Sommario
Ilpresentelavoroèdedicatoall’analisiaeroelasticaaglielementifinitidiuninseguitoresolare
biassiale e al successivo progetto di un sistema passivo di stabilizzazione dinamica. Il lavoro
svolto può essere descritto sinteticamente nei seguenti passi:
1. sviluppodiunmodellodicalcoloaglielementifinitiingradodirappresentareglieffetti
dinamici delle forze aeroelastiche indotte dall’azione del vento sulla struttura;
2. validazione del modello di calcolo sviluppato sul caso semplice di una trave a sezione
rettangolare di cui è nota la soluzione in forma chiusa;
3. analisi preliminare della risposta della struttura nei confronti dell’azione del vento in
diverse condizioni di carico;
4. analisi aeroelastica dell’inseguitore solare per l’individuazione della condizione critica
di flutter;
5. progetto di un sistema di controllo passivo della risposta dinamica;
6. valutazione degli effetti del sistema di controllo sulla risposta dinamica della struttura
nei confronti del vento (flutter e distacco dei vortici) e del sisma.
Capitolo 1
Introduzione
1.1 Inseguitori solari
Gli inseguitori solari sono dei dispositivi meccanici che consentono di orientare i pannelli
solari (fotovoltaici, termici o concentratori solari) in maniera ottimale rispetto alla posizione
del Sole durante tutto l’arco della giornata. Si tratta di dispositivi mobili che consentono di
ruotare i moduli ospitati sulla loro sommità intorno a uno (inseguimento monoassiale) o due
assi (inseguimento biassiale), massimizzando così l’efficienza del fotovoltaico. In base alla
libertà di movimento tali dispositivi vengono distinti in due categorie, che si differenziano
anche per complessità di costruzione. Negli inseguitori monoassiali, di concezione più sem-
plice, la rotazione dei moduli avviene attorno a un solo asse, verticale (tilt) od orizzontale
(azimuth).
Negli inseguitori con rotazione in asse azimuth, i più diffusi, il dispositivo segue il percor-
so del Sole dall’alba al tramonto nel suo tragitto da Est a Ovest con un inclinazione costante
dei moduli fotovoltaici, che è simile a quella delle installazioni fisse. In pratica, l’inseguitore
quando il Sole sorge punta in direzione Est per captare i primi raggi, continuando a ruotare
gradualmente per tutto l’arco della giornata in direzione Ovest fino al tramonto. Più com-
plessi, sia dal punto di vista concettuale che costruttivo, gli inseguitori biassiali. In questo
caso la rotazione avviene intorno a tutte e due gli assi, permettendo non solo la movimen-
tazione dei moduli da Est a Ovest, ma anche di variare l’inclinazione dei moduli in base
all’altezza del Sole sulla linea dell’orizzonte, altezza che muta durante il corso dell’anno. I
sistemi biassiali, dunque, grazie alla maggiore libertà di movimento, consentono di orientare
i moduli durante tutto l’arco della giornata e per tutto l’anno, sempre perpendicolarmente
al Sole, captando così una quantità ancora maggiore di radiazione solare. In un impianto
dotato di inseguitori di questo tipo, infatti, già due ore dopo il sorgere del Sole il modulo è
in grado di raggiungere la massima potenza, che viene mantenuta fino a circa due ore prima
1
1. Introduzione 2
del tramonto, per poi ridiscendere a zero.
Con entrambe le soluzioni i vantaggi dal punto di vista della produzione elettrica sono
notevoli: un inseguitore monoassiale rese superiori in media del 20-25% rispetto a un tra-
dizionale sistema fisso. Con i dispositivi biassiali, invece, l’incremento va dal 30-35% fino,
addirittura, al 40%. L’affidabilità è stata per lungo tempo il punto debole di queste tecno-
logie in quanto si tratta di strutture piuttosto complesse per via dei numerosi componenti
meccanici ed elettronici integrati nei sistemi. Il lavoro dei produttori, da questo punto di
vista, è stato molto intenso, tanto che i sistemi attualmente sul mercato vengono garantiti
per una durata di vita di 20-25 anni. Gli inseguitori sono costituiti da un telaio, nel quale
vengono installati i moduli, che poggia su una struttura di supporto mobile dotata di un
basamento che ne assicura l’ancoraggio al terreno. Strutture e telaio sono realizzate in ma-
teriali metallici, solitamente acciaio zincato a caldo, soluzione che unisce costi contenuti alla
buona resistenza ai carichi aerodinamici e alla corrosione.
La struttura può essere di tipo a palo, nel qual caso la fondazione viene interrata a una
profondità che varia a seconda dell’altezza dell’inseguitore, anche mediante particolari si-
stemi di trivellazione che permettono di ridurre l’impatto delle opere di posa nel terreno,
oppure costituita da una base di forma circolare dotata di plinti, cioè di uno o più basamenti
in cemento che vengono interrati e fissati mediante getti in calcestruzzo armato, o sempli-
cemente posati sul terreno. Queste ultime soluzioni sembrano più convenienti perché hanno
una superficie di appoggio più ampia e quindi sono più stabili in quanto risultano meno
sensibili al vento.
La movimentazione dei dispositivi è gestita da sofisticati sistemi di controllo elettronico
che provvedono a orientare l’inseguitore nella direzione del Sole. La rotazione delle parti
mobili avviene grazie a dei sistemi per la trasmissione del moto, che possono essere di tipo a
ingranaggio, a rotori o a catena, alimentati da motori elettrici o da centraline oleodinamiche.
La componentistica elettronica ha un ruolo fondamentale anche per garantire la sicurezza e
la funzionalità dei sistemi, costantemente esposti all’azione degli elementi fisici. Il problema
principale è costituito dai carichi aerodinamici generati dal vento che sottopongono i dispo-
sitivi a forti sollecitazioni che possono arrecare danni alla struttura, come la deformazione
del telaio e, di conseguenza, ai moduli fotovoltaici. Per ovviare a questi inconvenienti, oltre
alla qualità dei materiali, al design della struttura e all’efficacia dei sistemi di ancoraggio,
gli inseguitori, in genere progettati per resistere a venti che soffiano fino a 150 km orari,
vengono dotati di un anemometro e di sistemi di controllo che agiscono a diversi livelli di
sicurezza: quando la velocità del vento supera determinati valori, mettono il dispositivo in
direzione orizzontale in modo da ridurre la superficie esposta.
Capitolo 2
Azione del vento
2.1 Premesse
L’analisi dei carichi prodotti dal vento ed agenti sulle strutture tipiche dell’ingegneria civile
non può basarsi esclusivamente sulla considerazione delle leggi dell’aerodinamica classica,
valideincampoaeronauticopercorpiprofilati,madevetenerecontodelprofilononsagomato
(bluff body) di strutture quali palazzi, torri, ponti, investite dal flusso atmosferico. Infatti,
mentre nel caso di corpi profilati (aerodynamic bodies) immersi in una corrente fluida lo
strato limite tende a rimanere attaccato alla loro superficie, per i corpi non profilati la
presenza di discontinuità geometriche favorisce la formazione di zone di distacco del flusso
e conseguentemente induce un marcato effetto di scia. La caratterizzazione delle azioni
del vento su strutture a geometria tipo bluff body deve quindi basarsi non soltanto sulla
considerazione della turbolenza presente nel flusso incidente, ma anche della turbolenza che
localmente si genera nella corrente a causa della presenza della struttura in essa immersa.
Leconseguentifluttuazionilocalidelflusso, presentinellaregionecircostantel’interfaccia
solida, possonoindurreunamarcatavariabilitàneltempodelleforzeprodottedallacorrente,
la cui valutazione avviene generalmente in ragione della condizione di moto relativo tra il
fluido e la struttura. In particolare, è necessario distinguere il caso in cui la struttura sia
fissa o rigida dal caso in cui essa sia mobile o deformabile all’interno del flusso.
Nel primo caso l’analisi delle azioni del vento è puramente aerodinamica, in quanto esse
dipendono unicamente dalla geometria della regione solida e dalle caratteristiche della cor-
rente incidente. Nel secondo caso, invece, è necessario tenere conto anche delle condizioni di
moto della struttura in quanto esse possono indurre una ulteriore perturbazione locale del
flusso, contribuendo a modificarne l’azione.
Se la struttura è deformabile all’interno della corrente incidente, l’analisi dell’infuenza
reciproca tra le deformazioni elastiche prodotte dalle forze aerodinamiche e le forze stesse
3
2. Azione del vento 4
è detta aeroelastica. In particolare, si definisce con il termine aeroelasticità la disciplina
che studia i fenomeni di interazione fluido-struttura caratteristici dei problemi accoppiati
di strutture deformabili investite da correnti fluide sensibili alle deformazioni da esse stesse
prodotte.
2.2 Il vento nello strato limite atmosferico
Perstratolimiteatmosfericosiintendequellaporzionedell’atmosferaincuilecaratteristiche
delventosonoinfluenzatedallapresenzadelsuolo. Ilflussod’ariaèmodificatodaglielementi
presenti al suolo, che interagiscono con esso. Tali fattori sono riconducibili a tre categorie:
1. orografia;
2. rugosità della superficie;
3. ostacoli.
Ciascuno di tali fattori influenza l’interazione flusso-suolo modificando in intensità e dire-
zione la corrente; la principale causa di turbolenza è invece riconducibile alla rugosità della
superficie.
La velocità del vento, a partire da una certa quota in poi, risulta praticamente costante.
Questaquotadetta altezza di gradiente èmoltoelevata(dell’ordinedei300-500m)edipende
dalgradodidisturbocreatodalleasperitàdelterreno. Hapertantovaloripiùelevati(attorno
ai 500 m) nel caso di forte rugosità (ad esempio il centro di una grande città o una zona
fortementeurbanizzata)epiùbassi(attornoai300m)nelcasodibassarugosità(adesempio
la superficie di una zona desertica o del mare). Per altezze inferiori a quella di gradiente,
ovvero per tutti i casi di usuali strutture, la velocità del vento, spostandosi vero il terreno,
diminuisce fino ad azzerarsi teoricamente a contatto col suolo. Per effetto della rugosità
superficiale, nasce una turbolenza, ovvero il moto dell’aria si fa vorticoso, e tali vortici
interagiscono significativamente con la struttura.
All’interno dello strato limite atmosferico, il vento è studiato come un processo stoca-
stico multidimensionale, essendo funzione sia del tempo sia dello spazio. Dall’analisi di una
registrazione della velocità istantanea del vento si può ottenere lo spettro di potenza (S
vv
)
della velocità (U). La funzione densità spettrale è una funzione continua, con valori diversi
da zero in tutto il campo di frequenze (Figura 2.2). Ciononostante si notano alcuni definiti
picchi di frequenza sia nel campo macro-meteorologico che nel campo micro-meteorologico.
Nel campo macro, tali picchi corrispondono ai tempi di sviluppo di fronti meteorologici com-
pleti. In particolare si nota il picco attorno ai 3-4 giorni che corrisponde al periodo di tempo
necessario allo sviluppo e al passaggio di un fronte meteorologico completo. Nel campo
2. Azione del vento 5
z
g
z
g
z
g
Figura 2.1: Altezza di gradiente (z
g
).
micro-meteorologico si nota altresì un picco attorno al minuto corrispondente alla frequenza
media dei vortici significativi.
Si distingue una valle detta gap spettrale fra i picchi macro e micro-meteorologici. La
presenza del gap spettrale rende possibile, all’interno di una tempesta di vento, riferirsi ad
unavelocitàmediatasuunperiodocompresofra10minutie1ora,isolandointalmodoledue
variazioni una dall’altra. Pertanto, la variazione macro meteorologica è testimoniata dalla
variazione nel tempo della velocità media, mentre quella micro meteorologica è testimoniata
dalla fluttuazione di velocità. In realtà, anche la velocità media varia nel tempo, ma con
periodi nettamente superiori a quelli propri delle strutture, al punto da poterla considerare
agente in maniera quasi statica. Al contrario, le frequenze di variazione della componente
fluttuante sono prossime a quelle di molte strutture, inducendo sulle stesse una risposta di
tipo dinamico.
Quanto detto consente di distinguere i fenomeni climatici dai fenomeni propri delle raf-
fiche di vento. A questo scopo si rappresenta la velocità del vento mediante due distinte
grandezze: una velocità media U (su un intervallo di tempo, ad esempio, di 60 min oppure
10 min) che è legata ai fenomeni meteorologici della regione, e le variazioni del campo della
velocità istantanea attorno al valore medio durante una raffica, che sono legate alla turbo-
lenza locale del vento. Quest’ultima genera le variazioni di intensità e direzione del vettore
velocità del vento.
Fissata una terna ortogonale destrorsa di riferimento, con gli assi x e y orizzontali, l’asse
z verticaleedirettoversol’alto, lavelocitàistantaneadelventopuòessereespressamediante
la relazione:
u(t) =u(t)i+v(t)j+w(t)k (2.1)
2. Azione del vento 6
10
-3
10
-2
10
-1
1
1 ORA
n S(n)
n
PICCO
MACRO
METEREOLOGICO
PICCO
MICRO
METEREOLOGICO
GAP SPETTRALE
10 MIN 3 SEC
10 100 1000
Frequenza (cicli/h) a 100 m di quota
Figura 2.2: Rappresentazione schematica dello spettro energetico del vento (scala logaritmica
sull’asse delle frequenze).
dove con i, j e k si sono indicati i versori degli assi x, y e z e con u, v e w le rispettive
componenti della velocità. Il valore medio della velocità è dato da
¯
U =
1
∆t
∫ t
0
+∆ t
t
0
|u(t)|dt (2.2)
Essendo la velocità del vento in un dato punto usualmente idealizzata come un processo
stocastico stazionario, risulta, scegliendo opportunamente il sistema di riferimento (l’asse x
disposto nella direzione della velocità media):
u(t) =
¯
U +u
′ (t)
v(t) =v
′ (t)
w(t) =w
′ (t)
(2.3)
dove con l’apice si sono indicate le parti fluttuanti a media nulla delle velocità, anche dette
componenti della turbolenza.
Definito quindi il modo di variare del vettore velocità in funzione del tempo, rimane da
definire la dipendenza spaziale di tale vettore; infatti, all’interno dello strato limite esisterà
una sua variazione con la quota. Il vento fino ad una certa distanza dal suolo risulterà
influenzato dalle caratteristiche del suolo; infatti da tale quota fino al suolo la velocità media
è rallentata dagli attriti al suolo. Per gli scopi di un ingegnere strutturista, è sufficiente
rappresentare l’andamento della velocità con la quota con una relazione di natura empirica.
Esistono due espressioni denominate legge di potenza e la legge logaritmica. La legge di
potenza è del tipo:
U(z)
U
ref
=
( z
z
ref
) α
(2.4)
dove z è la quota alla quale si vuole determinare la velocità media, U
ref
è la velocità alla
quota di riferimento z
ref
ed α è un coefficiente che dipende dalla rugosità del sito e che varia