INTRODUZIONE Il mio elaborato si concentra sulla genesi delle dinamiche di opposizione politica in
Somalia negli anni Ottanta, in particolare dallo scoppio del conflitto in Ogaden alla
caduta del regime di Siad Barre nel 1991. In questo arco di tempo assistiamo alla nascita
di movimenti di opposizione al regime siadista, nati prevalentemente con lo scopo di
contrastare le politiche repressive del governo.
La mia analisi si articola lungo un percorso che definisce le cause, la formazione, la
struttura interna e gli sviluppi di questi fronti di opposizione che, pur avendo un
obiettivo comune, nacquero in diversi contesti, agirono in determinate zone e adottarono
differenti strategie politiche, che risultarono più o meno efficaci.
La prima parte dell’elaborato descrive il contesto della loro nascita, con
approfondimenti sul regime di Siad Barre e sulle dinamiche di formazione dei primi
fronti di dissenso che nacquero alla fine degli anni Settanta: il Somali Salvation
Democratic Front e il Somali National Movement. In secondo luogo lo studio si è
articolato sugli sviluppi della guerra e sulla creazione di quelli che furono i protagonisti
della fase finale del conflitto, in particolare lo United Somali Congress. L'ultima parte
della mia tesi è dedicata all’esame delle varie fasi della resistenza armata al regime fino
alla caduta di Siad Barre prendendo in considerazione la successiva disintegrazione dei
movimenti di opposizione sotto il peso della montante crisi che colpì la Somalia in
seguito alla fine della dittatura.
Come punto di partenza della mia ricerca ho ritenuto necessario approfondire il contesto
storico nel quale si formarono questi movimenti al fine di comprendere i motivi alla
base della loro protesta. Il primo capitolo consiste in un approfondimento di quelle che
furono le politiche e le riforme adottate da Siad Barre, sia in materia di politica interna
che estera. Nonostante il regime dittatoriale si fosse inizialmente concentrato in
prevalenza sullo sviluppo dell'apparato statale e il consolidamento della propria autorità,
i fallimenti delle riforme adottate secondo i principi del socialismo scientifico causarono
forti disagi e fecero scaturire nella maggioranza della popolazione somala un forte
sentimento di malcontento. I tentativi del presidente di distogliere l'opinione pubblica
dai problemi interni alla nazione si concretizzarono nel suo impegno a portare la
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Somalia ad occupare una posizione di rilievo sia nel contesto africano che in quello
internazionale. In questa più ampia cornice il regime tornò quindi a prendere in
considerazione la costante questione del nazionalismo pan-somalo, del quale la guerra
in Ogaden, regione contesa tra lo stato somalo e l'Etiopia, rappresentò lo sbocco
naturale. Questo conflitto, che si risolse con una clamorosa sconfitta dell'esercito
somalo, ebbe importanti conseguenze sia sul piano internazionale, portando ad un
riallineamento delle superpotenze nel Corno d'Africa, che su quello interno, aggravando
i disagi precedenti. L'invasione dei rifugiati e le sue conseguenze sul piano economico
andarono ad incidere sulla situazione di crisi già presente in Somalia, aggravandola
ulteriormente. Il malcontento popolare fu convogliato nei primi movimenti di
opposizione mentre le politiche del governo divennero fortemente repressive. La
delicata situazione interna portò ad un inasprimento della regime dittatoriale e ad una
sempre maggior concentrazione del potere nelle mani di Siad Barre e della sua cerchia
parentale.
In questa sezione della mia ricerca ho concentrato la mia attenzione su studi di natura
storica e politica, facendo riferimento alle opere di I.M Lewis e A.I Samatar, e su
testimonianze di personalità quali J.M. Ghalib e H.A. Dualeh.
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Al fine di comprendere più accuratamente l'impatto rivoluzionario delle riforme e dei
cambiamenti promossi da Siad Barre sulla società tradizionale somala ho approfondito
l'analisi di testi di ordine socio-antropologico, basandomi sulle ricerche condotte da I.M
Lewis, per una visione generale del contesto, e sugli studi di C. Besteman e L.V
Cassanelli, per quanto riguarda la situazione specifica delle regioni meridionali del
paese. Per comprendere le questioni relative al settore economico, la cui decadenza fu
uno dei fattori scatenanti del malcontento della popolazione, ho fatto riferimento a
riviste e ad articoli di autori quali A.I Samatar e M.H. Mukhtar, incentrati sulle
condizioni e gli sviluppi dell'economia pastorale e agricola della Somalia, e W. Reno
che analizza il ruolo dell'economia nella riorganizzazione dello stato conseguente la
caduta del regime. Avend o considerato, nell’ultima parte del primo capitolo, questioni
riguardanti la politica estera ho ricercato materiali relativi sia al contesto globale, in cui
furono prese le decisioni ad essa inerenti, sia ad un evento fondamentale per la storia
1 Hussein Ali Dualeh fu nominato ambasciatore durante il regime dittatoriale; Jama Mohamed Ghalib
divenne comandante delle forze di polizia dopo l'indipendenza della Somalia e ricoprì
successivamente la carica di Ministro degli Interni; in seguito all'inasprimento della dittatura entrò
nelle fila del SNM per poi divenire luogotenente del leader del movimento Abdurahman Ali Tur.
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regionale della Somalia, quale fu la guerra in Ogaden e le sue implicazioni, esaminando
tra gli altri gli studi di D. Laitin e S.S. Samatar.
Parallelamente agli sviluppi sul piano interno la mia analisi si è concentrata, nel secondo
capitolo, sulla formazione dei primi movimenti di opposizione. Questi si configurarono
come organizzazioni su base clanica, nonostante comprendessero al loro interno anche
gruppi minoritari, soprattutto in virtù del fatto che i principali bersagli delle politiche
repressive di Barre erano gruppi clanici selezionati. Le loro attività si focalizzarono
quindi su precisi interessi del clan di appartenenza e sui territori da questi occupati.
Basandomi su un criterio cronologico il mio studio si è focalizzato inizialmente sul SSF,
Somali Salvation Front, che nacque nel 1978 e successivamente fu denominato SSDF,
Somali Salvation Democratic Front, e in seguito sul SNM, Somali National Movement,
nato a Londra nel 1980.
Il SSDF, espressione prevalentemente del circuito clanico dei Majerteen, operò nelle
regioni centro-settentrionali della Somalia e fu il primo movimento a canalizzare
l'insoddisfazione popolare emersa in seguito al fallimento della guerra in Ogaden. La
sua nascita fu sancita in Etiopia nel 1981, in seguito alla fusione tra il SODAF (Somali
Democratic Action Front) e il SWP (Somali Workers Party). Nonostante l'appoggio del
regime etiope, il movimento si dimostrò privo delle capacità di sostenere azioni di
guerriglia efficaci contro il regime e, in seguito all'arresto del suo leader Abdullahi
Yusuf, si trovò fortemente indebolito. Questa condizione, unita ad una strumentale
amnistia offerta ai membri del SSDF dal governo somalo, che ne causò ulteriori
divisioni interne, rilegò l'organizzazione ad una posizione di secondo piano durante gli
anni della lotta di liberazione.
Al contrario, uno dei protagonisti assoluti di questo periodo, fu il SNM. Questa
organizzazione era formata in prevalenza da membri del clan Isaaq, concentrato nelle
regioni settentrionali del paese. Le forti politiche repressive attuate dal regime contro
queste popolazioni, sia sul piano economico che politico, portarono alla fuga all'estero
di molti esponenti del clan. Nonostante le prime forme di protesta degli Isaaq fossero
nate all'interno dei confini nazionali, le origini del SNM furono dovute soprattutto alla
forza dei legami clanici tra le comunità somale migrate in Arabia Saudita e in Gran
Bretagna. I frequenti contatti e il loro comune impegno nel cercare di porre fine al
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regime dittatoriale portarono alla creazione a Londra del movimento che trasferì poi la
sua base operativa in Etiopia, iniziando a sviluppare qui la sua organizzazione militare.
Pur potendo contare sull'appoggio del governo etiope e su un'alleanza, seppur fragile,
con il SSDF, il SNM agì in maniera prevalentemente autonoma durante gli anni della
lotta al governo di Barre, dimostrandosi, negli anni Ottanta, l'unico movimento in grado
di opporsi efficacemente alle forze governative.
La mia analisi di questi primi fronti di opposizione si conclude con un approfondimento
sulla loro struttura interna e sulle strategie politiche che questi adottarono durante i loro
primi anni di vita. I forti dibattiti sorti al loro interno, la loro natura legata
all'appartenenza clanica e le manovre di Barre volte a fomentare l'odio tra i vari
segmenti clanici, uniti ad altri fattori, portarono, una volta raggiunto l'obiettivo della
caduta del governo, ad una frammentazione di queste organizzazioni (argomento di cui
mi sono occupata nell'ultimo capitolo del mio elaborato), che fallirono nel tentativo di
rappresentare una valida alternativa politica al regime dittatoriale.
Le fonti relative agli argomenti trattati in questo capitolo non sono state di facile
reperibilità. La mia analisi, per quanto riguarda la condizione delle regioni settentrionali
e gli sviluppi del SNM, si è prevalentemente concentrata sugli studi di I.M Lewis e A.I.
Farah. L'impossibilità di trovare fonti specifiche sul SSDF ha limitato il mio studio di
questo movimento al contesto storico della sua formazione e ad approfondimenti
scaturiti dalla comparazione con gli altri fronti di opposizione. I testi e gli articoli di
autori come D. Compagnon mi hanno permesso infine di analizzare i caratteri più
specifici di questi movimenti consentendomi di poterli mettere a confronto e di
individuarne le specifiche particolarità, gli aspetti comuni e le differenze.
Gli sviluppi della guerra civile in Somalia durante gli anni Ottanta, oggetto del terzo
capitolo della mia tesi, videro come protagonista indiscusso il SNM. La maturazione
della sua organizzazione interna, l'apertura ad altri alleati e una definizione più chiara
dei suoi obiettivi portarono il movimento ad archiviare i primi successi contro il regime
somalo.
L'intensificarsi delle attività di guerriglia, nel biennio 1985-86, portò ad una dura
risposta del governo che incrementò, sotto la guida del generale Morgan, le azioni
repressive nelle aree settentrionali del paese contro le popolazioni Isaaq. Questi
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provvedimenti portarono il SNM a promuovere un'accanita opera di propaganda
antigovernativa, che fu sostenuta anche dalla maggior parte delle organizzazioni
umanitarie di tutto il mondo. Il regime, già indebolito sul piano interno, andò a
complicare la propria situazione anche sul piano internazionale. Fu dunque in
quest'ottica che Siad Barre cercò di concludere un accordo di pace con l'Etiopia, che
venne ufficialmente firmato nell'aprile del 1988, seguito dall'ampliamento del raggio
d'azione del SNM, ora impegnato in una guerra totale e disposto a tentare il tutto per
tutto al fine di rovesciare il governo.
Il trattato tra la Somalia e il regime di Menghistu incrinò l'equilibrio, già precario, della
coalizione al potere e inaugurò le fasi più dure e cruente della guerra civile che,
parallelamente al collasso delle istituzioni e dell'economia, distrussero la Somalia ben
prima della caduta ufficiale di Barre nel gennaio del 1991.
Prima di illustrare con più precisione gli avvenimenti che portarono alla cacciata di
Barre ho ritenuto necessario approfondire, in questo capitolo, l'analisi di uno dei
principali protagonisti di questi ultimi anni della lotta di liberazione, ovvero l'USC,
United Somali Congress. Questo fronte di opposizione nacque a Roma nel 1989 per
volontà del clan Hawiye. Gli sviluppi della guerra in patria convinsero i dirigenti del
gruppo a dotarsi di una propria forza armata, a capo della quale posero il generale
Mohamed Farah Aidid. Nonostante il movimento godesse del forte sostegno economico
dei potenti uomini d'affari Hawiye di Mogadiscio, a seguito di discussioni nate in merito
alla candidatura alla leadership del movimento e alla linea d'azione da seguire contro il
governo, l'USC si divise in due fazioni, con a capo rispettivamente Aidid e Hussein
Mohamed Bod, rappresentante del gruppo di Roma di cui faceva parte anche Ali Mahdi.
Quest'ultimo e Aidid divennero, in seguito alla caduta del regime, due dei protagonisti
principali della scena politica somala. La fazione di Aidid, intenzionata a combattere il
governo attraverso la lotta armata, cercò la collaborazione di altri gruppi, trovandola nel
SNM e nel SPM, Somali Patriotic Movement, un movimento nato per volontà di alcuni
ufficiali Ogadeni nel 1989. Le dinamiche che interessarono i movimenti di opposizione
videro, parallelamente alla formazione di questa alleanza, la nascita della prima forma
di protesta pacifica che si concretizzò nell'iniziativa del gruppo del Manifesto.
A conclusione di questo capitolo ho voluto approfondire brevemente il discorso
sull'opposizione politica nelle regioni meridionali del paese. In queste aree, che
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divennero punti strategici del conflitto sia precedentemente che in seguito alla caduta
del regime, non si crearono movimenti di opposizione di grande rilievo capaci di
opporre una resistenza attiva al governo. Le cause di questa mancata mobilitazione
risiedono principalmente nell'esclusione delle popolazioni locali dalla scena politica
somala e dallo sfruttamento intensivo delle loro terre, che interessò non solo il periodo
dittatoriale ma si protrasse nel tempo a partire dagli anni dell'occupazione coloniale.
In questa parte del mio elaborato ho fatto riferimento in prevalenza a documenti di
ordine storico per quanto riguarda la delineazione degli sviluppi della situazione in
Somalia mentre, volendo esaminare la formazione e le fasi iniziali dell'USC ho trov ato
di vitale importanza il contributo offerto dagli approfondimenti presenti nelle ricerche
promosse da istituti quali l'Interpeace e dalle pubblicazioni di organizzazioni
internazionali come l'ONU. In particolare quest'ultima tipologia di fonti, tra cui rientra
la ricerca condotta da M. Bradbury e lo studio di C.Adibe, è risultata particolarmente
utile in quanto approfondisce il contesto degli ultimi anni della guerra civile precedenti
l'intervento delle Nazioni Unite, dove l'USC si affermò come uno dei protagonisti
principali.
L'eccezionalità del contesto delle regioni meridionali e della condizione presente e
passata delle loro popolazioni trova una spiegazione esaustiva negli studi di L.
Cassanelli e nelle indagini e ricerche promosse da organizzazioni umanitarie quali la
Human Rights Watch, che mi hanno permesso di analizzare più approfonditamente le
ragioni alla base della mancata creazione di forme organizzate di lotta politica in queste
aree.
Il capitolo conclusivo della mia dissertazione si concentra sulle fasi finali del conflitto,
tra la fine degli anni Ottanta e la caduta del governo nel 1991 e sulle conseguenze che
questo evento ebbe sui movimenti di opposizione.
La guerra civile, nonostante i tentativi del governo e del CNRS (Council for National
Reconciliation and Salvation) di trovare una soluzione al conflitto, si diffuse in tutta la
nazione giungendo nelle sue fasi finali fino a Mogadiscio. La cacciata di Barre non
rappresentò tuttavia la soluzione definitiva ai forti contrasti emersi in tutto il paese,
portando invece ad una forte frammentazione politica e all'esplodere della
contraddizione tribale, così abilmente promossa in precedenza da Siad Barre. In un
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paese privo di qualsiasi forma di autorità politica e dove sorsero gravi problemi legati
alla smobilitazione delle milizie e alla forte criminalità, i movimenti di opposizione, pur
avendo raggiunto il loro scopo, si disintegrarono a causa delle loro divisioni interne. Lo
stesso destino colpì quindi sia il SNM, nonostante il successo archiviato nelle regioni
settentrionali con la nascita della Repubblica indipendente del Somaliland, che il SSDF,
che pur avendo creato un'amministrazione autonoma nelle regioni centrali si frammentò
a causa delle sue divisioni interne, e infine l'USC, distrutto dalla lotta per il potere
ingaggiata da Aidid e Ali Madhi.
Al fine di approfondire la parte finale di questo mio elaborato la mia analisi si è
concentrata su studi di natura storica e su articoli di autori quali K. Menkhaus e A.
Simons che analizzano il collasso dello stato somalo cercando di mettere alla luce le
cause che portarono il conflitto in Somalia a protrarsi per un lungo periodo di tempo
anche in seguito alla caduta del regime dittatoriale. I miei approfondimenti sulla
dissoluzione dei fronti di opposizione si sono basati su varie tipologie di documenti; in
primo luogo, gli studi di D. Compagnon mi hanno offerto una visione generale
dell’ampia gamma di motivazioni che ne furono alla base. In secondo luogo, gli studi di
A.Y Farah e I.M. Lewis mi sono stati utili al fine di comprendere in maniera più chiara
la particolarità degli sviluppi che interessarono il Somali National Movement rispetto
agli altri movimenti di opposizione, facilitandomi quindi la possibilità di mettere a
confronto le diverse situazioni.
Infine, le ricerche promosse da istituti quali l'ONU e da organizzazioni umanitarie, che
si trovarono a svolgere un ruolo attivo nel contesto della crisi somala dopo la cacciata di
Siad Barre, mi hanno aiutato ad approfondire il discorso sulle dimensioni della portata
di questa forte recessione che colpì la nazione sia dal punto di vista economico che
politico.
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Fig. 1 – Distribuzione della popolazione somala nelle regioni del Corno d'Africa.
Fonte: University Libraries, The University of Texas, Austin, http://www.lib.utexas.edu 10
Fig. 2 – Composizione delle famiglie claniche somale e loro collocazione geografica.
Fonte: University Libraries, The University of Texas, Austin, http://www.lib.utexas.edu 11