INTRODUZIONE
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INTRODUZIONE
I problemi di sicurezza dei contesti urbani possono essere ricondotti ai volumi di
traffico transitanti, alle velocità adottate, alla geometria delle strade, alle manovre
effettuate o ad una combinazione di questi elementi. Sempre più spesso, tuttavia, è il
traffico automobilistico ad essere l’elemento predominante nel condizionare le
prestazioni di sicurezza degli itinerari urbani, determinando un impatto talmente
elevato da far percepire le strade come un luogo non sicuro per pedoni, ciclisti e
persino per gli stessi automobilisti.
Si comprende, pertanto, perché ai giorni nostri si sia fatta sempre più pressante la
richiesta da parte delle utenze deboli di riprendere possesso della città. Nel
contempo, è aumentata la sensibilità verso tali questioni, e, molte amministrazioni, in
fase di pianificazione territoriale, hanno provveduto ad attribuire a determinate strade
una connotazione di viabilità locale a vocazione anche residenziale.
Le considerazioni appena svolte rendono conto di come siano divenute di estrema
attualità le problematiche connesse alla realizzazione di interventi che migliorino la
sicurezza pedonale in ambito urbano, soprattutto in quelle aree dove un elevato
flusso pedonale viene a intersecarsi con un elevato flusso veicolare (ad esempio, le
aree scolastiche durante gli orari di entrata/uscita degli alunni).
Basti pensare che le modalità di trasporto, da e per le scuole pubbliche, sono
notevolmente cambiate negli ultimi decenni. In passato, la maggior parte dei viaggi
per scuole di quartiere nelle aree urbane avvenivano con l'autobus della scuola, a
piedi o in bicicletta. Oggi invece, le autovetture private sono diventate il modo
dominante per gli studenti per andare a scuola, con la percentuale di spostamenti dei
veicoli privati che va in media dal 51% al 59%. Si dovrebbe, quindi, pianificare una
azione strutturale qualificata e mirata alla mitigazione del rischio e quindi alla
diminuzione del tasso di incidentalità nelle aree limitrofe alle scuole.
La sicurezza della circolazione è di solito misurata in termini di numero di incidenti
stradali e le loro conseguenze in termini di gravità. Sebbene l’approccio basato sui
dati storici può essere utile per identificare i problemi legati alla sicurezza, esso è un
approccio di tipo “reattivo”, ovvero bisogna registrare un numero significativo di
INTRODUZIONE
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incidenti prima di poter identificare il problema e prendere le adeguate misure di
sicurezza.
Questo approccio presenta altri svantaggi, tra cui quelli legati alla qualità e alla
disponibilità dei dati di incidentalità, nonché al periodo di tempo necessario a
convalidare l’efficacia delle misure di sicurezza adottate. Inoltre, poiché un incidente
è il risultato di una serie di eventi concatenati, risulta spesso difficile fare un’analisi
di sicurezza sulla base di statistiche e di dati poco affidabili sugli incidenti, poiché
questi dati contengono informazioni di scarsa qualità.
Per eseguire una analisi di sicurezza più efficace e per valutare e predire i livelli di
sicurezza stradale per la circolazione pedonale scolastica, nasce il bisogno di
ricercare metodi più veloci ed efficaci, che contengano un numero maggiore di
informazioni e che convalidino le misure di sicurezza nel breve termine, senza la
necessità di fare riferimento ai dati sull’incidentalità.
Uno di questi metodi è l’applicazione della Tecnica dei Conflitti di Traffico (TCT)
con lo studio dei conflitti veicolo–pedone che serve a registrare le attività dei pedoni
e dei veicoli privati che potrebbero sfociare in ostruzioni al flusso del traffico o di
incidenti o danni a pedoni.
Lo studio condotto nell’ambito di questa tesi si inserisce proprio in questo contesto.
Infatti, è stata scelta e descritta (Capitolo 1), la TCT, che consentisse lo studio del
concetto di “conflitto”, inteso come evento che precede un incidente o prossimo allo
stesso, e che quindi è mirato alla prevenzione e alla determinazione, prima che si
verifichino, delle cause che portano ad un incidente.
Si è, quindi, dedicata una sezione della presente tesi alla descrizione delle diverse
tipologie di interazione tra i veicoli e i pedoni, e ai loro comportamenti a rischio in
relazione alla sicurezza stradale.
Per concludere, si è dedicata l’ultima sezione di questa analisi (Capitolo 3) alla
identificazione delle tipologie dei conflitti riscontrati nei siti scolastici presi in
esame, (scuole materne, elementari e medie del Comune di Biancavilla (CT)) alla
determinazione e alla elaborazione dei loro dati e ad un’analisi dei risultati ottenuti
da tale elaborazione.
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3
0,00
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5
g
Q [m
3
/s] v [m/s]
Scala delle portate Scala delle velocità
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
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CAPITOLO 1.
TECNICA DEI CONFLITTI DI TRAFFICO
PREMESSA
La sicurezza stradale è spesso misurata in relazione al numero e alla gravità degli
incidenti stradali.
Questo approccio presenta delle limitazioni dovute al fatto che gli incidenti sono
eventi che avvengono raramente e al fatto che i dati sull‟incidentalità non sono
sempre completi, non presentando tutte le cause che hanno generato l‟incidente
stesso. Inoltre questo approccio è detto “reattivo”, dal momento che eventuali misure
di sicurezza possono essere prese solo dopo che un numero significativo di incidenti
vengano registrati.
Per questo motivo, si è studiato un nuovo approccio, in base al quale non occorre che
vengano registrati degli incidenti prima di intraprendere le necessarie misure di
sicurezza. Questo è l‟approccio che va sotto il nome di Tecnica dei Conflitti di
Traffico (TCT), con la quale si valutano gli Indicatori Prossimali di Sicurezza, cioè
degli indicatori basati sulla prossimità spazio-temporale degli utenti della strada
(ovvero la loro vicinanza), in relazione ad un eventuale punto di collisione.
Si evince quindi che questa tecnica presenta come vantaggio fondamentale il fatto
che i conflitti di traffico accadono con una frequenza più elevata rispetto agli
incidenti stradali, il che si traduce in un periodo di studio più breve, rispetto al primo
approccio descritto, prima di trarre delle conclusioni, in termini di misure di
sicurezza, accettabili.
Accanto a questo notevole vantaggio, detta tecnica presenta alcuni limiti, tra cui la
mancanza di una definizione coerente dei questi indicatori, della loro validità come
misura di sicurezza e della loro affidabilità.
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
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1.1 LA TECNICA DEI CONFLITTI DI TRAFFICO
1.1.1 Cenni storici
La Tecnica dei Conflitti di Traffico affonda le proprie origini negli studi condotti dai
laboratori della General Motors di Detroit alla fine degli anni „60, al fine di
identificare i problemi di sicurezza legati alla costruzione dei veicoli (Perkins e
Harris, 1967, 1968) [1], [2].
L‟approccio utilizzato era quello di registrare le interazioni non sicure tra i veicoli,
che, per evitare la collisione, intraprendevano un‟opportuna manovra evasiva.
Sono da intendesi manovre evasive quelle di frenatura e di cambio corsia, manovre
che sono facilmente individuabili da parte di un osservatore. Il limite di questo
approccio consisteva nel fatto che non tutti gli osservatori identificavano ed
interpretavano alla stessa maniera le varie manovre evasive, che spesso erano
effettuate in via precauzionale, per evitare un eventuale rischio.
Nonostante i problemi legati alla validità e all‟affidabilità dei risultati di questa
tecnica, molti gruppi di ricerca internazionali hanno provato a stabilire definizioni e
metodi di misura ed analisi dei conflitti.
La prima definizione di conflitto è quella a cui perviene il gruppo di ricercatori
dell‟Università di Lund in Svezia: “Un conflitto è definito come una situazione
osservabile in cui due o più utenti della strada si avvicinano tra loro, e nello spazio, e
nel tempo, così che ci sia un rischio di collisione se i loro movimenti restassero
invariati” (Amundsen e Hyden, 1977) [3]. Questa è stata accettata come definizione
standard di conflitto in molti altri paesi.
Come detto, non è semplice individuare e interpretare in maniera univoca tutti i
conflitti di traffico, quindi è stata fatta lo proposta di introdurre una lista di manovre
evasive che ciascun utente della strada, coinvolto in un conflitto, potrebbe
intraprendere, in relazione al conflitto stesso (Chin e Quek, 1997) [4]. Questa lista,
che facilita notevolmente il lavoro di colui che osserva i conflitti, è stata inserita nel
manuale della tecnica dei conflitti di traffico statunitense (FHWA, 1989) [5].
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
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1.1.2 Relazione tra conflitti ed incidenti
La definizione di conflitto presuppone l‟esistenza di una relazione tra conflitti ed
incidenti. Per descrivere questa relazione, sono stati elaborati diversi modelli.
Il primo di questi è quello elaborato da Amundsen e Hyden (1977): questo modello
fornisce una rappresentazione insiemistica, in cui gli incidenti sono un sottoinsieme
dei conflitti (in particolare di quelli gravi), i quali appartengono all‟insieme delle
azioni esposte al rischio.
Quanto detto fa capire come questo modello si basi sul presupposto che i conflitti
sono delle situazioni che accadono prima degli incidenti.
Altri modelli sono quelli mirati a definire una scala di gravità dei conflitti (da
passaggi indisturbati a incidenti): di questi modelli esistono diverse varianti.
Una di queste è quella proposta da Glauz e Migletz (1980) [6], i quali rappresentano
questa scala mediante una distribuzione grafica, illustrata in Figura 1.1.
Un altro modo di esprimere la stessa scala di gravità dei conflitti è quello proposto da
Hyden (1987) [7], attraverso la Safety Piramid, illustrata in Figura 1.2.
Figura 1.1: Rappresentazione del legame tra conflitti incidenti (Glauz e Migletz)
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
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Figura 1.2: Rappresentazione piramidale del legame tra conflitti e incidenti (Hyden)
La rappresentazione piramidale fornita da Hyden risulta la più chiara nell‟esprimere
le interazioni tra i vari utenti della strada. In particolare, Hyden distingue diversi tipi
di interazioni tra gli utenti della strada, ordinandoli in maniera crescente di gravità,
precedendo dalla base verso il vertice della piramide:
Passaggi indisturbati: si verificano quando un utente della strada attraversa
un punto di un‟intersezione senza essere influenzato dalla presenza di un
altro utente;
Conflitti potenziali: si verificano quando due utenti della strada si
avvicinano tra di loro in modo tale che, se uno dei due non intraprende
un‟azione immediata, il conflitto tra i due risulta imminente; tuttavia, gli
utenti hanno un ampio margine di tempo di reazione e quindi di tempo utile
per evitare la collisione;
Conflitti lievi: si verificano quando due utenti della strada si avvicinano tra
di loro in modo tale che il rischio di un conflitto è molto probabile; il
margine di tempo è abbastanza limitato e tale da richiedere un azione attenta
e precisa al fine di evitare l‟incidente;
Conflitti gravi: si verificano quando due utenti della strada risultano
coinvolti in una situazione tale da richiedere un intervento immediato e
brusco al fine di evitare la collisione.
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
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1.1.3 Validità della Tecnica dei Conflitti di Traffico
La validità della Tecnica dei Conflitti di Traffico, che è stata oggetto di numerosi
studi e dibattiti, è determinata sulla base delle relazioni statistiche tra i conflitti
osservati e i dati sull‟incidentalità.
Il problema della validità della tecnica è da considerarsi in parte dovuto alla qualità e
alla copertura dei dati di incidentalità (Chin e Quek, 1997), per cui è stato anche
proposto di limitare l‟uso di questa tecnica solo nei casi in cui i dati sull‟incidentalità
erano incompleti, non permettendo di eseguire un‟analisi accurata (Amundsen e
Hyden, 1977).
Qualche ricercatore era, invece, contrario al concetto di dover prevedere il numero di
incidenti, insistendo su una maggiore prevenzione (Hauer, 1979) [8].
Altri suggeriscono che la validità della tecnica non debba servire semplicemente a
stabilire un legame statistico tra conflitti ed incidenti, limitato al confronto dei
risultati, proponendo la definizione di un concetto di validità basato su un processo
comune che esaminasse i differenti risultati di conflitti e incidenti (Grayson e
Hakkert, 1987 [9].
In altri studi, è stato suggerito che la classificazione di conflitti e di incidenti deve
avvenire in base al tipo di manovra e al grado di gravità, al fine di poter fare dei
confronti (Oppe, 1986) [10].
Ancora, Chin e Quek (1997) si oppongono all‟idea della ricerca di un legame
statistico tra conflitti e incidenti, per definire la validità della tecnica, in particolare
dove essa deve essere utilizzata come strumento di diagnosi e valutazione, piuttosto
che per prevedere gli incidenti.
Inoltre, studi hanno dimostrato che attraverso la Tecnica dei Conflitti di Traffico è
possibile produrre stime del verificarsi di incidenti migliori e più attendibili di quelle
che è possibile ottenere mediante l‟analisi dei dati di incidentalità e, come già detto
in precedenza, quest‟ultima richiede un periodo di osservazione molto più lungo
(Migletz et al., 1985; Svensson, 1992) [11], [12].
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
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1.1.4 Calcolo del numero previsto di incidenti dai dati di conflitto
Nei suoi studi, Hyden (1987) afferma l‟importanza di stabilire un legame tra
incidenti e conflitti gravi: l‟ipotesi fondamentale posta alla base di un approccio
definito “di prima generazione”, ha suggerito che la variazione nel rapporto tra
incidenti e conflitti potrebbe essere spiegata da alcune variabili, e in secondo luogo
che, dopo il raggruppamento dei dati in conformità con queste variabili, per ciascuno
di questi gruppi è possibile quantificare il rapporto fra conflitti gravi e incidenti.
Per il calcolo di idonei fattori di conversione, Hyden ha considerato sia gli incidenti
segnalati dalla polizia (cioè quelli che hanno provocato feriti), che quelli che hanno
provocato semplicemente danni materiali. È stata quindi utilizzata una regressione
graduale per determinare i fattori che influenzano la variazione nel rapporto tra
incidenti e conflitti. I calcoli sono basati su dati provenienti da studi di conflitti
presso intersezioni di Malmö e Stoccolma (entrambe in Svezia). Le variabili previste
per definire i gruppi sono: velocità e forma di regolamentazione delle intersezioni
(semaforizzate o meno), esistenza di isole di traffico, distanza di visibilità, tipi di
utenti della strada coinvolti nelle varie interazioni, periodo di tempo di osservazione
e variabili legate alla direzione di marcia.
I risultati di questa analisi possono essere riportati in una matrice 3x4, dove ciascun
elemento rappresenta i valori dei parametri utilizzati per descrivere le differenze nel
rapporto tra conflitti e incidenti.
Le 3 colonne rappresentano il tipo di interazioni tra gli utenti della strada, mentre le 4
righe rappresentano le quattro differenti classi di traffico:
Traffic class 1: intersezioni a bassa velocità o intersezioni ad alta velocità solo
per i veicoli in svolta;
Traffic class 2: intersezioni semaforizzate solo per i veicoli in svolta;
Traffic class 3: intersezioni ad alta velocità con uno o più veicoli non in svolta;
Traffic class 4: intersezioni semaforizzate con uno o più veicoli non in svolta.
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
10
Il modello statistico proposto da Hyden, per la conversione dei fattori della matrice
appena definita, prevede:
Numero di incidenti registrati (x
i
)
i 0 i i i
x P , ,B ;
Numero di conflitti osservati (y
i
)
i 0 i i
y P ,A .
Dove: P
0
rappresenta un processo di Poisson che ha come intensità media la
frequenza di conflitto (λ
i
), B
i
il prodotto dei flussi di intersezione e π
i
un fattore che
specifica la probabilità che l‟evento i si trasformi in un incidente (per le x
i
); P
0
rappresenta un processo di Poisson che ha come intensità media la frequenza di
conflitto (λ
i
) e A
i
il prodotto dei flussi di intersezione (per le y
i
).
In virtù di questo modello, la matrice 3x4 può essere sintetizzata in una matrice 2x2.
I fattori di conversione sono stati scelti tra i valori di opportuni intervalli, in
conformità con le ipotesi di Poisson. È interessante notare come le due serie di dati,
contenute nella Tabella 1.1 e nella Tabella 1.2, abbiano dei valori simili: ciò significa
che le differenze sono da attribuire al comportamento dei conducenti, alle frequenze
di incidente o ai tipi di conflitti, alla qualità e alla copertura dei dati.
Interazione:
Macchina-Macchina
Interazione:
Macchina-Utente della strada debole
Traffic Class 1 + 2 3.2 (2.0-6.9) 15.3 (12.2-19.6)
Traffic Class 3 + 4 11.1 (8.2-16.1) 89.2 (70.5-113.3)
Tabella 1.1: Fattori di conversione per le intersezioni di Malmö
Interazione:
Macchina-Macchina
Interazione:
Macchina-Utente della strada debole
Traffic Class 1 + 2 3.1 (1.8-8.7) 12.8 (9.3-18.7)
Traffic Class 3 + 4 14.1 (11.6-17.6) 62.1 (44.7-85.7)
Tabella 1.2: Fattori di conversione per le intersezioni di Stoccolma
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
11
È stato fatto un confronto tra le frequenze relative di diversi tipi di situazioni critiche
di sicurezza in cui si sono verificati incidenti e conflitti: tale confronto ha mostrato
una tendenza sia a sottovalutare che a sopravvalutare gli incidenti, in relazione alle
differenti situazioni di conflitto.
Hydén (1987) confronta i risultati di un certo numero di studi condotti sulle
intersezioni prima e dopo l‟introduzione di misure di sicurezza. Il numero di conflitti
ed incidenti registrati è utilizzato prima e dopo l‟introduzione delle misure di
sicurezza per prevedere il numero di incidenti: questo confronto rivela una
sopravvalutazione del numero di incidenti.
Uno dei principali miglioramenti alla Tecnica dei Conflitti di Traffico tradizionale è
stato l‟introduzione di un livello uniforme di gravità e di zone di gravità uniforme,
come in Figura 1.3, basate sul rapporto tra tempo all‟incidente e velocità
d‟approccio. In precedenza era stato usato un valore di tempo all‟incidente “critico”
(1,5 secondi), in base al quale venivano distinti conflitti gravi, e non. Questo nuovo
approccio distingue tra conflitti gravi, e non, in relazione ad una funzione basata
sulla velocità del veicolo e sulla distanza dal punto di conflitto, sulla quantità di
potenza frenante necessaria e sul coefficiente di aderenza. Uno dei concetti
fondamentali alla base della Tecnica dei Conflitti di Traffico è che i conflitti gravi
dovrebbero riflettere la probabilità di una collisione: da ciò l‟uso di un modello
uniforme di livello di gravità.
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
12
Figura 1.3: Livello uniforme di gravita e zone di gravità (Hyden, 1987)
Hydén ha esaminato 312 incidenti e confrontato i dati con quelli di 761 conflitti,
tenendo in considerazione importanti fattori quali la velocità d‟approccio e le
distanze dal punto di collisione, il tipo di manovra evasiva e il tipo di utenti della
strada coinvolti, e ha suggerito che gli incidenti erano di un tipo di conflitto e,
pertanto, che le distribuzioni delle gravità dei conflitti e degli incidenti potrebbero
essere combinate per produrre una stima più affidabile per la distribuzione dei
conflitti, come in Figura 1.4.
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
13
Figura 1.4: Relazione tra frequenze per zone di gravità di conflitti ed incidenti
Hydén conclude che le distribuzioni proporzionali dei conflitti e degli incidenti per
zone di gravità potrebbero essere utilizzate come base per il calcolo del tasso di
incidentalità, mentre la somma degli incidenti e dei conflitti in numero assoluto.
1.1.5 Affidabilità della Tecnica dei Conflitti di Traffico
La metodologia della Tecnica dei Conflitti di Traffico è stata fortemente criticata in
quanto velocità d‟approccio e distanze tra gli utenti coinvolti sono valutate in
maniera soggettiva dai diversi osservatori, sebbene essi vengono addestrati per
questo scopo (Hauer e Garder, 1986) [13]: ciò determina la possibilità di che
vengano effettuate misurazioni inaffidabili.
Sono stati identificati due tipi di problemi di affidabilità:
affidabilità dell‟osservatore, legata alla variabilità nelle registrazioni di un
singolo osservatore;
affidabilità tra gli osservatori, legata alla variabilità tra i diversi osservatori.
Le incoerenze di un singolo osservatore possono essere attribuite ad una serie di
fattori tra cui: mancanza di formazione, inadeguata definizione delle situazioni da
osservare, affaticamento, eccessivo numero dei conflitti, e il verificarsi di conflitti
complessi (Older e Spicer, 1976; Chin e Quek, 1997) [14].
CAPITOLO 1 Tecnica dei Conflitti di Traffico
14
Alcuni di questi problemi sono stati risolti mediante l‟introduzione di manuali e di
adeguati programmi di formazione, mentre per quel che riguarda gli scenari di
conflitto più complessi, intervengono, in aiuto dell‟osservatore, le registrazioni video
(Hauer, 1987; Glauz e Migletz, 1980; FHWA, 1989).
Nei loro studi, Grayson e colleghi (1984) [15] hanno comparato i tassi di conflitto
rilevati da diversi gruppi di osservatori, notando come questi tassi siano influenzati
dal modo in cui sono stati definiti e osservati i conflitti. In particolare, la rilevazione
dei conflitti è tanto più difficile, e quindi con maggiori differenze tra i diversi gruppi
di osservatori, quando i livelli di gravità sono più bassi.
Chin e Quek (1997) suggeriscono che, nonostante un‟accurata definizione dei
conflitti e un buon addestramento degli osservatori, l‟osservazione soggettiva dei
conflitti può determinare delle differenze tra i vari gruppi di osservatori.
L‟affidabilità delle misure di conflitto può essere migliorata con l‟impiego di misure
oggettivamente definite, che aiutano nelle situazioni di conflitto più complesse.
Tuttavia, anche l‟uso dell‟analisi video presenta alcuni svantaggi legati alla limitata
copertura e alla qualità delle immagini a due dimensioni, il che rende
l‟identificazione di eventi di sicurezza critici notevolmente più difficile (Hallert,
1964; Van der Horst, 1990; Hyden 1996, Hupfer, 1997) [16], [17], [18], [19].
1.1.6 Miglioramenti suggeriti in letteratura
Dopo aver identificato le limitazioni della Tecnica dei Conflitti di Traffico, Chin e
Quek (1997) suggeriscono alcuni miglioramenti da applicare agli studi delle
interazioni tra gli utenti della strada. Questi miglioramenti sono necessari per rendere
le valutazioni quanto più oggettive possibile: sono previste misure di tempo o di
spazio in prossimità dell‟incidente, senza la necessità di strutture elaborate e, per una
precisione maggiore ed una migliore affidabilità delle misure stesse, è anche
consigliato l‟uso di misurazioni fotometriche.