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Introduzione
L’obiettivo di questa tesi è analizzare il comportamento linguistico
femminile, sia nell’interazione con altre donne che soltanto con uomini, tenendo
presente le differenze sessuali e di genere, capire fino a che punto esso sia legato
al concetto di sessualità femminile e quanto in realtà sia possibile accostarlo al
tipo di comportamento linguistico prettamente maschile. All’interno della società
occidentale uomini e donne ricoprono dei ruoli basati su specifici stereotipi che
sono duri a morire e che ogni giorno condizionano i nostri comportamenti senza
che noi ce ne rendiamo conto. Uno degli stereotipi tradizionali che persiste nella
mente delle persone è che uomini e donne abbiano un tipo di comportamento
linguistico diverso. Questa credenza si riflette, per esempio, sullo stereotipo che le
donne hanno un tipo di linguaggio più frivolo, basato sui gossip, sul parlare in
maniera sentimentale e romantica e che gli uomini non sono in grado di capirle e
di parlare il loro stesso linguaggio. Si crede, inoltre, che le donne usino di meno il
linguaggio tabù e che nelle interazioni sociali risultino essere più cooperative e
gentili, che tendano ad esprimere un alto livello di coinvolgimento emotivo ed
intimo con la persona con cui hanno una conversazione e comunichino maggiori
feedback positivi rispetto agli uomini, non solo mediante il linguaggio verbale ma
anche mediante quello del corpo. Dall’altra parte, poi, si tende a credere che gli
uomini, nelle interazioni linguistiche, siano più competitivi, schietti, più diretti,
più attenti al mantenimento della propria indipendenza e status sociale ed infine
più inclini all’utilizzo di parole insultanti e sconce. Questa visione, poi, a volte
sfocia in assurde e del tutto disputabili teorie secondo cui addirittura uomini e
donne non parlano lo stesso linguaggio e provengono da due pianeti diversi.
Esempi di questo genere sono quei manuali pseudo-scientifici definiti dalla
sociologa inglese Susan Speer come “pop psycology advice books”
1
in
1
S.Speer 2005, p.44
6
riferimento a libri come: You Just Don’t Understand! Men and Women in
Conversation di Deaborah Tannen e Men Are from Mars, Women Are from Venus
di John Gray.
Per rispondere a questi quesiti della tesi, nella stesura del presente
elaborato, ho preso in analisi il linguaggio della serie televisiva americana Sex and
The City diventata ormai da anni un cult negli USA e in Europa e, da qualche
tempo, anche in oriente. Questa serie può essere considerata un modello di come
le interazioni linguistiche vengano rappresentate al giorno d’oggi, sebbene il
linguaggio utilizzato dai personaggi sia stato anche criticato e più volte
disapprovato dal mondo televisivo. Alcuni sostengono, infatti, che la serie
rappresenti l’immagine di una donna moderna del tutto superficiale, i cui maggiori
interessi sono rivolti al vestire alla moda, al frequentare i locali più trendy, a
trovare un uomo e si parla continuamente di sesso, scarpe e abiti firmati.
Dall’altra parte, invece, c’è chi sostiene che Sex and The City non abbia fatto altro
che rappresentare un modello di donna sui trent’anni circa, single che ha trovato
un equilibrio nella propria vita: indipendente e autonoma. I fan, inoltre, trovano
che la serie sia del tutto rivoluzionaria perché sugli schermi televisivi si sono
iniziati ad affrontare temi ed argomenti prima del tutto inaccessibili, come
l’infedeltà, l’aborto, il sesso nelle sue forme più proibite e l’omosessualità, sia
femminile che maschile. Tuttavia, la vera rivoluzione in Sex and The City è il suo
uso del linguaggio, totalmente diverso da ogni altra serie televisiva. Le parole
usate, infatti, sono spudorate e dirette e fin dalla prima puntata della serie gli
uomini sono considerati oggetti e le donne registe indiscusse della loro vita.
Il lavoro di stesura della tesi, quindi, si baserà essenzialmente sullo studio dei
comportamenti linguistici delle quattro protagoniste della serie televisiva – Carrie,
Charlotte, Miranda e Samantha – tenendo presente le diverse personalità che
caratterizzano il linguaggio di ognuna di loro. Verranno, in particolar modo, prese
in esame situazioni linguistiche ben specifiche, nelle quali si riscontrano esempi di
come le protagoniste usino proprio quel linguaggio che spesso è attribuito solo al
mondo maschile. Sebbene le conversazioni di una serie televisiva non sono mai
interamente realistiche, esse possiedono comunque uno stile verosimilmente
colloquiale. Inoltre, la serie Sex and The City ha degli aspetti interessanti per
7
l’analisi del linguaggio perché il contesto è basato su elementi di vita quotidiana
della società contemporanea e quindi si confronta con realtà in cui tutte le donne
del ventunesimo secolo si possono rispecchiare. Si partirà, nel primo capitolo,
dall’analisi degli studi recenti sulle differenza di linguaggio e genere sessuale
maschile e femminile. Per capire come uomini e donne usano il linguaggio,
infatti, è necessario dare prima una spiegazione del concetto di sesso e di genere,
laddove per sesso si intendono le differenze biologiche tra uomo e donna e per
genere le categorie sociali costruite sulla base sessuale.
2
Per la stesura della prima
parte, quindi, verranno prese in esame le teorie degli studi sul genere, come quelle
delle linguiste e sociolinguiste inglesi Deborah Cameron, Jennifer Coates e Susan
Speer, entrambe impegnate in ricerche sulla costruzione del concetto di genere
attraverso l’uso del linguaggio e delle interazioni verbali tra uomini e donne e le
teorie della filosofa americana Judith Butler che ha portato avanti studi sul genere.
Inoltre, sarà considerato anche il lavoro della britannica Angela McRobbie, la
quale sin dagli anni ottanta conduce ricerche sull’evoluzione del ruolo della donna
all’interno della società contemporanea.
Nelle parti successive della tesi verrà preso in esame il linguaggio utilizzato in Sex
and The City. Naturalmente non saranno esaminate tutte le puntate delle sette
stagioni che compongono il telefilm, ma saranno scelte quelle più significative ai
fini della tesi. Innanzitutto verrà fornita una breve descrizione della serie con lo
scopo di mostrare il contesto culturale in cui agiscono le protagoniste;
successivamente verrà stilato un profilo per ognuno dei quattro personaggi
femminili principali. Questa fase è importante per capire se e come il linguaggio
delle protagoniste cambia a seconda del tipo di personalità e di stile di vita
condotto; inoltre, in questo modo, risulterà più semplice effettuare delle
comparazioni tra i vari tipi di comportamenti linguistici presenti nel telefilm.
Nell’ultimo capitolo verranno affrontati temi in cui l’uso del linguaggio si fa
particolarmente interessante: nel capitolo tre, infatti, verrà analizzato il linguaggio
tabù e quello relativo alla sfera sessuale. In Sex and The City, il sesso viene
trattato in tutti i suoi aspetti e senza alcuna inibizione: per la prima volta si assiste
2
J.Coates 1993, p.3
8
a conversazioni intime di donne senza imbarazzo o reticenze. Si vedrà come le
protagoniste utilizzino un linguaggio del tutto nuovo per trattare questo tema,
coniando espressioni entrate a far parte degli slang inglesi. Altro spazio verrà dato
anche al linguaggio delle imprecazioni e del turpiloquio, il quale non viene
tralasciato dalla serie e segna un forte punto di rottura con l’idea convenzionale
delle donne restie nell’uso di parole sconce. Un’ultima parte, infine, è dedicata a
temi che raramente sono stati affrontati da una serie televisiva e che vengono
comunemente identificati come tabù, ossia l’impotenza, l’infertilità ed il cancro.
Ampia attenzione all’interno dell’analisi dei linguaggi, inoltre, verrà data a quelle
espressioni linguistiche coniate o rese famose grazie ai personaggi di Sex and the
City e che hanno segnato un punto di rottura con il linguaggio femminile
tradizionale.
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Capitolo 1
Il linguaggio: differenze sessuali e di genere
All’interno di questo capitolo si parlerà degli studi effettuati sul linguaggio in
relazione alle differenze sessuali e di genere, di come sono cambiate negli ultimi
decenni le ricerche in questo campo, di quali sono i principali studiosi, quali teorie
hanno formulato, le affinità e le differenze presenti in esse. Tuttavia, prima di
affrontare quanto detto, bisogna innanzitutto precisare cosa si intende per
differenza tra sesso (sex) e genere (gender). Il primo termine si riferisce alle
differenze biologiche esistenti tra maschio e femmina: i profili ormonali, la
tipologia di cromosomi, la presenza di un determinato organo sessuale interno o
esterno. Per genere, invece, si intendono le caratteristiche che una determinata
società e cultura delinea come “maschili” o “femminili”. In origine il termine
genere era utilizzato dai linguisti per stabilire le differenze grammaticali tra nomi
maschili, femminili e neutri. Successivamente, gli antropologi hanno preso in
prestito questo termine per parlare dei ruoli sociali che uomini e donne hanno
all’interno di una determinata cultura. I ruoli di genere all’interno della società si
credeva che fossero una naturale conseguenza dell’appartenere al sesso maschile o
femminile, solo successivamente, grazie agli studi sulle differenze culturali si è
giunti alla conclusione che mentre il sesso è una condizione universale degli esseri
umani, il ruolo di genere differisce da cultura a cultura. Il sesso inteso come uomo
e donna, quindi, è lo stesso in ogni tempo storico e cultura e società del nostro
pianeta, quello inteso come ruolo di genere (gender role), ossia maschile o
femminile, differisce a seconda della società e cultura in cui ci si trova: i ruoli di
genere si riferiscono alle caratteristiche ed ai comportamenti che le diverse culture
attribuiscono all’uomo e alla donna. In base a ciò, quindi, dire che un uomo è un
“vero uomo” dipenderà dall’appartenere al sesso maschio e dall’avere quelle
caratteristiche e comportamenti che una determinata cultura e società definiscono
10
come maschili.
3
Gli studi sul genere e sul linguaggio sono iniziati ad essere presi in
considerazione separatamente a partire dagli anni settanta del secolo scorso e da
quel momento in poi, entrambi i campi di studio si sono divisi in sottocategorie di
varie discipline, dalla sociolinguistica all’antropologia. La nascita degli studi sul
linguaggio e sul genere è stata in parte ispirata dagli studi femministi iniziati
intorno agli anni sessanta del secolo scorso ed in parte è il risultato dello sviluppo
degli studi delle scienze sociali. Successivamente, quindi, tutti gli aspetti del
linguaggio, come la grammatica, i vocaboli, la sintassi, la pronuncia e lo stile,
sono iniziati ad essere studiati sotto il punto di vista del genere.
4
La prima
studiosa ad aver compiuto delle ricerche riguardo le differenze tra il linguaggio ed
il genere è stata la linguista americana Robin Lakoff, la quale ha pubblicato nel
1975 il libro Language and Woman’s Place che segna una vera e propria svolta
negli studi tra il linguaggio e le differenze di genere in quanto per la prima volta
vengono teorizzate differenze sistematiche tra il linguaggio dell’uomo e quello
della donna. Da questo momento in poi, quindi, si è avuta una rapida crescita
degli studi e ricerche sulle differenze tra il linguaggio ed il genere. Il linguaggio,
infatti, inizia ad essere visto non soltanto come un mezzo di comunicazione
neutrale e passivo mediante il quale ci si esprime, ma anche come un elemento
essenziale nella costruzione dell’identità di genere, delle relazioni e strutture
sociali. Tuttavia, gli studi condotti sul linguaggio e sul genere hanno preso
orientamenti diversi ed è per questo che oggi ritroviamo numerosi scritti con
opinioni e teorie differenti. Il linguaggio, generalmente, è stato studiato tenendo
presente due aspetti: come il ruolo di genere è rappresentato nell’uso del
linguaggio (la forma del linguaggio) e come gli uomini e le donne usano il
linguaggio in modo differente (la funzione del linguaggio).
5
Due sono i filoni teorici che nel corso degli anni sono entrati in conflitto
tra di loro e ancora oggi non riescono ad arrivare ad una conclusione definitiva e
lasciano numerosi spunti di riflessione. Inizialmente non si può parlare di un vero
3
A. Nobelius, 2004
4
M. Crawford, 1995, p.22
5
S. Speer, 2005, p. 17
11
e proprio studio sul linguaggio e l’identificazione del genere, bensì sulle
differenze sessuali all’interno del linguaggio. Solo successivamente gli studiosi
hanno iniziato ad indagare il linguaggio in relazione all’identificazione del genere,
grazie alle ricerche effettuate nel campo del post-strutturalismo e
dell’etnometodologia.
6
1.1 Casi di studio sul linguaggio e le differenze
sessuali
Ogni giorno siamo protagonisti di stereotipi secondo cui uomini e donne
comunicano ed usano il linguaggio in maniera differente: gli uomini parlano di
sport e di macchine, le donne di pettegolezzi e vestiti; gli uomini sono più
assertivi e le donne tendono ad assillare l’altro sesso con infinite chiacchiere.
Nonostante tutto ciò sia frutto di pregiudizi insediati ormai da lungo tempo nelle
società e culture di tutto il mondo, con le dovute differenze di stereotipi, l’idea di
un linguaggio tipicamente femminile e di uno tipicamente maschile, offre una
certezza su quali siano le posizioni della donna e dell’uomo all’interno della
società. Secondo quanto teorizzato dai primi studi sociolinguistici sulle differenze
sessuali nel linguaggio, tre sono le motivazioni fondamentali per cui il linguaggio
femminile si differenzia da quello maschile:
7
il primo è il fattore conservativo,
ossia le donne tendono a non evolvere le proprie forme linguistiche poiché sono
più conservative; il secondo è derivato dallo status di appartenenza, cioè le donne
si sforzano di parlare più correttamente perché cercano di coprire la limitata o
istruzione e per dare un’immagine gentile ed educata
8
; il terzo è un fattore di
solidarietà, ossia le donne svolgendo lavori da casalinga, non possiedono una rete
di contatti ampia come quella degli uomini per cui il loro linguaggio risulta essere
maggiormente limitato e standardizzato.
6
S. Speer, 2005, p.21
7
O. Jeperson, 1922. R. Lakoff, 1973
8
Spesso il linguaggio delle donne risulta essere ipercorretto e ciò è associato ad una insicurezza da
parte del mondo femminile nella loro posizione all’interno della società. D.Cameron, J.Coates,
1990, p.15
12
Queste concezioni sulle differenze sessuali nel linguaggio, con il passare
del tempo, hanno portato a conseguenze che si sono spostate dal piano linguistico
a quello comportamentale: espressioni come “i ragazzi non piangono” oppure “le
brave ragazze non dicono parolacce” non solo rivelano che maschi e femmine si
comportano in maniera differente, ma addirittura professano come dovrebbero
comportarsi all’interno di un contesto sociale per essere identificati come
“maschio” e come “femmina”. Comportarsi contro queste “leggi sociali”, quindi,
significa essere inappropriati, sanzionabili ed immorali. Partendo da queste
premesse, i primi studiosi del linguaggio e delle differenze sessuali hanno iniziato
a chiedersi se questi stereotipi non avessero un fondo di verità, se esistono
davvero delle differenze sessuali nel linguaggio e se sia vero che uomini e donne
parlano ed utilizzano il linguaggio in maniera differente.
Il primo studioso che ha cercato di rispondere a queste domande da un
punto di vista accademico, è stato il linguista danese Jeperson Otto che nel suo
libro Language: Its Nature, Development and Origin, pubblicato nel 1922, ha
dedicato un intero capitolo, dal titolo “The Woman”, alle differenze sessuali nel
linguaggio. Nel suo scritto si riscontra una visione prettamente maschilista in cui
la donna mantiene una posizione subalterna rispetto all’uomo; il linguaggio della
donna risulta più gentile e raffinato sebbene il numero di vocaboli conosciuti sia
inferiore a quelli dell’uomo. Sebbene le teorie di Jeperson sono state duramente
criticate nel corso degli anni, il suo contributo resta unico nell’ambito dello studio
sul linguaggio e sulle differenze sessuali. A partire da questo momento in poi, le
ricerche in questo campo hanno portato a tre filoni teorici che successivamente
hanno scatenato numerose opinioni discordanti e teorie nuove. La prima teoria,
che è stata criticata come deficit, è quella della linguista americana Lakoff che
riprende, cinquanta anni più tardi, la visione sessista del linguaggio professata da
Jeperson. La seconda teoria pone l’uomo al centro dell’atto linguistico e la donna
in posizione subalterna, e per questo è stata definita come approccio dominante e
trova il suo massimo esponente in Dale Spenser. L’ultima teoria, infine, ipotizza
che uomini e donne possano essere collocati in due sfere di appartenenza ben
distinte, in quanto fin dall’infanzia sono stati incanalati verso due diversi approcci
comportamentali e comunicativi e ciò si riflette in specifiche differenze sull’uso
13
del linguaggio. Proprio per questa visione dicotomica si parla di approccio di
differenza e Deborah Tannen ne diventa l’esponente principale.
1.1.1 La teoria di deficit di Lakoff
Robin Lakoff, nata nel 1942 negli Stati Uniti, è docente di linguistica
all’Università di Berkeley in California. Nel 1973 ha scritto un articolo in cui ha
portato avanti le teorie linguistiche di Jeperson, successivamente, nel 1975, ha
scritto un libro riguardo i suoi studi sul linguaggio e le differenze sessuali. Nelle
sue ricerche pone al centro dell’attenzione il linguaggio della donna e divide le
indagini in due filoni principali: da una parte analizza qual è il linguaggio che la
donna usa - the ways women are expected to speak - , dall’altra analizza come le
donne sono rappresentate nel linguaggio – the ways in which women are spoken of
– ossia la natura sessista del linguaggio stesso. Tutto ciò, secondo Lakoff, non fa
altro che testimoniare la posizione di inferiorità rispetto all’uomo che la donna ha
all’interno della società. Infatti, sembra risultare evidente che le donne fanno un
certo uso del linguaggio proprio per rinforzare e confermare la loro posizione
subalterna.
Per quanto riguarda la prima teoria, la linguista americana pone nei suoi
scritti degli esempi ben precisi sulle differenze di vocaboli, forme grammaticali e
sintattiche che uomini e donne utilizzano durante l’atto comunicativo. Innanzitutto
le donne tendono ad evitare espressioni troppo forti e non utilizzano parole
volgari. Secondo un esperimento condotto da Lakoff, prendendo ad esempio le
seguenti frasi:
a) Oh dear, you put the peanut butter in the refrigerator again
b) Shit, you put the peanut butter in the refrigerator again
e sottoponendole a lettori americani, chiedendo loro quale delle due frasi sia stata
pronunciata da un uomo e quale da una donna, la risposta è stata che la frase a)
appartiene ad un registro linguistico femminile, mentre quella b) ad un registro
14
linguistico maschile. Tuttavia, secondo i risultati della ricerca, diverse persone
hanno affermato che la frase b) potrebbe essere stata pronunciata da una donna,
ma ciò ha conseguentemente trovato disapprovazione da parte degli uomini che
hanno affermato ciò. Interessante, secondo Lakoff, è notare come il registro
maschile si stia diffondendo sempre di più tra le donne, mentre il contrario non
sembra prendere piede, se non in casi particolari, come gli omosessuali che
rifiutano l’immagine maschile imposta dalla società.
9
Un’altra differenza di linguaggio tra uomini e donne, secondo Lakoff, è
riscontrabile, ad esempio, nell’uso dei vocaboli che concernano i colori: mentre
gli uomini definiscono un colore secondo una distinzione netta (blu, nero, bianco
giallo), le donne, al contrario, utilizzano vocaboli mediante i quali possono
esprimere sfumature, differenze di tonalità che risultano impercettibili all’occhio
di un uomo (beige, lavanda, acquamarina, verde smeraldo). Secondo la linguista
americana, quindi, risulta impossibile per un uomo percepire quale differenza ci
sia tra il colore lavanda e quello malva, nonché l’inutilità di dover trovare un
nome diverso per un colore che sembra violetto. Questa differenza di lessico è
riscontrabile anche nell’uso di determinati aggettivi. Lakoff stila una lista di
aggettivi definiti “neutrali”, ossia utilizzati sia da uomini che da donne e poi
un’altra lista che è utilizzata prevalentemente da donne:
Neutro Solo Donne
Great Adorable
Terrific Charming
Cool Lovely
Neat Fabulous
Sweet
Dopo aver analizzato le differenze lessicali, Lakoff passa all’analisi delle
differenze sintattiche nel linguaggio di uomini e donne. Secondo le sue ricerche le
donne utilizzano con più frequenza le tag-questions e domande con intonazioni
crescenti che presuppongono una risposta breve del tipo si/no. Le tag-questions,
9
R. Lakoff, 1973, p. 50
15
in inglese, sono utilizzate in circostanze particolari, ossia quando chi parla
esprime in una frase la conoscenza di quel che si sta discutendo, ma manca di
alcune informazioni per averne la conferma. Prendendo, per esempio, la frase
“John is here?” si presuppone che chi domanda se John sia qui oppure no, non ha
una precedente informazione per cui John sia nello stesso luogo dove la persona
ha pronunciato la domanda, la risposta, quindi, potrebbe essere varia. Dire invece
“John is here, isn’t he?”, ossia “John è qui, non è così?”, presuppone una risposta
netta, ossia sì/no. In questo modo chi formula la domanda ha una conoscenza
pregressa sul fatto che John, in effetti, dovrebbe essere nello stesso posto di chi
domanda e così cerca solo una conferma perché l’interlocutore non è sicuro della
presenza o meno di John.
Le domande con intonazioni crescenti, così come le tag-questions,
presuppongono una risposta breve ma il contesto utilizzato risulta essere
leggermente differente. In questo caso, infatti, chi utilizza questo tipo di domanda,
da una parte esprime esitazione ed insicurezza, ma dall’altra è l’unico
interlocutore che ha maggiori informazioni riguardo all’argomento in questione:
a) When will dinner be ready?
b) Oh…around six o’clock…?
Prendendo l’esempio utilizzato da Lakoff, con la domanda b) è come dire: “Six
o’clock, if that’s OK for you, if you agree”.
10
Come sostenuto dalla linguista,
entrambe le tipologie per formulare le domande denotano una insicurezza da parte
di chi le pronuncia, mentre da parte di chi ascolta tutto ciò viene percepito come
una superficialità linguistica, una mancanza di esprimere un’opinione certa o di
prendere decisioni autonomamente. Questo modo di esprimersi da parte delle
donne, secondo Lakoff, evidenzia il fatto che esse siano state educate da sempre
ad essere gentili e rispettose nei confronti degli altri e soprattutto dell’altro sesso,
a quale sia il modo più appropriato per esprimersi. Ciò dimostra che solo parlando
un linguaggio “femminile” le donne possono essere accettate dalla società, ma
come risulta da quanto detto, la posizione della donna diviene, inevitabilmente,
inferiore rispetto all’uomo:
10
R. Lakoff, 1973, p. 56