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L’idea che sia sufficiente una mera “copertura” penale
del fenomeno, realizzata attraverso reati generici, contraddice
lo spirito della Convenzione, che si propone di sottrarre la
tortura alla logica dell’ordinaria amministrazione, mettendo in
luce la sua speciale gravità e la necessità di una risposta
specifica .
Questo stato di cose rende inoltre problematico il
rispetto da parte italiana di alcuni fra i più importanti
contenuti della Convenzione contro la tortura: sembra infatti
improbabile che possano essere previste “ pene appropriate che
tengano conto della grave natura del reato” se quel reato non è
neppure previsto autonomamente. E non è chiaro, anche se la
legge italiana di esecuzione della Convenzione contiene una
norma specifica sul punto, come il giudice penale italiano
possa esercitare la propria giurisdizione universale, se non è
prevista una fattispecie specifica di riferimento.
3
Del resto sono i fatti a dimostrare che l’attuale stato di
cose non è soddisfacente. I rapporti di Amnesty International
rivelano non solo che la tortura è presente nel nostro paese ma,
ancor più, l’inadeguatezza della risposta delle istituzioni
italiane al fenomeno. Di fronte ai non pochi casi denunciati, il
numero esiguo e la povertà di risultati dei procedimenti
giudiziari, dovuta anche alla scarsa gravità delle imputazioni
formulate, costituiscono un’indicazione del mancato
funzionamento del sistema attuale.
Con la ratifica italiana dello Statuto della Corte penale
internazionale vi è un motivo in più per prevedere il reato
specifico di tortura e le relative pene. La Corte infatti potrà
giudicare a condizione che gli Stati non vogliano o non siano
nelle condizioni di farlo. Il rischio che la giurisdizione penale
su fatti di tortura sia sottratta all’Italia dalla Corte dovrebbe
pertanto costituire un ulteriore stimolo ad adeguare la nostra
legislazione.
4
Dopo queste brevi considerazioni mi sembra
opportuno definire il fenomeno “ tortura”. Al riguardo è
necessario usufruire della definizione contenuta nella
Convenzione delle Nazioni Unite del 1984.
In base all’art 1 di essa per “tortura” si intende ogni atto
mediante il quale siano inflitti intenzionalmente a una persona
dolore o sofferenze gravi, sia fisici che mentali, allo scopo di ottenere
da essa o da un’altra persona informazioni o una confessione, di
punirla per un atto che essa o un’altra persona ha commesso o è
sospettata di aver commesso, per intimidirla o sottoporla a
coercizione o intimidire o sottoporre a coercizione un’ altra persona o
per qualunque ragione che sia basata su una discriminazione di
qualsiasi tipo, a condizione che il dolore o la sofferenza siano inflitti
da o su istigazione o con il consenso o l’acquiescenza di un pubblico
ufficiale o latra persona che svolga una funzione ufficiale. Non
5
comprende il dolore o la sofferenza che risultino esclusivamente da, o
siano inerenti o incidentali rispetto a sanzioni lecite
3
.
La tortura , sempre per la Convenzione del 1984,
costituisce una forma aggravata e deliberata di pene o di
trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
Amnesty International ha commentato tale definizione
riconoscendo che per la prima volta è stata ammessa a far
parte della proibizione internazionale contro la tortura l’idea
del causare serie sofferenze “mentali”.
Gli scopi menzionati sono quindi ampi, comprendendo
non solo l’estorsione di confessioni o informazioni, ma anche
atti finalizzati a punire o intimidire la vittima.
Comunque l’esclusione da tale proibizione di “sanzioni
legali” apre uno spazio potenzialmente pericoloso a
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Testo contenuto nell’art 1 della Dichiarazione sulla protezione dalla tortura e da altra pena o trattamento
crudele, inumano e degradante adottata dall’ ONU nella risoluzione 3.452, xxx del 9 dicembre 1975 e
trasformata in Convenzione nel 1984.
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disposizioni dei governi, spazio che è solo in parte coperto dal
riferimento alle Regole Minime.
La definizione non cerca di chiarire precisamente cosa
si intenda “per trattamento o pena crudele, inumana e
degradante “, sebbene si dica che la tortura è una forma
aggravata e deliberata di tale trattamento. I tentativi giudiziari
di interpretare questi concetti e distinguere tra essi si sono
dimostrati problematici. I principali dibattiti alle Nazioni
Unite dimostrano che i rappresentanti dei Governi hanno
accettato che la frase trattamento o pena crudele o degradante
non fosse chiaramente definibile e che il suo raggio di
applicazione dovesse essere esteso. Le Nazioni Unite hanno
confermato tale intenzione nel 1979, adottando un commento
all’art 5 del codice di condotta per pubblici ufficiali, che
dice:”il termine trattamento crudele, inumano o degradante
non è stato definito dall’Assemblea generale, ma deve essere
esteso alla più ampia protezione possibile contro gli abusi sia
fisici che mentali.
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L’art 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950
afferma testualmente:<< Nessuno può essere sottoposto a
torture o pene inumane e degradanti>>.
La Costituzione della Repubblica Italiana ribadisce
ripetutamente tale concetto e lo amplia. Nell’ art 13, infatti, si
afferma che è punita ogni violenza fisica e morale sulle
persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. Più
avanti l’art 27 stabilisce che le pene non possono consistere in
trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato.
Purtroppo anche la Repubblica Italiana, nonostante
l’esistenza di un saldo sistema di garanzie democratiche,
appare più volte citata negli elenchi di paesi in cui
annualmente si verificano episodi di tortura (vedi nota pag.1).
Tutto ciò può avvenire non soltanto a causa
dell’estrema vaghezza dei principi fondamentali, così
retoricamente affermati nelle varie definizioni normative
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esistenti ma anche a causa della ragion politica, che tende
sempre a far valere la forza sulla ragione ed il raggiungimento
del fine sulla scelta dei mezzi.
Un’altra motivazione che spinge sovente ala tortura è
costituita dalla cultura prevalente che tende a stabilire una
gerarchia di valori. Ma se i valori non hanno tutti la stessa
valenza allora è facile che essi si subordinano l’uno all’altro e
che talvolta entrino addirittura in conflitto
4
.
Spesso si pone il problema tra l’offesa a una persona e
l’offesa ad una collettività, tra la salute del singolo e quella di
molti, tra la vita di uno o di pochi e la vita di molti. Quindi è
naturale che la persona che si trova di fronte a simili dilemmi
possa tentare di risolverli scegliendo il bene che gli sembrerà
più giusto proteggere, anche ad onta dell’offesa che il suo
comportamento potrà arrecare ad un altro bene vissuto però
come meno importante.
4
F.Ferracuti e altri:<< Trattato di criminologia, medicina legale e psichiatria forense, vol 12, cap 9,
Giuffrè, 1988
9
Ricerche ormai classiche di psicologia sperimentale
dimostrano come una grande percentuale di soggetti ( la
maggioranza ) possa, indeterminate circostanze, trasformarsi
in un vero e proprio torturatore, purchè l’azione aggressiva
possa essere inserita in un contesto sociale favorente e
legittimante. La gerarchia tra i valori consente di legittimare
qualsiasi malefatta, mentre il conformismo, l’abitudine alla
dipendenza e la gerarchia tra le persone consentono di
favorire anche i comportamenti più abietti. Quando l’altro
viene spogliato della propria umanità e rivestito degli abiti del
<< diverso >>, perché alieno, egli viene a perdere il connotato
di soggetto per assumere quello di oggetto, e quindi può
essere sottoposto a qualsiasi tortura senza alcun senso di
colpa.
I modi di arrecare tortura ad una persona sono infiniti
e nessun codice penale li può prevedere tutti. In questo senso
una definizione vale l’altra, perché tutte, per essere tali,
devono essere necessariamente onnicomprensive e quindi
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vaghe. Ogni tentativo di oggettivare meglio una definizione
comporta la necessità di scegliere alcuni elementi rigettandone
altri e quindi viene per forza a limitare il campo dei
comportamenti proibiti. Per questo motivo, come afferma
anche il Ferracuti, un definitivo abbandono delle pratiche della
tortura potrà avvenire solo quando si sia verificato un grande
cambiamento culturale nella concezione che l’uomo ha di se
stesso, dello Stato e della giustizia. Perché la tortura possa
scomparire dall’orizzonte dell’umanità sarà necessario che sia
assicurato a tutti il rispetto della dignità, della libertà e della
natura dell’uomo, senza conflitti con la collettività.
Quindi la tortura è un fenomeno negativo che affonda
le sue radici in epoca molto antica, risalente addirittura alle
popolazioni primitive e all’antica Roma.
Essa produce effetti devastanti sotto diversi punti di
vista; infatti non lede soltanto la sfera psico-fisica
dell’individuo sottoposto a tortura ma anche e soprattutto
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danneggia l’intero tessuto sociale di una nazione e ne
penalizza le strutture.
Amnesty International, nel 1980 , ha distinto le seguenti
precondizioni sociali che possono favorire l’uso sporadico o
sistematico della tortura:
- situazioni di emergenza presentate come tali
all’opinione pubblica, con conseguenti legislazioni speciali o
eccezionali.
- regimi autoritari o << forti >>, tendenti ad annullare o
a limitare drasticamente i diritti civili e i margini del dissenso.
- regimi << deboli >>, tesi a mantenere ad ogni costo il
proprio potere.
Sempre per la stessa organizzazione, gli scopi
sottintesi o dichiarati della pratica della tortura possono essere
riassunti nei seguenti:
- l’estorsione di confessioni direttamente dalla vittima
o indirettamente attraverso parenti o amici.
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- l’intimidazione individuale o generalizzata non più
ai fini inquisitori o punitivi, ma di prevenzione e dissuasione
rispetto a qualsiasi attività di disturbo.
Questo secondo aspetto è diventato in molti casi
prevalente, sicchè la tortura è diventata sempre più parte
integrante della strategia di sicurezza del potere.
Non è facile classificare i diversi tipi di tortura,
perché, in ogni tipo di applicazione, tali differenti metodi si
sovrappongono e tendono alla produzione dell’effetto finale
che è essenzialmente di natura psicologica.
Amnesty International indica la seguente tipologia:
- tortura fisica, più tradizionalmente rivolta a
sollecitare dolore fisico.
- tortura psicologica, atta soprattutto a stimolare in
maniera devastante i meccanismi dell’ansia della paura, della
solitudine, della disperazione.
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- tortura farmacologia, tesa a debilitare e, al limite,
distruggere l’equilibrio psico-fisico ed il senso stesso della
personalità mediante la somministrazione di farmaci.
Ciascuna delle forme di tortura elencate può essere
<< giustificata >> dall’intento di perseguire alcuni valori o
dalla necessità di raggiungere determinati obbiettivi accettati e
condivisi. Tra questi si possono citare: la sicurezza, l’ordine ,
la giustizia, la salvezza, l’evoluzione, la salute, l’educazione,
la scienza, la disciplina, l’efficacia,il progresso, etc.
L’uso della tortura è dunque estremamente diffuso e
riguarda molteplici e diverse realtà nazionali, a prescindere
dal loro sistema di organizzazione sociale e di strutturazione
politica.
Dai rapporti di Amnesty International, che si
riferiscono agli anni 70’ e 80’ si può notare che almeno 117
paesi su 156 sono stati denunciati per aver violato i diritti
umani
5
.
5
Per una più ampia descrizione dei fatti avvenuti vedere capitolo 2
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La << mappa di coercizione >>di Biderman, citata nel
rapporto di Amnesty International del 1975, registra un dato
schiacciante e letteralmente pauroso di questo fenomeno.
Infatti costituisce un chiaro esempio di come tutte le attività
che possono costituire tortura si realizzino senza ricorrere
necessariamente a maltrattamenti fisici o alla inflazione
deliberata di sofferenze.
L’ isolamento ne è una dimostrazione e un chiaro
esempio. Infatti attraverso esso, quale metodo generale, si
realizzano determinati effetti, o meglio scopi, quali deprivare
la vittima di qualsiasi sostegno sociale alle loro capacità e
resistenza. Inoltre sviluppa un’intensa preoccupazione per se
stessi e rende la vittima dipendente dalla persona che conduce
l’interrogatorio.
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Ma questo non è certo il solo. Si annoverano altri
quali:la minaccia, la dimostrazione di onnipotenza, al
manipolazione della percezione, etc. tutti metodi che
determinano tortura senza infliggere sofferenze fisiche.
Quindi da questi dati emerge sicuramente la vastità e
la negatività di tale fenomeno che sta sconvolgendo l’intero
pianeta ormai da troppo tempo.