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INTRODUZIONE
Il lavoro si articolerà in cinque capitoli. Nel primo capitolo verrà presentata una
prospettiva storica riguardante lo studio delle gang criminali e le teorie criminologiche
di riferimento sviluppate nel corso del XX secolo fino a giungere all'interesse che
questo argomento riveste nell'attualità della ricerca criminologica. Successivamente, nel
secondo capitolo, verrà svolta un'analisi delle componenti psicologiche individuate dalla
ricerca e determinanti per indurre un individuo a scegliere di entrare a far parte di una
gang criminale. Nel terzo capitolo verranno trattate le componenti peculiari di una gang
criminale, prendendo come esempio la gang di origine centroamericana Mara
Salvatrucha. Nel quarto capitolo, verrà presentata la situazione italiana ed elencati i
possibili interventi finora presenti nella letteratura. Infine, il quinto capitolo
comprenderà le conclusioni.
Più nello specifico il primo capitolo sarà dedicato alla nascita e all'evoluzione delle
principali teorie criminologiche per lo studio delle gang avvenuto negli Stati Uniti nel
corso del '900, che comprendono le prime osservazioni compiute dalla Park e Burgess
(1921; 1925) e le successive teorizzazioni dei diversi autori quali Thrasher (1927),
Shaw e McKay (1942), Cohen (1955), Cloward e Ohlin (1960). Il contributo degli
autori permetterà di spiegare come e perché nasce una gang criminale, specialmente in
riferimento al contesto sociale in cui le teorie hanno preso forma. Dopo questa breve
introduzione si passerà a parlare della nascita dell'interesse nelle gang criminali in
Inghilterra (Hoggart, 1969) e dei contributi offerti dagli autori inglesi (Cohen, 1972;
Hebdige, 1979) fino a giungere alla prospettiva moderna (Klein, 1996; Weerman,
Maxson, Esbensen, Aldridge, Medina & van Gemert, 2009; Crocitti, Lucianetti, Nobili
& Terenghi, 2013).
Il secondo capitolo rappresenterà la parte centrale dell'elaborato, nella quale si
cercherà di spiegare quali sono i fattori chiave che giocano un ruolo fondamentale
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nell'indurre un individuo, spesso molto giovane, a decidere di entrare a far parte della
banda criminale (Alleyne & Wood, 2010; Harris, Turner, Garrett & Atkinson, 2011;
Goldman, Giles & Hogg, 2014; Woo, Giles, Hogg & Goldman, 2015; O'Connor &
Waddell, 2015). Oltre a questo, si farà riferimento agli stessi Autori per cercare di
comprendere quali sono i fattori psicologici e sociali che contribuiscono al
comportamento violento delle gang.
Il terzo capitolo riguarderà la trattazione degli aspetti distintivi di una gang criminale,
prendendo d'esempio il caso della Mara Salvatrucha in centroamerica e negli Stati
Uniti, dove cioè risulta maggiormente diffusa (Adams & Pizarro, 2009; Farah &
Babineau, 2018; Dudley et al, 2018).
Il quarto capitolo tratterà la situazione italiana, che vede il diffondersi di alcune gang
criminali composte sia da italiani che da stranieri, e gli interventi possibili auspicati
dalla ricerca soprattutto in ottica preventiva sia dal punto di vista sociale che individuale
(Queirolo Palmas & Torre, 2006; Cannarella, Lagomarsino & Queirolo Palmas, 2007;
Crocitti et al, 2013).
Il quinto capitolo, infine, comprenderà le conclusioni.
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CAPITOLO 1
Una prospettiva storica sullo studio delle gang criminali
La seguente prospettiva storica sullo studio delle gang criminali prende spunto,
limitatamente alla sequenza con la quale vengono presentati i vari autori e scuole di
pensiero, dal lavoro svolto da Frank Williams e Marilyn McShane in "Devianza e
criminalità" (1999). Al contributo dei due Autori si affianca quello di Leonardo Basile
in "Da gang ad organizzazioni di strada" (2014).
Il contributo della Chicago School
L'interesse nello studio delle gang prese vita nei primi anni del '900 negli Stati Uniti
d'America grazie alla sociologia urbana della Chicago School (Williams & McShane,
1999, p. 55). La Chicago School nacque grazie al lavoro svolto dai sociologi Robert
Park e Ernest Burgess all'Università di Chicago e uno dei temi ricorrenti della Scuola fu
quello dello sviluppo e del cambiamento del comportamento umano indotto
dall'ambiente fisico e sociale, considerando la comunità come il principale elemento di
influenza sul comportamento dei singoli (Park & Burgess, 1921). La Chicago School si
sviluppò in un contesto sociale caratterizzato da tematiche inedite, tra le quali la nascita
delle grandi città, la rapida industrializzazione e l'immigrazione di massa, che portò i
sociologi dell'Università di Chicago a ricercare una soluzione al principale problema
che tali cambiamenti sociali stavano comportando in quel momento: l'inefficacia della
legge nell' emarginare lo sviluppo della criminalità nei diversi quartieri della città, con
lo scopo di dare una prevedibilità logica a quello che accadeva nel mondo reale (Park,
Burgess & McKenzie, 1925).
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Uno dei primi e più importanti contributi offerti allo studio delle gang criminali fu
quello di Frederic Thrasher, anch'egli sociologo dell'Università di Chicago (Basile,
2014). Thrasher (1927) realizzò uno dei primi studi accademici sulle gang criminali
seguendo ed osservando il comportamento di 1313 bande antisociali di Chicago,
composte prevalentemente da minorenni. L'Autore si impegnò a descrivere i vari aspetti
della vita dei singoli componenti della banda, le componenti sociali, strutturali e di
leadership, l'organizzazione ed il controllo esercitato dalla gang. Thrasher diede inoltre
una prima definizione di cosa fosse una gang: un gruppo interstiziale originato
spontaneamente ed integratosi attraverso il conflitto. Caratterizzato da rapporti faccia a
faccia, girovagare senza una meta precisa, muoversi nello spazio come una singola
unità, mettere in atto comportamenti conflittuali e di pianificazione. Il risultato di questo
comportamento collettivo, secondo l'Autore, portava allo sviluppo di una subcultura,
formata da tradizioni, struttura interna non riflessiva, spirito, solidarietà e morale di
gruppo, coscienza di far parte di un gruppo ed attaccamento ad uno specifico territorio.
Ciò che per Thrasher portava un gruppo informale di bambini o adolescenti a diventare
una gang era la risposta aggressiva e oppositiva alla disapprovazione dell'ambiente
adulto circostante. Dalla definizione si poteva notare come lo sviluppo dello spirito di
gruppo e della solidarietà interna che offriva la banda criminale non veniva garantito
dalla struttura organizzativa della società (Thrasher, 1927).
Altri importanti autori legati alla Chicago School, che offrirono nel corso degli anni
contributi chiave per lo studio e la spiegazione delle gang criminali, furono Clifford
Shaw ed Henry McKay (Basile, 2014). Shaw e McKay in "Juvenile Delinquency and
Urban Areas" (1942), presentarono i risultati di vent'anni di ricerche ecologiche
indirizzate ad indagare la natura della relazione tra la distribuzione della delinquenza e
l'organizzazione strutturale e sociale di 21 città americane. I risultati forniti dagli Autori
dimostrarono che il principale elemento responsabile per l'origine della criminalità nei
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quartieri delle città, in particolare Chicago, era rappresentato dal processo definito di
disgregazione sociale, favorito dalle condizioni di degrado e povertà presenti
specialmente in periferia. La conclusione a cui giunsero i due Autori fu che la causa
principale della delinquenza giovanile andava vista in termini di comunità più che di
individualità: le aree urbane nelle quali si registrava un più alto tasso di delinquenza
erano quelle più degradate da un punto di vista socioeconomico. Shaw e McKay non
proposero però una relazione di tipo lineare tra povertà e crimine, bensì argomentarono
che le aree economicamente povere erano anche quelle nelle quali si registrava un più
alto tasso di cambio della popolazione (mobilità) in quanto i suoi abitanti, appena erano
in grado di farlo, tendevano ad allontanarsi dal quartiere ed andare a vivere in zone più
desiderabili della città. Essendo le aree economicamente povere della città anche quelle
più accessibili per nuovi immigrati in cerca di lavoro, ecco allora che - continuano gli
Autori - oltre all'elevato tasso di mobilità si aggiungeva l'elevata eterogeneità etnica
della popolazione. Questi elementi andavano a rendere un quartiere socialmente
disgregato, dove i convenzionali istituiti di controllo sociale (famiglia, scuola,
parrocchie, organizzazioni sociali ecc.) risultavano deboli ed incapaci di regolare il
comportamento della popolazione, in particolare quella giovanile. Nell'ottica dei due
Autori le relazioni primarie venivano considerate simili a quelle di un villaggio: se i
rapporti all'interno della famiglia e dei gruppi amicali erano buoni, il vicinato era stabile
e coeso e la gente mostrava senso di lealtà verso il quartiere, allora l'organizzazione
sociale era solida. In caso diverso una comunità o un quartiere erano considerati
socialmente disgregati e il controllo sociale normale, che avrebbe permesso di prevenire
la delinquenza e la criminalità, non poteva raggiungere lo scopo. Il contributo di Shaw e
McKay riguardò anche la spiegazione del processo attraverso il quale la disgregazione
sociale influenzava i giovani fino ad indurli alla delinquenza, concentrando l'interesse
sullo studio e sulla spiegazione del comportamento dei singoli individui all'interno delle
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gang criminali: questa elaborazione concettuale fu definita "teoria della trasmissione
culturale". Secondo la teoria esposta dagli Autori, i giovani residenti in aree socialmente
disgregate avrebbero avuto maggiori probabilità di venire a contatto con individui
criminali o delinquenti. Infatti, una delle caratteristiche principali di queste aree era lo
sviluppo di una tradizione delinquenziale, attraverso cui i valori devianti venivano
trasmessi. Sulla base di queste osservazioni Shaw e McKay arrivarono ad esporre le
loro conclusioni. Secondo gli Autori, vivere in un quartiere socialmente disgregato
aumentava la probabilità di messa in atto di condotte delinquenziali e criminali
attraverso due meccanismi: il primo era rappresentato dalla mancanza di istituiti di
controllo sociale in grado si regolare il comportamento e il secondo dalla trasmissione
culturale di valori devianti (Shaw & McKay, 1942). Più recentemente altri due Autori si
sono impegnati a formulare e testare una teoria basata sul modello di Shaw e McKay.
La ricerca condotta da Robert Sampson e Byron Groves (1989) in Gran Bretagna ha
dimostrato come il processo di disgregazione sociale dipenda dall'indebolimento delle
relazioni sociali primarie alla cui base si trovano quattro elementi: basso status
economico; mescolanza di gruppi etnici diversi; alta mobilità dei residenti verso e fuori
dal quartiere; nuclei familiari disagiati o spezzati (Sampson & Groves, 1989).
Le subculture delinquenziali degli Anni 50 e 60
Come esposto da Basile (2014), il drastico cambiamento del quadro economico e
sociale degli USA a seguito della grande crisi del 1929 generò nuove e gravi
problematiche nella popolazione americana. Una su tutte, come riporta l'Autore, fu
rappresentata dagli elevatissimi tassi di disoccupazione, soprattutto nei giovani, che si
mantennero alti per anni. Nel contesto storico successivo, quello degli anni 40, le
subculture delle bande, allora formate prevalentemente da maggiorenni, si
consolidarono per permettere ai membri di impegnare il loro tempo libero, di produrre
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valori e forme di condotta e di dotarsi di una leadership stabile: tutto ciò che non era
garantito dalla società dell'epoca e che permetteva ai soggetti di uscire da una
condizione di marginalità e di inferiorità simbolica (Basile, 2014).
Un ulteriore e fondamentale contributo dato alla letteratura sulle bande delinquenti
giovanili americane fu offerto da Albert Cohen, criminologo statunitense che operò a
partire dagli anni 50 (Basile, 2014). Cohen, nel suo libro "Delinquent Boys: The Culture
of the Gang" (1955), cercò di risolvere la questione di come prendeva avvio una
subcultura delinquenziale all'interno del contesto sociale e culturale delle città
americane. L'Autore partì dall'osservazione del disagio vissuto dai bambini appartenenti
ad una classe inferiore rispetto a quella dominante nella società. Al momento di inserirsi
nel gruppo sociale, Cohen osservò che i bambini di classe inferiore avvertivano di
essere in svantaggio sia nei confronti dei coetanei, sia sulla base del giudizio compiuto
dagli adulti (in particolare gli insegnanti di scuola) in possesso di criteri di valutazione
estranei ai bambini stessi (come i valori positivi dati alla condivisione, al porsi obiettivi
a lungo termine ecc.) in quanto non trasmessi loro dai genitori. Nella continua
competizione per inserirsi in uno status il più prestigioso possibile, i bambini ed i
ragazzi di classe sociale inferiore si percepivano come perdenti, sperimentando quella
che Cohen definì frustrazione da status. Adattandosi alla realtà sociale sperimentata,
continua l'Autore, i giovani potevano sviluppare un atteggiamento depressivo o di
rinuncia, oppure scegliere un adattamento collettivo nei confronti del gruppo di coetanei
di classe inferiore, andando così a definire nuove norme e nuovi criteri per la
definizione degli status da raggiungere: in questo modo si veniva a creare una
subcultura, non sempre e non necessariamente di tipo delinquenziale. Cohen osservò
che le subculture erano prevalentemente formate da maschi e caratterizzate da
atteggiamenti di tipo non utilitaristico, prevaricatori e prive di motivazioni razionali,
ossia con comportamenti fini a sé stessi, edonistici e solidali solo a livello di piccolo