le popolazioni naturali di P. lividus dall’altra, hanno portato negli ultimi anni ad
intensificare sempre più gli allevamenti di questa specie ittica.
Alcune possibili soluzioni sono state testate nel mondo per sopperire alla crescente
richiesta e per contrastare il sovrasfruttamento delle popolazioni naturali di riccio di
mare, esse sono:
• ripopolamento degli habitat naturali con giovani ricci prodotti in schiuditoi
(Agatsuma and Momma, 1988; Gomez et al. 1995); circa 60 milioni di giovani
ricci vengono prodotti e riversati dai giapponesi sulle loro coste.
• maricultura, (Fernandez and Caltagirone, 1994; Fernandez, 1996) ove i ricci sono
allevati da soli in gabbie a mare, ma soprattutto policoltura (Kelly et al., 1998) in
appositi impianti a mare ove si allevano contemporaneamente una specie ittica, il
salmone, ed il riccio di mare. A questo proposito è stata progettata una gabbia
idonea a gestire contemporaneamente l’allevamento di entrambi gli animali.
Questo tipo di attività si è mostrata essere funzionale in termini di accessibilità,
semplice nelle operazioni e nella durata, attuata soprattutto dalle popolazioni
britanniche, che ottengono con uno sforzo non eccessivo produzione di salmone e
di riccio di mare con buoni risultati di crescita gonadica e modesta mortalità.
• Echinocoltura, ovvero acquacoltura in sistemi chiusi e semichiusi del riccio di
mare (Le Gall and Bucaille, 1989; Le Gall, 1990; Grojean et al., 1998); esso
permette di controllare ogni fase del ciclo biologico di P. lividus, attuata soprattutto
da americani (USA) e francesi.
Soltanto con i processi di allevamento totalmente indipendenti dagli stock
naturali, vale a dire processi di completo controllo del ciclo riproduttivo degli
Echinoidi, è possibile far diminuire la pressione del prelievo sulle popolazioni naturali.
Questa attività, tuttavia, non è ancora ben sviluppata (Grosjean et al., 1998).
I metodi sopra citati espongono, anche se in misura diversa, i ricci alle
variazioni delle condizioni naturali di temperatura e fotoperiodo, quindi ad un ciclo
sessuale stagionale, che limita la raccolta delle gonadi a due o tre mesi l’anno (Byrne,
1990; Lozano et al., 1995; Fernandez, 1996; Spirlet et al., 1998a).
Molti esperimenti sono stati fatti a tal riguardo e attendono tutti ad uno sviluppo e una
manipolazione del ciclo gonadico per mezzo della modificazione dei parametri
esogeni. Tutti gli esperimenti, tuttavia, erano sempre effettuati su esemplari in habitat
naturali.
Con ricci generati da colture (Grosjean et al., 1998) il primo problema era ottenere
individui in fase con il ciclo riproduttivo. Successivamente, Grosjean e altri(1998)
hanno evidenziato altri problemi che ostacolano un valido sistema di allevamento per il
P. lividus, essi sono:
• mortalità elevata dopo la metamorfosi;
• mortalità episodica nello stadio giovanile;
• taglie diverse degli individui all’interno dello stesso lotto con medesima età;
• reperimento di carbonato di calcio da dissolvere in acqua, utile alla crescita
scheletrica degli individui;
• un largo numero di possibili combinazioni dei vari parametri che influiscono e
condizionano lo sviluppo, come: temperatura, fotoperiodo, qualità e quantità
del cibo, densità degli individui, pH dell’acqua.
Si ricordi inoltre che le gonadi, oltre a svolgere l’importantissimo ruolo nella
riproduzione della specie attendono anche ad immagazzinare le risorse nutritive; è
possibile quindi indurre il consumo e il livellamento della crescita gonadica con
processi di stabulazione (Lawrence, 1985; Pearse and Cameron, 1991). Questo
metodo, osservato solo sperimentalmente, era usato con successo da Spirlet et al.
(1998b) con studi dell’impatto delle varie strategie alimentari sulla produzione di
gonadi utili per essere immesse sul mercato tutto l’anno (Grosjean et al., 1998).
Tuttavia non è stato ancora possibile determinare i migliori valori dei parametri
esogeni da utilizzare in echinocoltura per la produzione di ottime gonadi per il mercato
(Spirlet, Grosjean, Jangoux, 1999).
Sicuramente, i parametri esogeni che più influiscono sul ciclo del P. lividus sono la
temperatura , il fotoperiodo e la disponibilità di cibo (Ebert, 1968; Gonor, 1973;
Regis, 1979; Himmelman, 1986; Kenner and Lares, 1991; Levitan, 1991).
Le gonadi destinate al mercato devono essere il più possibile di buon colore, di
buon gusto, di taglia voluminosa e senza abbondanza di gameti pronti per essere
emessi; per ciò che concerne lo stadio di maturità essi devono essere il più possibile
sincronizzati sessualmente in modo da assicurare una grande quantità di individui da
utilizzare negli allevamenti.
L’echinocoltura è sempre più considerata una valida alternativa o come
complementare alla pesca del riccio naturale.
Tuttavia considerando i problemi ancora insoluti, non è ancora possibile sviluppare un
allevamento economicamente sostenibile, anche se è auspicabile che in tempi
relativamente brevi, il modello dell’echinocoltura renderà questo settore di mercato
indipendente dalla vulnerabilità degli stock naturali (Marco Soraglia).
A partire dagli studi finora fatti che mettono in risalto l’importanza del
controllo dei parametri esogeni per un allevamento economicamente sostenibile e
soprattutto dall’evidenza che allo stato attuale dell’opera non sono ancora stati fissati i
migliori valori dei parametri esogeni da utilizzare in echinocoltura e, dalla crescente
importanza dell’utilizzo di questa specie per la valutazione dell’impatto ambientale di
aree costiere, abbiamo cercato in questo lavoro mediante delle prove di laboratorio di:
• controllare e mantenere animali maturi tutto l’anno in condizioni artificiali di
temperatura, fotoperiodo e alimentazione ad libitum in modo da permettere
l’estensione temporale delle indagini ecotossicologiche;
• verificare l’importanza dell’influenza della temperatura sul ciclo riproduttivo;
• monitorare e confrontare i valori dell’indice gonadico e dell’indice di maturità
ottenuti allevando gli animali in condizioni artificiali, con le popolazioni
naturali.
In Italia, attualmente, la pesca del riccio di mare, è regolata dal decreto
ministeriale del 12 gennaio 1995. Tale normativa, si compone di soli 5 articoli e pone
una serie di limiti:
dalla taglia minima di cattura che non deve essere meno di 7 cm di diametro compreso
di aculei, alla differenziazione del numero delle catture tra i pescatori professionisti
con un limite max. di 1000 ricci al giorno a quelli dei pescatori sportivi con un limite
max. di 50 al giorno, al divieto assoluto di pesca nei mesi di maggio e giugno, alle
sanzioni che possono scaturire dall’inosservanza dei precedenti precetti e altre norme.
Se da un punto di vista pratico, il P. lividus risulta essere interessante per le
qualità organolettiche delle sue gonadi, questi animali presentano altresì un alto valore
scientifico, tanto che, sono utilizzati per effettuare saggi biologici.
I test biologici che si effettuano mirano a valutare principalmente l’impatto delle
attività umane sull’ambiente.
Gli approcci che si possono adottare per la valutazione dello “stato di salute” di
ambienti marini costieri e di transizione, in particolare l’impatto delle sostanze tossiche
che vengono costantemente riversate e che interagiscono con l’ecosistema marino in
particolar modo con le comunità biologiche bentoniche, comprendono: indagini
chimiche, studi ecologici sulla struttura delle comunità, l’uso sistematico di indicatori
biologici di campo e di laboratorio. L’approccio integrato di più discipline è ormai da
tempo usato in diversi paesi del mondo in modo da avere un quadro completo della
reale situazione in cui versa un ecosistema marino (A. Volpi Ghirardini, D. Pellegrini,
2001).
I saggi biologici di laboratorio assumono un ruolo fondamentale soprattutto nelle
prime fasi delle indagini in quanto forniscono informazioni preziose per identificare
situazioni che richiedono di essere investigate in modo più approfondito (Luoma and
Ho, 1993; Hall & Giddings, 2000).
I metodi usati in Italia e nel mondo sono il risultato di esperienze ormai
consolidate che vedono l’impiego per la valutazione della tossicità ambientale di
batteri bioluminescenti (Vibrio fisheri), crostacei anfipodi (Corophium orientale) ed
Echinoidi (P. lividus, Sphaerechinus granularis) e per il bioaccumulo l’impiego di
policheti della famiglia Nereididae, in particolare Hediste diversicolor.
In Italia le specie autoctone di P. lividus, S. granularis e Arbacia lixula, sono
oggetto di ricerche in campo fisiologico, biochimico, fisiologico ed embriologico
(Giudice, 1986).
Per animali quali i ricci di mare, caratterizzati da fecondazione esterna e da
sviluppo di embrioni e larve prive di ogni tipo di protezione, il successo riproduttivo
dipende in larga misura dalle condizioni ambientali (A. Arizzi Novelli et al., 2001). La
fecondazione dell’uovo dipende dalla perfetta interazione tra sperma e uovo e, il
successivo sviluppo degli embrioni dall’interazione tra blastomeri e tessuti, e tra questi
e le condizioni ambientali. Per queste ragioni, gli stadi embrionali e larvali dello
sviluppo del riccio di mare sono ormai usati da tempo per i saggi biologici (Tyler,
1949; Kobayashi, 1984; Pagano et al., 1986; Dinnel et al., 1988; Bay et al., 1993) per
la rilevazione di possibili squilibri ambientali, quali cambiamenti del pH (Pagano et
al., 1985a), salinità (Dinnel et al., 1981) e per la presenza di xenobiotici e metalli
(Pagano et al., 2001a)
Le valutazioni e gli studi che possono essere fatti sono:
• valutazione diretta dell’effetto delle sostanze sugli organismi vivi;
• possibilità di usare diversi end-points d’effetto per le valutazione di letalità,
tossicità acuta o cronica;
• applicabilità dello studio su ogni tipo di matrice (solido, liquido, gas).
Tra i motivi principali che inducono l’utilizzo del riccio di mare si ricordano alcuni
vantaggi:
• facile reperibilità degli animali in tutto il mondo;
• i processi di fecondazione e di sviluppo sono molto sensibili alle condizioni
ambientali;
• possibilità di osservare direttamente la fecondazione;
• possibilità di ottenere allo stato attuale dell’opera gameti tutto l’anno ricorrendo
però all’uso di due specie che alternano il loro periodo riproduttivo;
• costi contenuti per la realizzazione del test;
• le risposte hanno un alta significatività statistica, perché si usano milioni di uova e
di sperma;
• ampia disponibilità di materiale bibliografico.
Tra i limiti emersi dallo studio della letteratura bisogna ricordare la mancanza
di una standardizzazione delle metodiche tra i diversi laboratori a livello nazionale e
internazionale e la generale carenza di dati di comparazione (EC50/LC50, NOEC) (A.
Arizzi Novelli et al. 2001).
I principali test che si effettuano sul P. lividus sono la spermiotossicità (tossicità acuta)
e embriotossicità (tossicità cronica).
Nel primo si cerca di appurare la capacità dello sperma di fecondare le uova, esso
infatti è influenzato dalla presenza di sostanza tossica; nel secondo, si stima la capacità
degli embrioni di svilupparsi normalmente, l’esposizione degli embrioni alle sostanze
tossiche altera il normale sviluppo.
L’assenza di fecondazione e lo sviluppo anomalo dell’embrione ci dicono il livello di
tossicità dell’organismo.
Per poter effettuare questi test biologici di tossicità durante tutto l’anno
abbiamo bisogno di gonadi allo stato maturo e, considerato che nel mar Mediterraneo
il ciclo biologico del P. lividus è stagionale, ovvero mancano stadi maturativi in
coincidenza dell’alzarsi della temperatura dell’acqua di mare (orientativamente da
maggio a ottobre), ad oggi non è possibile effettuare saggi di valutazione di impatto
ambientale, con P. lividus per un periodo dell’anno di circa sei mesi. A livello
mondiale si sopperisce a questo inconveniente facendo uso di due diverse specie che
alternano il loro periodo riproduttivo. In Italia, questo inconveniente è una limitazione
all’uso di questo tipo di indagine ecotossicologica.
Ecco quindi, alla luce di quanto affermato, il valore di questo lavoro che unisce
essenzialmente obiettivi e scopi diversi, da un lato il tentativo di procurare utili notizie
per l’approfondimento dei lavori sull’echinocoltura di questi animali, dall’altro il
tentativo di avere individui maturi in tutto l’arco dell’anno, in modo da consentire,
tramite saggi biologici, un monitoraggio ambientale continuo.