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1. INTRODUZIONE
«...le formiche del Pianeta, nell’insieme, hanno una biomassa maggiore di quella
degli esseri umani. Sono state incredibilmente industriose per milioni di anni, tuttavia
la loro produttività nutre le piante, gli animali e il suolo.
L’industria umana ha funzionato a pieno regime per poco più di un secolo e in questo
pur breve lasso di tempo ha rovinato praticamente tutti gli ecosistemi della Terra.
Non è la natura che ha un problema di progettazione. Siamo noi. »
(MCDONOUGH & BRAUNGART, 2002)
1.1 PREMESSA
La Rivoluzione Industriale ha senza dubbio prodotto molti cambiamenti sociali
positivi. Con l’innalzarsi degli standard di vita il tasso di mortalità è diminuito
notevolmente. L’elettricità, le telecomunicazioni e altre innovazioni hanno
accresciuto il benessere di molte popolazioni. Inoltre, i progressi tecnologici recano
alle cosiddette nazioni in via di sviluppo benefici enormi, tra cui una maggiore
produttività dei terreni agricoli, raccolti più ricchi e scorte alimentari più abbondanti
per una popolazione in rapida crescita.
Ma il progetto generale della Rivoluzione Industriale conteneva in sé alcuni difetti
sostanziali che ci hanno lasciato in eredità conseguenze davvero devastanti.
Anche se il profitto è in crescita, la qualità complessiva di ogni aspetto di questo
sistema sta bruscamente crollando.
Infatti, la società in cui viviamo si basa attualmente su un apparato
economico/tecnologico e uno stile di vita che interferiscono sempre più con i cicli
naturali (fig. 1.1) generando tre problemi cruciali:
1) problemi climatici legati, almeno in parte, all’emissione di gas serra;
2) impatto di agenti inquinanti sulla salute umana e sull’ambiente;
3) esaurimento delle fonti energetiche attualmente utilizzate.
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Fig. 1.1 – Interazione tra i sistemi antropici e i sistemi naturali: impatti e risposte al
cambiamento climatico globale (IPCC, 2007).
Per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, gli esseri umani estraggono e
bruciano combustibili fossili, come carbone e prodotti petrolchimici, integrandoli con
energia prodotta attraverso l’incenerimento dei rifiuti e i reattori nucleari, con una
lunga serie di problemi connessi (radioattività e produzione di scorie inquinanti).
Lo fanno prestando poca o nessuna attenzione allo sfruttamento e all’ottimizzazione
dei flussi energetici locali.
L’utilizzo dei combustibili fossili produce gas serra (soprattutto anidride carbonica)
che, immessi nell’atmosfera, accelerano il naturale riscaldamento globale della terra,
aumentando l’effetto serra. L’innalzamento delle temperature provoca cambiamenti
climatici planetari che si manifestano in condizioni atmosferiche estreme
(precipitazioni più violente, contrasti termici sempre più accentuati), scioglimento
dei ghiacci polari, innalzamento del livello degli oceani, desertificazione,
cambiamenti nelle stagioni ed una serie di altri fenomeni climatici.
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La combustione di tali fonti produce, inoltre, altre sostanze inquinanti (derivati
gassosi di zolfo, azoto e fluoro, nanoparticelle, diossina, etc.) che generano problemi
sanitari peggiorando la qualità dell’ambiente e di conseguenza la qualità della vita.
In seguito a ricerche sempre più approfondite sulla pericolosità delle sostanze
tossiche che si liberano nell’atmosfera durante l’incenerimento di combustibili fossili
e rifiuti, le normative sugli inquinanti atmosferici nocivi stanno diventando più
severe. Le industrie che investono esclusivamente nel sistema attuale si troveranno in
grave svantaggio (WALD, 2001; GREENHOUSE, 2001).
Vi è, altresì, un problema politico di controllo dei giacimenti, una risorsa strategica
con la quale si possono influenzare le vite delle nazioni che ne dipendono, e che
genera guerre e problemi sociali.
L’attuale velocità di sfruttamento antropico delle riserve fossili, infine, non è
compatibile con il tempo di rigenerazione di cui la natura necessita. L’impossibilità
di continuare a utilizzare combustibili fossili e la continua crescita dei consumi
energetici mondiali, rendono necessario investire nella ricerca e nello sviluppo di
fonti rinnovabili di energia.
Per fonte di energia rinnovabile si intende: “una fonte che, nella scala dei tempi
umani, è inesauribile, in quanto il tempo di consumo è confrontabile con quello di
rigenerazione” (PALMIERI & PAROTTO, 2000).
L’immensa industria della natura funziona grazie all’energia solare, una forma di
reddito corrente che si rinnova di continuo. Dal Sole derivano l’irraggiamento per
l’energia fotovoltaica e solare, gli accumuli di acqua in quota per l’energia
idroelettrica, il vento per l’energia eolica e delle onde marine, la fotosintesi
clorofilliana che produce le biomasse; dal calore interno della Terra deriva l’energia
geotermica e dall’energia gravitazionale, precisamente dall’interazione Terra-Luna,
deriva l’energia delle maree (BARTOLAZZI, 2006).
Protezione del clima e gestione delle risorse sono fra le sfide maggiori del nostro
tempo. In questo contesto, avrà un ruolo chiave la produzione di energia eolica.
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1.2 SCOPO DELLA TESI
L’interesse che ha portato allo sviluppo di questa ricerca prende spunto da una
problematica, quella dell’individuazione di siti idonei alla realizzazione di campi
eolici offshore, che è ancora in fase di sperimentazione, soprattutto in Italia dove non
esistono ancora impianti di questo tipo, anche se sono molti i progetti proposti.
Il presente studio intende delineare innanzitutto un quadro generale riguardante la
produzione di energia, a varie scale, illustrando le caratteristiche delle varie fonti
energetiche ed i problemi ad esse connessi. Nello specifico sarà posta l’attenzione
sulla produzione di energia elettrica da fonte eolica, descrivendo i metodi di analisi
ambientale utilizzati nell’ambito degli studi preliminari all’installazione di una wind
farm nel golfo di Manfredonia (Puglia).
A tale scopo sono stati coniugati elementi bibliografici riguardanti aspetti tecnici,
normativi, socio-economici e ambientali, con i dati morfo-batimetrici e biocenotici
raccolti durante una campagna di rilevamento svoltasi nel sito durante il 2008.
La ricerca ha consentito di ottenere una dettagliata caratterizzazione geomorfologica
e biocenotica di un vasto settore marino adriatico situato a largo della costa pugliese,
finora poco noto. Inoltre, ha messo in evidenza la correlazione tra quanto desunto in
parte dalla letteratura tecnico-scientifica e quanto riscontrato durante i rilevamenti
offshore, ma soprattutto le mutue relazioni tra gli aspetti sedimentologici e quelli
biocenotici della zona marina in cui si prevede la realizzazione della wind farm.
La metodologia inter- e multidisciplinare adoperata risulta conforme agli standard
comunemente usati per la realizzazione di studi in ambito marino. Da un punto di
vista applicativo lo studio è un esempio di procedura finalizzata alla caratterizzazione
bionomica e geomorfologica di un’area marina che dovrebbe rientrare di routine in
rigorose metodiche di Valutazione d'Impatto Ambientale, propedeutiche a qualsiasi
tipo d’intervento antropico in aree marino-costiere ed in particolare per la
realizzazione di campi eolici offshore. Infine, questa ricerca si pone anche come base
per future ricerche a carattere ambientale nelle zone marine.
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1.3 L’ENERGIA
L’energia è ciò che rende possibile il verificarsi di qualsiasi avvenimento.
Infatti, in Fisica, è definita come la capacità di un sistema di compiere lavoro.
Tutta l’energia coinvolta nell’ecosistema planetario ha origine dal Sole, dal calore
interno della Terra e dall’energia gravitazionale.
Nel corso degli anni, dall’antichità ad oggi, l’energia utilizzata dall’umanità ha subito
una profonda variazione, sia in senso quantitativo che qualitativo. Se anticamente
l’unica risorsa energetica necessaria per la sussistenza di un gruppo di cacciatori
paleolitici era solo un po’ di legna per il fuoco, oggi gli uomini della moderna società
industrializzata hanno bisogno di molteplici fonti energetiche per ogni tipo di attività:
benzina per le auto, gasolio per il riscaldamento ed energia elettrica per far
funzionare ogni sorta di apparecchiatura industriale o domestica. L’energia utilizzata
per tutte le trasformazioni e i processi vitali umani oggi è superiore, secondo alcuni
studi, alla quantità complessiva di energia coinvolta nei processi naturali
(D’ARMETTA, 2005).
Si definisce fonte energetica primaria una risorsa naturale dalla quale è possibile
ricavare energia utile in modo diretto, senza considerare né il procedimento
impiegato per ricavarla, né il tipo di energia che si ottiene.
Le fonti energetiche primarie attualmente utilizzate sono le seguenti:
- Fonti fossili (carbone, petrolio e gas naturale);
- Energia nucleare;
- Biomasse (incluso il legno);
- Energia solare;
- Energia idraulica;
- Energia eolica;
- Energia geotermica.
L’energia che si ottiene direttamente da queste fonti è chiamata energia primaria, e
costituisce la totalità dell’energia utilizzata dall’uomo. Oltre a queste risorse, una
piccola parte di energia viene ottenuta anche da altre fonti definite “non
convenzionali”, di cui fanno parte ad esempio i rifiuti urbani e il biogas.
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L’energia da fonte non convenzionale costituisce un recupero di energia da quelli che
sono gli scarti del sistema produttivo, ed è principalmente utilizzata negli stessi
impianti che la producono (autoconsumo); in ogni caso, essa riduce la quantità di
energia primaria complessiva richiesta e quindi può essere considerata anch’essa una
fonte primaria.
L’energia primaria può essere utilizzata direttamente o subire ulteriori conversioni
atte a trasformarla in altre forme utili: in questo caso viene detta energia secondaria,
terziaria e così via, a seconda di quanti passaggi subisce fino alla sua forma finale.
L’energia, comunemente, deve anche essere trasportata dal luogo di produzione a
quello di effettivo utilizzo, mediante un appropriato vettore energetico.
Allo stato attuale, le principali forme utili di energia utilizzate nel mondo sono le
fonti fossili e l’elettricità.
Le fonti fossili sono impiegate soprattutto come combustibili per la produzione di
calore, nei motori a scoppio per movimentare veicoli o nelle centrali termoelettriche
per produrre energia, oltre che per usi non-energetici (ad es. per la produzione di
materie plastiche).
Per la maggior parte degli usi industriali o terziari, inclusi quelli residenziali,
l’energia utile è invece quella elettrica, considerata come la forma più pregiata di
energia, poiché da essa possono essere ricavate tutte le altre forme con perdite di
conversione abbastanza ridotte.
L’elettricità, inoltre, è la forma più usata di vettore energetico, giacché consente
facilmente il trasporto a distanza dell’energia dai luoghi di produzione alle utenze,
mediante reti di distribuzione ad alta tensione.
L’unità di misura utilizzata per esprimere grandi quantitativi di energia è la
Tonnellata Equivalente di Petrolio (tep), che misura l’energia primaria come
l’equivalente quantità di energia termica ottenuta dalla combustione di una tonnellata
di petrolio greggio. Le principali unità di misura dell’energia sono elencate nella
tabella 1.1.
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1,055056 kJ
31.736 kJ
1 [N] ∙ 1 [m] = 0,102 [kg] ∙ 9,806 [m/s
2
] ∙ 1 [m]
Conversione
3600 kJ
4,1868 kJ
41.868.000 kJ
0,7 tep tonnellata equivalente di carbone (tec)
british thermal unit (BTU)
m
3
gas naturale
Joule (J)
Unità di misura
chilowattora (kWh)
chilocaloria (kcal)
tonnellata equivalente di petrolio (tep)
Tab. 1.1 – Principali unità di misura dell’energia (BARTOLAZZI, 2006).
Prima di affrontare il discorso della produzione di energia, è opportuno chiarire la
differenza tra energia e potenza. L’energia è la misura del lavoro, mentre la potenza è
la capacità di svolgere quel lavoro.
Un impianto eolico con una capacità di produzione (potenza) di 100 kW, può
produrre in un’ora una quantità di energia pari a 100 kWh, e in un giorno fino a 2400
kWh, se lavora a potenza nominale.
La confusione tra i due concetti è comune ed è aggravata dalla somiglianza tra le
unità di misura usate per la potenza (kW) e quelle usate per l’energia prodotta (kWh).
Inoltre, nel lessico comune si parla spesso di produzione di un bene “all’ora”
intendendo la capacità di produrne una data quantità in un’ora, mentre diverso è il
significato di kWh col quale si intende, ed esempio, la produzione di un impianto
della potenza di 1 kW che ha lavorato per un’ora.
Per l’energia rinnovabile questa distinzione è rilevante perché molti tipi di impianti
sono legati alla presenza momentanea della risorsa (eolico, fotovoltaico, maree,
solare termodinamico).
Un impianto termoelettrico di 1 kW di potenza produrrà fino a 24 kWh al giorno.
Un impianto fotovoltaico della stessa potenza, invece, produce 1 kWh all’ora quando
ben insolato, ma non produce di notte e quando è nuvoloso produce poco; in un
giorno in Italia produce in media 4 kWh.
Entrambi sono impianti di 1 kW di potenza, ma il primo ha un capacity factor del
100% mentre il secondo solo del 16,6%.
Per questo motivo comparare la potenza installata di impianti tradizionali con quella
degli impianti rinnovabili può risultare fuorviante.
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1.4 INTRODUZIONE ALL’ENERGIA EOLICA
In questo paragrafo saranno accennati i principali metodi di sfruttamento della risorsa
eolica dall’antichità ad oggi, rimandando la trattazione approfondita dei vari aspetti
riguardanti la produzione di energia eolica, con particolare riferimento all’offshore,
ai capitoli 3 e 4.
L’energia eolica è considerata una fonte rinnovabile e “pulita”. Non richiede alcun
tipo di combustibile, basandosi su una risorsa disponibile e inesauribile quale è il
vento, e non provoca emissioni dannose per l’uomo o l’ambiente, consentendo di
evitare l’immissione nell’atmosfera di sostanze inquinanti e gas serra prodotti dalle
centrali tradizionali.
Fin dall’antichità l’uomo ha elaborato metodi per sfruttare la “forza del vento”,
all’inizio come forza propulsiva per imbarcazioni a vela, in seguito per trasformarla
in energia meccanica.
I primi mulini a vento europei trasportavano acqua o muovevano le macine per
triturare i cereali; in Olanda erano utilizzati per pompare l'acqua dei polder, tratti di
mare asciugati artificialmente attraverso la costruzione di dighe e sistemi di
drenaggio (fig. 1.2).
Fig. 1.2 - I mulini olandesi (a sinistra) erano formati da telai in legno sui quali era fissata la
tela che formava delle vele spinte in rotazione dal vento. Nella realizzazione dei polder (a
destra) i mulini erano utilizzati per aspirare l’acqua rimasta all’interno delle dighe.
Nel corso del XIX secolo entrarono in funzione migliaia di mulini a vento in Europa
e in America, soprattutto per scopi d’irrigazione. In seguito, con l'invenzione delle
macchine a vapore, furono abbandonati a favore del carbone, allora a buon mercato.
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Negli anni settanta l'aumento dei costi energetici ha ridestato l'interesse per le
macchine che utilizzano la forza del vento; così, molte nazioni hanno aumentato i
fondi per la ricerca e lo sviluppo dell'energia eolica.
Oggi si può sfruttare l’energia cinetica contenuta nel vento trasformandola in energia
meccanica e poi in energia elettrica attraverso l’utilizzo di aerogeneratori.
In generale, un aerogeneratore è una macchina costituita da un rotore a elica,
collegato a una navicella, montato su un apposito sostegno a torre. Il vento soffia sul
rotore facendolo girare attorno al suo asse e questa energia di rotazione può essere
convertita in energia elettrica mediante un generatore, contenuto nella navicella.
Esistono numerose tipologie di aerogeneratori differenti tra loro secondo
caratteristiche quali la posizione dell’asse di rotazione, la taglia di potenza, il numero
delle pale e la struttura di sostegno. Ad esempio, la turbina commercialmente più
usata nel 2005 era il Vestas-V80: un aerogeneratore tripala ad asse orizzontale (fig.
1.3), della potenza di 2 MW con struttura di sostegno tubolare (BARTOLAZZI, 2006).
Un impianto eolico di dimensioni industriali (wind farm) è costituito da uno o più
aerogeneratori collegati alla rete elettrica in modo da potervi immettere l’energia
prodotta.
Fig. 1.3 - Un tipico aerogeneratore moderno è costituito da una torre di sostegno che porta
alla sua sommità la navicella e il rotore, su cui sono montate le pale.
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Oltre alle tradizionali wind farm, nell’ultimo decennio si sta diffondendo lo sviluppo
di parchi eolici offshore, situati in mare (fig. 1.4).
Questa nuova tecnologia nasce dall’unione di conoscenze ormai acquisite nel campo
dell’industria eolica e di conoscenze maturate nel campo delle tecnologie offshore,
già sperimentate per strutture quali le piattaforme petrolifere.
La convenienza di tali impianti è da ricercare nella loro efficienza: i venti marini
sono superiori a quelli disponibili sulla terraferma e, non incontrando ostacoli, il
flusso eolico è meno turbolento garantendo un buon funzionamento e una miglior
manutenibilità delle turbine. La localizzazione in mare degli aerogeneratori, inoltre,
riduce alcuni dei principali problemi attribuiti agli impianti onshore, come l’impatto
paesaggistico e l’inquinamento acustico.
Le maggiori difficoltà, invece, sono connesse ai costi di realizzazione, più elevati
rispetto alle centrali costruite su siti terrestri, principalmente dovuti alle fondazioni,
al collegamento alla rete e alla manutenzione.
Le centrali eoliche offshore si stanno sviluppando rapidamente nelle nazioni del Nord
Europa, al contrario di quanto avviene in Italia dove non sono stati ancora costruiti
impianti, grazie alla presenza di una buona ventosità e di fondali poco profondi
anche distanti dalla costa.
Fig. 1.4 – Centrale eolica di North Hoyle. Galles. Regno Unito. La maggiore velocità e
frequenza dei venti in mare, associata ad un ridotto impatto visivo, sono le ragioni principali
per cui conviene installare centrali eoliche offshore.