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Introduzione
“La forma è lo specchio della funzione” Virchow
Tale definizione descrive inequivocabilmente il piede umano, e la sua veridicità
risiede nell‟ evoluzione onto-genetica dello stesso.
Diviene opportuno, dunque, tracciare sinteticamente le variazioni morfologico-
evolutive del piede, in modo da poter esplicare al meglio le funzioni che esso
ricopre. Il corpo umano ha subito nel corso del tempo, circa 350 milioni di anni,
innumerevoli mutamenti scaturiti dalla nascita di nuove esigenze, tra queste il
cambiamento essenziale che interessa maggiormente il piede fu l‟acquisizione di
una caratteristica peculiare per l‟uomo, la quale da quel momento lo avrebbe
differenziato dall‟animale, ovvero, la deambulazione bipodale.
L‟assunzione della posizione eretta, quindi, non segnò solamente il passaggio da
una postura ad un‟altra, bensì con essa comportò modificazioni dell‟intera
struttura umana, a livello del rachide si ebbe l‟acquisizione della curva lombare,
mentre a livello podalico l‟alterazione dell‟originaria posizione delle ossa.
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Difatti ,queste dapprima distribuite intorno alla linea mediana e le cinque dita
proiettate distalmente a forma di ventaglio, si disposero in modo da ridurre la
distanza tra metatarsi, cosicché il metatarso del primo dito e le rispettive falangi,
inizialmente opponibili, assunsero una posizione allineata rispetto alle altre
quattro dita, dunque all‟afferramento prensile si sostituì l‟aggrappamento
antigravitario. Questa correzione fu significativa in quanto promosse quelle
successive, vale a dire lo sviluppo del tallone, elemento d‟appoggio e stabilità
posteriore, a cui si accompagnò la formazione arcuata del piede, l‟aumento di
dimensione delle ossa tarsali, la creazione del cuboide, l‟allungamento del primo
metatarsale, ed ultimus sed non infimus lo spostamento del peso corporeo
posteriormente.
La posizione bipede non fece altro che alterare le primitive conformazioni in
modo da rendere il piede una “base solida sulla quale scaricare il peso
corporeo”; a tal proposito Morton con una sua enunciazione sul piede umano
“quella disposizione delle ossa e dei legamenti che rende il piede una base
rigida con un margine di supporto sicuro in tutte le direzioni” ne fece
imperativo di “stabilità strutturale”.
Le svariate modificazioni della morfologia umana, ovviamente, non avrebbero
avuto luogo se l‟uomo non possedesse un‟attitudine intrinseca, ovverosia, la
capacità di riuscire ad assimilare ed elaborare le informazioni circa l‟ambiente
esterno e successivamente modellare ogni parte del suo corpo per adattarla all‟
habitat che lo circonda; ciò si traduce, certamente, nella costante ricerca di
perseguire al meglio l‟obiettivo dell‟omeostasi, o per meglio dire quella
condizione di equilibrio dinamico dell‟organismo.
Oltre ad annoverare il piede come “mirabile elemento di sostegno” ritengo sia
opportuno, a tal punto, introdurre un concetto cardine dell‟evoluzione
morfogenetica e funzionale del piede, quella di “piede organo cibernetico”,
ossia, capace di adattarsi alla biosfera, sfruttando e combinando le informazioni
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pervenute dall‟habitat e dal patrimonio genetico evolvendo in tal modo la sua
architettura, al fine di attuare una regolazione fine e corretta del proprio
funzionamento.
L‟informazione genetica, dunque, forgia la struttura podalica donandole una
conformazione di fondo, per intenderci la cosiddetta memoria genetica; mentre
l‟informazione ambientale si accosta alla genetica realizzando successivamente
la trasmissione delle caratteristiche acquisite alle generazioni future.
Sebbene il modus procedendi di tale meccanismo di trasmissione posso apparire
perfetto, esso viene perturbato dal fattore culturale, o meglio dai terreni asfaltati
e scarpe inadeguate, il quale sovverte le informazioni ambientali provocando
una sorta di ritardo evolutivo.
Alle già citate trasformazioni morfologiche umane si accompagnarono,
naturalmente, anche l‟innalzamento del baricentro, il restringimento dell‟area di
sostegno, fu mediante tale metamorfosi che l‟uomo da sempre soggiogato dalla
forza di gravità vi si oppose tramite la via cibernetica, la quale permise la
gestione della forza gravitazionale, acquisendo la piena padronanza della propria
struttura e plasmando se stesso per non cedere di fronte alla potenza della
gravità; è possibile sostanzialmente individuare nel piede “l‟organo di controllo
antigravitario”.
Questa affermazione viene avvalorata dalla zona di rappresentazione corticale
sensitiva del piede dell‟homunculus di Penfield e Rasmussen, la quale raffigura
1/10 di quella del modello globale, stabilendo pertanto che quest‟ultima gode
di un‟estensione maggiore di quella della mano, di conseguenza le afferenze
corticali del piede sono più numerose, tanto è vero che dal punto di vista neuro-
fisiologico presenta innumerevoli recettori sensibili alla pressione o allo
stiramento,definiti anche recettori a lento adattamento, tra cui i dischi di Merkel
presenti negli strati superficiali della pelle, i corpuscoli di Ruffini situati a
livello sottocutaneo; seguono i recettori ad adattamento intermedio, adibiti al
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controllo della velocità di movimento, ossia i corpuscoli di Meissner, anch‟essi
posti negli stati superficiali della pelle; in successione si presentano i recettori
ad adattamento rapido, i corpuscoli di Pacini. Oltre ai sopraccitati
meccanocettori è d‟obbligo ricordare i nocicettori, vale a dire quei recettori che
rispondono a stimoli cutanei, dunque i nocicettori meccanici,termici e
polimodali, ovviamente sono presenti a livello podalico anche i termocettori, ed
infine i propriocettori, fusi neuro-muscolari, recettori tendinei del Golgi e
recettori articolari; tali sono dei meccanocettori che presentano funzioni
propriocettive, pertanto forniscono informazioni sul grado di tensione o
contrazione di un muscolo al corno posteriore del midollo spinale attraverso le
vie afferenti.
Grazie alla presenza di cotanti recettori è possibile sostenere che al piede sia
destinato il costante controllo antigravitario, per consentire all‟uomo di
assumere la posizione eretta e di spostarsi nello spazio.
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I muscoli intrinseci ed estrinseci del piede, ovvero il secondo ambiente di
raccolta dati, grazie a due tipi di meccanocettori i fusi neuromuscolari sensibili
allo stiramento e gli organi tendinei del Golgi, situati in serie nei tendini
specialmente nella zona di confine tra tendine e muscolo, sensibili alle
variazioni di tensione. Il terzo ambiente di raccolta è rappresentato dai recettori
articolari, i recettori incapsulati e le terminazioni libere, che indagano su
posizione e movimento.
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Presupposti fisici
Il corpo umano, come d‟altronde tutti i corpi in moto o in statica, è regolato da
leggi fisiche, verosimilmente diviene impossibile applicare i concetti
meccanico-ingegneristici in forma assoluta alla biomeccanica umana, per cui tali
principi fisici verranno adattati alle strutture umane, considerato che il fenomeno
fisico non è comparabile a quello biologico.
La meccanica del movimento e la stabilità della struttura podalica sono
sottoposte alle leggi della dinamica e della gravità; è pur vero che trattando la
biomeccanica ed i principi che la condizionano si delineano altresì i presupposti
su cui poggia la postura, di cui parlerò più avanti nella mia trattazione, benché
tali tematiche siano distinte è possibile considerarle come due elementi
inscindibili, in quanto accomunate dai medesimi presupposti fisici.
Al fine di riuscire a comprendere in che modo avvenga la trasmissione del
carico umano al suolo e le relazioni intercorrenti tra gravità e uomo è d‟obbligo
far riferimento, anzitutto al primo principio della dinamica di Newton, secondo
cui:
“Un corpo rimane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, finché
non interviene una causa esterna a variare il suo stato”.
Suddetto principio, inoltre, viene definito come principio d‟inerzia, giacché la
tendenza di un corpo a mantenere invariato il suo moto viene identificata come
inerzia.
In tale enunciato è possibile dedurre che un corpo fermo tende a rimanere in
questo stato se tutte le forze ( cause ) che agiscono su di esso abbiano una
risultante nulla.
L‟influenza delle forze si traduce sempre in accelerazione quindi in velocità,
tanto è vero che l‟accelerazione è il rapporto fra la variazione di velocità e
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l‟intervallo di tempo in cui essa avviene; dunque ,occorre introdurre il secondo
principio della dinamica, il quale sancisce che:
“La risultante delle forze applicate ad un corpo è uguale al prodotto della
massa del corpo per l’accelerazione che esso acquista”.
Il corpo umano può essere finanche indicato come una massa, la quale è una
caratteristica intrinseca, tuttavia considerando che questa deve sottostare alle
regole della gravità, la massa viene modificata in peso, che corrisponde per
l‟appunto alla massa per la gravità a cui essa è sottoposta.
Se concepiamo, a questo punto, l‟accelerazione come accelerazione di gravità e
l‟accelerazione prodotta come effetto della forza, possiamo infine far coincidere
la forza con forza di gravità ed attestare che quest‟ultima agente su tutti i corpi,
sia la sola a provocare lo spostamento delle strutture biologiche; tale riflessione
viene suffragata dalla legge gravitazionale universale di Newton:
“Due corpi qualsiasi nell’Universo si attraggono con una forza che è
direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse ed inversamente
proporzionale al quadrato della loro distanza”.
Da sovraccitata teoria si desume che la terra ed il corpo umano si attraggono
reciprocamente in relazione alla loro quantità di materia governate da una forza
chiamata gravità.
La struttura podalica in quanto interagente con il suolo mediante un contatto
viene perfino regolata dal principio delle azioni reciproche, ossia, il terzo
principio della dinamica:
“Quando il corpo A esercita una forza sul corpo B, il corpo B eserciterà su A
una forza uguale ed opposta”.