2
La mobilitazione mondiale seguita agli avvenimenti di Timor Est del 1999, che ha
visto in prima linea le organizzazioni non-governative di tutto il mondo, ha
dimostrato la forza di quelle associazioni, tra le quali Amnesty International,
schierate esclusivamente dalla parte dei diritti umani.
Lo studio dei principi costitutivi di AI, delle sue politiche e delle sue tecniche
d’intervento ha messo in evidenza come un’organizzazione fondata sull’impegno di
volontari possa incidere sull’agire politico internazionale. L’attività d’informazione
esercitata da un movimento come AI slegato da interessi politici ed economici, e
quindi assolutamente imparziale, ha permesso di conoscere i risvolti storici, politici
e sociali dell’Ordine Nuovo, un regime autoritario di stampo militare, condizionato
da problemi economici, tensioni etniche, sociali e religiose e caratterizzato da
continue violazioni dei diritti umani. Attraverso l’analisi degli eventi storici e
politici indonesiani dal 1990 ad oggi si è evidenziata l’attività esercitata da AI e si
è giunti alla conoscenza di realtà altrimenti troppo lontane dall’evidenza quotidiana.
Questa tesi si propone di sviluppare uno studio sui casi specifici del contesto
storico-politico indonesiano che hanno portato all’intervento di AI.
Fra i casi analizzati si è dato particolare risalto alla figura di un noto scrittore
indonesiano, Pramoedya Ananta Toer che, in quanto vittima e testimone dell’ascesa
del regime dell’Ordine Nuovo, rappresenta non solo un esempio delle violazioni dei
diritti umani perpetrate dal regime di fronte alle divergenze di opinione politica,
ma anche il caso tipico per cui nasce e si sviluppa il movimento di AI.
Il lavoro di ricerca è stato svolto attraverso la consultazione di documenti ufficiali
delle Nazioni Unite, del Segretariato Internazionale di Amnesty International e
grazie alla collaborazione del Coordinatore italiano di AI responsabile dell’area
Estremo Oriente-Pacifico, che ha permesso un’approfondita conoscenza ed analisi
dell’azione svolta dall’organizzazione in Indonesia.
La denuncia di AI dei continui attentati ai diritti civili e politici in Indonesia non
deve rappresentare un caso a se stante, ma un problema per cui, in virtù del
principio di universalità dei diritti umani, l’intera comunità internazionale deve
sentirsi responsabile.
3
CAPITOLO 1
AMNESTY INTERNATIONAL
4
1.1 PERCHE’ AMNESTY INTERNATIONAL? I SUOI VALORI
FONDAMENTALI
La necessità di tutelare i diritti umani non nasce certo nel 1948, con la
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo redatta dalle Nazioni Unite. Ma da
quella data - indubbiamente - a tutti gli esseri umani venivano riconosciuti, per la
prima volta nella Storia, alcuni diritti inalienabili. Diritti che nessuno Stato
aderente all'Assemblea ONU poteva violare. Come dovessero essere fatti
rispettare, era ed è questione tuttora attuale.
“Considerati come ‘interferenza’ negli affari interni dei governi in passato, i diritti
umani sono diventati un elemento chiave delle relazioni fra gli stati, fondamentali
per dare legittimità internazionale ad un governo. Oggi non solo cresce il numero
delle organizzazioni impegnate a misurare le violazioni dei diritti umani in molte
parti del mondo, ma le violazioni dei diritti portano sempre con maggior frequenza
all’intervento di forze internazionali. Un segno inequivocabile della totale presa di
coscienza dell’importanza del rispetto dei diritti umani è la stesura dello Statuto
della Corte Penale Internazionale Permanente (17 luglio 1998), come base per un
sistema legale globale, che perseguiti i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra
e il genocidio e che funga da deterrente per i conflitti e le violenze contro le
popolazioni civili”. Questo è quanto afferma un articolo pubblicato su un’edizione
speciale e limitata del Corriere della Sera dell’1/1/2000, il cui ricavato, frutto
della vendita fuori dalle tradizionali edicole, andrà interamente a due
organizzazioni umanitarie che si battono a tutte le latitudini per difendere i diritti
dell’uomo: Amnesty International e Emercency
1
.
1
Emercency è un’associazione senza scopo di lucro, fondata nel 1994 a Milano, che ha
l’obiettivo di fornire assistenza alle vittime civili dei conflitti, ai feriti e a coloro che
soffrono altre conseguenze delle guerre.
5
Iniziative come questa, che vedono la stretta collaborazione dei mezzi di
informazione con importanti associazioni impegnate nella tutela dei diritti umani,
dimostrano l’importanza che il concetto di “rispetto della dignità umana” ha
acquisito nella nostra società.
Amnesty International e Emercency, oggi, fanno parte di un movimento e di un
circuito molto ampio ed articolato in cui si sono attivate molte organizzazioni “non
governative” (ONG), che si fanno portavoce degli interessi delle persone.
Le ONG sono cresciute sia in termini di numero, sia in termini di aderenti; questa
crescita delinea l’esistenza di una sorta di “società civile internazionale”, un nuovo
soggetto politico globale, sostenitore di una domanda alla quale i governi e le
istituzioni internazionali (ONU – Banca Mondiale – FMI) sono sempre più incapaci di
rispondere.
Gli interessi e gli obiettivi perseguiti dalle istituzioni governative e sovranazionali
coincidono sempre meno con le esigenze reali delle popolazioni, che essi invece
dovrebbero rappresentare. Si è venuto così a creare un vuoto istituzionale, che
grazie al moltiplicarsi di associazioni e di iscritti, si è parzialmente riempito.
Queste associazioni hanno avuto un riscontro positivo proprio perché sono vicine
alla gente, hanno assunto nell’opinione pubblica mondiale un ruolo di rappresentanti
di domande dirette e concrete, in contrapposizione alla burocrazia, alla mancanza
di iniziativa politica e qualche volta alla corruzione delle istituzioni sovranazionali.
Esempi di tragici fallimenti degli ideali delle Nazioni Unite sono evidenti a tutti:
Ruanda, Kosovo, Timor Est e Cecenia, senza dimenticare l’impotenza dimostrata
dall’ONU di fronte alla guerra della ex-Jugoslavia. Le ONG non sono solo una spina
nel fianco di regimi autoritari per l’opera di denuncia di cui si fanno portatrici, ma
cominciano ad essere una spina nel fianco delle istituzioni sovranazionali, proprio
perché costituiscono un “movimento globale parallelo”, a volte ad esse
complementare, ma sempre più spesso ad esse opposto.
6
Un movimento che sta acquisendo un ruolo sempre più definito all’interno dello
scenario politico mondiale. ONG piccole e sconosciute e ONG più note, come
Amnesty International o Greenpeace, sono state protagoniste di battaglie decisive
in questi ultimi anni. Basti ricordare l’impegno contro le mine di Emercency, l’azione
al vertice di Rio de Janeiro (1992) per la protezione dell’ambiente, le denuncie
contro alcune multinazionali per il lavoro minorile, l’intervento del “popolo di
Seattle” (1999) durante il vertice dell’Organizzazione Mondiale del Commercio,
nonché tutti gli interventi straordinari nelle situazioni di conflitto.
Il vero movimento per i diritti umani è fatto quindi da migliaia di organizzazioni e
istituzioni, cui la società civile partecipa direttamente o per mezzo dei giornali, dei
sindacati o di altre associazioni di categoria, che nel corso della loro attività
quotidiana, lavorano per far pressione sui governi che violano diritti umani. Sono
soprattutto gli individui che con la forza dei numeri delle petizioni, delle
dimostrazioni, con la partecipazione agli eventi promossi in favore della difesa dei
diritti umani, creano una reale e concreta pressione.
Perché è necessario un così imponente impegno per la difesa dei diritti umani?
Si afferma ormai da tempo che i diritti umani fondamentali sono universalmente
riconosciuti, sono stati codificati all’interno di patti e convenzioni di portata
mondiale, ricodificati all’interno delle legislazioni dei singoli stati, sono standard
internazionali cui sempre più
governi si sono conformati, assumendosi la responsabilità per la tutela dei propri
cittadini.
Eppure in un mondo in cui si parla di economia e sviluppo globale e in cui si è
affermato un mercato aperto che trova la sua massima funzionalità attraverso una
rete multimediale che avvolge tutta la terra, i diritti elementari dell’uomo stentano
ad affermarsi e le leggi nazionali e internazionali a tutela dei diritti umani sono
ancora largamente ignorate e disattese.
7
Pierre Sanè, Segretario Generale di Amnesty International, nel suo discorso in
occasione del 50° anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo,
denuncia che ancora oggi: “…1.3 miliardi di persone sopravvivono con meno di un
dollaro al giorno, 35.000 bambini muoiono quotidianamente di malnutrizione e
malattie prevenibili, parole che credevamo scomparse dal nostro vocabolario
tormentano tutti i giorni la nostra coscienza: genocidio, pulizia etnica, stupri
collettivi. L’orribile volto dei conflitti armati domina la realtà di centinaia di milioni
di persone in 30 paesi – una nazione ogni sei…”
2
, conflitti, in cui per ironia feroce
del progresso vi muoiono più civili che militari. Questo ci dimostra quanto ancora
sia necessaria l’azione di quel vasto movimento impegnato nella difesa dei diritti
umani.
Amnesty International riveste uno specifico ruolo in quest’ambito. È un movimento
internazionale, indipendente da qualsiasi governo, parte politica, interesse
economico o credo religioso; incentra innanzitutto la propria azione sui casi di
singoli prigionieri; non è un’associazione a scopo di lucro.
3
I valori fondamentali che
determinano l’azione del movimento sono i seguenti:
Copertura Globale – i membri di Amnesty International lavorano per ogni vittima,
sotto ogni governo, ovunque nel mondo, per coloro che sono sotto i riflettori dei
media o per chi invece è dimenticato in una prigione segreta.
Universalità e Indivisibilità dei Diritti Umani – Amnesty International si impegna
ad entrare in azione in difesa di tutti i diritti degli esseri umani a prescindere
dalla loro nazionalità, razza o opinione. Allo stesso modo l’associazione sostiene che
i confini nazionali o la diversità culturale non possano essere di ostacolo all’impegno
in favore dei diritti fondamentali.
2
Pierre Sané – Segretario Generale di Amnesty International, Una rivoluzione incompiuta,
discorso tenuto in occasione del 50° anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti
dell'Uomo, 5 dicembre 1997, pubblicato sul sito www.amnesty.it
3
Statuto della Sezione Italiana di Amnesty International – art. 1
8
Imparzialità e Indipendenza – Amnesty International non sostiene né si oppone a
nessun governo o sistema politico, né sostiene necessariamente le convinzioni delle
persone di cui cerca di proteggere i diritti. È un movimento democratico, non
soggetto al controllo di nessun governo, ma risponde solo dinanzi ai suoi soci.
4
Il messaggio di Amnesty International non è altro che una “richiesta” affinché i
governanti si assumano le proprie responsabilità e cambino il loro modo di agire: i
diritti umani fondamentali non sono stati dati o “concessi” dai governi e neanche
possono essere sospesi dagli stessi. I diritti umani appartengono agli esseri umani
in quanto tali. Amnesty International si riferisce meticolosamente agli standard
internazionali quando formula le sue richieste, ricordando ai governi il loro obbligo
ad osservarli.
Pierre Sanè definisce Amnesty International “…un’organizzazione che vigila, porta
avanti ricerche e campagne contro specifiche violazioni dei diritti umani in tutti i
paesi del mondo…”
5
, per questo Amnesty International rivolge i suoi appelli a tutti
gli uomini; è un’associazione fatta di persone comuni per altre persone comuni, che
non si limita alla denuncia dei soprusi, ma per far sentire la voce di chi è contro le
ingiustizie, si prodiga per la sensibilizzazione e il coinvolgimento dell’opinione
pubblica mondiale. Difendere i diritti umani degli altri, significa difendere i propri.
Amnesty difende i principi espressi nella Dichiarazione Universale del 1948 e
lavora affinché gli stessi siano non soltanto riconosciuti da tutti gli stati, ma
soprattutto rispettati da tutti gli uomini. Amnesty persegue con successo questo
obiettivo. La società globale dimostra oggi di aver acquisito una coscienza civile e
una consapevolezza del significato di “diritti umani fondamentali”, che costituisce
la base per una concreta ed effettiva lotta per la loro difesa.
4
Amnesty International – Sezione Italiana, Manuale del Socio, Palermo, 1995 pagg.14 – 15
5
Il discorso di Pierre Sané è riportato integralmente in Amnesty International, Notiziario
della Sezione Italiana, a. XVII, gennaio e febbraio 1994, nn. 1 e 2
9
1.2 L'ORIGINE DI AMNESTY INTERNATIONAL
La storia di Amnesty International è la storia di un’associazione di gente comune
per gente comune. E’ la storia di centinaia di migliaia di persone di ogni età, etnia,
ceto sociale, opinione politica cui sono stati violati fondamentali diritti, ma è anche
la storia di tanti individui che si sono impegnati e s’impegnano nel tentativo di
combattere questi soprusi. Amnesty International nasce nel 1961 a Londra. La sua
storia è la storia dell’indignazione dell’avvocato londinese Peter Benenson che,
insieme con altre persone spinte da questo sentimento, decise di alzare la propria
protesta contro ogni violazione dei diritti umani. Fu appunto nel 1961 che Benenson
lesse di due studenti portoghesi arrestati e incarcerati per aver brindato alla
libertà in un locale pubblico. Questo fatto in particolare lo spinse ad agire
concretamente e fece maturare in lui l’idea di una campagna internazionale che
attirasse l’attenzione dell’opinione pubblica. La campagna, chiamata “Appello per
l’Amnistia 1961”, fu lanciata attraverso la pubblicazione dell’articolo “I prigionieri
dimenticati” su due importanti giornali, “The Observer” di Londra e “Le Monde” di
Parigi. Nell’articolo Benenson scriveva: “Aprite il vostro giornale in un qualunque
giorno della settimana e vi troverete la notizia da qualche parte del mondo di
qualcuno che viene imprigionato, torturato o ucciso perché di opinioni o religione
inaccettabili dal suo governo… Il lettore del giornale sente un nauseante senso di
impotenza. Ma se questo senso di disgusto in tutto il mondo potesse essere
convogliato in un’azione comune, qualcosa di efficace potrebbe risultarne”.
6
La
campagna chiedeva il rilascio di tutte le persone detenute a causa delle loro
opinioni, colore, sesso, origine etnica, lingua, credo religioso o politico, purché esse
non avessero usato o invocato la violenza. Benenson chiamò queste persone
“prigionieri di coscienza”.
6
Amnesty International, Le violazioni dei diritti umani, Amnesty International Publications,
Palermo, 1988, pag. 60
10
Il suo obiettivo era di incoraggiare le persone a scrivere lettere ai funzionari
governativi di quei paesi ove erano detenuti prigionieri di coscienza. In queste
lettere si chiedeva il loro rilascio. In breve tempo Benenson e i suoi collaboratori
ricevettero numerose offerte di aiuto per raccogliere informazioni, per
pubblicizzarle e per contattare i governi. La campagna internazionale per la difesa
dei diritti umani trovò sempre nuovi sostenitori e si diffuse in altri paesi, sino a
trasformarsi alla fine del 1961 in un movimento internazionale permanente in
difesa della libertà di opinione e religione, movimento che oggi conosciamo con il
nome di Amnesty International.
Durante i primi anni si formarono i cosiddetti Gruppi di adozione, rinominati negli
anni ottanta Gruppi locali, che si occupavano in particolare o di un prigioniero
“adottato” in uno specifico paese o di un tema che superava i confini nazionali. I
gruppi si occupavano anche di promuovere il movimento sensibilizzando le persone
al tema dei diritti umani da un lato, cercando sostegno e fondi presso
organizzazioni professionali, aziende, unioni sindacali, scuole e chiese dall’altro.
La prima attività dell’organizzazione fu, quindi, indirizzare lettere individuali per
conto dei prigionieri di coscienza ai governi resisi responsabili di atti deprecabili.
Solo in seguito a meticolose ricerche sulle denunce di violazione dei diritti umani,
l’associazione decideva di “adottare” quei detenuti considerati prigionieri di
coscienza. Il gruppo cui veniva affidato il caso, s’incaricava di mantenere i contatti
con i prigionieri e di offrire aiuto alle loro famiglie. Questa prima tecnica
d’intervento ebbe immediatamente riscontri positivi: le persone che sostenevano
l’attività di Amnesty International erano sempre più coinvolte dal legame diretto
con il prigioniero, il quale usciva in questo modo dalla dimensione astratta dei
documenti delle ricerche statistiche sui diritti umani ed entrava a far parte di una
realtà fatta di persone che interagivano con lui e lo sostenevano.
11
Centro dell’attività dell’organizzazione furono da subito gli individui, non i paesi o i
loro sistemi politici. I membri di Amnesty International non lavorarono per
cambiare i sistemi politici.
L’organizzazione crebbe e si sviluppò costantemente: aumentarono il numero dei
membri, il numero dei prigionieri “adottati”, i riscontri positivi, il budget e la
professionalità dell’organizzazione. Stretta imparzialità e indipendenza furono sin
dall’inizio principi fondamentali e imprescindibili dell’attività di Amnesty
International. L’associazione agisce indifferentemente in favore di prigionieri
appartenenti a paesi di vari continenti, retti da sistemi politici e ideologici diversi.
Nella volontà di affermare il carattere internazionale dell’attività, s’impose il
principio per cui i membri di AI avrebbero agito in tutti i paesi del mondo, senza
però essere coinvolti in casi all’interno del loro paese di appartenenza. L’esperienza
dimostrava, infatti, che molte persone non erano sufficientemente imparziali
nell’azione a favore di prigionieri detenuti all’interno del proprio paese; questo
avrebbe potuto compromettere seriamente la reputazione dell’organizzazione. In
secondo luogo, questo principio tutelava i membri dell’organizzazione dato che
pochi governi tolleravano l’impegno in favore della difesa dei diritti umani e
difficilmente era permesso ad un attivista interno di lavorare senza interferenze o
minacce alla sua libertà e sicurezza.
Ancora oggi questi principi rimangono ala base del’attività di Amnesty
International, nonostante l’organizzazione si sia ampliata, evoluta e
conseguentemente modificata. L’insieme di attività, mezzi e metodi utilizzati
dall’associazione ha ottenuto nel corso degli anni risultati di importanza tale, per
cui il suo lavoro è stato premiato con il Premio Nobel per la Pace nel 1977. Il
Comitato Nobel 1977 ha desiderato così onorare l’attività di Amnesty
International soprattutto per l’imparziale ed efficace azione del movimento in
difesa dei diritti umani. Per gli stessi motivi l’organizzazione ha ricevuto nel 1978 il
Premio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani.
12
Nei primi anni ottanta la base del movimento si ampliò e molti studenti diventarono
membri di Amnesty International accanto ai professori e ai liberi professionisti,
che avevano costituito la tipologia iniziale dei sostenitori.
Molto spesso l’insieme dei membri di un gruppo formatosi all’interno di un campus
poteva cambiare rapidamente, così ad esso venivano affidati compiti che
coadiuvavano l’attività dei gruppi locali o di adozione, che agivano in modo più
stabile e continuativo. E’ sempre in questo periodo che molti preminenti musicisti e
artisti adottarono la causa di Amnesty International, molti devolvendo i profitti di
concerti o interi tour al gruppo. Questo contribuì a promuovere il movimento
dandogli nuova visibilità e nello stesso tempo contribuì ad incrementare il budget
dell’associazione, tanto che furono aperti nuovi uffici regionali in tutto il mondo.
Ad ingrossare le fila dell’associazione contribuirono infine i volontari. Negli anni
novanta il tema della difesa dei diritti umani ha assunto maggior importanza fra gli
interessi dell’opinione pubblica mondiale, grazie anche alle forze che hanno lottato
in molti paesi per l’attuazione di tutti gli ideali sanciti nella Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani del 1948. Questa maggior sensibilizzazione ha spinto
molte persone a contribuire alla causa di Amnesty International con il proprio
impegno e il proprio lavoro: per lo più si occupano di scrivere lettere ai governi che
violano i diritti umani, organizzano dimostrazioni, scrivono comunicati stampa,
cercano insomma di sostenere e promuovere il movimento escogitando con
creatività e intelligenza sempre nuove e diverse vie.
Amnesty International non ha mai reclamato il merito per il rilascio dei prigionieri.
Spesso è risultato di diversi fattori combinati, non ultimo l’impegno e le azioni
intraprese direttamente da famigliari e amici. Molti i prigionieri rilasciati che
hanno confermato l’importanza della pubblicità, delle lettere e degli appelli di
Amnesty International.
13
Certo, il rilascio è uno dei risultati più evidenti dell’attività di quest’organizzazione,
ma le conseguenze del suo lavoro sono molteplici: dal miglioramento delle condizioni
delle prigioni, all’eliminazione di torture, fino al fatto di dare reale speranza ai
prigionieri attraverso la consapevolezza che essi non sono stati dimenticati.
Oggi Amnesty International conta più di 1.000.000 di membri, sottoscrittori e
donatori in più di 160 paesi e territori. Esistono più di 5.300 gruppi locali, gruppi di
giovani e studenti e gruppi professionali di Amnesty International registrati al
Segretariato Internazionale; ci sono inoltre diverse migliaia di altri gruppi, reti e
coordinatori in più di 90 paesi e territori per tutto il mondo.
Ci sono sezioni organizzate a livello nazionale in 56 paesi, delle quali 34 in America
Latina e nell’area dei Caraibi, Africa, Asia e Medio Oriente ed Europa Centrale.
Il centro nevralgico dell’organizzazione è il Segretariato Internazionale che ha
sede a Londra, con più di 320 posti permanenti e 95 volontari da diversi paesi.
Nel corso di quasi 40 anni di attività nella difesa dei fondamentali diritti umani
Amnesty International ha conquistato la fiducia e la credibilità non solo
dell’opinione pubblica mondiale, ma anche di quelle istituzioni governative che in
particolare dovrebbero occuparsi dell’applicazione e del rispetto di quei principi
espressi nella Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo, assumendo così un
ruolo importantissimo a livello internazionale. Amnesty International gode, infatti,
dello status consultivo presso le Nazioni Unite (Consiglio Economico e Sociale),
l’UNESCO e il Consiglio d’Europa; intrattiene relazioni di cooperazione con
l’Organizzazione degli Stati Americani ed è membro del Comitato di Coordinamento
del Bureau per il Collocamento e l’Educazione dei Rifugiati Africani
dell’Organizzazione per l’Unità Africana.