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Legge 142/90 sulle autonomie locali, poiché tale legge fornisce con chiarezza i
criteri e le modalità di delimitazione delle aree metropolitane individuate (fra cui
Roma).
A questo punto inizia l’analisi specifica del pendolarismo, un fenomeno molto
complesso che coinvolge un elevato numero di persone che, giornalmente, si
spostano dal luogo d’abituale residenza per motivi di lavoro, di studio, d’affari, ecc.
Si cercherà di analizzare sulla base dei dati tratti dal Censimento generale della
popolazione e delle abitazioni del 1991, gli spostamenti dai comuni limitrofi a
Roma e viceversa.
Bisogna evidenziare, però, che questi dati sono parziali e non danno, quindi, una
conoscenza precisa in assoluto della natura e delle caratteristiche del pendolarismo.
Si fa riferimento, in particolare, nel corso di questo lavoro, alla matrice origine –
destinazione la quale prende in considerazione determinati aspetti del pendolarismo
ed in particolare: il motivo dello spostamento, il mezzo utilizzato ed il tempo
impiegato.
Operando, inoltre, una differenziazione tra il flusso degli studenti e quello degli
occupati, in entrata ed in uscita da Roma, si può rilevare il ruolo ricoperto dal
comune di Roma quale polo attrattivo e allo stesso tempo polo generatore del flusso
pendolare ed inoltre si possono evidenziare quali sono i comuni della provincia
maggiormente interessati da questo fenomeno.
Dopo, quest’analisi specifica, dei dati statistici del Censimento del 1991, si danno
alcuni cenni relativi alla pianificazione dei sistemi di trasporto ed in particolare agli
interventi adottati o che si dovrebbero adottare per migliorare la mobilità a Roma.
Nella terza parte si analizzano le Porte di Roma, quelle poste nel settore orientale e,
precisamente, la Stazione Termini, la Stazione Tiburtina, l’Anagnina, l’Autostrada
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A1 Roma – Napoli e l’Autostrada A24 Roma – L’Aquila.
Attraverso l’analisi dei dati messi a disposizione dal Cotral, dalle Ferrovie dello
Stato e dalle Società Autostradali, si rileverà quante persone giornalmente e
mensilmente giungono alle Porte di Roma.
La quarta parte, infine, analizza il flusso dei pellegrini giunti a Roma in occasione
del Giubileo 2000.
Dall’analisi dei dati forniti dall’Agenzia Romana per la Preparazione del Giubileo
si può cogliere il numero dei pellegrini previsti per quest’occasione.
I dati suddetti sono presi in considerazione per evidenziare il ruolo centrale che
Roma ricopre nell’ambito della mobilità geografica, poiché non è interessata
soltanto dal pendolarismo e, quindi, da relazioni con i comuni limitrofi, ma è anche
luogo d’arrivo di persone provenienti da tutta Italia e dall’estero.
PARTE I
La mobilità geografica
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1. La mobilità: caratteri generali
Due tendenze apparentemente in contrasto determinano la distribuzione degli
uomini sopra la Terra e compongono il quadro dell’ecumene: la stabilità e la
mobilità. La prima esprime l’equilibrio tra il gruppo e l’ambiente; la seconda,
invece, riflette i moti che agitano le società umane, anche quelle apparentemente
più stabili e radicate: se, ad esempio, lo sviluppo demografico di una comunità
rurale supera l’aumento delle risorse, questa rigetterà all’esterno l’eccedenza di
popolazione (Ortolani, 1975).
La mobilità geografica s’effettua attraverso i luoghi, a differenza di quella
professionale che consiste nel cambiare tipo di lavoro e di quella sociale che
consiste nel passaggio da una classe sociale all’altra. Gli spostamenti cambiano in
maniera temporanea o permanente la collocazione delle persone apportando
modifiche sul carattere geografico dei luoghi.
Per il geografo hanno rilevanza tutti i tipi di spostamento che interessano molte
persone e che hanno un carattere regolare e ripetitivo (Gentileschi, 1991).
La mobilità geografica, ossia gli spostamenti della popolazione sul territorio, si
manifesta su due scale diverse:
- La scala spaziale;
- La scala temporale.
In riferimento alla scala spaziale il fenomeno assume determinate caratteristiche,
più precisamente lo spostamento della popolazione può essere:
a) Globale, se riguarda tutto il mondo;
b) Regionale, se riguarda una singola regione (es: la Sicilia) o più regioni (es: la
Sicilia, la Lombardia, il Lazio);
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c) Locale.
In riferimento alla scala temporale si fa una differenziazione tra:
1. Mobilità temporanea nell’ambito della quale rientrano: il turismo che “consiste
nella circolazione d’uomini e redditi su distanze più o meno grandi con mezzi
individuali o collettivi” (1); il pendolarismo che consiste nello spostamento
quotidiano della popolazione per motivi di lavoro o di studio.
Gli spostamenti temporanei comportano il ritorno al luogo di residenza dopo uno
spostamento di breve durata ed hanno pertanto effetti territoriali meno
importanti (Gentileschi, 1991, p. 169).
2. Mobilità permanente nell’ambito della quale rientra il fenomeno della
migrazione che, consiste nel movimento di gruppi consistenti di persone che
abbandonano il luogo d’origine per spostarsi ad altre località.
Gli spostamenti permanenti implicano un cambiamento di residenza per un
periodo, convenzionalmente fissato, di almeno un anno ed hanno quindi un
maggiore effetto sulle aree sia di partenza sia d’arrivo (Gentileschi, 1991, p.
169).
La mobilità geografica può essere analizzata da due punti di vista differenti:
- I geografi della popolazione che ritengono la geografia una “scienza dei luoghi”,
impostano lo studio della mobilità sulla considerazione dei luoghi di partenza,
intermedi e d’arrivo, cioè di tutti gli spazi che sono trasformati e riorganizzati
dagli spostamenti di popolazione;
(1) Piero Innocenti, “Geografia del turismo”, p. 45.
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- I geografi della popolazione, invece, che ritengono la geografia una “scienza
degli uomini”, privilegiano un approccio più legato ai soggetti degli spostamenti
e quindi basato sullo studio dei processi decisionali, del ruolo del migrante, delle
dinamiche demografiche e sociali e degli aspetti relazionali in genere. Si rischia
in questo caso di perdere di vista il rapporto con l’ambiente in cui i movimenti
della popolazione nascono o verso il quale si dirigono (Gentileschi, 1991).
1.1. Tipi di movimento: ciclico, periodico, migratorio
Il movimento, come parte dell’attività umana, assume forme diverse.
La maggioranza delle persone ogni giorno compie spostamenti brevi, ripetuti
frequentemente. Questi spostamenti creano quello che i geografi chiamano “spazio
d’attività personale”. Il movimento, più precisamente, può essere:
a. Ciclico: comporta viaggi che iniziano dal luogo di residenza e ci riconducono
indietro. Si pensi al tragitto giornaliero verso il luogo di lavoro o al tragitto
effettuato ogni giorno della settimana dagli studenti per andare alle lezioni.
Ci sono anche forme stagionali di spostamento ciclico. Si pensi a quelle persone
che ogni anno prendono le ferie nello stesso periodo e affrontano un viaggio che
può coprire migliaia di chilometri e prolungarsi per diverse settimane.
Alcuni spostamenti ciclici, invece, sono irregolari come frequenza. Ad esempio
nel viaggio d’affari le persone occupate nella vendita e nel marketing effettuano
ogni anno numerosi viaggi ma non seguono una cadenza regolare e periodica;
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b. Periodico: comporta viaggi in cui il periodo di permanenza lontano dal luogo
d’abituale residenza è più lungo rispetto ai movimenti ciclici. Si pensi ad
esempio allo studente che deve venire da un’altra città per studiare all’università
che frequenta. L’arrivo per il semestre autunnale e il viaggio di ritorno dopo la
primavera è una forma di movimento periodico;
c. Migratorio: comporta un trasferimento permanente. Si pensi ad un laureato che
decide di accettare un posto di lavoro, ad esempio in un paese straniero, e si
trasferisce là permanentemente. Del movimento migratorio si parlerà più
specificamente nel capitolo successivo.
2. Migrazione, turismo, pendolarismo
2.1. Il movimento migratorio: le cause
La migrazione (che si può manifestare come emigrazione o immigrazione) è il
trasferimento di lungo periodo di un individuo, una famiglia o un gruppo in una
nuova località fuori dalla comunità d’origine.
“ Comprende un trasferimento permanente, un lasciare dietro di sé il passato e un
nuovo inizio”. (1)
(1) Harm J. De Blij, “Geografia umana”, p. 125.
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Le cause principali della migrazione sono molteplici e precisamente:
1. Cause economiche
Il motivo principale sotto la spinta del quale la gente migra da un ambito
geografico ad un altro è proprio quello economico e finanziario: la percezione
dell’opportunità di migliorare le proprie condizioni materiali guadagnando di
più. Nelle grandi migrazioni storiche dei secoli passati, infatti, la prospettiva di
una vita migliore portò decine di milioni di persone dalla loro patria al Nuovo
Mondo ed alle nuove terre dell’emisfero meridionale. Le opportunità d’impiego,
il possibile acquisto di terre erano tra le attrattive dei territori stranieri;
2. Cause politiche
Anche le condizioni politiche hanno generato migrazioni su larga scala. Hanno
contribuito a tali spostamenti espulsioni e fughe. L’emigrazione di più di 50.000
asiatici residenti in Uganda nel 1972, molti dei quali verso il Regno Unito,
derivò dall’improvvisa espulsione decretata dal dittatore del paese, Idi Amin.
Dalla fine degli anni ’70 molte migliaia di cambogiani sono fuggiti dal regime
oppressivo di Phnom Penh verso la Thailandia. Nello stesso periodo, migliaia di
cittadini del Vietnam abbandonavano la loro Patria trasformandosi in “boot
people” che affrontavano il mare verso un destino incerto. Nel 1990, quando fu
smantellato il sistema dell’Apartheid e le organizzazioni dell’opposizione che
erano fuori legge in passato ritornarono ad essere legali, i sudafricani esiliati
cominciarono a tornare nel loro Paese perché erano migliorate le condizioni
politiche;
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3. Conflitti armati
Le guerre civili e i conflitti armati internazionali generano movimenti migratori
anche se in questo caso i migranti, alla fine delle ostilità, rientrano nel loro paese
d’origine. Negli anni ’80, l’intensificarsi dei disordini civili in America centrale,
generò flussi d’emigranti diretti soprattutto negli Stati Uniti. La guerra in
Afghanistan spinse ad andarsene, all’incirca tre milioni di persone, la maggior
parte dei quali, nel 1992, era ancora insediata in Pakistan ed in Iran. Infine, un
conflitto armato di dimensioni civili ed internazionali nel Corno d’Africa ha
prodotto milioni d’emigranti dalla Somalia al Sudan;
4. Cause ambientali
Anche le crisi ambientali (inondazioni, tempeste, terremoti distruttivi, eruzioni
vulcaniche e altre calamità ambientali) portano a migrazioni su larga scala.
Rientra in questo contesto, ad esempio, il ruolo che un prolungato periodo di
piogge eccessive in Irlanda ha avuto nella migrazione di molti cittadini irlandesi
negli Stati Uniti. Esso contribuì a produrre raccolti di patate estremamente bassi,
determinando una carestia e spingendo molti abitanti dei villaggi agricoli ad
abbandonare la terra per andare in America. Si pensi anche a gravi terremoti,
come ad esempio quello che ha colpito San Francisco nel 1989. Comunque le
minacce ambientali che hanno una durata breve ed intensa sono presto
dimenticate, e la gente ritorna a risiedere di nuovo in luoghi soggetti ad
inondazioni, esposti ad uragani, colpiti da terremoti e perfino minacciati da
vulcani.
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Nell’analizzare il fenomeno migratorio si possono individuare due fattori:
a) Fattori di repulsione, in altre parole le condizioni e le percezioni che inducono la
gente ad abbandonare la propria residenza. Tali fattori includono considerazioni
individuali e personali (es.: le condizioni di lavoro, il costo della vita, il tempo, il
clima);
b) Fattori di attrazione, in altre parole le circostanze che attraggono le persone in
determinate località provenienti da altri luoghi. Tali fattori sono più vaghi
rispetto ai precedenti e dipendono da sopralluoghi sul posto.
Nel processo decisionale di migrare, la percezione dell’ambiente di vita e le
informazioni possedute su un ambiente lontano, orientano la preferenza spaziale del
soggetto in diversi momenti:
- Nella decisione di partire agisce la percezione di una situazione di malessere
provocata da una o più cause: mancanza di lavoro o lavoro insoddisfacente,
aspirazione ad un reddito più elevato, deterioramento dell’ambiente in cui si
vive, mutati bisogni familiari, ecc.;
- Nella scelta della destinazione, il migrante cerca di prospettarsi le possibili
alternative e gli ostacoli frapposti;
- Una volta effettuato lo spostamento, la misura del grado di soddisfacimento che
scaturisce dal confronto dell’aspettativa con la realtà, consente di fare un
bilancio, partendo dal quale si decide se restare nella nuova destinazione o
spostarsi ancora.
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2.2. Tipologia delle migrazioni
Una prima classificazione del tipo d’emigrazione è basata sulla correlazione tra
l’emigrazione stessa e la struttura sociale del Paese d’arrivo. Si possono configurare
cinque diversi tipi d’emigrazione. Il geografo americano Wilbur Zelinsky elaborò
una teoria relativa alla tipologia delle migrazioni in cui analizza i legami tra le
migrazioni e il livello socio-economico.
Il primo tipo d’emigrazione è quello della società tradizionale precontemporanea la
quale è caratterizzata da alta natalità, alta mortalità, scarsa mobilità.
Il secondo tipo è quello della società paleocapitalista la quale è caratterizzata da alta
natalità e dalla diminuzione della mortalità. In questo stadio inizia un movimento di
massa dalla campagna verso la città e verso l’estero.
Il terzo tipo è quello della cosiddetta fase di transizione la quale è caratterizzata da
bassa natalità e bassa mortalità. Prosegue il movimento dalle campagne alla città,
pur essendo ormai ridotto a poca cosa perché le zone rurali si sono impoverite.
Cessa l’emigrazione esterna e inizia l’immigrazione.
Il quarto tipo è quello della società in cui il capitalismo moderno è in pieno
sviluppo (noi ci troviamo in questa fase) la quale è caratterizzata da una contrazione
della popolazione. Tra le città c’è un’alta mobilità, mentre il movimento dalla
campagna alla città cessa del tutto. C’è una forte immigrazione.
Nel quinto tipo d’emigrazione, nel Paese d’arrivo si è di fronte ad una forte ripresa
demografica conseguente all’immigrazione.
“Un altro modo di classificare le migrazioni è basato sulla distanza percorsa e sulla
durata della permanenza. Spesso si è parlato di migrazioni transoceaniche: nella
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fase del popolamento dei nuovi continenti e poi in quella dell’ascesa del potenziale
economico le migrazioni mondiali sono state prevalentemente di questo tipo.
Nel periodo odierno è la migrazione a breve distanza a prevalere pur continuando a
coesistere con quella di lunga distanza”. (2)
Anche il periodo di permanenza è in qualche modo collegato alla distanza. Le
migrazioni transoceaniche hanno una lunga durata: possono essere definitive o
vitalizie, ossia durare per tutto il ciclo lavorativo di un uomo il quale poi trascorrerà
i suoi giorni da pensionato al Paese natale.
Ci sono migrazioni stagionali, quelle annuali e poliennali con frequenti ritorni al
Paese natale per ferie o per reinserirsi nel sistema economico di casa propria.
2.3. La migrazione dal punto di vista sociologico
La sociologia ha affrontato il problema delle migrazioni cercando di fare luce sulla
consistenza e le direzioni del fenomeno, sulle sue motivazioni, ecc.
L’aspetto più indagato è sempre stato, però, quello dell’integrazione dell’immigrato
nella società di destinazione. A questo proposito la teoria sociologica tradizionale,
nata dall’osservazione dei movimenti migratori dell’ottocento e del primo
novecento, sottolinea che l’integrazione dell’immigrato è tanto più difficile quanto
maggiore è la distanza culturale fra la società di provenienza e quella di
destinazione; che gli immigrati tendono a formare gruppi chiusi, spinti da un
sentimento d’ostilità verso la società ospite e dal convincimento della superiorità
(2) Costantino Caldo, “Geografia umana”, p. 223.
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della propria cultura d’origine; che, in ogni caso, l’integrazione economica precede
quella sociale.
Negli studi più recenti, invece, non sempre queste affermazioni riscuotono credito;
da più parti si pone in evidenza il fatto che negli ultimi decenni gli scambi fra
culture diverse, anche grazie allo sviluppo enorme delle comunicazioni di massa, si
sono fatti più frequenti e intensi, e di conseguenza l’integrazione degl’immigrati ai
valori propri delle società industriali avanzate è più facile e rapida.
2.4. Il turismo: definizione ed evoluzione storica
“ Il turismo è praticato da chi si sposta dal luogo abituale di vita e di lavoro verso
un’altra località, con lo scopo di arricchire le proprie conoscenze, oppure di
migliorare la propria salute o ancora di divertirsi ed evadere dai normali
comportamenti della vita quotidiana.
Dal punto do vista economico il turismo si configura come acquisto di un insieme
di servizi legati a tali spostamenti e al raggiungimento dei relativi obiettivi (svago,
riposo, cure ecc.) ”. (3)
Non è facile stabilire con esattezza la data d’inizio del turismo in quanto molti
viaggi compiuti in età classica non presentavano i requisiti fondamentali del
turismo in senso proprio che sono il diporto e l’interesse culturale.
Comunque si può affermare che già presso alcune antiche civiltà (egizia, greca,
romana) ci fosse qualche tipo di spostamento per motivi religiosi, di studio,
(3) S. Conti, G. De Matteis, C. Lanza, F. Nano, “Geografia dell’economia mondiale”, p. 291.
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sportivi, di cure termali, praticato da persone appartenenti alle classi superiori.
Durante il periodo medievale oltre ai pellegrinaggi dei cristiani verso i luoghi santi
e a quelli dei musulmani verso la Mecca assunsero importanza, dopo la fondazione
delle prime università, i viaggi di studenti. In questo periodo, inoltre, nei maggiori
centri europei comincia a svilupparsi un’organizzazione ricettiva di tipo
alberghiero.
Dal cinquecento in poi si hanno molti esempi di viaggi a fini culturali in quanto si
manifesta nelle persone il desiderio di arricchire il proprio spirito con esperienze
personali.
Tuttavia modificazioni rilevanti nel turismo si hanno soltanto in seguito alla
rivoluzione industriale e al conseguente affermarsi della civiltà urbana e di più
moderne comunicazioni. Decisivo per l’allargamento del turismo ad un numero più
vasto di persone fu l’avvento della ferrovia e in particolare l’istituzione in Gran
Bretagna di excursion trains che consentirono le gite al mare non solo ai benestanti
ma anche a più larghi strati di popolazione.
Bisogna attendere il periodo infrabellico per far sì che il turismo si estenda ad una
massa sempre più vasta di persone. Il turismo, allora, diventò un’attività sociale.
Dopo la seconda Guerra Mondiale la diffusione nei Paesi economicamente più
evoluti dell’automobile e l’affermazione dei voli transcontinentali e transoceanici
permettono di raggiungere facilmente qualsiasi regione del mondo.