e
permettere ulteriori negoziazioni, risolvere le dispute internazionali, monitorare le
politiche commerciali, assistere tecnicamente i paesi in via di sviluppo (PVS),
cooperare con le altre organizzazioni internazionali.
L’autorità più elevata in ambito Wto è costituita dalla Conferenza Ministeriale,
composta da tutti i rappresentanti dei paesi membri, che si riunisce almeno ogni
due anni. Subordinato alla Conferenza è il Consiglio Generale che si occupa delle
1 Per un approfondimento sulle misure di politica commerciale si rimanda ad un testo di Economia internazionale
quale, ad esempio, De Arcangelis [2005], o alla pubblicazione "Wto e agricoltura prima e dopo la conferenza di
Cancun" [De Filippis e Salvatici, 2003].
2 Per approfondimenti riguardo l'istituzione si rimanda al sito ufficiale: www.wto.org
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decisioni ordinarie ed è articolato in tre consigli specifici: GATT, che si occupa
dello scambio internazionale delle merci, TRIPS (Trade-related Aspects of
Intellectual Property Rights) impegnato nella regolamentazione della proprietà
intellettuale, GATS (General Agreement on Trade in Services) adibito al controllo
del commercio dei servizi.
Per comprendere le motivazioni alla base della necessità di stabilire una
regolamentazione del commercio anche per il settore agricolo è utile riassumere le
principali problematiche in materia nei vari paesi.
1.1 Breve storia dei negoziati agricoli
La maggior parte dei paesi ad economia avanzata, nel corso delle diverse fasi dello
sviluppo economico, ha sempre sostenuto e protetto il settore agricolo. Le
motivazioni che hanno spinto ad una tale politica sono molteplici ma certamente
alcune dei fattori che hanno indotto a tale scelta sono i seguenti: il tentativo di
limitare l’impatto negativo che una crescente produttività dei fattori di produzione,
ed il conseguente aumento dell'offerta, ha sui redditi dei produttori agricoli, che si
riducono per effetto di un aumento della domanda di mercato meno che
proporzionale; ridurre il processo di abbandono delle zone rurali; tutelare il
paesaggio e l'assetto territoriale [Mariani e Viganò, 2002].
Tuttavia, se l'aumento d'offerta di prodotti agricoli che si è verificato nei paesi
economicamente sviluppati, conseguente alle politiche protezionistiche, è stato
inizialmente assorbito dalle economie in via di sviluppo, che miravano ad ottenere
una rapida industrializzazione scoraggiando il settore agricolo, il fallimento della
politica di protezione negativa dell'agricoltura (cioè il disincentivo alla produzione
agricola per favorire la crescita del settore industriale) ed il conseguente
cambiamento verso forme protezionistiche positive del settore agricolo ha portato
ad un incremento insostenibile dei livelli di protezione e delle spese per sostenerli
[Mariani e Viganò, 2002].
L’ultimo incontro GATT, l'Uruguay Round (Ur), ponendosi fra gli obiettivi quello
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di regolamentare l'intervento pubblico in agricoltura mirando ad una progressiva
liberalizzazione degli scambi, ha portato all'Accordo sull'agricoltura (Aa), dopo
una lunga e difficile trattativa soprattutto dovuta alle differenti posizioni assunte da
USA e UE. Gli impegni sanciti nel documento riguardano tre aree distinte:
riduzione delle barriere di accesso al mercato, riduzione del sostegno interno e
riduzione dei sussidi all'esportazione.
Un elemento cardine dell'Aa è la cosiddetta "clausola di pace"3 che, pur offrendo
un congruo margine di tempo per rinegoziare un nuovo accordo alla scadenza
dell'Ur, ha esercitato pressione affinché tale negoziato non superasse la fine del
2003 [De Filippis e Salvatici, 2003].
Gli impegni sottoscritti nell'Aa volti a favorire gli scambi commerciali attraverso la
riduzione delle barriere, hanno previsto la trasformazione di tutte le misure volte a
proteggere le produzioni nazionali in un sistema di tariffe, processo detto di
“tarifficazione”, con impegno di ridurre le stesse tariffe in una fase temporale
successiva nonché l'introduzione di una quota d'importazione a tariffa ridotta e
della clausola di salvaguardia. Nell'ambito delle azioni di politica volte a sostenere
le produzioni interne, l'Accordo ha dapprima classificato le politiche in quattro
cosiddette "scatole" (box) tra cui la scatola "gialla", comprendente le politiche
oggetto di progressiva riduzione4.
Molte sono le motivazioni in virtù delle quali l'impatto delle decisioni sottoscritte è
stato molto ridotto: la fissazione di "periodi base" fortemente retrodatati rispetto
all'inizio del periodo d'implementazione; il consolidamento di tariffe base
"annacquate"; l'ampia libertà lasciata nella gestione delle quote a tariffa ridotta; la
creazione della scatola blu che ha permesso alle politiche di USA e UE di evitare
una riduzione [De Filippis e Salvatici, 2003]. Gli impegni presi dagli stati membri
del WTO in merito all'agricoltura sono stati dunque inefficaci ed hanno condotto a
risultati deboli poiché non è stata ottenuta né una significativa liberalizzazione nè
3 La clausola di pace è l'impegno a non applicare per nove anni (a partire dal 1° Gennaio 1995) le azioni di
ritorsione alle misure non conformi alle regole generali WTO, ma rese temporaneamente legittime dall'Aa.
4 Per un'analisi dettagliata dell'Aa e per approfondimenti bibliografici cfr. De Filippis e Salvatici [2003].
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una modifica sostanziale delle politiche di sostegno. Sarebbe tuttavia errato non
riconoscere all'Aa il ruolo di "radicale riforma delle regole" tale da costituire "non
solo un baluardo insormontabile contro un possibile aumento delle distorsioni sui
mercati internazionali dei prodotti agricoli ma anche un’utile base per il
negoziato in corso da cui partire per conseguire una significativa liberalizzazione
degli scambi" [DeFilippis, 2002, pag. 47].
L'Aa ha anche impegnato i membri della WTO a riprendere i negoziati "per la
riduzione sostanziale e progressiva del sostegno e della protezione ... un anno
prima del termine del periodo di implementazione" (art. 20 dell'Accordo
sull'Agricoltura). Così, nonostante il fallimento della ministeriale di Seattle5 del
1999, che avrebbe dovuto avviare il nuovo round di negoziati globali (il
Millennium Round), le trattative agricole sono riprese nel marzo 2000, con la
presentazione delle proposte negoziali dei paesi membri [Mariani e Viganò, 2002].
La "fase 1" del negoziato si è conclusa a fine marzo 2001 con la cosiddetta
riunione di "stock-taking" per stabilire l'agenda della "fase 2", mirata alle
trattazioni di numerosi punti, fra cui sono inseriti i cosiddetti "non trade-
concerns"6. Quanto avveniva a livello mondiale per l'agricoltura fu inserito dopo la
ministeriale di Doha e l'approvazione della Doha Devolopment Agenda (Dda) nel
nuovo round negoziale che si è stabilito di chiudere entro il 1° Gennaio 2005 con
un atto unico finale (detto "single undertaking").
La Dda ha previsto la scadenza del 31 Marzo 2003 come termine ultimo per
accordarsi sulle "modalities", le regole in base alle quali presentare le offerte
negoziali di ciascun paese alla quinta Conferenza Ministeriale, quella di Hong
Kong. Un altro tema importante è stato quello relativo alla proprietà intellettuale:
impegno a completare i negoziati per la realizzazione di un registro multilaterale
5 Il fallimento della ministeriale di Seattle è il risultato di due fenomeni diversi ma convergenti: la società civile
espresse duramente il suo dissenso verso il processo di globalizzazione dell'economia mondiale; i Paesi in via di
sviluppo (PVS) protestarono nei confronti di un'istituzione considerata eccessivamente orientata verso gli
interessi dei paesi sviluppati [De Filippis e Salvatici, 2003]
6 Tale dizione è il risultato di un compromesso per accontentare alcuni paesi quali Giappone, Corea, Norvegia, ed
anche l'Unione europea, che avrebbero voluto discutere del problema della "multifunzionalità". I temi dibattuti
riguardano problemi di natura non commerciale come quelli relativi alla sicurezza alimentare, alla salubrità degli
alimenti ed alle esigenze di sviluppo rurale [De Filippis e Salvatici, 2003].
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