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1. IL SISTEMA MUSCOLARE ED IL CONTROLLO MOTORIO
L'essere umano per compiere un determinato lavoro meccanico, si avvale del
contributo dei muscoli.
I muscoli scheletrici costituiscono nell’uomo adulto una frazione rilevante del corpo
(circa il 40%), e tale frazione varia in relazione all'età ed aumenta con l'allenamento.
In generale si possono identificare nell’organismo tre tipi di muscoli, che
differiscono per proprietà contrattili, elementi strutturali e diversi meccanismi di
controllo: muscoli scheletrici, muscoli lisci e il miocardio.
1.1 Il muscolo scheletrico
Il muscolo scheletrico è costituito da un fascio di fibrocellule delimitato all'esterno
da uno strato di tessuto connettivo detto perimisio, il quale si estende fino
all'interno del muscolo prendendo il nome di endomisio. Tale tessuto connettivo,
una volta raggiunti gli estremi del muscolo, converge a formare robuste strutture
fibrose chiamate tendini.
Il muscolo scheletrico ha come unità anatomica fondamentale la fibra muscolare
striata, una struttura cilindrica di 60 µm di diametro e di lunghezza variabile da 10
millimetri a parecchi centimetri (Cerretelli, 2001).
Dimensione e disposizione delle fibre variano a seconda dei diversi muscoli ed
hanno notevole importanza funzionale. In particolare, è importante sottolineare
come l'accorciamento di una fibra muscolare sia proporzionale alla sua lunghezza
iniziale; inoltre, la massima forza sviluppata dal muscolo è proporzionale alla sua
superficie di sezione anatomica (CSA).
Anche l’architettura muscolare gioca un ruolo importante nell’espressione della
forza muscolare. Se i fasci di fibre sono paralleli si noterà una forza massima minore
rispetto alla condizione nella quale essi siano convergenti, proprio perché c'è un
maggior numero di fibre coinvolte.
La fibra muscolare è costituita da una componente contrattile che è connessa in
serie con una componente elastica. Quest'ultima si trova nei tendini ed in
particolare nella zona H del sarcomero, esiste inoltre una componente elastica in
parallelo che si trova nel sarcolemma ed una componente viscosa. Durante una
contrazione isometrica (quando il muscolo si contrae senza accorciamento) la
componente contrattile si accorcia mettendo in tensione gli elementi elastici in
serie; la tensione sviluppata dal muscolo sarà tanto maggiore quanto più tesi
risultano gli elementi elastici in serie e quindi in relazione alla lunghezza iniziale
della fibra. Quando invece la componente contrattile si accorcia, ma non mette in
tensione gli elementi in serie, il muscolo non produce alcuna tensione (ciò avviene
quando la distanza degli estremi è minore del 60% di l
o
).
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La fibra muscolare scheletrica
La fibra muscolare (fig. 1.1) è formata da una singola cellula avvolta dal
sarcolemma; l'esterno del sarcolemma è ricoperto della membrana basale costituita
da materiale proteico e lipidico. All’esterno di quest’ultima vi è uno strato di fibre di
collagene che serve da collegamento delle fibre con l'endomisio.
Il sarcolemma invia delle invaginazioni perpendicolari all’asse della cellula detti
tubuli trasversi o sistema T, i quali penetrano fra le miofibrille. Il sistema T
costituisce a sua volta il reticolo sarcoplasmatico che consiste in una rete di
canalicoli che riempiono gran parte dello spazio vuoto tra le miofibrille.
Quest’ultimo assume rapporti con le cosiddette Triadi (costituite da un tubulo T e
due cisterne terminali) le quali rappresentano la sede da cui si propaga
l’eccitamento al muscolo.
All’interno della fibrocellula muscolare è contenuto il sarcoplasma: questo contiene
molti elementi importanti quali mitocondri, ATP, fosfocreatina (PCr), mioglobina,
ribosomi, glicogeno, lipidi ecc.. indispensabili per le funzioni metaboliche.
Esaminando una fibra muscolare al microscopio, si possono notare zone chiare
dette isotropiche (zone I) alternate a zone scure dette anisotropiche (zone A). Ogni
zona I è divisa la centro da una linea Z, e la parte di miofibrilla che va da una linea Z
all'altra è detta sarcomero, ovvero l'unità funzionale della miofibrilla.
Analizzando il sarcomero, si può notare come siano presenti due tipi di filamenti
proteici: filamenti di actina (sottili) e filamenti di miosina (spessi). A questi due si
associano poi altri due tipi di filamenti proteici, ovvero la nebulina e la titina.
Le molecole di miosina di ciascuna metà del filamento spesso del sarcomero sono
orientate in direzioni opposte, con le code verso il centro del sarcomero, in modo
tale che le estremità dei filamenti sottili possano anch’esse scorrere verso il centro
del sarcomero durante l'accorciamento.
L'actina invece si presenta in forma elicoidale ed è formata per circa un terzo da
tropomiosina e dal complesso troponinico. La tropomiosina è legata alla troponina,
la quale regola il funzionamento dei siti attivi delle molecole di actina durante il
legame con la miosina. I filamenti di actina e miosina sono ancorati alla stria Z e lo
spazio compreso tra i due filamenti è attraversato dai ponti, costituiti dalle porzioni
globulari delle molecole di miosina che si proiettano verso i filamenti sottili.
Durante la contrazione i ponti entrano in contatto con i filamenti sottili ed
esercitano su questi una trazione.
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Figura 1.1: Schema di un muscolo scheletrico
Attivazione dei ponti acto-miosinici
Quando i ponti entrano in tensione si parla di contrazione, che non ha nulla a che
vedere con l'accorciamento. Contrazione infatti significa entrata in tensione dei
ponti, cui può conseguire un accorciamento, se la resistenza che si oppone a
quest’ultimo eccede la forza sviluppata dai ponti attivi. Allorché sussistono le
condizioni per l'accorciamento, i filamenti di actina e miosina scorrono l'uno
sull'altro grazie alla forza generata dai ponti. Questo è il meccanismo dello
scivolamento dei filamenti, secondo il quale i filamenti di actina e miosina non
variano la loro lunghezza durante l'accorciamento del sarcomero e la forza viene
prodotta grazie a un movimento ripetitivo "ad arco" dei ponti. Questa azione
ripetitiva che permette lo sviluppo della contrazione e dell'accorciamento del
sarcomero viene definita come "ciclo dei ponti".
Questo ciclo è formato da 4 fasi:
1) l’estremità della miosina va a contatto con il filamento sottile (contatto del
ponte);
2) il movimento del ponte, con conseguente movimento del filamento sottile;
3) il distacco del ponte dal filamento sottile;
4) lo spostamento del ponte su una posizione più arretrata e ripetizione del ciclo.
A conclusione del ciclo sopra descritto si verifica idrolisi di ATP presente
sull'estremità globulare della miosina. Grazie all'energia liberata, il ponte viene
energizzato e trattiene i prodotti dell'idrolisi (ADP + Pi).
Inizia così un nuovo ciclo con il legame, al filamento di actina, del ponte energizzato
della miosina. L'energia immagazzinata nel ponte realizza il movimento e libera
ADP+Pi.
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Durante questo movimento il ponte è saldamente legato all'actina, e per scindere
tale legame servirà una molecola di ATP.
Inoltre, perché il ponte si attacchi all'actina ed inizi il suo ciclo, è necessario che la
molecola di tropomiosina venga spostata dalla sua posizione di riposo. Essa infatti,
in questa posizione, blocca i legami tra actina e miosina. Affinché dunque questa
molecola venga spostata, bisogna che aumenti la concentrazione di calcio nel
citosol in modo tale che il calcio stesso si leghi con le troponine, favorendo una
modificazione sterica della tropomiosina. A questo punto, i siti adibiti al legame con
la miosina sono pronti.
Le modificazioni di concentrazione del calcio nel citosol sono favorite dallo sviluppo
e dalla propagazione di un potenziale d'azione; quest'ultimo ha una durata di 1-2
msec e genera una serie di fenomeni chimici (aumento concentrazione calcio) cui
seguono fenomeni a carico delle proteine contrattili. Il calcio è contenuto nei sacchi
laterali del reticolo sarcoplasmatico che circonda la miofibrilla; una volta che il
potenziale d'azione si estende fino al sistema dei tubuli trasversi T, arrivando poi al
reticolo sarcoplasmatico, i canali calcici si aprono facendo fuoriuscire il calcio.
Tipologia delle fibre muscolari
Le fibre muscolari sono organizzate in base alle proprie caratteristiche funzionali, e
vengono generalmente suddivise come segue:
1) in base alle proprietà meccaniche della fibra (ad esempio fibre lente o rapide);
2) in base alle differenti proprietà metaboliche della fibra (ossidative o
glicolitiche);
3) in base alla capacità della fibra di resistere alla fatica (fibre ad affaticamento
lento o rapido).
Più schematicamente ci si può rifare al seguente elenco (vedi anche fig. 1.2):
1) fibre tipo I: di tipo lento, con metabolismo principalmente ossidativo, attività
ATPasica bassa e con dimensioni dell'unità motrice piccole;
2) fibre tipo IIA (FR): di tipo rapido-resistenti, metabolismo ossidativo-glicolitico,
attività ATPasica alta e con dimensioni intermedie;
3) fibre tipo IIB (FF): di tipo rapido e ad affaticamento rapido, metabolismo
prevalentemente glicolitico, dimensioni elevate in grado di sviluppare grandi
forze;
4) fibre tipo IIC: sono un tipo di fibre intermedie tra le IIA e le IIB.
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Figura 1.2: Caratteristiche molecolari, biochimiche, meccaniche e metaboliche delle fibre muscolari
Unità motoria
L'unità motoria è costituita da un motoneurone e da tutte le fibre muscolari da esso
innervate (fig. 1.3). Dal punto di vista fisiologico è l'unità funzionale minima
dell'apparato neuromuscolare, infatti le fibre muscolari appartenenti a una
medesima unità si contraggono in maniera sincrona, secondo la legge del "tutto o
nulla".
In dettaglio l'unità motoria è composta dal corpo cellulare del motoneurone, situato
nel midollo spinale, dal suo assone (che è unito ad altri in fasci, a formare nervi
periferici), dalle fibre muscolari innervate dal medesimo assone, e dalla giunzione
neuromuscolare, che permette le contrazione muscolare a seguito dell'impulso
nervoso.
Il tipo di fibre muscolari appartenenti ad una medesima unità è sempre lo stesso (I,
IIA o IIB), mentre il numero può variare di alcuni ordini di grandezza. In muscoli di
ridottissime dimensioni, ma in cui è necessario un controllo fine del movimento,
come i muscoli estrinseci degli occhi, un'unità motoria comprende al massimo 10-20
fibre, mentre nei muscoli degli arti inferiori, deputati a movimenti ampi che
richiedono molta forza, possono arrivare ad un paio di migliaia (nel gastrocnemio,
ad esempio).
Nella contrazione muscolare l'ordine di attivazione delle unità motorie è fisso: per
prime vengono attivate le fibre di tipo I ("rosse"), capaci di forza contrattile minore,
e solo se necessario le fibre più grosse di tipo II.