18
- CAPITOLO I -
Considerazioni introduttive e preliminari: “La crisi
finanziaria e i default delle banche”
1.1. Considerazioni economiche; 1.1.1. Introduzione storico-sociale alla crisi finanziaria (dagli
Stati Uniti all‘Europa); 1.1.2. Segue: Punti deboli dell‘economia neoliberale - il concetto ―Too Big
To Fail‖; 1.2. Considerazioni giuridiche; 1.2.1. L‘insolvenza transfrontaliera nel settore bancario
fino ad oggi intesa; 1.2.2. Segue: Il recente intervento delle Comunità europea; 1.3. Considerazioni
sociali; 1.3.1. Segue: Fondi di risoluzione per il settore bancario e ripartizione degli oneri; 1.3.2.
Segue: Stress test; 1.3.3. Segue: afforzamento dei requisiti delle banche – Basilea 3.
1.1. Considerazioni economiche………………………………………………………...
1.1.1. Introduzione storico-sociale alla crisi finanziaria (dagli Stati Uniti
all’Europa)
8
………………………………………………………………………………
―While the challenges going foward are clear, the question remains: How did it
all happen? This is not the way market economies are supposed to work. Something
went wrong – badly wrong.‖
9
La genesi è riconducibile alla bolla economica americana della primavera del
2000 la quale rappresentò la conseguenza logica dello sviluppo e della forte crescita
finanziaria negli ultimi anni ‘90.
In questo periodo il prezzo dei titoli Tech precipitò vertiginosamente oltre la metà
7, cit..
8
Cfr. JOHNSON S. e KWAK J., 13 bankers: the Wall Street takeover and the next financial meltdown,
2010, ―Capitolo III – Wall Street Rising: 1980‖ e ―Capitolo IV – ―Greed Is Good‖: The Takeover‖;
PANCI A., La crisi bancaria negli Stati Uniti. Quale impatto sull'economia reale e sulle prospettive di
crescita, www.crosue.it, 4 ottobre 2010.
9
STIGLITZ J. E., Freefall: Free Markets and the Sinking of the Global Economy, 2010, ―Capitolo I –
The making of a crisis‖, pag. 3, cit..
19
del valore originario per circa due anni
10
. Tutti speravano che ciò non influenzasse il
mercato e la stabilità finanziaria del sistema economico. Purtroppo la maggior parte
degli investimenti era stata effettuata proprio nel settore dell‘high-tech, portando nel
2001 gli Stati Uniti in una fase di recessione economica.
L ‘amministrazione Bush intervenne immediatamente con un taglio delle tasse per
permettere uno stimolo all‘economia che, però, non fermò la recessione, ma la limitò
soltanto. Inizialmente la situazione sembrava essere recuperata, ma presto l‘America si
trovò davanti ad un fenomeno economico unico: la bolla economica del settore
dell‘high-tech si trasformò nella bolla immobiliare di entità mai vista.
Gli effetti negativi si riversarono immediatamente sulla politica monetaria US e
UE; ciò portò all‘aumento del petrolio in coincidenza con il momento in cui fu
organizzata la missione mondiale di guerra in Iraq nel 2003.
Nel frattempo Wall Street non elaborò un buon piano di gestione dei prodotti
finanziari di mutuo, continuando a svolgere operazioni finanziarie a basso costo e a
bassi interessi.
Fino a quel tempo erano stati emessi investimenti ad altissimo rischio, come per
esempio la stipulazione di mutui con persone che non prestavano alcuna garanzia di
nessun genere al pagamento regolare e tempestivo delle obbligazioni assunte.
Nonostante ciò, questi enti creditizi e finanziari riconfezionavano tali
investimenti, c.d. Titoli garantiti da attività, e vendevano questi nuovi prodotti
finanziari a rischio massimo ed indefinito, una sorta di bomba ad orologeria, agli
investitori ignari del potenziale rischio finanziario da loro acquistato.
Agli enti che avevano emesso questi prodotti finanziari non importava se il
prestito venisse rimborsato nei termini temporali previsti dal contratto di mutuo, perché
tanto sarebbero stati capaci di vendere il rischio del mutuo, attraverso impacchettamenti
finanziari, prima ancora che i problemi sorgessero. Tutto ciò ha portato alla situazione
complicata dei mutui subprime
11
che ha notevolmente aiutato ad affossare l‘economia
americana, e non soltanto.
Secondo i dati della Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) soltanto in
America nel 2010 i fallimenti sono stati addirittura più numerosi di quelli del 2009. Per
la precisione, durante tutto il 2009 sono fallite 140 banche, mentre nel 2010 sono ben
oltre 150. Previsioni che tendono a peggiorare entro la fine dell‘anno 2011. In Europa la
10
Cfr. WORLD TRADE ORGANIZATION, Overview of Developments in the International Trading En-
vironment – Annual report by the Director-General, WT/TPR/OV/12, 18 novembre 2009,
www.wto.org/english/thewto_e/minist_e/min09_e/official_doc_e.html.
20
situazione è stata meno tragica nelle sue conseguenze in quanto il sistema bancario
europeo, salvo alcuni Paesi, era ed è più saldo di quello americano.
Anche in termini di assets totali delle banche fallite, nei primi sette mesi dell'anno
2010 l'ammontare cumulato era superiore a quello del 2009. Tra l'altro continua ad
aumentare il numero delle banche in difficoltà. Da dicembre 2009 a luglio 2010 gli
istituti non ancora falliti ma a rischio concreto di fallimento sono passati da 702 a 829; e
nell‘arco dell‘anno 2011 il numero sta salendo. E poi non bisogna perdere di vista il
mercato immobiliare, che dopo la fine dell'incentivo pubblico (l'ormai famoso credito
d'imposta di 8.000$ concesso agli acquirenti di nuove case da gennaio 2009 a giugno
2010) ha ricominciato ad andare piuttosto male (a luglio 2010 le vendite di case nuove
sono diminuite in un mese del 12%, che è la peggiore performance mai registrata da
quando esiste la rilevazione ufficiale del dato, cioè dagli anni '60; le vendite
complessive, di case nuove ed esistenti, si sono ridotte addirittura del 26,7% sempre
nell'arco di un solo mese!). Se i volumi e i prezzi dovessero proseguire a ridursi si
farebbe ancora più acuta la crisi di molte piccole e medie banche commerciali, che nella
fase di euforia del mercato hanno concesso mutui immobiliari oltre misura e ancora non
sono riuscite a recuperarli per intero. E a quel punto la diffusione della crisi bancaria
potrebbe diventare praticamente inevitabile.
12
Attualmente l‘economia mondiale si trova in una fase in cui se dovesse
concretizzarsi la caduta del mercato immobiliare ricadrebbe in uno scenario di
recessione di durata indefinibile. Non a caso, sin dall‘inizio della crisi finanziaria nel
2008, molti economisti prospettavano la cosiddetta recessione a ―W‖ (doppia vu).
La paura, pertanto, è quella di ricadere in una lunga stagnazione del sistema
finanziario senza prospettabili limiti di durata, comportando una consistente riduzione
dei tassi di crescita.
Secondo il parere di molti esperti non è tanto preoccupante la fase recessiva a
―W‖, quanto piuttosto lo stato di stagnazione che mostra lo stato di salute allarmante del
sistema bancario. Questo è il risultato del fatto che, dopo una prima fase della crisi,
l‘attenzione si è spostata sugli aspetti reali della stessa lasciando da parte i dubbi sul
sistema bancario ritenendo questo sufficientemente solido; tant‘è che negli Stati Uniti il
TARP, il fondo creato dal piano Paulson, è stato dismesso più di un anno fa.
Purtroppo, però, la realtà dei fatti è un‘altra: il sistema bancario internazionale sta
11
Cfr. JOHNSON S. e KWAK J., 13 bankers: the Wall Street takeover and the next financial meltdown,
2010, pagg. 4, 111-12, 120, 125, 126-9, 132, 141-4, 157, 193, 195-6, 197; JOSEPH E. STIGLITZ, Free-
fall: Free Markets and the Sinking of the Global Economy, 2010, ―Capitolo IV: The mortage scam‖.
12
PANCI A., La crisi bancaria negli Stati Uniti. Quale impatto sull'economia reale e sulle prospettive di
crescita, www.crosue.it , 4 ottobre 2010, cit..
21
ancora soffrendo ed è sempre aperta la possibilità di fallimenti di istituti bancari e
finanziari.
1.1.2. Segue: Punti deboli dell’economia neoliberale
13
- il concetto “Too Big To
Fail”
14
……………………………………………………………………………………..
Date le condizioni, si è reso necessario un intervento legislativo in tema di
salvataggi di gruppi bancari. Fino a pochi mesi addietro, la maggior parte dei giuristi e
degli economisti riteneva che per garantire la stabilità finanziaria e la continuità nei
servizi bancari e di pagamento lo Stato dovesse intervenire con l‘erogazione di denaro
pubblico al fine di evitare il fallimento di questi grandi istituti di credito. In realtà, con il
senno di poi, ci si è resi conto che tutto ciò ha mostrato un difetto enorme: far ricadere
le perdite delle crisi bancarie ed i costi di gestione delle stesse sui contribuenti.
In questo modo, i grandi gruppi finanziari, confidando sull‘appoggio governativo
in caso di crisi finanziaria, sono stati incentivati ad allargarsi e assumersi sempre più
rischi nelle operazioni.
Negli Stati Uniti il Consiglio di sorveglianza della stabilità finanziaria (Financial
Stability Oversight Council) sta considerando di introdurre delle disposizioni limitative
della crescita e della complessità degli istituti di credito. Inoltre, avrà il compito di
monitorare il rischio sistematico di ognuno di questi e di indirizzare raccomandazioni
alla Federal Reserve in ordine ai requisiti minimi di capitale, di liquidità e di gestione
del rischio. In parallelo anche la Commissione europea si sta organizzando per la
costituzione dell‘ESAs (European Supervisory Authorities) e dell‘ERA (European
Resolution Authorities), organismi comunitari aventi funzioni similari al FSOC.
15
Ancora, sulla base della ―Volcker Rule‖
16
sono disposte limitazioni per le banche
a fare un certo tipo di operazioni speculative, se non per conto dei clienti.
Per di più, i grandi gruppi bancari sono obbligati periodicamente a redigere e
sottoscrivere piani di liquidazione per un eventuale ed immediata chiusura. Se
13
Cfr. STERN G. H. e FELDMAN R. J., Too Big To Fail: The hazards of Bank Bailouts, Washington,
D.C., 2004, ―Capitolo II – What Is The Problem?‖; JOSEPH E. STIGLITZ, Freefall: Free Markets and
the Sinking of the Global Economy, 2010, ―Capitolo II – Freefall and its aftermath‖.
14
Cfr. JOHNSON S. e KW AK J., 13 bankers: the Wall Street takeover and the next financial meltdown,
2010, ―Capitolo V – Too Big To Fail‖; JOSEPH E. STIGLITZ, Too Big to Fail or Too Big to Save?
Examining the Systemic Threats of Large Financial Institutions, 21 aprile 2009.
15
Ved. Regolamento EU No 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, 24 novembre 2010, rela-
tivo alla costituzione di una European Supervisory Authority (European Banking Authority).
22
ottemperano a ciò potranno usufruire di benefici in relazione ai requisiti minimi di
capitale. Con ciò si tende a dare maggiore garanzia alle controparti contrattuali degli
istituti di credito, ma soprattutto maggior trasparenza del mercato.
In ossequio a ciò, la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC)
17
e la
Commissione europea hanno intenzione di creare alcuni meccanismi di liquidazione
ordinaria (la cui esecuzione più essere data anche in via giudiziale) per rendere meno
pericolosi i fallimenti delle società finanziarie e degli istituti di credito. Soltanto in
questo modo gli azionisti ed, in via secondaria, i creditori chirografari (unsecured
creditors) sopporteranno le reali perdite.
Collateralmente è prevista la costituzione di fondi privati (che il governo U.S. ha
deciso di valore pari a $50 bilioni) da utilizzare in caso di apertura di procedure di
insolvenza. Questo perché i costi della gestione della crisi, da ora in avanti, non devono
ricadere più sui contribuenti.
Inoltre la FDCI garantisce prestiti agli istituti sottoposti alle procedure
limitatamente al capitale di lavoro, che devono essere rimborsati con la vendita degli
attivi dell‘istituto in liquidazione in maniera privilegiata. Altresì la FDCI può svolgere
un ulteriore ruolo volto a garantire il debito di alcune banche, che versano in stato
d‘insolvenza, al fine di evitare il fallimento, soltanto se queste raggiungono le
condizioni e i requisiti minimi disposti e valutati dalla United States Secretary of the
Treasury. Lo stesso, come vedremo nei successivi capitoli, è previsto a livello europeo.
Considerate, quindi, queste nuove misure d‘intervento è auspicabile che vengano
applicate le ordinarie procedure di insolvenza anche ad istituti di credito che fino ad
adesso erano stati considerati ―Too Big To Fail‖.
Infine, nel mese di novembre 2010 è stato registrato dal Financial Times che tra
le banche «too big to fail» ci sarebbero una banca tedesca (Deutsche Bank), alcune ban-
che statunitensi (Bank of America-Merrill Lynch, Citigroup, Goldman Sachs, JPMorgan
Chase, Morgan Stanley), alcune britanniche (Barclays, Hsbc, Royal Bank of Scotland,
Standard Chartered), una canadese (Rbc), due spagnole (Santander, Bbva), alcune ban-
che francesi (Bbp Paribas, Société Générale), alcune italiane (UniCredit, Intesa Sanpa-
16
Cfr. MARGIOCCO M., Wall Street all'attacco della "regola Volcker ", Il Sole 24 ore, 6 febbraio 2010:
―Come la corazzata Bismarck braccata dalla Royal Navy non doveva trovare rifugio in un porto amico,
così la Volcker rule, le regole o meglio i princìpi dettati dall'anziano ex governatore della Federal reserve
per scongiurare il ripetersi di un'altra crisi finanziaria non devono approdare a nessuna sponda legislativa.
Su questo Wall Street, il partito repubblicano, e non pochi amici democratici di Wall Street si stanno
muovendo con grande determinazione. Nonostante la decisione di Obama, annunciata il 21 gennaio, di
dare alla Volcker rule veste ufficiale integrando così le proposte di riforma finanziaria non ancora tra-
sformate in legge‖.
17
Per approfondimenti: www.fdic.gov.
23
olo), una olandese (Ing) e alcune svizzere (Credit Suisse, Ubs). Ma la lista, secondo il
quotidiano, potrebbe ancora subire variazioni nel corso dei prossimi mesi.
18
Tuttavia, dichiarazioni del Financial Stability Board presieduto dal Governatore
della Banca d'Italia, Mario Draghi, hanno parzialmente screditato le indiscrezioni del
Financial Times, precisando che a breve saranno pubblicati criteri generali che consen-
tano, su base globale, di stabilire quali siano le banche e gli istituzioni finanziarie che
pongono rischi di portata sistemica, ma senza stilare elenchi che potrebbero influenzare
negativamente il mercato anche laddove non fossero veritieri.
1.2. Considerazioni giuridiche…………………………………………………………..
1.2.1. L’insolvenza transfrontaliera nel settore bancario fino ad oggi intesa
19
………
L ‘esponenziale crescita della globalizzazione degli operatori economici negli
ultimi trent‘anni ha fatto sì che fosse necessario anche a livello giuridico un
adeguamento degli istituti e dei meccanismi volti a garantire la certezza e la stabilità dei
rapporti giuridici anche in situazioni patologiche dell‘attività commerciale. Non a caso è
stato espresso sempre più interesse a procedure concorsuali che potessero combinare i
caratteri dell‘efficienza e della celerità con quello della transnazionalità.
Proprio con il passaggio da un‘economia liberale classica a quella neoclassica si è
sentita l‘esigenza di strumenti preventivi d‘insolvenza e di tecniche recuperatorie
dell‘assetto aziendale. La ragione di questo risiede nel fatto che le scelte imprenditoriali
di corporate governance e di allocazione di investimenti, che gli operatori economici
adottano, sono influenzate in maniera determinante dal sistema di procedure concorsuali
che un ordinamento riesce a garantire.
Inoltre, la visione transnazionale della gestione delle crisi richiede un alto grado
di armonizzazione tra le procedure dei singoli Stati membri della Comunità europea. In
particolar modo sono possibili tre impostazioni di politica legislativa:
1. Full universal insolvency: creazione di un‘unica procedura gestita dall‘autorità di
uno Stato membro;
2. Territorial insolvency: ciascuna autorità nazionale mantiene la sua autonomia e la
propria sfera di competenza;
3. Modified universal insolvency: avvio di autonome procedure nazionali unite da un
meccanismo di coordinamento.
Nell‘ambito del settore bancario è stato adottato il primo metodo del Full
18
In accordo con LOPS V., Ecco la lista delle banche troppo grandi per fallire di cui si parlerà al G20
(per Draghi l'elenco non c'è), 10 novembre 2010.
24
universal insolvency; di conseguenza l‘unica autorità competente all‘apertura di una
procedura concorsuale è quella dello Stato d‘origine della banca, ossia del Paese ove è
stata rilasciata l‘autorizzazione all‘esercizio dell‘attività.
Ciò risponde a due esigenze ben precise: da una parte si tende a porre tale sistema
in continuità con il principio del home country control caratteristico del settore
bancario; dall‘altra si cerca di evitare che la scelta della sede della banca possa essere
ispirata da considerazioni opportunistiche, e così radicalmente elidendo la concorrenza
fra ordinamenti bancari nazionali.
Infine, pur non ravvisando nel concetto di insolvenza bancaria una radicale
diversità rispetto a quello di insolvenza industriale, tuttavia bisogna riconoscere che il
carattere della specialità, sia sul lato sostanziale che procedurale, trova le sue ragioni
nell‘ontologica complessità finanziaria dell‘impresa bancaria, contraddistinta dalle
peculiari interrelazioni fra i propri flussi finanziari.
1.2.2. Segue: Il recente intervento delle Comunità europea
20
..……………….……….
La Commissione europea considera prioritario introdurre a livello europeo una
disciplina unitaria in materia di gestione transfrontaliera delle crisi nel settore bancario
al fine di consentire una risoluzione efficace ovvero un‘ordinaria liquidazione, in caso
di fallimento, di una banca comunitaria.
21
Gli obiettivi generali dell‘azione legislativa consistono nel mantenere la stabilità
finanziaria e la fiducia nelle banche, e quindi eliminare la possibilità del contagio delle
crisi; minimizzare le perdite per la società come insieme e specialmente per i
contribuenti; ed infine rafforzare il mercato interno per il servizio bancario.
Principalmente le intenzioni da perseguire sono due: la prima consiste
nell‘assicurare che tutte le autorità nazionali di vigilanza abbiamo la capacità di gestire
strumenti adeguati per l‘individuazione dei problemi in fase preventiva affinché sia
plausibile un intervento di risanamento di prevenzione dell‘ulteriore declino; la seconda
è evitare che, in situazioni di tensione finanziaria più grave, il crollo di banche
transnazionali produca effetti turbativi nei servizi bancari essenziali oppure effetti di
contagio sull‘intero sistema finanziario.
I principi generali possono essere tradotti nella pratica in criteri specifici.
19
GALLETTI D., L'insolvenza transfrontaliera nel settore bancario, in BANCA BORSA E TITOLI DI
CREDITO, v., n. 5 (2006), pagg. 546-572.
20
Per approfondimenti Capitolo III – I Consultazione pubblica relativa a un quadro europeo per la ge-
stione transfrontaliera delle crisi nel settore bancario e Capitolo V – Lavori preparatori alla proposta
normativa della Commissione europea in primavera 2011 – II Conslutazione pubblica.
21
Ved. COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al
Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, alla Corte di Giustizia delle Comunità europee e
alla Banca centrale relativa a un quadro europeo per la gestione transfrontaliera delle crisi nel settore
25
Così, il sottostante elenco di strumenti di politica economica potrebbe considerarsi
come base programmatica per la risoluzione delle crisi bancarie:
Continuity in core operations. Given the political and economic constraints and
recent experience, simply closing down a failing cross-border systemic bank does
not seem a viable option. Instead, resolution procedures should seek to continue
such a bank‘s core activities (in particular large retail operations) as a going
concern. By maintaining deposit availability, in particular, costs to the economy
related to loss of deposit liquidity can be avoided.
Efficiency and speed. In bank resolution, time is of the essence which under-
mines lengthy negotiations or arbitration as viable options. Moreover, for a reso-
lution process to be cost-minimizing, it must not only be quick, but also effective
in addressing the problems at their roots, so as to avoid recurrence.
Flexibility. Exceptional measures, and much greater freedom of action than in
single bank resolution cases, may be needed in the case of a systemic crisis. A
generalized debt crisis, for example, may require addressing the solvency prob-
lems of the bank and its clients as a package.
Moral hazard containment. The most insidious forms of moral hazard in banking
have to do with incentive structures for managers and controlling shareholders.
In case of failure, these parties can be penalized adequately by firing managers
without severance payments, prosecuting them for any illegal actions, and wiping
out shareholders. Uninsured and unsecured creditors can also be penalized by
applying haircuts to their claims.
22
In realtà, la Comunità europea, al fine di tamponare l‘odierno scenario del
sistema bancario, avrebbe già pensato all‘istituzione di un organismo a livello europeo
(ERA - European Resolution Authority) che assuma il compito di gestire le crisi
transfrontaliere.
Si è registrato, però, un dibattito molto intenso, tuttora in corso, in ordine al fatto
che gli Stati membri non sembrano avere alcuna intenzione di cedere proprie
competenze nazionali alla Comunità europea.
La maggior parte dei soggetti interessati non è a favore dell'istituzione di
un'Agenzia in questa fase. La resistenza a tale idea è stata particolarmente forte tra gli
Stati membri, i quali hanno sostenuto che non sarebbe possibile giacché sono le
bancario, Bruxelles, 20 ottobre 2009, pag. 3.
22
IMF, Working Paper - European Department, Legal Department, and Monetary and Capital Markets
Department, Crisis Management and Resolution for a European Banking System, Prepared by Wim Fon-
teyne, Wouter Bossu, Luis Cortavarria-Checkley, Alessandro Giustiniani, Alessandro Gullo, Daniel Har-
26
Autorità nazionali di vigilanza che rispondono delle implicazioni fiscali con potenziali
impatti sui bilanci nazionali.
La priorità dovrebbe invece essere quella di armonizzare gli strumenti
d‘intervento comuni e di favorire il coordinamento tra le autorità nazionali. Ci sono
diverse posizioni a riguardo: uno Stato membro ha sostenuto che il quadro dovrebbe
tener conto in realtà di un sistema integrato nel settore bancario europeo, mentre un
altro ha suggerito un approccio alternativo, ovvero istituire un sistema di amministratori
- Insolvency Law Group of Experts (ILEG)
23
. Un certo numero di Stati membri ha
appoggiato l'introduzione di una funzione di coordinamento dell'EBA
24
durante le fasi
di crisi. Invece, il CEBS ritiene che la problematica principale sia il miglioramento
dell'efficacia del protocollo d'intesa (Memorandum of Understanding - MoU) già
esistente in materia.
Di parere opposto è IMF che sostiene l'idea di un‘Autorità europea di risoluzione
per superare i conflitti d‘interesse e proseguire nel bene comune
25
.
1.3. Considerazioni sociali
26
……………………………………………………………..
La politica legislativa che la Comunità europea sta mettendo in atto
inevitabilmente causa alcune effetti collaterali rispetto alla gestioni delle crisi bancarie.
Il grafico sottostante riassume la situazione delle crisi bancarie.
dy, and Seán Kerr1 Authorized for distribution by Luc Everaert, Daniel Hardy, and Barend Jansen, marzo
2010, pagg. 27-29, cit..
23
Nel contesto del lavoro che la Comunità europea sta svolgendo circa il rinnovo della disciplina sulla
gestione delle crisi transfrontaliere dei gruppi bancari, il Direttore Generale del Mercato Interno della
Commissione Europea sta cercando esperti in materia riorganizzazione, risoluzione ed insolvenza nel set-
tore bancario e finanziario per assistere ai lavori preparatori ed allo sviluppo del regime europeo di ge-
stione delle crisi.
24
Organismo a livello europeo volto a regolare il sistema dei pagamenti nella comunità.
25
COMMISSIONE EUROPEA, Overview of the results of the public consultation on an EU framework
for Cross-border crisis management in the banking sector, 11 marzo 2010, pag. 7, cit..
26
Considerazioni sul controllo delle spese di gestione delle crisi bancarie transfrontaliere e problematica
su chi far ricadere tali costi. Analisi sulle modalità di garanzia di stabilità del mercato finanziario: Stress
test e Basilea 3;
27
Grafico – Modalità di soluzione delle crisi bancarie a livello internazionale
27
Per il momento, oltre che lavorare per l‘adozione di una direttiva per la gestione
transfrontaliera delle crisi nel settore bancario, la Comunità europea sta operando
anche nel senso di tamponare la situazione finanziaria sotto tre diversi versanti:
costituzione di un Fondo Privato Europeo;
studio della solidità delle banche attraverso degli Stress Test;
revisione dei requisiti minimi bancari con l‘accordo di Basilea 3.
1.3.1. Segue: Fondi di risoluzione per il settore bancario e ripartizione degli oneri..
Per scongiurare i fallimenti delle banche dovuti alla crisi finanziaria dell‘ottobre
2008, i Governi degli Stati hanno stanziato somme di denaro a sostegno del settore
finanziario, appesantendo il debito pubblico.
28
Secondo l‘IMF il costo della crisi direttamente a carico dei bilanci ha raggiunto
una media del 2,7% del PIL per i Paesi avanzati del G20, sebbene gli importi impiegati,
escluse le garanzie e le altre passività potenziali, siano ammontati in media al 25% del
PIL.
29
Tutto ciò è stato necessario affinché potesse essere assicurata la stabilità nel
mercati finanziari e garantita la protezione ai depositanti in sostegno a misure volte
all‘organizzazione dell‘economia reale.
In breve, l‘effetto generale è stato quello di imporre un pesante onere economico
a carico dei contribuenti.
Secondo le proiezioni del debito pubblico del IMF nelle economie avanzate del
27
Ved. RUOZI R., Economia e gestione della banca, 2006, EGEA, Milano, pag. 358.
28
Ved. Capitolo 5.3.12. Risoluzione finanziaria.
29
COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio,
al Comitato economico e sociale europeo, alla Corte di Giustizia delle Comunità europee e alla Banca
centrale Fondi di risoluzione per il settore bancario, Bruxelles, 26 maggio 2010, pag. 1, cit..
28
G20 dovrebbe aumentare di circa 40 punti percentuali nel periodo 2008-2015 se non
vengono prese delle decisioni a breve termine.
In questo senso la Commissione europea è intervenuta in ordine al piazzamento
dei ―fondi di risoluzione per il settore bancario‖.
La costituzione di fondi di risoluzione dovrebbe consentire di evitare in futuro il
ricorso al sostegno pubblico per risolvere le crisi degli istituti finanziari.
Per fare ciò, essi potrebbero attuare misure quali il finanziamento di banche-
ponte, il finanziamento di un trasferimento totale o parziale delle attività e/o delle pas-
sività dall‘istituto in sofferenza o il finanziamento della scissione tra Good Bank e Bad
Bank; possono anche essere impiegati per la copertura dei costi amministrativi, delle
spese legali e di consulenza.
Tuttavia, le banche in difficoltà non devono abusare del fondo evitando fallimenti
o risoluzioni inevitabili.
L‘aspetto cruciale consiste nel come finanziare questi fondi. I meccanismi di fi-
nanziamento devono raccogliere gli importi necessari per incoraggiare condotte virtuo-
se.
Principalmente ci sono tre parametri da tenere in considerazione per il calcolo dei
contributi delle varie banche. In primis le attività bancarie rappresentano degli indica-
tori dell‘importo necessario per gestire un‘eventuale fallimento della banca. Successi-
vamente le passività bancarie, ma risultano essere elementi meno precisi per valutare il
grado di rischio. E poi i profitti e i premi che possono essere utilizzati come riferimento
per il calcolo del prelievo.
Gli obiettivi d‘imparzialità nell‘applicazione di questi meccanismi sono: impedi-
re possibili arbitraggi; riflettere opportunamente i rischi; tenere conto della natura si-
stematica di alcuni istituti finanziari; impedire distorsioni della concorrenza.
Tuttora gli Stati membri sono alle prese per individuare un metodo di governance
dei fondi condiviso da tutti. E‘ stato appurato che i fondi di risoluzione per il settore
bancario devono rimanere separati dal bilancio nazionale ed essere dedicati unicamente
alla copertura dei costi delle misure di risoluzione. Un primo passo di
quest‘orientamento comune può consistere in un sistema che si basa sull‘esecuzione di
una rete armonizzata di fondi nazionali legati ad un‘autorità di gestione delle crisi.
30
La gestione deve essere commissionata alle autorità incaricate della risoluzione
degli istituti finanziari a livello europeo che garantiscono un ruolo di organismo esecu-
30
Cfr. COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Con-
siglio, al Comitato economico e sociale europeo, alla Corte di Giustizia delle Comunità europee e alla
Banca centrale Fondi di risoluzione per il settore bancario, Bruxelles, 26 maggio 2010, pag. 2.
29
tivo indipendente. Il ricorso ai fondi di risoluzione deve inoltre verificarsi nel rispetto
delle norme europee sugli aiuti di Stato.
Comunque sia, sussistono alcune problematiche di carattere generale. Infatti, se è
vero che il coinvolgimento del settore privato nel processo risolutivo delle crisi nel set-
tore bancario è di massima auspicabile, è altrettanto vero che la disponibilità di solu-
zioni basate sul settore privato diminuisce tuttavia rapidamente con l‘acuirsi della cri-
si.
31
Inoltre, è stata ammessa la possibilità di creare un quadro che faciliti il finanzia-
mento all‘interno di un gruppo dopo l‘avvio di una procedura di insolvenza.
Il gruppo di lavoro V della UNCITRAL
32
- Commissione delle Nazioni Unite per
il diritto commerciale internazionale - ha già preso in considerazione le agevolazioni al
proseguimento dell‘attività di impresa soggetta a misure di risanamento o di liquidazio-
ne garantendo la continuità di accesso ai finanziamenti in una serie di documenti conte-
nuti nell‘archivio elettronico della commissione.
33
Infine, è necessario che sia garantito il principio della certezza del diritto a pro-
posito delle misure adottate dal settore privato nell‘ottica in cui si rende accettabile il
rischio.
Ripartizione degli oneri
Appare chiaro dall‘esperienza recente che non sempre si può contare su soluzioni
provenienti dal settore privato. Risulta quindi necessario concentrarsi sui criteri di ri-
partizione dell‘onere finanziario tra i vari Stati membri in caso di applicazione di misu-
re di risoluzione ad un gruppo bancario transfrontaliero.
In una recente relazione il Comitato economico e finanziario (EFC)
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ha racco-
mandato di inserire nel quadro europeo per la stabilità finanziaria misure volontarie ex
ante in materia di ripartizione degli oneri in conformità a un mandato europeo valido in
tutta l‘Unione, la cui attuazione dovrebbe essere monitorata in primo luogo da nuovi
Comitati per la stabilità finanziaria transfrontaliera.
35
31
Cfr. COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Con-
siglio, al Comitato economico e sociale europeo, alla Corte di Giustizia delle Comunità europee e alla
Banca centrale relativa a un quadro europeo per la gestione transfrontaliera delle crisi nel settore ban-
cario, Bruxelles, 20 ottobre 2009, pag. 16.
32
La Commissione delle Nazioni Unite sul Diritto Commerciale Internazionale (UNCITRAL) è stata isti-
tuita dal generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 2205 (XXI) del 17 dicembre 1966 "per promuo-
vere la progressiva armonizzazione e unificazione del diritto commerciale internazionale‖ (Ved.
www.uncitral.org/uncitral/en/commission/working_groups/5Insolvency.html).
33
Ved. BANCA D‘ITALIA, Comunicato Stampa DIFFUSO A CURA DEL SERVIZIO SEGRETERIA
PARTICOLARE, Roma, 15 luglio 2011.
34
Ved.europa.eu/legislation_summaries/economic_and_monetary_affairs/institutional_and_economic_fra
mework/l25038_en.htm.
35
Cfr. Lessons from the financial crisis for European financial stability arrangements, gruppo di lavoro
di alto livello del CEF sui meccanismi di stabilità finanziaria transfrontaliera, luglio 2008.
30
Inoltre occorre verificare i diritti reciproci (in termini di accesso ai dati ed altri
settori similari) degli Stati membri che assumano l‘obbligo di ripartire un onere. Un ac-
cordo ex ante che definisca i principi di un‘equa ripartizione degli oneri costituisce uno
schema di sicurezza necessario che offre gli incentivi vitali ad incoraggiare le autorità
coinvolte.
L‘assenza di iniziative in questa materia rischia di mettere a dura prova i principi
fondamentali dell‘Unione europea come la libertà di stabilimento, la libera circolazio-
ne dei capitali e la libera circolazione dei servizi.
36
1.3.2. Segue: Stress test
37
………………………………………………...…………………….
Nel contesto di riorganizzazione legislativa in materia d‘insolvenza bancaria e
stabilità del sistema finanziario a livello europeo sono stati eseguiti, e lo saranno di
nuovo, i cosiddetti stress tests sulle banche comunitarie. Consistono in una valutazione
della riserva di capitale dei gruppi bancari più grandi di Europa, ma non solo. Lo scopo
è di verificare se queste avrebbero avuto capitale sufficiente a reggere l'impatto di un
contesto economico più difficile rispetto alle aspettative.
In ambito europeo l‘operazione è stata effettuata da parte del Comitato delle auto-
rità bancarie europee (CEBS)
38
in collaborazione con la Banca centrale europea (BCE)
e la Commissione europea sulle principali banche Europee (91 di cui 5 Italiane) su ini-
ziativa dell‘EU Economic and Financial Affairs Council (ECOFIN).
Il risultato è stato positivo: si è evidenziata una buona attitudine delle banche eu-
ropee a reggere un eventuale peggioramento dell'economia reale nel prossimo biennio.
Infatti solo 7 non hanno passato l'esame.
Ogni istituto creditizio ha dovuto analizzare le potenziali perdite a livello di im-
presa, in prestiti e nel suo portafoglio titoli, e qualsiasi impegno fuori dal bilancio e pas-
sività potenziali, definiti sulla base di due scenari economici su un orizzonte temporale
comprendente il 2009 e il 2010. Inoltre è stato chiesto, soltanto ad alcuni gruppi, di sti-
mare il potenziale di perdita legato al trading in questi stessi scenari.
Durante il processo di controllo, l'autorità di vigilanza si è riunita con la dirigenza
di ogni ente finanziario per discutere le previsioni sulle perdite e le entrate di reddito.
Sulla base di tali incontri, le autorità nazionali di vigilanza hanno valutato le po-
tenziali perdite specifiche alle istituzione e stimato le risorse per assorbire tali perdite, e
36
COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio,
al Comitato economico e sociale europeo, alla Corte di Giustizia delle Comunità europee e alla Banca
centrale relativa a un quadro europeo per la gestione transfrontaliera delle crisi nel settore bancario,
Bruxelles, 20 ottobre 2009, pag. 17.
37
Ved. per informazioni più approfondite su: www.c-ebs.org/EuWideStressTesting.aspx.
31
stabilito se l'ente ha un patrimonio di vigilanza sufficiente per garantire continuità
nell‘erogazione di servizi bancari.
Lo scopo degli esami era di provare la solidità del sistema bancario europeo e la
capacità delle banche di assorbire il rischio del mercato finanziario.
Effetti economici e finanziari sullo scenario bancario italiano
La Banca d‘Italia ha pubblicato in data 23 luglio 2010 e i risultati degli stress tests
operati a livello europeo per i cinque gruppi bancari italiani coinvolti: Unicredit Group,
Intesa Sanpaolo Group, Monte dei Paschi di Siena Group, Banca Popolare Group e
UBI Banca Group.
Per ogni gruppo italiano la Banca d‘Italia ha pubblicato i risultati
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e le informa-
zioni sulle loro esposizioni debitorie verso settori delle amministrazioni pubbliche euro-
pee. Dopotutto, gli esiti confermano ciò che il Governo italiano, la Banca d‘Italia e
l‘Associazione bancaria italiana affermano da qualche tempo che le banche italiane con
il loro approccio conservativo al mercato, oggi, possono, meglio di altre banche, sop-
portare gli effetti negativi della crisi.
Nel mese di luglio 2011 sono stati rinnovati gli stress tests sui medesimi cinque
gruppi bancari italiani. Dal Comunicato stampa della Banca d‘Italia
40
, pubblicato in data
15 luglio 2011, risulta che ―hanno superato con ampio margine il valore di riferimento
del 5 per cento. Le banche coinvolte rappresentano oltre il 62 per cento del totale
dell‘attivo del sistema bancario nazionale. L‘esercizio conferma l‘adeguatezza della ca-
pitalizzazione delle banche italiane e la capacità di assorbire l‘impatto di un forte dete-
rioramento delle attuali condizioni macroeconomiche e di mercato‖.
Alla fine del 2011 il Tier 1 capital
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di nessuno dei cinque gruppi bancari deve es-
sere sotto la soglia del 5%, che è due punti superiore rispetto al vigente minimo richie-
sto. Applicando le severe condizioni ipotizzate nello stress test, per ognuno dei cinque
gruppi il coefficiente relativo al patrimonio di migliore qualità (Core tier 1 ratio) risul-
terebbe, alla fine del 2012, ben al di sopra della soglia del 5 per cento, stabilita dalle au-
torità come riferimento per valutare la necessità di eventuali interventi di ricapitalizza-
zione. La media ponderata del Core tier 1 ratio post-stress per i cinque intermediari sa-
rebbe del 7,3 per cento.
42
38
Cfr. CEBS, Aggregate outcome of the 2010 EU wide stress test exercise coordinated by CEBS in coop-
eration with the ECB, 23 luglio 2010.
39
Consulta www.bancaditalia.it/vigilanza/stress_test.
40
Ved. su www.bancaditalia.it/media/comsta/2011/stress_test/CS_stresstest_ITA.pdf.
41
Per Tier 1 capital (o Core capital, o patrimonio di classe 1) si intende la componente primaria del capi-
tale di una banca.
42
Ved. Comunicato stampa della Banca d‘Italia, op. cit..