Con il mutamento evidenziato, si passa da una situazione in cui prevale il principio di
prudenza (che giunge a determinare il “reddito distribuibile”), ad una prevalenza di
quello di competenza (che determina il “reddito prodotto”).
Le società di maggiori dimensioni sono tenute a redigere i documenti informativi che
accompagnano il bilancio, al fine di fornire ulteriori notizie sulla gestione
dell’azienda.
La disciplina del bilancio consolidato è stata per la prima volta introdotta in Italia
con il D.Lgs. 127/1991, che ha modificato anche le norme del bilancio d’esercizio.
L’obbligo della redazione del bilancio consolidato è riferito a:
- la controllante di una società di capitali quotate, come Autogrill;
- enti pubblici economici, società cooperative e mutue assicuratrici che
controllano una società di capitali, società emittenti di strumenti finanziari, banche ed
intermediari.
Le società di persona, gli imprenditori individuali, i gruppi di minori dimensioni e le
sub holding possedute da una società che redige il bilancio consolidato sono
esonerate dall’obbligo della sua redazione.
I principi di bilancio europei Ias/Ifrs, rispetto al codice civile italiano, richiedono un
maggior orientamento al futuro delle informazioni fornite; mentre per quanto
concerne le assunzioni contabili si evidenzia una sostanziale analogia con riferimento
a competenza e continuità aziendale.
Per quanto concerne il caso preso in considerazione le aziende facenti parte del
gruppo sono entità giuridicamente autonome, ma economicamente dipendenti dal
soggetto economico, ossia da coloro che controllano la capogruppo.Il bilancio d'ogni
singola entità va pertanto inserito nella situazione unitaria, mediante la compilazione
del bilancio consolidato, in altre parole del documento dell’intero gruppo considerato
come una sola entità economica.
Il bilancio consolidato è redatto dagli amministratori della capogruppo, sulla base
delle informazioni fornite tempestivamente dagli organi delle società controllate; lo
schema non ha rilevanza fiscale, tuttavia l’analisi di bilancio più producente fa
riferimento proprio a quest’ultimo.
1.2.INTERPRETAZIONE DEI DATI
L’analisi di bilancio richiede la verifica preliminare circa l’attendibilità dello stesso,
quale strumento di rappresentazione convenzionale della realtà aziendale.
Il bilancio deve quindi: rispecchiare la realtà operativa dell’azienda, applicare con
costanza i criteri di contabilizzazione, rappresentazione e valutazione, evidenziare il
risultato della gestione ordinaria e caratteristica, presentare dati non inficiati
dall’inflazione o da regole diverse da quelle civilistiche.
In particolare per quanto concerne i bilanci redatti secondale regole Ias/Ifrs, dato
l’abbandono del criterio del costo a favore del fair value, si determina, anziché il
reddito distribuibile, quello prodotto con il principio di competenza, dando una
maggior importanza agli investitori come destinatari.
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Inoltre le caratteristiche qualitative da considerare, al fine di rendere l’informazione
utile per i destinatari, sono: la comprensibilità, la significatività, l’attendibilità, e la
comparabilità.
I principali aspetti d’attendibilità, che richiedono correzioni dei valori, riguardano
soprattutto: operazioni di leasing (locazione finanziaria), prestiti obbligazionari,
ammortamenti anticipati.
Nell’analisi del bilancio consolidato occorre tener conto delle eliminazioni effettuate
dopo la somma di tutti i valori delle consociate:
- le voci partecipazioni con le corrispondenti quote del patrimonio netto delle
controllate;
- crediti e debiti reciproci, derivanti dalle operazioni effettuate all’interno del
gruppo;
- ricavi e costi delle operazioni infra gruppo;
- utili e le perdite d'operazioni interne al gruppo, relativi alle operazioni che non
sono ancora state realizzate all’esterno.
1.3.RICLASSIFICAZIONE DEL BILANCIO E
DETERMINAZIONE DEGLI INDICI
L’analisi economico-finanziaria della gestione aziendale, attraverso l'uso degli indici,
necessita, per essere effettuata, la rielaborazione degli schemi del bilancio redatto al
termine dell'esercizio, poiché tale documento contabile, formulato secondo i rigidi
schemi previsti dalla normativa civilistica (artt.2424, 2425), non consente di
estrapolare tutte le informazioni necessarie per valutare gli aspetti operativi e
strategici sui quali dovranno essere prese le eventuali soluzioni.
Chi intende utilizzare questa tecnica d’analisi dovrà pertanto procedere, in primo
luogo ad una riclassificazione dei dati di bilancio, ossia ad una riesposizione dei suoi
valori, diretta a trasformare una struttura mirata alla dimostrazione dei risultati in una
finalizzata per l’analisi.
L'obiettivo che si prefigge l'analista è pertanto quello di estrapolare, dai dati di
bilancio, le grandezze degli aspetti finanziari, patrimoniali e reddituali, e ricavarne
gli indicatori numerici in grado di valutare oggettivamente caratteristiche come
l’efficienza, la redditività, la liquidità, la solidità patrimoniale ecc.
1.3.1 RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
Il processo di riclassificazione delle voci dello Stato Patrimoniale avviene
normalmente secondo il criterio finanziario:
- le ATTIVITA’ (impieghi) sono raggruppate secondo il grado di liquidità, vale
a dire la propensione degli investimenti aziendali (impieghi) a trasformarsi in
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forma liquida nel breve periodo, concetto che normalmente coincide con la
durata dell'esercizio sociale;
- le PASSIVITA’ (fonti) sono ordinate secondo il tempo d’estinguibilita', ossia la
loro attitudine a dar luogo ad esborsi finanziari nell’esercizio o nei periodi
successivi.
Il criterio finanziario di riclassificazione dei dati dello Stato Patrimoniale Attivo
distingue le Attività (Totale IMPIEGHI o Capitale investito) in:
- Capitale Immobilizzato;
- Capitale Circolante;
Il Capitale Immobilizzato si suddivide ulteriormente in:
- Immobilizzazioni materiali;
- Immobilizzazioni immateriali, che annoverano gli investimenti senza
consistenza fisica, ossia beni ad utilità pluriennale da recuperare in forma
monetaria gradualmente nel tempo;
- Immobilizzazioni finanziarie, che sono costituite da investimenti permanenti in
titoli e partecipazioni, nonché da tutti i crediti di finanziamento e di
funzionamento esigibili in un periodo superiore all'esercizio successivo.
Il Capitale Circolante comprende:
- Rimanenze di magazzino, ossia tutte le giacenze finali di materie prime, materie
sussidiarie, di consumo, di semilavorati e prodotti finiti, di merci; poiché sono
considerate investimenti con ritorno monetario a breve termine;
- Liquidita' differite, costituite dai crediti commerciali, crediti verso soci per
versamenti ancora dovuti, ratei e risconti entro l'esercizio successivo e da tutte
le attività finanziarie che non presentano i requisiti d’immobilizzazioni;
- Liquidità immediate, costituite dalle disponibilità liquide presenti presso
Istituti di credito, l’Amministrazione postale, la cassa aziendale, nonché da tutti
i titoli negoziabili a vista.
Lo stesso criterio finanziario distingue le passività (Totale Fonti o Capitale
Finanziato) in:
- Capitale proprio, costituito dalle fonti a termine indeterminato come: il capitale
sociale, le riserve, le quote d’utile d’esercizio da destinare a riserva, gli utili
portati a nuovo ecc;
- Passività consolidate, ossia le fonti di finanziamenti ottenuti e rimborsabili oltre
l’esercizio successivo;
- Passività correnti, sono le fonti costituite dai debiti di finanziamento e di
funzionamento con scadenza entro l’esercizio successivo.
1.3.2 RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO
Il processo di riclassificazione del Conto Economico avviene attraverso il del
raggruppamento dei costi e dei ricavi, in base principalmente al cosiddetto criterio
Valore Aggiunto.
Questo schema di riclassificazione si propone di evidenziare la ricchezza
effettivamente prodotta e distribuita dall’impresa ai vari conferenti di fattori
produttivi: i dipendenti (sotto forma di salari, stipendi, contributi, indennità di fine
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rapporto), lo Stato (sotto forma d’imposte), i finanziatori (con d’interessi), i
finanziatori di capitale di rischio (sotto forma d’utili distribuiti), l’autofinanziamento
(improprio e proprio) in forma d’accantonamenti nei fondi d’ammortamento e nei
fondi di riserva.
Tale sistema classifica i costi e i ricavi in base alla loro natura: i costi sono quindi
relativi a fattori produttivi acquistati e/o utilizzati, i ricavi riflettono i motivi
economici della cessione o del realizzo di beni e servizi.
La struttura di Conto Economico in base a tale criterio mette a confronto il valore
della produzione con il costo dei beni e dei servizi utilizzati, determinando in tal
modo il Valore aggiunto, ossia il valore che un’azienda aggiunge, con l’impiego dei
fattori produttivi, al valore dei beni e dei servizi che acquista da altre aziende così
calcolati: consumi di materie prime (acquisti più le variazioni di rimanenze),
prestazioni di servizi e costi per il godimento di beni di terzi.
Altro elemento caratterizzante la struttura del Conto Economico, in esame, è la
separazione dei componenti positivi e negativi di reddito, in ordinari e straordinari,
ed all’interno di quelli ordinari la separazione dei componenti caratteristici da quelli
accessori, a seconda che si riferiscono alle diverse aree gestionali, allo scopo di
misurare l’incidenza d’ogni funzione aziendale.
Secondo il criterio del Valore Aggiunto, il Conto Economico è suddiviso in
quattro aree:
1. Area caratteristica o tipica: comprende tutti i costi e i ricavi inerenti alla
gestione caratteristica corrente (produzione e vendita dei beni e/o servizi
dell'attività' tipica), cui sono riferibili tutti quei valori economici che sono
collegati al campo dell’attività tipica dell’impresa, e che sono ricorrenti nello
svolgimento delle operazioni aziendali, (gestione ordinaria, la quale
comprende le operazioni che si ripetono regolarmente nel tempo).
Sottraendo il Valore della produzione (Ricavi netti di vendita, +/- variazione
delle rimanenze di prodotti +costi capitalizzati per lavori in economia) ai
Consumi netti (acquisto materie e/o merci, +/- variazioni di materie prime e/o
merci, costi per acquisto servizi, costi per godimento di beni di terzi), si
ottiene il "Valore aggiunto", ossia la ricchezza concretamente prodotta
dall’impresa nell’esercizio della sua attività tipica e/o caratteristica.
Sottraendo dal Valore aggiunto il costo del personale (salari e stipendi,
TFR, oneri sociali ecc.) si ottiene il "Margine Operativo Lordo", identificato
oggi anche con il termine EBITDA che esprime la ricchezza in termini di
risorse finanziarie complessivamente generate e assorbite dalla gestione
caratteristica: questi evidenzia in termini assoluti la redditività operativa
dell’impresa, che permette, dopo aver coperto i costi relativi agli
ammortamenti, agli accantonamenti e agli oneri finanziari, e dopo aver
considerato il risultato delle gestioni straordinarie e fiscali, di realizzare
eventualmente un utile. Sottraendo dal Margine Operativo Lordo o EBITDA
gli ammortamenti e gli accantonamenti, si ottiene il "RedditoOperativo",
conosciuto anche con il termine d’EBIT. Quest’ultimo costituisce in
definitiva il risultato della gestione tipica dell’impresa, vale a dire la
ricchezza generata o assorbita dalla sua specifica attività, prescindendo dalla
politica finanziaria seguita dall'impresa e da eventi di natura straordinaria; in
altre parole, esso dimostra quanto l’azienda ha guadagnato o perduto con lo
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