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1. INTRODUZIONE
1.1. Premessa
La crescita dei consumi, parallela a quella della popolazione e della ricchezza, si
accompagna in misura sempre maggiore ad uno squilibrio tra lo sfruttamento delle risorse e
la loro capacità di rigenerazione. La necessità di uno sviluppo sostenibile e la
responsabilità di consegnare alle future generazioni un mondo non depauperato delle sue
risorse, ha assunto un rilievo sempre più importante nell’agenda politica internazionale.
Assume notevole importanza la Conferenza mondiale sull’ambiente e lo sviluppo
tenutasi a Rio de Janeiro nel 1994 , alla quale seguì la Conferenza di Kyoto nel 1997, nella
quale i paesi firmatari del protocollo si impegnarono a ridurre le principali emissioni di gas
a effetto serra del 5,2% rispetto ai livelli del 1990 tramite strategie di contenimento delle
emissioni e il potenziamento degli assorbitori naturali, cioè delle foreste; mentre nessuna
limitazione venne prevista per i paesi in via di sviluppo. Inoltre l’Unione Europea (UE) nel
2007, con l’obiettivo di limitare l’incremento della temperatura media della superficie della
Terra al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali, ha varato il Piano 20-20-20 con il
quale si è impegnata a:
ridurre le emissioni di gas serra del 20%;
diminuire i consumi di energia rispetto alle proiezioni per il 2020 del 20%;
portare l’energia prodotta da fonti rinnovabili sul totale dei consumi energetici
dell’UE al 20%;
portare l’utilizzo di biocarburanti sul totale dei consumi di benzina e gasolio per
autotrazione dell’UE al 10%.
In tale contesto si evidenzia che il 91% del territorio europeo è classificato come
rurale ed è gestito per larga parte dalle aziende agricole (De Castro, 2010). Il mondo rurale
si candida dunque a buon titolo a contribuire a tali obiettivi avendo, grazie alla proprie
caratteristiche quali la disponibilità di ampie superfici e le ridotte esigenze energetiche, un
equilibrio tra le esigenze energetiche delle aziende agricole e le produzioni agricole e
forestali da cui ottenere energia. L’agricoltura ricopre inoltre una posizione interessante
data dal fatto che solamente circa il 9% delle emissioni totali di gas serra generate sul
territorio europeo provengono dal settore agricolo. Dal 1990 ad oggi, l’impatto ambientale
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dell’agricoltura europea è notevolmente diminuito e ciò è dovuto in parte alla maggiore
efficienza del comparto zootecnico, nel quale si è assistito ad una estensivizzazione degli
allevamenti, ad un aumento della loro produttività e in parte al miglioramento, in termini di
sostenibilità ambientale, delle pratiche agricole adottate in Europa, nell’ambito di un
rinnovato quadro normativo in materia agricola e ambientale (De Castro, 2010).
Nell’ambito della politica agricola dell’Unione Europea, tra le misure del Piano di
Sviluppo Rurale (PSR) 2007-2013 volte a promuovere un’agricoltura sostenibile, vi è la
121, inerente l’ammodernamento delle aziende agricole, la quale prevede il finanziamento
di investimenti per il risparmio energetico e la produzione di energia da fonti rinnovabili,
commisurati ai fabbisogni energetici dell’azienda. La misura 311 prevede inoltre,
nell’ambito della diversificazione verso attività non agricole, il finanziamento di impianti
di produzione di energia da fonti rinnovabili. Gli ambiti di sviluppo delle fonti rinnovabili
nel comparto agricolo e zootecnico sono molto ampi e riguardano sia la valorizzazione
energetica di risorse di biomassa (residuale o di coltivazione), sia lo sfruttamento
dell’energia eolica, solare e idraulica.
Lo sfruttamento dell’energia solare mediante tecnologie fotovoltaiche è sicuramente
il settore con il più rapido tasso di sviluppo in tutti i comparti economici e particolarmente
in quello agricolo, grazie anche ai robusti piani di incentivazione messi in atto in Italia.
L’installazione di tecnologie fotovoltaiche, particolarmente quando non integrate nelle
strutture edilizie, può condizionare e limitare le attività agricole di coltivazione. Questo
aspetto è particolarmente critico per le coltivazioni in serra con coperture fotovoltaiche in
cui è necessario dare risposte alla compatibilità tra generazione energetica e produzioni
agricole.
In questo contesto, il presente lavoro offre un primo contributo allo studio sulle
modificazioni microclimatiche indotte dall’installazione di pannelli fotovoltaici nella
struttura di copertura di una serra destinata alla coltivazione di pomodoro.
1.2. Evoluzione del fotovoltaico in Italia
La fonte di energia rinnovabile diffusasi maggiormente in Italia è quella
fotovoltaica, la quale ha goduto di una forte espansione, dovuta in gran parte al Decreto
ministeriale (Dm.) 19/2/2007, che ha introdotto un sistema di incentivazione noto come
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“Conto Energia”. A partire dall’agosto del 2010 entrò in vigore il Dm. 6/8/2010 chiamato
“Terzo Conto Energia”, caratterizzato da una decisa diminuzione delle tariffe incentivanti
rispetto agli anni precedenti, dovuta ad una progressiva diminuzione del costo della
tecnologia fotovoltaica e all’elevata potenza installata negli ultimi due anni. Infatti con la
legge 129/2010, nota come “legge salva – Alcoa”, fu prorogata l’entità dell’incentivazione
prevista dal programma “Conto Energia 2010” per quegli impianti la cui installazione fosse
avvenuta entro il 31 dicembre 2010 e che fossero entrati in esercizio entro il 30 giugno
2011. A seguito di tale legge si ebbe un’importante crescita di richieste di installazione per
il resto del 2010, che portò il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE), nel gennaio 2011, a
denunciare un boom delle installazioni tale da provocare, nel solo 2010, un incremento del
160% della potenza installata rispetto a quella entrata in esercizio nell’anno precedente.
Come risultato, si ottenne il raggiungimento dell’obiettivo nazionale di potenza cumulata
da installare entro il 2020 (8 GW) con ben 10 anni di anticipo. Attualmente l’Italia ha
superato il traguardo dei 12 GWp alla fine del 2011, confermandosi la seconda nazione al
mondo per potenza fotovoltaica installata dopo la Germania (EPIA, 2011).
Per porre rimedio alla brusca impennata della spesa nazionale per l’incentivazione
creatasi, il 3 marzo 2011 si ebbe la firma del Decreto legislativo (Dlgs.) 28/2011, che
recepì la Direttiva 2009/28/CE (Obiettivo 20-20-20), a cui seguì il Dm. 5/5/2011 noto
come “Quarto Conto Energia” (Frascarelli e Ciliberti, 2011b). Il Quarto Conto Energia, che
regola il sistema incentivante per il fotovoltaico dal 1° giugno 2011 fino al 2016 con
l’obiettivo di installare in totale 23 GW, prevede dei tagli tariffari più significativi per i
grandi impianti rispetto ai piccoli e la necessità dell’iscrizione dei primi al registro degli
impianti, misura che limiterà l’accesso agli incentivi ai soli impianti iscritti in posizione
tale da non superare il tetto di spesa previsto.
Complessivamente, alla fine del 2011, la potenza effettivamente installata in Italia è
di 12,5 GW (EPIA, 2011). Di questi 164 MW sono riconducibili al primo conto energia,
ben 6,6 GW al secondo conto energia (di cui 3,4 GW incentivati grazie alla legge salva-
Alcoa), 1,6 GW al terzo conto energia nonostante il breve periodo di applicazione
(gennaio-maggio 2011), infine in un solo trimestre il Quarto Conto Energia ha
incrementato di 4,1 GW la potenza installata nazionale (Aper, 2011).
L’espansione della tecnologia fotovoltaica in ambito agricolo porta con sé sia
opportunità che importanti problemi quali: la sottrazione di terreni agricoli causata
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dall’installazione di impianti a terra, l’impatto paesaggistico degli impianti e l’effettiva
efficacia ambientale della tecnologia fotovoltaica. Per quanto riguarda l’occupazione di
terreno agricolo, al 31 gennaio 2011 la massima occupazione di terreno agricolo produttivo
da parte degli impianti fotovoltaici non integrati installati a terra risultava pari allo 0,026%
della Superficie agricola utilizzabile (SAU) nazionale. Appare quindi scarsa la rilevanza
del fenomeno anche se non può essere trascurato il suo alto trend di crescita (Frascarelli e
Ciliberti, 2011a). Inoltre l’installazione di impianti fotovoltaici presenta diverse
complicazioni relative ai recenti interventi legislativi sia nazionali che regionali, i quali
tendono a scoraggiare l’utilizzo di terreni agricoli per questi fini agendo sia a livello di
incentivi che dal punto di vista autorizzativo.
Già le Linee Guida Nazionali (Dm. 8-9-2010) “suggerivano” alle regioni di
individuare come aree “non idonee” le aree agricole interessate da produzioni agricolo-
alimentari di qualità e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-colturale,
anche con riferimento alle aree caratterizzate da un’elevata capacità d’uso del suolo.
In seguito il Decreto Legislativo n. 28 del 3 marzo 2011 (applicato col Dm.
5/5/2011) ha posto, all’articolo 10 (commi 4, 5 e 6), diverse limitazioni all’accesso agli
incentivi per gli impianti fotovoltaici su terreni agricoli.
La loro introduzione aveva l’intenzione di proteggere i terreni agricoli dalla
“speculazione industriale” derivante dal proliferare degli impianti fotovoltaici che li
sottrarrebbe alla loro primaria destinazione agricola. Il decreto prevedeva che:
la potenza nominale di ciascun impianto non dovesse essere superiore a 1 MW;
nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario gli impianti dovessero
essere collocati ad una distanza non inferiore ai 2 chilometri;
non dovesse essere destinato all’installazione degli impianti più del 10% della
superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente.
I predetti limiti di potenza massima, distanza minima e superficie utilizzabile, non
si applicavano ai terreni abbandonati da almeno 5 anni e a tutti quegli impianti la cui
procedura abilitativa per la loro realizzazione fosse stata avviata entro il 1° gennaio 2011.
Inoltre nell’articolo 14 comma 2 del Dm. 5/5/2011 (Quarto Conto Energia) si
dispone che, al fine di garantire la coltivazione sottostante, le serre, a seguito
dell’installazione dell’impianto fotovoltaico, debbano presentare un rapporto tra la
proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e
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della superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%. In continuità
con le disposizioni del Terzo Conto Energia (Dm. 6/8/2010), si specifica poi che gli
impianti i cui moduli rappresentino elementi costruttivi di serre abbiano diritto ad una
tariffa pari alla media aritmetica fra quella spettante agli impianti realizzati su edifici e
quella spettante per gli “altri impianti fotovoltaici” (Frascarelli e Ciliberti, 2011b).
Questi vincoli sono stati recentemente ripresi e ampliati dal D.L. n°1 del
24/01/2012, recante disposizioni sulle liberalizzazioni anche nel settore agricolo, in cui al
capo III art.65 si prevede lo stop agli incentivi statali per gli impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra in aree agricole, si eleva la tariffa incentivante per le serre
fotovoltaiche a quella di cui beneficiano gli impianti fotovoltaici su edifici, mentre
mantiene il vincolo massimo del 50% sul rapporto tra la proiezione al suolo della superficie
dei moduli fotovoltaici e la superficie totale della copertura della serra.
In Sardegna la discussione sulle possibili implicazioni del fotovoltaico in
agricoltura si concentra principalmente proprio nel settore serricolo. La Regione è ente
competente nel rilasciare l’autorizzazione per l’installazione e l’esercizio di impianti di
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, compresi quelli installati su serre
agricole. La definizione regionale di serra fotovoltaica ha subito delle evoluzioni dalla
prima delibera n. 25/40 del 1.7.2010. Attualmente la definizione è quella inserita
nell’Allegato A5 alla DGR n. 27/16 del 1.06.2011, modificata dal DR n. 1495/50 del
27.07.2011, in conformità al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 5.5.2011,
che cita: “Le serre fotovoltaiche effettive sono quelle con una capacità agricola adeguata,
che vincoli il terreno sottostante ad una produttività agricola superiore a quella del campo
aperto. Al fine di garantire la coltivazione sottostante, le serre a seguito dell’intervento
devono presentare un rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli
fotovoltaici installati sulla serra e della superficie totale della copertura della serra stessa
non superiore al 50%. In particolare è considerata serra fotovoltaica effettiva quel
manufatto chiuso, fisso e ancorato al terreno, che assolve contemporaneamente a due
compiti: quello di fornire prodotti agricoli e/o florovivaistici e quello di produrre energia
elettrica da fonte fotovoltaica”.