Introduzione
Supponiamo di detenere una ricchezza iniziale; la decisione che
dovremo prendere è se mantenere intatto il nostro patrimonio (cioè
evitare qualsiasi forma di rischio che potenzialmente potrebbe
modificare le nostre risorse in negativo o in positivo) o investire la
totalità, o una parte delle nostre disponibilità, sperando di conseguire
ulteriori guadagni. Da questo punto di vista vi sono moltissime
possibilità tra cui scegliere e gli operatori decideranno in base alle
proprie esigenze; in particolare gli investitori si distinguono in soggetti
avversi al rischio (cioè coloro che preferiscono una quantità certa a una
aleatoria), propensi al rischio (ossia coloro che preferiscono una quantità
incerta a una sicura) o neutrali al rischio (vale a dire coloro per i quali è
indifferente investire o no).
Con la teoria moderna di portafoglio, gli operatori hanno iniziato a
diversificare i propri investimenti e negli ultimi cinquanta anni sono stati
elaborati nuovi modelli; il più famoso è il Capital Asset Pricing Model
che ha avuto molto successo tanto in ambito accademico quanto poco
nel mondo reale degli scambi finanziari. A questo sono seguiti nuovi
strumenti e linee guida per gli operatori in grado di incorporare le
aspettative degli investitori a partire da rendimenti di equilibrio desunti
dal mercato; lo scopo ultimo è chiaramente quello di eliminare la
maggior parte delle distorsioni che portano ad errori di stima maggiori.
Con la crisi attuale molte delle teorie valorizzate in passato sono state
messe in discussione, com’è accaduto per la gestione di allocazione
delle attività media-varianza. Inoltre, l’accresciuta volatilità dei titoli e il
calo dei rendimenti azionari, hanno richiesto la necessità di nuove
soluzioni per limitare i danni dovuti alla recessione.
Di recente viene sempre più utilizzato il modello denominato Risk
Parity, o modello a parità di contributo di rischio, in grado di ripartire
equamente il peso del rischio tra le componenti che costituiscono il
portafoglio. Questo sistema consente di attenuare le eventuali perdite
dovute all’andamento negativo di alcuni titoli, così da salvaguardare
l’investitore nel caso in cui il mercato sia molto volatile.
Nel corso di quest’analisi, esamineremo diversi modelli di investimento;
entrando nello specifico, la tesi è strutturata così: nel primo capitolo
riprendiamo la teoria di Markowitz soffermandoci sugli effetti della
diversificazione, per poi introdurre il CAPM, seguito da un esempio
pratico. Nel secondo capitolo deriveremo la formula principale del
modello di Black-Litterman e studieremo diversi casi a seconda delle
previsioni degli investitori. Nel capitolo successivo cercheremo di
spiegare il nuovo modello del Risk Parity e vedremo come sfruttare tale
criterio per la suddivisione dei pesi tra le attività. Infine nel quarto
capitolo confronteremo i tre modelli considerati con un esempio che
considera due periodi distinti: uno antecedente la crisi del 2008 e l’altro
durante la crisi economica attuale. L’analisi verrà condotta analizzando
dieci titoli azionari desunti dal FTSE MIB, dal Nasdaq e infine dal Dow
Jones. Attraverso i calcoli svolti interamente con l’ausilio di Matlab,
troveremo una relazione tra il grado di avversione al rischio
dell’investitore e lo scarto tra i rendimenti nei due periodi considerati e
giungeremo a un’interessante conclusione.
1
Capitolo 1
Dalla teoria di Markowitz al
CAPM
1.1 Introduzione
La teoria moderna della scelta di portafoglio o, per brevità, (TP), fu
introdotta da Harry Markowitz nel 1952. È infatti all’economista
statunitense che si deve il primo contributo alla definizione e al
successivo sviluppo dei modelli di allocazione delle attività. Prima di
tale teoria, gli investitori incentravano le proprie attenzioni sulla
valutazione dei rischi e dei benefici dei singoli strumenti che
componevano il portafoglio. Sostanzialmente si identificavano quei titoli
in grado di offrire migliori opportunità di guadagno con il minimo
rischio e quindi costruire un portafoglio con essi. Tuttavia questa analisi
non proteggeva gli investitori da eventuali rischi dovuti alla perdita del
titolo designato esponendoli a gravi perdite. Markowitz formalizza la
sua intuizione attraverso la diversificazione del portafoglio; gli operatori
possono infatti concentrare le proprie attenzioni sull’analisi (uni-
periodale) dei rendimenti dei vari titoli e trattarli alla stregua di variabili
casuali, alle quali assegnare determinati valori attesi, deviazione
standard e grado di correlazione. Sulla base di questi dati, sarà possibile
calcolare il rendimento atteso e la volatilità di un portafoglio di titoli,
procedendo al bilanciamento ottimale dei rischi e dei rendimenti. Da
queste considerazioni nasce la frontiera efficiente dei portafogli.
James Tobin (1958) ha ampliato il lavoro di Markowitz con l’aggiunta
di un titolo privo di rischio e la conseguente formulazione di una
frontiera efficiente e della linea del mercato dei capitali caratterizzata da
2
portafogli in grado di registrare performance superiori a quelli giacenti
sul tratto crescente della curva d’inviluppo.
Pochi anni dopo (1964) Sharpe formalizza il Capital Asset Pricing
Model (CAPM). La formulazione standard di questo modello di
equilibrio è stata proposta da Sharpe nel 1964; nel 1965 il modello è
stato sviluppato in maniera indipendente da Lintner e successivamente
da Mossin(1966). In accordo con quanto afferma il CAPM, tutti gli
investitori deterranno una combinazione di due attività: il portafoglio di
mercato e l’attività priva di rischio.
La teoria di portafoglio fornisce gli strumenti per comprendere le
possibili interazioni tra rischio e rendimento. La matematica alla base
della teoria di portafoglio è utilizzata nella gestione dei rischi finanziari
e rappresenta ad oggi l’unico precursore di tutti i modelli sorti per
garantire agli investitori portafogli ottimali.
3
1.2 Il paradigma di Markowitz
Il paradigma media-varianza di Markowitz (1952) rappresenta in
assoluto la formulazione maggiormente diffusa del problema di scelta di
portafoglio. In questo capitolo si illustrano le basi della moderna teoria
di portafoglio. Per iniziare, consideriamo N attività rischiose e
un’attività priva di rischio con rendimento dato definiti, rispettivamente,
con
e
. Da questi due elementi, definiamo l’eccesso di rendimento,
ossia:
Assumiamo che
sia una variabile i.i.d. con momenti costanti. Infine
denotiamo la matrice di covarianza con . E’ opportuno poi individuare
un parametro in grado di indicare lo scostamento di un rendimento
effettivo da quello atteso. A tal fine viene utilizzata la varianza del
rendimento, che indichiamo con:
∑
∑ ∑
Dove
rappresenta il peso dell’i-esima componente del portafoglio. La
varianza è funzione delle singole varianze dei rendimenti, delle
covarianze tra i titoli e dei pesi dei titoli presenti nel portafoglio. La
covarianza è espressa come:
∑(
) (
)
Dove indichiamo tra parentesi la differenza tra i tassi di rendimento dei
titoli i e j (
e
) e i rispettivi rendimenti attesi (
e
). È possibile
generalizzare la varianza in forma matriciale ottenendo:
4
Supponiamo che gli investitori possano decidere di investire la propria
ricchezza tra le N attività rischiose. In assenza di un titolo privo di
rischio, il problema media-varianza consiste nella scelta dei pesi di
portafoglio
, che rappresentano l’allocazione relativa di ricchezza
dell’investitore in ciascuno degli N titoli rischiosi.
L’obiettivo dell’investitore consiste nel minimizzare la varianza dei
rendimenti di portafoglio, quest’ultimi espressi come
, per un
determinato rendimento atteso di portafoglio:
[
]
,
s.v.
[
]
,
.
Il primo vincolo della (2) fissa un determinato obiettivo di rendimento
mentre il secondo vincolo impone che la somma dei pesi sia pari a uno.
È ora possibile impostare la Lagrangiana:
(
)
(
)
(
)
( )
(
)
(
)
Dalla quale otteniamo la soluzione:
dove:
Sostituendo otteniamo che:
(2)
(1)
5
dove rappresenta un vettore con elementi pari a 1 di dimensione
appropriata ( ) e dove:
;
;
.
La varianza minima del portafoglio sarà quindi:
In particolare per ogni
si ha un portafoglio ottimale, composto dal
vettore dei pesi w e rischio minimo pari a:
√
Il paradigma di Markowitz offre due importanti intuizioni:
1. Illustra l’effetto della diversificazione. Attività imperfettamente
correlate possono essere messe in relazione dentro portafogli
con determinate caratteristiche dei rendimenti attesi.
2. Markowitz mostra che, quando un portafoglio è diversificato, è
possibile raggiungere rendimenti attesi più elevati solo
attraverso allocazioni estreme, ovvero aumentando il rischio.
Nella figura 1 rappresentiamo la porzione di insieme che costituisce la
frontiera efficiente; la parte interessata è quella superiore al portafoglio
di varianza minima (Global Minimum Variance Portfolio, GMVP). In
particolare la figura 1 raffigura il caso in cui non sia possibile prendere o
investire al tasso privo di rischio.