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Si stava meglio quando si stava peggio …, ma a nc he ... meno è meglio, decrescere è
progredire ….qua nte volt e ho catturato queste espressioni nel parlare comune, a volte
sono percepite nei manifesti della demagogia politica, oppure in occasione di convegni
e conferenze dedicati alla new green economy. Mi chiedo se ciò rappresenti i primi
lumi di una consapevolezza critica verso la ricerca di una nuova risoluzione, de ll ’unic a via d’ uscita da ll a re c e ssi one e c onomi c a g lobale c he da qua l c he a nno ha c olpi to l’int e r o nostro pianeta. Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo modello di crescita che
rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione in termini economici: la decrescita,
un'idea che si fa strada in tempi di recessione, c ontro l’e ntropia d e l mondo e contrapposta alla regressione sociale, economica e culturale.
Il progetto della decrescita p otre bbe e sse re l’unic a soluzione praticabile che percorre il
sentiero del buon senso, lastricato di buone pratiche quotidiane al fine di diminuire gli
sprechi, consumare in modo consapevole, rispettare i diritti degli altri e de ll ’a mbi e nte
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che ci circonda. La direzione va verso una maggiore consapevolezza civica,
l’a utoproduz ione, l’a utoconsumo e l’e se rc iz io de ll a manua li tà, g e sti se mpl ici ma efficaci.
Il nuovo modello economico, quindi, non ancora dimostrato con il metodo
econometrico, dovrebbe andare di pari passo con un nuovo modo di fare politica: la
cooperazione, la non-violenza, e per ultimi, non per importanza, le missioni
“ umanitar ie” , g ov e rna ti v e o non g ov e rn a ti ve , di gra nde a tt ua lità.
E’ una fo rma di r e sis tenz a c oll e tt iva rispetto al benessere esasperato, al consumismo
distruttivo e a un modello di sviluppo e crescita che in termini economici non può solo
corrispondere a un’a rid a ra ppr e se ntaz ione di pa ra metri e v a lori in ter mini di PIL,
Reddito Nazionale, PNL, e di altri parametri statistici.
E’ la c ritica a ll o “ svil uppo” , c om ’è stato sempre inteso soprattutto dopo il boom
economico degli anni cinquanta e sessanta, con qualche riferimento al fordismo e ai
primi consumi di massa di inizio novecento.
Con la crisi ecologica degli ultimi anni si impone a poco a poco la necessità di ridefinire
il progresso umano con nuovi parametri che vanno oltre il produttivismo e la fiducia
cieca nell'avanzare delle scienze e delle tecniche; in Francia, i pensatori e i militanti
della decrescita, e non po sso fa re a lt ro c he c it a re l’ ideolog ia r a dica l e di S e r g e L a touche , sono fautori di un modo di vivere più semplice, più ricco di senso e di contenuti, sono
c ontra ri a ll ’ ” e tnoc e ntrism o de ll o svil u ppo” , e per questo motivo vedono aumentare di
giorno in giorno il loro seguito nei partiti della sinistra antiliberista, ma anche nei partiti
di destra e nel grande pubblico, sebbene, tuttavia, spesso rappresentino sensibilità
politiche e filosofiche piuttosto diverse tra di loro.
Nel 2008 Yves Cochet difendeva le tesi della decrescita dall'alto della tribuna
dell'Assemblea nazionale di Parigi. Individuando una «crisi antropologica», il deputato
verde di Parigi affermava, fra le proteste della destra, che «la ricerca della crescita è
ormai antieconomica, antisociale e antiecologica». La sua chiamata a una «società della
sobrietà» non aveva molte possibilità di ottenere, in tale contesto, il necessario consenso
collegiale.
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Attraverso la circolazione delle nuove idee, sta nascendo in Europa un movimento di
resistenza collettivo f a v or it o da ll ’inte rve nto m a ssi c c io di imprenditori, di filosofi, di
economisti, di gente comune, delle nuove generazioni, i quali combattono per una
nuova etica socio-economica e per la liberazione del lavoro dal giogo del profitto,
aspirando a nuove forme di autogoverno decisamente contrapposte agli attuali sistemi in
cui la politica economica, se guardiamo al modello europeo, è ancora caratterizzata da
un massiccio intervento centralizzato dello Stato.
E così prolificano i blog, le community , na s c ono virtua lm e nte le “ Università del Saper
F a r e ” ; i C omuni de vono fa r f ronte a lun g he li ste di a tt e sa pe r l’a ss e g na z ione de g li Or ti Ur ba ni, si mol ti pli c a no i c or si de l “ sa pe re a gg i ustar e il tut to”, de l ra m mendo e d e l riutilizzo, tutto si ripara e nulla si butta via.
Ogni giorno si snodano per le città cortei e manifestazioni di ribellione denominate
“gentili ” . E si rimette tu tt o in discussi one : le re l a z ioni socia li , la mobilità , l’a mbi e nte urbano, le fonti di energia...”stop! alla velocità, stop! a ll ’auto-a-tutti-i-costi ”.
Le ammirevoli iniziative coordinate e promosse da associazioni come Legambiente,
WWF Italia, Greenpeace e Kyoto Club, sono una vetrina di tutto rispetto per l'Italia
sostenibile. Rammento di aver letto che il 16 giugno de ll ’estate 2013, di domenica
pomeriggio, è stato raggiunto un risultato importante dato che per un paio di ore le
emissioni di gas serra del sistema elettrico italiano si sono azzerate. Per un briciolo di
tempo le energie rinnovabili hanno soddisfatto il 100% del fabbisogno
nazionale facendo precipitare a zero il prezzo dell'elettricità. È la prima volta che accade
in Italia.
Negli ultimi anni si sono moltiplicati i contributi da parte di imprese, istituzioni e
associazioni che hanno adottato in modo concreto, seppure ancora con timidi passi, le
scelte e le misure più rappresentative in termini di sostenibilità ambientale. Sono quelle
realtà socio-economiche che hanno privilegiato le fonti rinnovabili, l’efficienza
energetica e il risparmio, che hanno sostenuto l'agricoltura biologica, quella a
chilometro zero, e che hanno investito nella gestione dei rifiuti e in una nuova mobilità.
Nel campo delle energie rinnovabili, le prospettive per il futuro riguardano
pr incipa lm e nte l’inst a ll a z ione di impianti di dimensione contenuta, piuttosto che la
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creazione di grandi centrali che producono e distribuiscono grandi quantità di energia,
c ome tutt or a a vvien e c on l’e ne r g ia p rove niente d a l petr oli o e a ff ini .
Secondo il progetto della decrescita, la valenza fondament a le de ll ’ a ff e rma z ione:
“ picc olo è be ll o” , ma anche del termine “ r i loca li z z a z ione” , consiste nel nuovo
approccio alle energie rinnovabili in modo del tutto differente e innovativo, attraverso la
costituzione di una rete di tanti piccoli produttori che si collegano tra loro e che a loro
volta divengono consumatori.
Per qua nto ri g ua rda l’ a spetto poli ti c o, questo scenario innovativo e rivoluzionario
determinerebbe un passaggio epocale, dagli autoritarismi energetici tipici di sistemi di
mercato oligo-monopolistici e de ll e “ sette sorelle ” del petrolio, alla democrazia
energeti c a in re t e . Un po ’ c om’ è a c c a duto c on l’i nf or maz ione a se g uit o d e ll a capillare
diffusione di Internet: oggi è quasi impossibile produrre, distribuire, distillare e
controllare dati e informazioni secondo i modelli “totalitaristi ”.
La biodiversità rappresent a il manif e sto c ult ur a le di un’ agricoltura che deve tornare alle
or ig ini . Da ll ’ a g ric olt ur a indus triale a ll ’a g ric olt ur a c ontadina . Anzi, un ritorno in massa
di giovani disoccupati (e di impiegati malati di benessere) al settore primario
de ll ’e c onomia che dalla Rivoluzione Industriale in poi ha conosciuto un lento ed
inesorabile declino a favore del secondo settore economico sino agli anni settanta, del
settore terziario sino alla fine degli anni ottanta, ed infine del nuovo settore economico
nato negli anni novanta, ancora più competitivo: il settore quaternario (o terziario
avanzato), riguardante tutte le attività a elevato valore aggiunto ed elevati contenuti
tecnologici, qua li l’infor matica e la r oboti c a .
I te rmini più ric or re nti ne i dibatti ti c ontempor a ne i sono l’a utoproduz ione e il re c upe r o del sapere artigiano e della produzione dei beni nazionali, la sovranità del benessere, la
lotta agli sprechi, la qualità dei prodotti e della vita nel rispetto della Madre Terra.
L a storia di C laudio, c on tadino “ a ti pico “ de ll a Val Camonica (Brescia), è emblematica:
mentr e svol g e il fa ti c os o mesti e re de l c ontadino se nz a l’util i z z o di mez z i mec c a nici,
parla di meteorologia, di alimentazione consapevole, di prevenzione, delle colture, del
rapporto ancestrale con la natura, del significato del benessere fisico-psichico e del
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condividere (Fonti: Internet - Il mestiere del contadino - ecodellevalli.tv - 6 ottobre
2013).
Dalle ultime notizie apprese da più fonti, il 75 per cento circa del mercato delle sementi
oggi è ancora in mano a cinque multinazionali, le specie di piante coltivate sono
solamente poc o più di 150 e la magg ior p a rte d e ll ’uma nit à si sfa ma c o n non più d i dodici specie. Tuttavia, i contadini, veri custodi della biodiversità, non smettono di
resistere, di scambiare semi, di prendersi cura della terra e di ribellarsi ai mercanti e
all'Ue. Il nuovo testo approvato della Commissione europea, ad esempio, per la prima
volta, dopo le proteste di contadini e cittadini, ha dovuto riconoscere che lo scambio di
semi tra operatori non professionali, è fuori dalla legislazione sementiera. E’ stato u na
sorta di affrancamento dai vincoli posti dai policy maker condizionati dagli interessi di
parte. Molto spesso si avvalora la tesi della scuola di pensiero delle public choices
secondo cui le scelte delle autorità di politica economica sono indirizzate al
perseguimento di obiettivi individuali che non sempre collimano con le aspettative e le
reali esigenze dei membri della collettività, configurandosi, pertanto, un possibile
conflitto tra obiettivi individuali e quelli perseguiti realmente dagli organi di governo.
L a ric e r c a de l c ons e nso sc a tena un sis tema di int e ra z ioni stra teg iche c on l’ e lettora to, pe r
lo più con i gruppi di pressione cui rendere conto del proprio operato, che provoca
principalmente allocazioni inefficienti: la posizione conclusiva di questo filone di
pensiero, è s e nz ’a lt ro qu e ll a de l non int e rve nto d e ll ’a z ione di g ov e rno ne l l’e c onomi a in
quanto non risolutivo delle inefficienze, e non soltanto di tipo economico.
Maurizio Pallante , fonda tore in I t a li a de l movi me nto “ L A DECRESCITA FELICE ” di c ui è tut tora il P re sidente, in un’inter vist a pubbl ica ta sul sit o “ P rone ws.it” , magazine di
Cultura, Innovazione e Società, afferma: “ Dobbia mo li be ra rc i da lla mercificazione del
be ne sser e ”. Pallante afferma anche: “Credo c he c i trovia mo a ll a fine di un’e poc a storica iniziata con la rivoluzione industriale, e la situazione di crisi che stiamo
attraversando sia in realtà la somma di tante crisi: economica, energetica,
occupazionale, morale, etc. Ci sono due soluzioni possibili: o avviene una svolta
radicale o siamo destinati al crollo definitivo della nostra società”. Il 30 agosto 2013 in
provincia di Verona si è tenuta una sua conferenza da l ti tol o “ Crescita infelice o
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decrescita felice ? ” c he h a riscosso un grande successo e grande eco tra il popolo delle
communities.
La decrescita (serena, felice) non viene intesa solo come obiettivo, ma come un lento
processo rivoluzionario che mira ad una riconversione della società contemporanea in
un’entità composta di essere umani, il cui fine principale deve essere principalmente il
c onse g uim e nto del be ne s se re e l’ e se r c iz io delle pr a ti c he de l buon vi ve r e .
L ’ Ar c hit e tt o R icc a rdo D alisi, designer di chiara fama internazionale oltre che artista
tout-court, autore del libro: ” Decrescita. Architettura della nuova innocenza ”
(ed. Corraini, 2009), è stato il protagonista de ll a ra sse g na c ult ur a le “ C ostruire Abitar e P e nsar e ” d e ll ’e diz ione de l 2013. E’ un pe rson a gg io e c letti c o , che ha una spiccata
inclinazione alla manualità e manifesta un rifiuto verso le tecnologie digitali oramai così
imperanti anche nel suo settore; inoltre, sta contribuendo alla realizzazione di progetti a
forte impatto sociale nel campo della formazione sul mestiere artigianale. Nel
frattempo, l’Architetto non si oppone alla modernità, anzi: è notizia dei giorni scorsi che
sia addirittura entrato in contatto con un Istituto giapponese di ricerca spaziale per una
c oll a bora z ione ne ll ’a mbi to di un a mbi z ioso progetto riguardante la realizzazione di
navicelle spaziali. Durante la manifestazione, ha tentato di spie g a r e la sua “ de c re s c it a ” in campo professionale, auspicando un ritorno a ll a “ manualità ” e a un rapporto di
fisicità con il mondo.
L a c ontestaz ione de ll ’A r c hit e tt o si indi riz z a pr incipa lm e nte a l ti po di società cosiddetta
evoluta troppo le g a ta a i bisog ni de ll a pr oduz ione e de l pr of it to, pr otes a a l l’inar re stabil e accumulazione del capitale a cui non sempre corrisponde, però, la piena risposta ai
bisogni della comunità in termini di investimenti, crescita e piena occupazione. Auspica
un ritorno alle origini senza troppe complicazioni mentali, predicando una nuova
poetica che in cui la manualità si allei finalmente con tutti gli altri settori economici.
Personalmente, h o c onosc iut o l’a rg omento della tesi in modo del tutto casuale grazie
agli studi di Economia intrapresi da qualche anno, i quali hanno contribuito a dotarmi di
una spiccata apertura mentale rispetto a discussioni più profonde e a riflessioni di natura
politico-economic a ne ll ’a mbi to de ll a g ra v e crisi ancora in atto, inducendomi a
formulare un pensiero decisamente critico verso la nuova economia e ad acquisire la
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consapevolezza de ll ’impe ll e nte ne c e ssi tà di superare in qualche modo i modelli
tradizionali di crescita entrati in modo preponderante nella politica economica a partire
dal secolo scorso.
Ho percepito il desiderio di un cambiamento radicale, di uscire dal girone infernale della
crisi che nel corso del 2013 ha fatto vivere a buona parte del popolo italiano condizioni
di miseria e di stenti; i dati macroeconomici rivelano una sempre più elevata
disoccupazione, soprattutto giovanile, un preoccupante abbassamento dei redditi e dei
consumi, e l’innalzamento dei livelli di povertà che ha portato, purtroppo, anche a
soluzioni estreme.
Talune situazioni di disagio sociale hanno acuito il fermento socio-politico in Italia e nei
luoghi ove abitualmente risiedo. Poiché abito in una bella località della Val di Susa (in
provincia di Torino), ove si sono originati alcuni movimenti tra cui il più noto e
conosciuto movimento “NO- TAV ” sorto in contrapposizione a ll ’a mbi z ios o pr o g e tt o di
costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità, ho a vuto l’oc c a sio ne entrare in
contatto con talune specifiche realtà della zona, e di assumere notizie ed informazioni in
materia tra le più variegate; ciò mi ha permesso di analizzare il contesto di riferimento
per comprenderne le linee teoriche imperanti in questi periodi bui. In questo modo, ho
scoperto che localmente stanno riscuotendo un grande successo le ipotesi di soluzione al
pr oblema de ll ’usc it a da questa maledetta crisi, ispirate ai nuovi modelli di decrescita
anziché di crescita del Pil, di sviluppo economicamente e socialmente sostenibile
anziché solo profittevole per pochi.
Serge Latouche, principale teorico di questo nuovo filone di studio, parla di decrescita
serena, intesa in senso positivo in quanto non è sinonimo di regressione; egli parla
invece di “a-crescita ” , allo stesso modo in cui si parla di a-teismo quando si abbandona
una religione poiché in questo modo vuole esprimere il processo di distacco dal
progresso e dallo sviluppo capitalistico come abitualmente intesi. Il termine decrescita
nel linguaggio comune si accompagna sempre ad alcuni aggettivi, come in espressioni
quali «decrescita sostenibile» o « decrescita felice»; in francese, anche objection de
croissance, un gioco di parole che vuole avvicinarsi al significato di obiezione di
coscienza, objection de conscience.