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Introduzione
I Disturbi da Comportamento Dirompente (DCD), tra cui il Disturbo della Condotta (DC) e il
Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP), sono patologie stabili e disabilitanti che possono
essere associate ad una prognosi sfavorevole e a futuri esiti antisociali. I minori con questa
condizione possono adottare un comportamento caratterizzato da aggressività e criminalità,
che li pone in una situazione di svantaggio per il successo scolastico, per le relazioni
interpersonali sia con i coetanei che con i familiari e che può comportare l’insorgenza dei
primi problemi di abuso di sostanze e la messa in atto di azioni delinquenziali. Gli interventi
multimodali forniti in ambito terapeutico, che hanno l’obiettivo di ridurre i comportamenti
aggressivi attraverso tecniche come la gestione del comportamento, i giochi di ruolo, i rinforzi
sociali e il problem-solving, sono risultati essere più efficaci rispetto alle modalità
terapeutiche unimodali che focalizzano i loro interventi esclusivamente sul minore. Inoltre, i
disturbi del comportamento gravi sono spesso poco responsivi a interventi terapeutici classici,
soprattutto quando l'aggressività è il sintomo principale e quando vi è una comorbidità con
altri disturbi. La farmacoterapia è in grado di migliorare alcuni comportamenti disadattivi e di
aumentare la capacità della persona di beneficiare di interventi non farmacologici. I farmaci
maggiormente utilizzati nel trattamento dei DCD sono gli stabilizzanti dell'umore e gli
antipsicotici atipici, ma anche gli antidepressivi e gli psicostimolanti sono somministrati,
nonostante i dati di efficacia siano scarsi.
Uno degli obiettivi principali di questa ricerca è quello di individuare possibili predittori di
risposta ai trattamenti, in base a specifiche variabili demografiche, cliniche e personologiche
da un lato e variabili di contesto dall'altro. L’obiettivo è quello di ottenere indicatori che
possano servire a indirizzare la scelta dell’intervento terapeutico più specifico ed efficace per
quella categoria diagnostica individuata.
Studi precedenti
1
del gruppo di ricerca che presso l’IRCCS Stella Maris si occupa della
validazione di protocolli di valutazione e di trattamento per i DCD, suggeriscono che
l'efficacia di un trattamento psicosociale e/o farmacologico siano influenzate negativamente
dalla gravità del disturbo, dalle caratteristiche di aggressività, predatoria piuttosto che
1
Masi, G., Manfredi, A., Milone, A., Muratori, P., Polidori, L., Ruglioni, L., Muratori, F., Predictors of poorer
response to treatments in youts with Disruptive Behavior Disorder, Psychopathy in referred youths with behavior
disorder.
5
impulsiva, dalle caratteristiche del trattamento (l'assenza di un intervento psicosociale
associato a un trattamento farmacologico) e da quelle personologiche specifiche, come la
presenza di tratti psicopatici e, più specificamente, del tratto calloso-anemozionale
2
(CU).
Studi su questo fattore hanno dimostrato che il livello elevato di tratti CU nei giovani con DC
prevede divergenti caratteristiche cliniche ed esiti di trattamento insoddisfacenti, identificando
un sottogruppo di bambini con diversi comportamenti antisociali che possono avere origini
eziologiche uniche. Il ruolo del tratto psicopatico e in particolare della dimensione CU, infatti,
è stato preso in considerazione durante la revisione dei criteri diagnostici per i disturbi mentali
in età pediatrica e adolescenziale nel DSM-5
3
, al fine di specificare ulteriormente un sottotipo
clinicamente significativo denominato Disturbo della Condotta con Tratti Calloso-
Anemozionali. Deficit di arousal emotiva di paura e angoscia, così come la bassa sensibilità
alla punizione, la sovrastima delle conseguenze positive del comportamento aggressivo e il
basso impatto delle conseguenze negative delle azioni, non solo aumentano il rischio di
sviluppare un comportamento antisociale, ma influenzano anche la sensibilità al trattamento.
Lo scopo di questo elaborato è quello di esplorare, in un campione di minori con DCD,
possibili caratteristiche che riguardano la risposta ai trattamenti, tra cui la tipologia di
intervento e, più in particolare, il ruolo del tratto calloso-anemozionale. Abbiamo cercato di
veificare se tratti callosi (mancanza di empatia e senso di colpa) e anemozionali (emozioni
superficiali) e il tipo di aggressività (predatoria o affettiva) possono influenzare la risposta al
trattamento psicosociale in giovani con DCD; inoltre, poiché tutti i soggetti hanno ricevuto un
trattamento psicosociale multimodale e, in parte, una terapia farmacologica associata,
abbiamo anche confrontato le caratteristiche e gli esiti dei pazienti trattati con questi due
tipologie di interventi associati.
2
Il tratto CU è un fattore affettivo definito “calloso” per la mancanza di empatia e senso di colpa e
“anemozionale” a causa della presenza di emozioni superficiali [16]. Insieme con il narcisismo e l’impulsività, è
un’importante componente dimensionale del concetto di "psicopatia".
3
A maggio 2013 sarà pubblicata la quinta edizione del Manuale Diagnostico-Statistico dei Disturbi Mentali
(DSM-V). Per quanto riguarda la struttura del Disturbo della Condotta, sarà aggiunto uno specifico sottotipo:
Disturbo della Condotta con Tratti Calloso-Anemozionali, a causa della presenza di una categoria di soggetti con
diagnosi di Disturbo della Condotta con prognosi peggiore e caratteristiche neuropsicologiche peculiari e
specifiche. I criteri per questo tipo di diagnosi devono essere:
- Presenza di due o più caratteristiche per un periodo di almeno 12 mesi in svariati contesti o relazioni:
1. Mancanza di rimorso o di colpa: non si sentono cattivi o in colpa dopo aver fatto qualcosa di sbagliato;
2. Marcata mancanza di empatia: noncuranza/incapacità di capire le emozioni degli altri;
3. Noncuranza delle proprie performance: non mostrano preoccupazione riguardo alle loro performance
problematiche/scarse a scuola, sul lavoro, o in altre attività importanti;
4. Scarsa affettività: non esprimono, né mostrano le proprie emozioni agli altri, eccetto superficialmente, o
quando vogliono ottenere un profitto.
Scheepers, F. E., Buitellar, J. K., Matthys, W., (2011), “Conduct Disorder and the specifier callous and
unemotional traits in the DSM-5” European Child and Adolescence Psychiatry, Vol. 20, No. 2, Pp. 89-93.
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PARTE I
1. Disturbi in età evolutiva
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Per molto tempo, la patologia in età evolutiva è stata studiata alla luce delle conoscenze circa
la psicopatologia dell’età adulta, omettendo quelli che sono i cambiamenti specifici che
possono portare a situazioni di disagio psicologico nell’infanzia e nell’adolescenza (House,
1999). Inoltre, l’approccio clinico tradizionale, fondato essenzialmente sul modello medico,
trova la causa della malattia mentale in alterazioni anatomo-funzionali e considera le variabili
psicologiche e sociali come marginali nel determinare le cause dei disturbi, in quanto sono
considerate in associazione al perpetuarsi della malattia (Cummings et al., 2000)
5
.
La patologia in età evolutiva, presentando sintomi in continuo cambiamento, necessita di una
categorizzazione e di un’individuazione precoce delle condizioni che possono condurre al
disagio, comprendendo il disturbo attraverso lo studio delle relazioni tra le variabili personali
(fattori biologici, genetici, temperamentali) e situazionali (fattori ambientali e relazionali). La
psicopatologia dello sviluppo si propone di individuare le aree di vulnerabilità e le
correlazione tra condizioni a rischio ed esiti patologici.
1.1. Classificazione dei disturbi in età evolutiva
Per la classificazione dei disturbi in età evolutiva sono usati due approcci:
- Approccio diagnostico (DSM, ICD-10): per poter attribuire una diagnosi occorre che i
sintomi compaiano in ogni elenco di condotte problematiche previsto per i vari
disturbi, considerando il numero e la frequenza del comportamento, il grado di
interferenza o compromissione nel funzionamento del bambino, criteri sul momento
d’esordio e sulla durata del disturbo.
- Approccio empirico: deriva da studi e ricerche cliniche ed epidemiologiche
(Achenbach, 1995; Achenbach, Howell, Quay e Conners, 1991), utilizzando resoconti
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House, A. E. (1999), DSM-IV: diagnosis in the schools, The Guilford Press, New York, in Isola, L., Mancini,
F. (2003), Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza, Franco Angeli, Milano, Pp. 17-18.
5
Cummings, E. M., Davies, P. T., Campbell, S. B. (2000), Developmental Psychopathology and Family
Process, Guilford Press, New Tork, in Isola, L., Mancini, F. (2003), Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e
dell’adolescenza, Franco Angeli, Milano, Pp. 106-112.
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forniti da genitori, insegnanti e/o bambini per valutare la gravità di condotte
potenzialmente problematiche elencate in scale comportamentali. L’analisi fattoriale
dei punteggi ottenuti con le interviste semi-strutturate effettuate su campioni di
bambini di diverse età, sesso, cultura, permette di cogliere e definire specifici aspetti
del comportamento infantile e di metterli insieme all’interno di pattern, in base alla
frequenza con cui si presentano congiuntamente nel campione preso in esame.
Mediante questo lavoro sono stati individuati due raggruppamenti:
- fattori internalizzanti, che includono problemi connessi ad ansia, paura,
vergogna, bassa autostima, tristezza e depressione (sintomi emozionali). Questi
problemi possono assumere nel tempo differenti espressioni che si associano a
normali compiti e transizioni evolutive.
- fattori esternalizzanti (comportamenti diretti verso gli altri e l’ambiente),
caratterizzati da scarsa compliance, aggressività, distruttività, difficoltà
attentive, impulsività, iperattività ed azioni delinquenziali. Tanto più è precoce
l’esordio di disturbi del comportamento, tanto più è facile che i problemi
persistano e si aggravino nel tempo, specie in assenza di idonei interventi
psico-sociali e terapeutici (Patterson, Capaldi, Bank, 1991; Hinshaw et al.,
1993; Moffitt, 1993; Lober, 1988; McMahon, 1994).
A loro volta questi due raggruppamenti sono suddivisi in sottoclassi (internalizzanti:
ansioso/depresso, preoccupazioni somatiche e ritiro sociale; esternalizzanti:
comportamento aggressivo e delinquenziale; a metà strada tra le due precedenti:
problemi sociali e difficoltà attentive).
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2. Disturbi da Deficit di Attenzione e da Comportamento Dirompente
Le principali manifestazioni esternalizzanti nel DSM-IV TR (2000) sono incluse nella sezione
dei Disturbi da Deficit di Attenzione e da Comportamento Dirompente che comprende il
Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP), il Disturbo della Condotta (DC) e il Disturbo da
Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI), il quale racchiude in sé sia elementi
esternalizzanti che internalizzanti.
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2.1. Disturbi da Comportamento Dirompente (DCD)
I disturbi del comportamento rappresentano una della più frequenti cause di intervento
psichiatrico in adolescenza. Tale tema è di particolare importanza perché i bambini che
presentano questi disturbi sono a rischio per lo sviluppo futuro di comportamenti violenti e
criminosi, problemi di salute mentale, abuso di sostanze, difficoltà occupazionali, familiari e
di coppia (Aguilar, Sroufe, Egeland e Carlson, 2000).
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Le categorie diagnostiche nelle quali più frequentemente si riscontra un disadattamento
psicosociale e la comparsa di comportamenti devianti sono il DOP, caratterizzato da un
comportamento provocatorio, negativista e ostile e il DC, caratterizzato da una tendenza
stabile alla violazione delle regole e dei diritti altrui. La nosografia attuale tende a considerare
i due disturbi come distinti, ma il primo precede sempre il secondo e ne rappresenta una forma
attenuata.
8
La distinzione tra i due disturbi, che sono comunque in un continuum evolutivo e
che condividono i fattori di rischio individuali e familiari, è essenzialmente basata sulla
presenza nel DC di una componente dissociale, assente nel DOP.
6
Isola, L., Mancini, F. (2003), Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza, Franco Angeli, Milano,
Pp. 111-112.
7
Aguilar, B., Sroufe, L. A., Egeland, B., Carlson, E. (2000), “Distinguishing the early-onset/persistent and
adolescent-onset antisocial behavior types: from birth to 16 years”, Development and Psychopathology, Vol. 12,
Pp. 109-132, in Isola, L., Mancini, F. (2003), Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza, Franco
Angeli, Milano, P. 249.
8
Cassano, G. B., Tundo, A. (2010), Psicopatologia e clinica psichiatrica, UTET, Torino, P. 596.
9
L’impulsività rappresenta l’elemento centrale dei DCD. Significativa è la distinzione tra
aggressività impulsiva e non impulsiva (Vitello, 1997)
9
:
- aggressività impulsiva (affettiva): reattiva, ma non proporzionata, ad una minaccia
esterna o ad una frustrazione, che non appare realistica, ma della quale il soggetto,
sviluppando una distorsione cognitiva rispetto agli stimoli ambientali, è del tutto
convinto, per cui tende a reagire eccessivamente. È associata ad uno stato affettivo
instabile o rabbioso, non è pianificata o finalizzata all’ottenimento di un vantaggio e
non comporta necessariamente una tendenza antisociale. Questi soggetti hanno
maggiori difficoltà sociali e relazionali, hanno prestazioni scolastiche inferiori e sono
più frequenti sintomi internalizzanti e maggiori difficoltà attentive.
- aggressività non impulsiva (predatoria): è pianificata e finalizzata all’ottenimento del
vantaggio vittimizzando persone più deboli. Spesso è subdola e furtiva, non associata
ad uno stato affettivo, né ad uno stimolo esterno. È maggiormente correlata ad un
comportamento antisociale e si esprime con la coercizione, con l’attacco a scopo di
furto, la vittimizzazione di soggetti più deboli.
10
Tra i fattori di rischio vi sono: condizioni socio-economiche svantaggiate (Henggeler, 2003);
limitate capacità verbali ed esecutive, scarsità di strategie metacognitive, sintomi psichiatrici;
stile educativo scarsamente controllante o rigido, comportamenti delinquenziali, abuso di
sostanze e sintomi psichiatrici nei familiari; frequentazione di gruppi devianti e scarsa
capacità di relazione; basso interesse scolastico e frequentazione di ambienti scolastici poco
strutturati.
11
9
Vitello, B. Stoff, D. (1997), Subtypes of aggression and their relevance to child psychiatry, Journal of
American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, Vol. 36, Pp. 307-315, in Camerini, G. B., Sechi, E.
(2010) (a cura di), Riabilitazione psicosociale nell’infanzia e nell’adolescenza, Maggioli Editore, Rimini, P. 305.
10
Cassano, G. B., Tundo, A. (2010), Psicopatologia e clinica psichiatrica, UTET, Torino, Pp. 596-597.
11
Henggeler, S. W., Lee, T. (2003), Multisistemic treatment of serious clinical problems, in Kazdin, A. E.,
Weisz, J. R. (eds.), Evidence-based Psychotherapies for children and adolescent, Guilford Press, Ney York, Pp.
301-322, in Camerini, G. B., Sechi, E. (2010) (a cura di), Riabilitazione psicosociale nell’infanzia e
nell’adolescenza, Maggioli Editore, Rimini, P. 305.
10
2.1.1. Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP)
12
Il DOP si caratterizza per un ricorrente comportamento provocatorio, negativista,
disobbediente e ostile nei confronti delle figure dotate di autorità, che persiste per almeno 6
mesi.
I comportamenti resistenti e oppositori sono una caratteristica fisiologica di certi stadi di
sviluppo, come l’infanzia e l’adolescenza. Durante quest’ultima, infatti, per potersi formare
un’autonomia individuale, è necessario il distacco dal genitore.
La diagnosi di DOP dovrebbe essere fatta solo se i comportamenti si manifestano
frequentemente e hanno conseguenze gravi, quali livelli di rabbia persistente ed
evolutivamente inappropriata, irritabilità, comportamenti provocatori e oppositività, che
causano disturbi nell’adattamento e nella funzionalità sociale. Il disturbo è caratterizzato da
frequenti litigi ed opposizione attiva nei confronti degli adulti, dal rifiuto di rispettare richieste
o regole, dal commettere azioni intenzionalmente volte a provocare fastidio agli altri. Spesso,
i minori con questo tipo di disturbo, dotati di una scarsa autostima, labilità d'umore, scarsa
tolleranza alla frustrazione, accusano gli altri dei propri comportamenti sbagliati, sono
suscettibili e si infastidiscono con facilità, arrivando a provare risentimento e collera o a
compiere gesti vendicativi. È frequente l’uso precoce di alcool, tabacco e sostanze illecite.
Quadro clinico
L'esordio del DOP è graduale, avviene nel corso di mesi o anni, diventa evidente prima degli
8 anni di età e, solitamente, non più tardi dell'adolescenza. I sintomi di opposizione spesso
emergono nell'ambiente familiare ma col tempo possono comparire anche in altri contesti.
Spesso il DOP può essere precursore per il DC che, a sua volta, può essere precursore del
Disturbo Antisociale di Personalità (DPA). Questo perché, conformemente a quanto è
espresso nel DSM-IV TR, 2000, i disturbi del comportamento dirompente hanno un decorso
stabile nel tempo.
12
American Psychiatric Association, DSM-IV TR, Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, Text
Revision. APA, Washington, DC, 2000 (trad. It.: DSM-IV TR Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi
Mentali, Masson, Milano, 2001).