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1.1.2. LA ZONAZIONE (TRATTO DAL LIBRO “FRANCIACORTA, UN VINO, UNA TERRA”)
La possibilità di ottenere un vino migliore di altri ottenuti attraverso la medesima vinificazione,
da terreni limitrofi coltivati con lo stesso vitigno, può essere spiegata da quello che è il concetto
fondamentale di "terroir", che riunisce in sé l'interazione vigna-uomo-terreno-clima.
Proprio al fine di dar corpo a questo concetto, per certi versi filosofico, di terroir, nel 1992 un
gruppo di aziende vitivinicole iniziò un lavoro di zonazione della Franciacorta che, nell'arco di
quattro anni, portò alla luce straordinarie scoperte che ancora oggi rivestono un importante
rilievo pratico per tutti i produttori franciacortini.
Questa ricerca è stata condotta grazie al contributo determinante del Prof. Attilio Scienza e
dell'Università di Milano. È stato svolto un lavoro certosino che ha permesso di mettere in
relazione tutte le informazioni pedologiche e climatiche, le analisi dei mosti e dei vini e le
degustazioni dei campioni, al fine di individuare delle unità vocazionali all'interno delle quali
le vigne si comportassero in maniera omogenea.
Quest’attività si è concretizzata attraverso l'analisi di 900 ettari di vigneti con 250 trivellazioni,
39 profili dei suoli fino a 250 metri di profondità e 800 campioni per determinare le curve di
maturazione, 1.800 analisi su mosti, 390 analisi fogliari e 75 micro vinificazioni.
Da questo lavoro si evince come la Franciacorta sia caratterizzata da sei unità paesaggistiche e
da ben quattro tipologie di suoli che qui di seguito si va ad elencare:
▪ Unità paesaggistiche:
− Fluvio-glaciali orientali;
− Moreniche antiche, dovute al primo periodo di glaciazione;
− Moreniche recenti, dovute all’ultimo periodo di glaciazione;
− Cordoni e piane di ritiro;
− Colline calcaree e colluvi;
− Torbiere del Sebino.
▪ I terreni sono invece denominati:
− Fluvio-glaciali, caratterizzati da depositi grossolani, suoli sottili e moderatamente
profondi;
− Morenici, con suoli mediamente profondi presenti su versanti di piccola pendenza;
− Morenici sottili, presenti su versanti con pendenza elevata;
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− Fini, costituiti da suoli limosi e profondi dei cordoni e delle piane di ritiro del
ghiacciaio del Sebino.
I suoli si caratterizzano da pH fortemente basici dei calcari marnosi delle colline vicino alla
città di Brescia a pH tendenzialmente alcalini o neutri nei terreni limosi delle piane di ritiro.
Queste differenziazioni sono state e sono tutt’ora fondamentali per determinare il portainnesto
più efficace su cui innestare la marza dei vitigni europei e per caratterizzare dei sintomi
vegetativi in campo, discriminando le carenze nutrizionali dalle malattie crittogamiche.
Incrociando le sei unità pedo-paesaggistiche con le diverse tipologie di suolo sono state
determinate queste sei unità vocazionali:
Figura 1.6, Dolci colline bucoliche dell'anfiteatro morenico franciacortino. Fonte: Archivio fotografico
Consorzio di tutela del Franciacorta DOCG
Figura 1.7, Colline calcaree di Gussago. Fonte: Archivio fotografico
Consorzio di tutela del Franciacorta DOCG
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− Depositi fini: suoli profondi, scheletro scarso, tessitura franco-limosa o franco-limosa-
argillosa, reazione subalcalina e drenaggio mediocre;
− Fluvio-glaciale: suoli moderatamente profondi, limitati da un substrato ghiaioso-
sabbioso, tessitura franca, localmente franco-sabbiosa o franco-argillosa, reazione
neutra e buon drenaggio;
− Colluvi distali: terreni profondi, con scheletro da assente a comune, tessitura franca in
superficie, franco-argillosa oppure franco-limosa-argillosa in profondità, reazione da
neutra a subalcalina e buon drenaggio;
− Morenico profondo: suoli generalmente molto profondi, con scheletro da comune ad
abbondante, tessitura franca o franco-sabbiosa in superficie, franca o franco-argillosa in
profondità con reazione subacida e buon drenaggio;
− Colluvi gradonati: suoli profondi con scheletro da scarso a frequente, tessitura franco-
argillosa in superficie, argillosa o franco-argillosa in profondità con reazione
subalcalina e drenaggio buono;
− Morenico sottile: terreni poco profondi e sottili, limitati da un substrato sabbioso-
limoso con ghiaie e ciottoli, sovente molto compatto; scheletro da frequente ad
abbondante, tessitura franco-sabbiosa o franca, reazione subalcalina o alcalina,
drenaggio moderatamente rapido o rapido con rischio di stress idrico estivo.
Figura 1.8, Carta Vocazionale del Franciacorta DOCG. Fonte:
Consorzio per la tutela del Franciacorta DOCG
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A queste sei unità vocazionali sono stati associati tutti gli aspetti vegeto-produttivi, qualitativi
ed organolettici. Nei depositi fini, fluvio-glaciale e colluvi distali vi è una maggiore vigoria
delle vigne e una produttività più elevata, espressa attraverso un maggior numero e peso dei
grappoli. Nei terreni morenico profondo e in quelli colluvi gradonati si è invece notato un
potenziale vegetativo e una produttività intermedi.
Infine, sulle dolci colline caratterizzate da un terreno morenico sottile è presente il potenziale
vegetativo più basso, con il carico produttivo più contenuto: pertanto, in questi vigneti potremo
osservare una minor fertilità dei germogli e un peso inferiore dei grappoli. Questi terreni sono
ben differenziati dagli altri dal punto di vista visivo poiché l’erba nei filari cresce stentata, mai
vigorosa.
Da un punto di vista qualitativo, invece, nei depositi fini si può notare una minor precocità di
maturazione, con uve caratterizzate da valori di pH e di zucchero tendenzialmente bassi,
accompagnati da un’ottima acidità titolabile.
Nei depositi fluvio-glaciale la precocità di maturazione è intermedia, così come i valori di pH;
quelli zuccherini rimangono abbastanza bassi.
I colluvi distali si caratterizzano per una precocità di maturazione media, a maturità tecnologica
i valori di pH delle uve sono bassi e quelli zuccherini risultano medi.
I terreni morenico profondo e colluvi gradonati sono accumunati da una precocità intermedia
di maturazione, i livelli zuccherini tendono ad essere alti e i valori di pH medi.
Infine, nel morenico sottile vi è una maggior precocità di maturazione, valori di pH
tendenzialmente alti alla maturità tecnologica così come quelli zuccherini.
In ultima istanza, dal punto di vista organolettico, i Franciacorta provenienti dai vigneti ubicati
sui depositi fini tendono ad avere spiccati sentori floreali, una buona persistenza olfattiva con
modeste note speziate-vegetali e di frutta secca: questo risultato comporta una complessità non
particolarmente elevata.
L’unità fluvio-glaciale si caratterizza per vini con note fruttate secche evidenti, meno spiccati
sono i sentori speziati, floreali e vegetali; complessità e persistenza sono nella media.
I vini provenienti dai colluvi distali sono i più floreali, con le altre note aromatiche nella media
e una complessità risultante medio-bassa.
Il morenico profondo tende a esaltare maggiormente la nota di frutta secca, come l’unità fluvio-
glaciale, ma si differenzia per le spiccate note speziato-vegetali, con persistenza e complessità
relativamente elevate.
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I colluvi gradonati sono i terreni che apportano ai vini maggior persistenza e complessità, con
note equilibrate di frutta secca, speziato-vegetali e floreali.
Per finire, le bollicine che provengono dal morenico sottile hanno mediamente una nota
speziato-vegetale evidente, media la nota di frutta secca, come la persistenza, bassi sono i
sentori floreali ed elevata è la complessità.
Al fine di sfruttare al meglio questo patrimonio naturale (e culturale), ogni cantina in
Franciacorta tende a vinificare separatamente ogni singola vigna, usando anche dei metodi di
vinificazione o materiali di affinamento diversi (come l’acciaio, il cemento, il legno, la
ceramica), in modo da avere decine e decine di “variabili” che serviranno durante
l’assemblaggio per perpetuare lo stile di ciascuna maison: stile che grazie all’eterogeneo terroir
sarà unico e inconfondibile.
“Il Franciacorta è una stella del firmamento, anzi un sole caldo e
ricco che irradia energia, piacere, vita.”
Arnaldo Pomodoro
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1.1.3. IL CLIMA
La particolare posizione della Franciacorta, adagiata all’interno dell’arco prealpino e delimitata
a sud dalla Pianura Padana e a nord dal lago d’Iseo, consente di avere un clima di tipo
continentale, traendo enormi benefici dalla vicinanza del lago che ha un buon effetto mitigante
sulle temperature, sia d’estate che d’inverno, riducendo da una parte il rischio di gelate, e
dall’altra rallentando la maturazione dell’uva. Il rilievo più sostenuto, il Monte Alto (650 metri),
orientato in direzione nord-sud, rappresenta un ostacolo molto importante per lo spostamento
delle correnti d’aria, proteggendo il bacino viticolo centrale da possibili grandinate che
potrebbero inficiare la qualità dell’annata. A causa della presenza sia del lago che delle torbiere,
in estate si sollevano grandi masse di aria umida che, scontrandosi con le correnti fredde che
giungono dalle vallate alpine, creano imminenti episodi temporaleschi concentrati in pochi
giorni e in poche ore, con carattere spesso turbolento (www.franciacorta.net). Nel periodo
vegetativo della vite (aprile-ottobre) la pluviometria media è di 500-600 mm (Tabella 1.1), pari
a circa 2/3 del dato annuale: ciò obbliga i viticoltori a non abbassare mai la guardia e a
monitorare costantemente il proprio vigneto. In Franciacorta raramente si hanno maturazioni
insufficienti, per cui la pratica dello zuccheraggio è stata abbandonata da molte aziende ormai
da parecchi anni. Attualmente si è presentato il problema opposto, ovvero siamo spesso in
presenza di maturazioni eccessivamente anticipate in un periodo molto caldo dell’anno, con la
conseguenza di bruciare nella bacca sempre più acido malico, innescando un aumento del pH e
del grado alcolico potenziale: tutti fattori che dovranno essere attentamente valutati nella scelta
del periodo vendemmiale, non dimenticandosi che una base eccessivamente alcolica porterà a
vini disequilibrati e con minor spuma, poiché l’alcol contribuisce a diminuire la capacità
moussantes del Franciacorta (Marchal e Maujean 2000).
Tabella 1.1, Medie climatiche della Franciacorta riferite al periodo vegetativo della vite 1999-2005. Fonte:
Consorzio per la tutela del Franciacorta DOCG
Temperatura
media (°C)
Gradi
giorno
(°C)
Precipitazioni
(mm)
Giorni
di
pioggia
APRILE 12,2 109 94 11
MAGGIO 18,4 262 110 9
GIUGNO 22,8 370 82 8
LUGLIO 23,8 384 106 7
AGOSTO 24,2 419 112 7
totale 20,3 1545 507 42
SETTEMBRE 19,1 277 133 7
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1.1.4. STORIA DELLE FORME DI ALLEVAMENTO (TRATTO DAL SITO WEB DEL
CONSORZIO PER LA TUTELA DEL VINO FRANCIACORTA)
Prima della nascita della Franciacorta moderna, ovvero sino alla fine degli anni ’50, le forme
d’allevamento usate per le viti furono soprattutto pergole con tetto più o meno inclinato. Queste
tipologie con il tempo sono state sostituite e attualmente pochi sono gli esemplari rimasti. Nella
seconda metà degli anni ’70 ci fu una seconda fase d’impianto caratterizzata da forme espanse
ad alto carico produttivo e altamente meccanizzabili, quali Sylvoz e Casarsa. Oggi pochi sono
i vigneti allevati con tale metodologia perché col tempo ci si è resi conto che le performance
qualitative di queste vigne non erano più in linea con quelli che si sarebbero prospettati i nuovi
obiettivi qualitativi della Franciacorta. Attorno agli anni ’90 in Franciacorta ci fu un rapido e
inaspettato indirizzarsi verso forme di allevamento a spalliera, impianti decisamente più fitti
con un numero di ceppi per ettaro di almeno 4.000 piante (fino a prove di densità estreme con
10.000 viti per ettaro). L’attuale disciplinare impone una densità minima di 4.500 piante per
ettaro per i nuovi vigneti, con l’uso esclusivo di forme di allevamento a spalliera con potatura
a Guyot o cordone speronato.
Figura 1.9, Moderne forme di allevamento a spalliera in Franciacorta. Fonte: Archivio
fotografico Consorzio per la tutela del Franciacorta DOCG
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1.1.4.1. E in futuro?
Secondo Mario Falcetti, Enologo e direttore di Cantina Quadra, l’odierno vigneto, ingessato
dalla DOCG, dovrebbe essere adattato ai cambiamenti climatici attualmente in atto.
“In ottica di cambiamento climatico e rialzo termico ciò che si potrebbe fare è tentare di
applicare pratiche di gestione che possano rallentare la maturazione, una specie di ritorno al
passato con forme di allevamento più generose, con vegetazione a ricadere che
allontanerebbero i grappoli dalla terra, mantenendoli in un contesto “più fresco”,
incrementando, ove possibile, la produzione unitaria e riducendo di riflesso la percentuale di
pressatura.
Inoltre, sarebbe interessante provare ad applicare la tecnica della potatura minima (minimal
pruning) che ho visto utilizzata in Australia e che ho sperimentato qualche anno fa in una
porzione di vigneto qui in Franciacorta. Il limite di applicazione di questa tecnica sta
nell’architettura dei nostri vigneti che, con sesti d’impianto medi di 2 m x 1 m, lasciano poco
spazio ad una chioma così generosa.”
Mario Falcetti
“Vengo spessissimo in Franciacorta a trovare cari amici, il
profumo e il piacere di un calice di Franciacorta sono linfa vitale
del mio impegno artistico e dei colori dei miei quadri.”
Aligi Sassu (1912 – 2000)
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1.2. L’ELABORAZIONE DEL FRANCIACORTA
1.2.1. I VITIGNI PER CREARE UN FRANCIACORTA
Chardonnay
Lo Chardonnay è un vitigno internazionale nativo della Borgogna e la sua progenie è formata
dal Pinot e dal Gouais Blanc. È un’uva a bacca bianca, precoce e generalmente in Franciacorta
è la prima ad essere raccolta durante la vendemmia.
La buccia ha un colore verde tenue prima della maturità fisiologica, per divenire poi dorata a
maturità fisiologica avanzata. Il succo ottenuto ha un colore che va dal verde pallido al giallo
tenue.
È un’uva molto versatile, ad aroma neutro, adatta ad essere spumantizzata attraverso metodo
champenoise o metodo classico, dando i migliori risultati qualitativi in poche aree del mondo:
in Francia nella regione dello Champagne (dove si estende per 8400 ettari nella famosa Cote de
blancs) ed in Italia in Trentino, in Alta Langa e in Franciacorta dove attualmente occupa 2.000
ettari di terreni a vigneto, circa l’80% della superficie totale vitata.
Ai Franciacorta giovani apporta aromi da fiori bianchi, agrumati, da nocciola, e a quelli più
invecchiati note boisé e di limone cotto.
Lo Chardonnay conferisce alle bollicine eleganza, finezza, leggerezza, permettendone una lenta
evoluzione, entrando così a far parte di tutti i grandi assemblaggi.
Figura 1.10, Vigne di Chardonnay durante la maturazione. Fonte: www.berlucchi.it
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Pinot Nero
Come lo Chardonnay, anche il Pinot Nero è una varietà internazionale Borgognona, famosa per
apportare sia una straordinaria eleganza ai vini rossi che una grandissima complessità, se
vinificato in bianco, alle basi spumante.
Uva a bacca nera che regala un succo bianco dai toni leggermente verdastri, il Pinot Nero è una
varietà abbastanza povera di pigmenti che sono però stabili nel tempo grazie alla maggior
ricchezza in Malvidina mono-glucoside. Inoltre, come si può notare dal cromatogramma in
figura 1.12, non possiede antociani acilati, peculiare caratteristica di questa varietà (Mattivi et
al. 1990).
In Franciacorta il Pinot Nero ricopre il 15% degli ettari vitati, mentre nello Champagne la
percentuale aumenta al 34% con una superficie vitata di 11.700 ettari (www.champagne.fr).
Il Pinot Nero è impiegato soprattutto nei “Millesimati” e nelle “Riserve Franciacorta”,
combinato con lo Chardonnay, in modo da conferire vivacità, aromaticità, opulenza, longevità
e grande struttura. È inoltre un componente indispensabile per le cuvée del “Franciacorta Rosé”
nelle quali deve rappresentare almeno il 25%. Nei Franciacorta giovani regala note da mela
matura, frutti rossi, ciliegia e fragolina di bosco, mentre in quelli invecchiati conferisce note da
frutta secca, albicocca disidratata, frutta sotto spirito, confettura di fichi e di ciliegie.
Figura 1.11, Grappolo di Pinot Nero.
Fonte: www.divinosenzaglutine.it
Figura 1.12, Cromatogramma delle
antocianine della buccia d’uva del Pinot
Nero. Si nota come non siano presenti dei
picchi in corrispondenza degli antociani
acilati. Fonte: Mattivi et al. 1990