5sono stati elaborati diversi altri modelli analoghi ma più dettagliati, tra i quali il più noto è
il cosiddetto Windkessel a tre elementi.
Questi modelli presentano l'indubbio merito di descrivere in maniera semplice e
sintetica l'impedenza di ingresso, ma non sono in grado di giustificare alcuni fenomeni
sperimentali che risultano legati alla propagazione delle onde di pressione e flusso nelle
arterie; tali fenomeni vengono meglio descritti da funzioni di trasferimento derivanti da
una rappresentazione a parametri distribuiti.
Partendo, infatti, dalle equazioni dell'idrodinamica, mediante opportune
considerazioni semplificative, si può descrivere l'albero arterioso come un sistema di
linee idrauliche (il cui analogo elettrico è dato dalle linee di trasmissione), interconnesse
tra loro [1]. Una rappresentazione di questo genere, pur essendo di notevole interesse
per la simulazione, risulta eccessivamente complessa e, quindi, impraticabile dal punto di
vista dell'identificazione. È pertanto necessario cercare un compromesso tra la riduzione
della complessità ed il significato fisico dei parametri del modello. Nell'ambito di tale
ricerca, sono stati proposti ed analizzati da Burattini et al. dei modelli a parametri
distribuiti [6] [7] [8] [9] [10], costituiti da una singola linea elastica o da due linee
elastiche in parallelo, chiuse su carichi di tipo Windkessel. Mentre la rappresentazione
con la linea singola conduce ad alcuni risultati di difficile interpretazione fisiologica, il
modello a linea doppia, detto anche a T, che risulta più vicino alla morfologia dell'albero
arterioso, suddiviso in circolazione superiore ed inferiore, consente di giungere a risultati
decisamente più significativi dal punto di vista fisiologico, oltre a consentire migliori
approssimazioni dei dati sperimentali. Talvolta, però, si sono riscontrati alcuni problemi
legati all'identificazione del tratto inferiore della circolazione, che impongono di
approfondire l'analisi del comportamento di questo ramo dell'albero arterioso sistemico.
Tale analisi, inoltre, risulta di particolare interesse per la diretta correlabilità che sussiste
tra la linea idraulica e l'aorta discendente, e tra il carico del modello e la circolazione
6periferica inferiore. Un'analoga correlabilità non vi è, infatti, per il tratto superiore della
linea a T, che rappresenta in forma sintetica l'interazione di diverse arterie (le carotidee
e le succlavie).
Nel presente lavoro verrà innanzi tutto approfondito il concetto di carico
periferico, esaminando in dettaglio la struttura di tale carico e ricercando il modello a
parametri concentrati più idoneo a rappresentarlo; quindi si andranno ad analizzare le
caratteristiche della linea idraulica, ponendo a confronto i risultati ottenuti con la classica
linea elastica, con quelli ottenibili mediante un nuovo modello di tipo viscoelastico.
La messa a punto di un modello adeguato a partire dai dati sperimentali è un
procedimento che si compone di diverse fasi, effettuate con l'ausilio dell'elaboratore e
coordinate tra loro alla luce dei risultati via via ottenuti, fasi che si possono distinguere
nei seguenti punti cruciali:
a) individuazione della famiglia di modelli da utilizzare;
b) determinazione della complessità necessaria e verifica delle condizioni di
identificabilità;
c) individuazione del modello migliore mediante opportune procedure
automatiche;
d) critica ed eventuale convalida dei risultati.
Andremo ora ad esaminare dettagliatamente questi punti.
1.2 INDIVIDUAZIONE DEL MODELLO
1.2.1 Definizione e determinazione dell'impedenza arteriosa
Il sistema arterioso è costituito da tanti tronchi di vasi sanguigni disposti secondo
una complicata architettura ad albero. In questo sistema di vasi, il cuore provoca la
progressione del sangue, mediante la contrazione ritmica delle pareti. Il sangue percorre
7così le arterie, incontrando una resistenza che si oppone al moto; quindi, in ogni sezione
del sistema arterioso, si avrà un particolare valore di pressione e di portata sanguigna.
L'albero arterioso sistemico costituisce pertanto un complesso sistema idrodinamico,
caratterizzato in ogni punto da un certo valore di due grandezze: la pressione p(t) ed il
flusso q(t).
Considerando, ora, il sistema arterioso visto dal cuore come un sistema ingresso
- uscita, in cui l'ingresso è dato da q(t) e l'uscita da p(t), possiamo individuarne la
funzione di trasferimento considerando il rapporto tra le trasformate di Fourier di p(t) e
q(t) eseguito armonica per armonica [19] [20]: tale rapporto costituisce una funzione di
trasferimento nel dominio della frequenza, detta impedenza di ingresso. Prerogativa
necessaria al procedimento appena descritto è la possibilità di eseguire la trasformata di
Fourier dei segnali temporali di pressione e flusso: affinchè un segnale sia F
trasformabile deve essere periodico e deve soddisfare le condizioni di Dirichlet. Mentre
queste ultime (funzione uniformemente limitata, numero finito di discontinuità di prima
specie, numero finito di punti estremali) risultano verificate, la periodicità non è mai
soddisfatta rigorosamente, ma solo in via approssimata.
8figura(I.1): flusso sanguigno nell'aorta ascendente e sua trasformata di Fourier.
figura(I.2): pressione nell'aorta ascendente e sua trasformata di Fourier .
9Indicati, quindi, con p(t) e q(t) i valori di pressione e flusso misurati all'istante t
nell'aorta ascendente, diremo P(jω) e Q(jω) le loro trasformate di Fourier, ricavate
mediante un opportuno algoritmo [5]. Gli andamenti della pressione e del flusso
sperimentali misurati nell'aorta ascendente e delle loro rispettive trasformate di Fourier,
ottenute mediante un programma in FORTRAN, sono riportati nelle figure (I.1) e (I.2).
Per quanto detto, la complessiva impedenza d'ingresso del sistema arterioso può
venire definita come segue :
Z(jω) = P(jω)
Q(jω)
. (1.1)
Più dettagliatamente possiamo scrivere :
P = P0 + ∑
i=1
∞
| P
i
| e j (ωi t + φi (p)) (1.2)
Q = Q0 + ∑
i=1
∞
| Q
i
| e j (ωi t + φi (q)) (1.3)
laddove P0 e Q0 sono rispettivamente la pressione ed il flusso medio ed ωi = 2
pi i fhr , avendo indicato con fhr frequenza cardiaca.
Calcolando quindi l'impedenza come rapporto tra le corrispondenti armoniche di
pressione e flusso si ottiene :
Z = Rp + ∑
i=1
∞
| Z
i
| e j (ωi t + φi (z)) (1.4)
con | Zi | = | Pi | / | Qi | (1.5)
10
e con φ
i
(z) = φ
i
(p) - φ
i
(q) . (1.6)
La variabile RP rappresenta il rapporto tra le componenti continue di pressione e
flusso e corrisponde alla resistenza periferica dell'albero arterioso sistemico, ovvero alla
componente continua dell'impedenza di ingresso.
figura(I.3): Impedenza arteriosa complessiva misurata nell'aorta ascendente
Nelle espressioni (1.2) , (1.3) , (1.4) appaiono delle sommatorie che vanno da 1 a
∞, tuttavia l'ampiezza delle armoniche dei segnali di pressione e flusso ha valori
significativi in un campo di frequenze limitato; per entrambi i segnali il limite superiore è
generalmente assunto tra la dodicesima e la quindicesima armonica [18], ma buone
ricostruzioni del segnale si possono ottenere già operando con 6 - 7 armoniche.
Nella figura (I.3) è riportata l'impedenza che si ottiene applicando le (1.4) -
(1.6) ai dati sperimentali relativi ai grafici (I.1) e (I.2) .
Un discorso esattamente analogo a quello fatto per l'impedenza Z(jω) può
essere compiuto per l'ammettenza Y(jω) = 1/Z(jω) : l'ammettenza corrisponde, infatti,
alla funzione di trasferimento del sistema ingresso uscita avente per input la pressione e
per output il flusso.
11
1.2.2 Modelli dell'albero arterioso sistemico
a) Modelli a parametri concentrati
Una volta definito il concetto di impedenza di ingresso del sistema dobbiamo
individuare un modello semplice ma significativo che ci consenta di spiegare gli
andamenti sperimentali rilevati.
Storicamente , il primo modello di questo tipo è dovuto a Otto Frank [13] [21],
risale al 1889, ed è nato dalla constatazione di un'analogia tra il funzionamento delle
arterie e la macchina utilizzata allora nelle pompe anti incendio dei pompieri: nonostante
la pompa generasse un impulso intermittente, si otteneva in uscita all'ugello delle
manichette di mandata un flusso praticamente continuo, grazie alla presenza di una
camera d'aria (complianza) nella macchina. Come si può osservare in figura (I.4), le
arterie si comportano in maniera sostanzialmente analoga: sebbene il cuore generi un
flusso intermittente, il flusso sanguigno periferico è continuo, grazie all'elasticità delle
arterie [3].
Queste considerazioni conducono a rappresentare l'impedenza arteriosa come
un'impedenza a parametri concentrati, il parallelo tra una capacità (la complianza) ed
una resistenza (la resistenza periferica).
12
Atrio Sinistro
Ventricolo
sinistro
Atrio Sinistro
Ventricolo
sinistro
Sistole
Diastole
figura (I.4): complianza arteriosa
C
C
R
p
C
R
p
R
v
R
c
(a) Windkessel classico
(b) Windkessel a 3 elementi
(c) Circuito con viscoelasicità
R
p
figura (I.5): modelli di tipo Windkessel dell'albero arterioso
Nel corso degli anni sono state apportate diverse modifiche a questo modello, tra
le quali, la prima e più significativa è quella elaborata da Westerhof, che comporta
l'inserimento di una resistenza Rc in serie al parallelo RC che costituisce il Windkessel
classico (figura (I.5.b)). Questo modello ha assunto il nome di Windkessel a tre elementi
ed è caratterizzato dalle seguenti equazioni :
13
Z(jω) = (RP + Rc)
1+jωRC
1+jωRP C
(1.7)
dove R = RP RcRP + Rc
. (1.8)
Una configurazione alternativa di particolare interesse è poi quella riportata in
figura (I.5.c): la resistenza Rv (detta resistenza di Voigt), posta in serie alla complianza,
tiene conto (sia pure in maniera limitata ed approssimata) dei fenomeni viscoelastici che
caratterizzano il comportamento delle arterie. L'equazione che caratterizza tale
impedenza è del tutto equivalente alla (1.7) ed è data da :
Z(jω) = RP
1 + jωCRv
1 + jωC(RP + Rv)
. (1.9)
Questi modelli presentano l'indubbio merito di una notevole sinteticità, in quanto
consentono di rappresentare l'impedenza di ingresso con un limitatissimo numero di
parametri, ma, data la ridottissima complessità (un polo ed uno zero) hanno lo svantaggio
di non poter giustificare alcuni fenomeni sperimentalmente rilevati, quali la presenza di
più minimi nel modulo e l'attraversamento a zero della fase .
b) Modelli a parametri distribuiti
Per giustificare tali fenomeni, legati alla propagazione delle onde di pressione e
flusso nelle arterie, è più opportuno utilizzare dei modelli non lineari, che si rifanno alla
14
teoria delle linee di trasmissione [26] e che consentono di analizzare flussi e pressioni
come effetti della combinazione di onde progressive e riflesse, utilizzando
rappresentazioni a linea singola o a T, con carichi reali o complessi. Tra questi modelli
citiamo innanzi tutto quello proposto da da Burattini e Gnudi [6] [7].
C
Z v R pc dx
l dx l dx
c dx
Xd0
figura (I.6): linea di trasmissione priva di perdite con carico a tre elementi.
Le ipotesi iniziali che conducono alle equazioni della linea di trasmissione
riportata in figura (I.6), che corrisponde all'analogo elettrico di un tubo elastico, sono le
seguenti
- linea geometricamente uniforme;
- assenza di perdite distribuite;
- parametri distribuiti della linea indipendenti da frequenza e
posizione;
- pressione e flusso riflessi dalla periferia determinati da un unico
sito di riflessione;
- carico della linea complesso a parametri concentrati.
L'impedenza trasversale della linea di trasmissione è di tipo capacitivo, dovuta
all'elasticità delle arterie (complianza), mentre quella longitudinale è di tipo induttivo ed è
15
legata ai fenomeni inerziali del sangue (inertanza). La complianza e l'inertanza distribuite
sono infatti legate alle caratteristiche fisiche del sistema arterioso dalle relazioni:
l =
ρ
S
(1.10)
c =
∂S
∂p
, (1.11)
dove abbiamo indicato con ρ la densità del sangue, con S la sezione del vaso e
con p la pressione.
La complessiva impedenza di ingresso di tale modello è:
Z
in(jω) =
ZL(jω) + Zc tgh(γd)
Zc + ZL(jω) tgh(γd)
, (1.12)
dove
Zc =
l
c
= impedenza caratteristica della linea ;
ZL = impedenza di carico;
γ = jω l c = j β = costante di propagazione ;
d = lunghezza della linea di trasmissione.
In base all'analisi delle impedenze sperimentali si sceglie, solitamente, un carico
tale da rendere la linea adattata ad alte frequenze.
Un carico complesso di tipo Windkessel, come quello rappresentato in figura
(I.6), è preferibile ad uno puramente resistivo, che determina forti oscillazioni
nell'impedenza di modello [18] [22].
16
La rappresentazione del sistema mediante una linea di trasmissione presuppone
la possibilità di individuare univocamente un carico e, quindi, un sito di riflessione, che,
per quanto detto nel par. 1, deve avere un preciso significato fisiologico. Tale sito di
riflessione è posto ad una distanza d dall'origine della linea; alcune stime di d, detta
"lunghezza effettiva", sono state ricavate con due diverse tecniche e quindi discusse da
Burattini e Di Carlo [8].
Una possibile tecnica per il calcolo della lunghezza effettiva, prende spunto
dall'analisi del comportamento in frequenza dell'impedenza di ingresso della linea e, per la
precisione, dall'individuazione della frequenza f0 in corrispondenza alla quale l'angolo di
fase dell'impedenza attraversa lo zero; indicando con Γ(jω) il coefficiente di riflessione
del carico, possiamo scrivere
Γ(jω) = ZL(jω) - Zc
ZL(jω) + Zc
, (1.13)
ovvero
Γ(jω) = MΓ(ω) exp(jψ(ω)) , (1.14)
dove ψ rappresenta l'angolo di fase ed MΓ il modulo del coefficiente di
riflessione. L'impedenza di ingresso può venire, quindi, scritta come segue:
Z
in = Zc
1 - MΓ(ω) exp(jψ(ω) - 2βd)
1 + MΓ(ω) exp(jψ(ω) - 2βd)
, (1.15)
la cui fase è data da :
Φ(ω) = arctg
2 MΓ(ω) sen(ψ(ω) - 2βd)
1 - MΓ(ω)2
. (1.16)
17
L'angolo Φ risulta quindi uguale a zero per
ψ(ω) - 2βd = - kpi ; (k = 0 , 1 , 2 , .....) (1.17)
da cui, detta cph la velocità di fase, imponendo
β =
ω
cph
, (1.18)
possiamo ricavare la relazione che lega la frequenza di attraversamento a zero
della fase f0 e la lunghezza della linea :
d =
cph
4f0
ψ(f0)
pi
+ 1 . (1.19)
La velocità di fase cph può essere ricavata a partire da una stima della densità del
sangue (ρ), del raggio interno medio dell'aorta (rm) e dell'impedenza caratteristica (Zc),
mediante la relazione
cph = Zc
pi rm2
ρ
. (1.20)
Per carichi reali ψ(ω) risulta identicamente nulla e la (1.19) si riduce alla
classica formula del quarto di lunghezza d'onda.
Un'altra tecnica più diretta per il calcolo di d sfrutta la stima dell'inertanza
distribuita: le tecniche di identificazione utilizzate consentono infatti di ottenere il prodotto
(ld) tra tale inertanza e la lunghezza effettiva, da cui possiamo ricavare :
18
d = (ld)
pirm2
ρ
. (1.21)
Eseguendo l'analisi dei dati sperimentali, sia la (1.19) che la (1.21) conducono
all'identificazione di una lunghezza media pari a d ≈ 7 cm. Le ipotesi più plausibili sul
significato fisico di questo valore sono due: la prima è che il punto di riflessione si trovi
nell'aorta discendente, prima delle derivazioni delle arterie intercostali, ipotesi questa non
compatibile con alcuna considerazione anatomica; la seconda è che tale punto si trovi in
corrispondenza della circolazione che irrora la testa e gli arti superiori. Permane, quindi,
un'incertezza che fa dubitare della validità del modello, ovvero della sua adeguatezza a
descrivere la realtà fisiologica.
Questi risultati suggeriscono di considerare un modello più vicino alla morfologia
dell'albero arterioso sistemico [3], considerando non una singola linea di trasmissione, ma
due in parallelo, una delle quali individua l'arteria brachiocefalica, l'altra l'aorta
discendente, ipotizzando, così, l'esistenza di due siti di riflessione, anzichè uno solo. Un
modello di questo genere, con carichi complessi adattati, detto linea a T asimmetrica (o
T-tube asimmetrico) è stato proposto da Burattini e Campbell [9], che hanno rilevato
risultati di notevole interesse soprattutto in dati caratterizzati da una forte oscillazione
diastolica, cui male si adattava il modello a linea singola .