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INTRODUZIONE
Il mio elaborato è incentrato sugli sviluppi, pratici e legislativi, che hanno
colpito l' istituto dell'amministrazione straordinaria dall'entrata in vigore del decreto
legislativo 8 luglio 1999, n. 247 (Legge Prodi) e del decreto legge 23 dicembre 2003,
n. 347 (poi convertito in “legge Marzano”) che ha portato ulteriori novità e
cambiamenti.
L'amministrazione straordinaria, consente alle imprese che si trovano in crisi di non
cadere in fallimento e di attuare una procedura per il recupero dell'equilibrio
economico e finanziario dell'impresa stessa.
Ho cercato di sviluppare il tema sia dando una visione complessiva
dell'istituto in questione, sia prendendo in considerazione un caso concreto
(l'amministrazione straordinaria del gruppo Cit) per far capire meglio nella prassi
come viene utilizzata la procedura.
Nella prima parte, ho quindi preferito analizzare dettagliatamente le varie fasi
del procedimento, elencando i requisiti e i presupposti secondo i quali le imprese
sarebbero assoggettabili all'amministrazione straordinaria. Ho poi ritenuto
indispensabile prendere in considerazione i vari organi della procedura e i rapporti
che si instaurano dopo l'apertura del procedimento tra impresa e creditori.
Nella seconda parte ho, invece, riportato il problema in un caso dettagliato,
prendendo in considerazione l'ammissione all'amministrazione straordinaria del
gruppo Cit (Compagnia Italiana del turismo) e delle varie imprese facenti parte del
gruppo.
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PREMESSA: dalla “Legge Prodi” alla “Prodi bis”
Nel corso degli anni '70 l' Italia fu investita da una grave crisi economica, che
colpì anche importanti gruppi industriali, chiamati ad una seria e problematica
ristrutturazione finanziaria ed operativa.
Tale genere di crisi evidenziò le insufficienze del sistema concorsuale, introdotto
dalla legge fallimentare del 1942. Ci si rese conto, infatti, che le procedure del
fallimento, del concordato preventivo e dell'amministrazione controllata, non
offrivano strumenti adeguati per il perseguimento dell'obiettivo della ristrutturazione
delle imprese.
Fu così, che venne elaborata la legge 3 aprile 1979, n. 95 (conosciuta come
Legge Prodi), intesa ad apprestare, per le “grandi imprese”, una procedura ad hoc
(chiamata “amministrazione straordinaria”), che ne favorisse i processi di
ristrutturazione finanziaria ed industriale, mirando anche alla salvaguardia
dell'integrità degli organismi produttivi ed alla protezione dei livelli occupazionali: in
ciò agevolata dalla previsione di significativi aiuti di Stato, rappresentati dalla
disposizione secondo il quale “il Tesoro dello Stato può garantire in tutto o in parte i
debiti che le società in amministrazione straordinaria contraggono con istituzioni
creditizie per il finanziamento della gestione corrente e per la riattivazione e il
completamento di impianti, immobili e attrezzature industriali”.
La nuova procedura fu oggetto di molte critiche, incentrate in particolare
sull'emarginazione del ruolo dell'Autorità giudiziaria, in favore dell'accentuazione
del ruolo dell'Autorità amministrativa. Negli anni emersero sempre più motivi di
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insoddisfazione della procedura, legati sia ad insufficienze e inadeguatezze
intrinseche alla stessa, sia problematiche di carattere estrinseco.
Sotto il primo profilo, si dovette constatare che la gestione dello strumento introdotto
dalla legge Prodi, anche per l' eccesso di attribuzioni riconosciute all'Autorità
Amministrativa, aveva condotto a comprimere e compromettere in modo
inaccettabile e irragionevole l' interesse dei creditori dell'impresa, che nonché essere
contemperato con l' interesse alla salvaguardia dell'integrità degli organismi
produttivi e della protezione dei livelli di occupazione, era risultato ad essi
totalmente sacrificato.
Sotto il secondo profilo , la “legge Prodi” fu investita da insuperabili censure della
Corte di Giustizia delle Comunità Europee e della Commissione Europea, che
giudicarono incompatibili con i principi affermati dal Trattato di Roma in materia di
concorrenza (che vietano gli aiuti di Stato) la ricordata garanzia del Tesoro per le
imprese assoggettate ad Amministrazione straordinaria; la previsione di ulteriori
facilitazioni fiscali; le agevolazioni di natura contributiva; e, forse, la stessa
attribuzione all'Autorità amministrativa del potere discrezionale di autorizzare la
continuazione dell'esercizio dell'impresa ad imprese oggettivamente insolventi, così
consentendo la permanenza sul mercato di soggetti normalmente destinati alla
espulsione dallo stesso, con conseguente alterazione del libero gioco della
concorrenza
Con il decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (chiamato anche “Prodi bis”),
il legislatore italiano ha inteso ovviare a entrambe i generi di inconvenienti sopra
elencati.
9 9
A tale scopo, esso ha per un verso abrogato, in linea di principio, la “Legge Prodi”,
sostituendola con la “Prodi-bis”, caratterizzata da importanti innovazioni. In secondo
luogo con il nuovo decreto legislativo, la procedura di amministrazione straordinaria
non rappresenta più un rimedio esclusivo, come prevedeva la Legge Prodi che
precludeva alle società assoggettabili ad amministrazione straordinaria la possibilità
di essere sottoposte alternativamente a fallimento o alla liquidazione coatta
amministrativa.
Secondo l' art. 1 del d. lgs. 270/1999 “l' amministrazione straordinaria è la
procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità
conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o
riconversione delle attività imprenditoriali”. Finalità esclusiva è quindi la
conservazione del patrimonio produttivo dell'impresa insolvente, conservazione che
può realizzarsi mediante la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un
programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un
anno; ovvero tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla
base di un programma di risanamento di durata non superiore ai due anni.
L' aspetto più caratteristico di questa procedura è la sua struttura bifase: la prima, di
prevalente natura giudiziaria, prende spunto dalla dichiarazione di insolvenza e porta
all'emissione dei provvedimenti di cui all'art. 30 (apertura della amministrazione
straordinaria o dichiarazione di fallimento), la seconda, in cui prevale la natura
amministrativa, che è volta al conseguimento degli obiettivi cui è preordinata
l'amministrazione straordinaria.
1
0
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CAPITOLO I: CARATTERISTICHE E PRESUPPOSTI DELLA
PROCEDURA
1. Imprese assoggettabili ad amministrazione straordinaria ex d.lgs. n.
270/1999: le dimensioni dell’impresa e numero dei lavoratori
L’art. 1 del decreto legislativo n. 270/1999 definisce l’amministrazione
straordinaria “una procedura concorsuale della grande impresa commerciale
insolvente”. Il concetto di “impresa commerciale” riveste qui il medesimo significato
attribuitogli dall’art. 2195 c.c. e dall’art. 1 legge fallimentare, così che possano
ritenersi tali tutte quelle imprese che non risultino esercitare attività agricola
1
.
L'elenco delle imprese che la legge ritiene commerciali è estremamente ampio e
ricomprende tutte le attività economiche svolte professionalmente e organizzate al
fine della produzione o dello scambio di beni o servizi, con la sola eccezione delle
imprese agricole.
Per quanto riguarda il concetto di “grandi” dimensioni dell’impresa, l’ aggettivo
avrebbe una valenza soltanto convenzionale, giacché il riferimento non acquisterebbe
effettiva concretezza se non per effetto del successivo art. 2, dove, sono dettagliati i
requisiti dimensionali atti ad individuare le “grandi” imprese assoggettabili alla
1 Il punto, dal tenore letterale della norma, appare incontrovertibile e sorretta da una indubbia
coerenza sistematica; tuttavia è bene rammentare che nel corso della gestazione del d. lgs. n.
270/1999 il concetto stesso di impresa agricola veniva fortemente ampliato per effetto delle
profonde modifiche introdotte all’art. 2135 c.c. per tramite dell’art. 1 del decreto legge 18-5-2001,
n.228. In merito alle possibili ricadute di siffatto allargamento si riveda: FERRO, Problemi e casi
nella dichiarazione di fallimento: la prassi di transizione nei presupposti dell’istruttoria, DF,
2001.
1
1
11
procedura”
2
.
In ogni caso la procedura è espressamente applicabile anche agli imprenditori
individuali
3
, mentre ne rimane controversa l’ applicabilità ad imprese sottoposte a
liquidazione
4
, ancorché la nuova disciplina di cui il procedimento di liquidazione è
stato fatto oggetto per mezzo della recente riforma del diritto societario induca a
propendere per la soluzione positiva
5
.
L’ art. 2 lett. a) del d. lgs. n. 270/1990, per quanto attiene i limiti
dimensionali, prevede che possano avere accesso alla procedura le sole imprese che
abbiano “un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al
trattamento di cassa integrazione guadagni, non inferiore a duecento da almeno un
anno”, lasciando con ciò chiaramente intendere che, in mancanza di siffatti livelli
occupazionali, non ci si trovi in presenza di una grande impresa.
Il secondo presupposto si ammissione è individuato dalla lett. b dell’art. 2 d. lgs. n.
270/1999, il quale stabilisce che possono avere accesso alla procedura le sole
imprese che abbiano “debiti per ammontare complessivo non inferiore ai due terzi
tanto del totale dell’attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle
2 Il giudizio è largamente diffuso in dottrina. Si vedano soprattutto: ALESSI, L’ amministrazione
straordinaria delle grandi imprese insolventi. Milano, 2000; NAPOLEONI, Finalità e nuova
filosofia della nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria, in AA.VV.; La riforma
dell’amministrazione straordinaria, a cura di BONFATTI – FALCONE, Roma, 2000, 29; TEDESCHI,
Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2006.
3 Sul punto: GUALANDI, L’ amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Milano,
2007, 501; MANENTE, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di
insolvenza, Milano, 2008, 443; PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Torino, 2008, 906.
Occorre precisare che la dichiarazione dello stato di insolvenza non può invece essere estesa
all’unico azionista di società per azioni insolvente: Trib. Palermo, 21-5-2001.
4 Tematica posta bene in evidenza da PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, cit., 906,dove
comunque si sostiene la soluzione positiva.
5 Ciò in considerazione del fatto che la liquidazione non può considerarsi irreversibile. Altro può
dirsi invece, delle società che, ultimata la liquidazione, risultino cancellate dal registro delle
imprese; sul punto GUALANDI, L’ amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi,
cit., 501.
1
2
12
vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio”.
Per quanto attiene al calcolo dei lavoratori dipendenti è necessario tenere
presente, per le procedure iniziate dopo l’ entrata in vigore del decreto legge
100/2001
6
, dalla modifica apportata dall’art. 1 al dettato dell’art. 6 del d. lgs. n.
61/2000, a mente del quale “in tutte le ipotesi in cui, per disposizione di legge o di
contratto collettivo, si renda necessario l’ accertamento della consistenza
dell’organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso del numero
dei lavoratori dipendenti in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno
così come definito dall’art. 1; ai fini di cui sopra l’ arrotondamento opera per le
frazioni di orario eccedenti la somma degli orari individuati a tempo parziale
corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno
7
”. Per quanto concerne il
requisito dell’esposizione debitoria bisogna rilevare che è stato abbandonato il
criterio dell’indebitamento qualificato adottato dalla l. 95/1979
8
, dandosi invece
rilevanza all’ammontare complessivo dei debiti in rapporto all’attivo dello stato
patrimoniale e ai ricavi.
6 D. lg. 26-2-2001, n. 100. –Disposizioni integrative e correttive del d. lgs. n. 25-2-2000, n. 61,
recante attuazione della direttiva 98/81/CE relativa all’accordo – quadro sul lavoro a tempo
parziale concluso dall’Unice, dal Ceep e dalla Ce.
7 Cassazione, sez I, 5-12-2003, GCM, 2003,12
8 Art.1: “Imprese soggette all’amministrazione straordinaria e norme applicabili”- Le imprese di
cui al primo comma dell’art. 1 della legge fallimentare (16-3-1942, n. 267), sono soggette a
procedura di amministrazione straordinaria, con esclusione del fallimento, qualora abbiano una
esposizione debitoria, verso istituti o aziende di credito o istituti di previdenza e assistenza sociale,
superiore a cinque volte il capitale versato e esistente secondo l’ ultimo bilancio approvato nonché
a venti miliardi di lire, di cui almeno uno per finanziamenti agevolati.
1
3
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2. La dichiarazione di insolvenza
L’ amministrazione straordinaria si articola in due fasi ben distinte. La prima,
culminante nella sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, ha di massima il solo
accertamento dell’esistenza dei presupposti stabiliti dall’art. 2. La seconda, il cui
incipit è costituito dal decreto per mezzo del quale si apre la vera e propria procedura
di amministrazione straordinaria, è basata sul ponderato accertamento dell’esistenza
delle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico dell’attività
imprenditoriale stabilite dall’art. 27.
L’art. 3 del d. lgs. n. 270/1999 prevede che, ove un impresa in possesso dei
requisiti fissati dall’art. 2 versi in stato di insolvenza, il tribunale, su ricorso
dell’imprenditore, ovvero di uno o più creditori, del pubblico ministero o d’ ufficio,
provveda a dichiararlo per mezzo di una sentenza emessa in camera di consiglio. La
formulazione della norma impone innanzitutto di chiedersi cosa si intenda per “stato
di insolvenza” e quale sia il rilievo da riconoscersi allo stesso; in secondo luogo,
rende necessario assodare se questo rappresenti o meno un ulteriore presupposto di
applicazione della procedura, operante sul medesimo piano di quelli dettati dal
precedente art. 2.
Iniziando dalla prima questione, di primo acchito viene da pensare che lo “stato di
insolvenza” di cui all’art. 3 d. lgs. n. 270/1999 non possa essere davvero tanto
diverso dalla manifesta incapacità di regolare adempimento dei rapporti obbligatori
evocata, con locuzione dell’identico tenore letterale dall’art. 5 l. fall.
9
.
9 Il raffronto con l’ art. 5 l. fall., ancora immutato nonostante le molte riforme che hanno invece
1
4
14
Quanto al secondo interrogativo, è evidente come, attribuendo per coerenza identico
valore al dato letterale, lo “stato di insolvenza”, indicato in aggiunta ai parametri
previsti dal precedente art. 2, assume per forza di cose rango di ulteriore presupposto
di ammissione alla procedura.
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2.1 La sentenza di dichiarazione dello stato di insolvenza
Competente per la dichiarazione di insolvenza è il tribunale del luogo in cui
l’impresa ha la sede principale, da intendersi la sede effettiva se non coincidente con
quella legale
11
. La competenza è evidentemente inderogabile
12
.
Legittimati al ricorso sono lo stesso imprenditore, i creditori e il pubblico
ministero. E’ prevista anche la procedura d’ ufficio, che potrebbe comportare che il
tribunale, a fronte di un ricorso per fallimento e all’esito dell’istruttoria
prefallimentare, ovviamente rispettato il disposto dell’art. 7 circa la convocazione del
ministero competente, si limiti a dichiarare l’ insolvenza dando corso all’ulteriore
riguardato altre disposizioni della Legge Fallimentare, è presente in tutti gli autori espressisi a
commento dell’art. 3 del d. lgs. n.. 270/1999, senza peraltro che ciò comporti una necessaria
identità di vedute in ordine al rapporto tra le due norme: BONFATTI – CENSONI, Manuale di diritto
fallimentare, Padova, 2007, 532; DE ANGELIS, La nozione di gruppo di impresa e insolvenza nella
nuova l. n. 270 del 1999, Fa, 2000, 272; ROSSI, Insolvenza, crisi di impresa e risanamento.
Caratteri sistematici e funzionali del presupposto oggettivo dell’amministrazione straordinaria,
Milano, 2003, 1; ROVELLI, L’amministrazione delle grandi imprese insolventi, Torino, 2007, 42;
TEDESCHI, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, 621.
10 GUGLIELMUCCI, Lezioni di diritto fallimentare, II ed., Torino, 2004 , 458.
11 Cass., sez. I, 18-5-2006, n. 11732, GCM, 2006, 5.
12 Il principio, sebbene in genere affermato con riferimento all’art. 9 l. fall., può ritenersi pacifico. A
tal proposito si rinvia a: BUONGIORNO, La dichiarazione di fallimento, in questo Trattato, Tomo I,
Torino, 1997, 306; CARANO, L’ apertura del fallimento, Milano, 2001, 75. Con specifico
riferimento all’amministrazione straordinaria regolata dal d. lgs. n. 270/1999 si vedano, in questo
senso: DIMUNDO, Il processo di dichiarazione dello stato di insolvenza, in AA.VV., Il fallimento e
le altre procedure concorsuali, diretto da PANZANI, Tomo VI, Torino, 2002, 84; LO CASCIO, La
prima applicazione della legge sull’amministrazione straordinaria, Fa, 2000, 449.
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5
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procedura per l’ amministrazione straordinaria.
L’art 5 prevede che l’ imprenditore che chiede la dichiarazione del proprio
stato di insolvenza esponga tutti gli elementi utili a stabilire se sussistano i requisiti e
le condizioni di cui all’art. 27 concernenti le prospettive di recupero dell’equilibrio
economico e depositi la documentazione che viene elencata. Il procedimento radicato
per mezzo del ricorso di uno dei legittimati, prevede, ferma restando l’ applicazione
del rito camerale, che questo si svolga in contraddittorio di tutti i soggetti che
sarebbero coinvolti dalla successiva dichiarazione dello stato di insolvenza
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. Per tale
ragione, l’ art. 7 del d. lgs. n. 270/1999 prevede che, prima di procedere alla
dichiarazione dello stato di insolvenza, il tribunale debba provvedere alla
convocazione del debitore, dell’eventuale ricorrente
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e del Ministro dell’Industria,
del commercio e dell’artigianato. Tra la comunicazione dell’avviso di convocazione
e l’ udienza deve trascorrere un termine non inferiore a quindici giorni, ma tale
termine può essere abbreviato in particolari ragioni d’ urgenza.
Convocate le parti ed esperita l’ eventuale istruttoria
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, in esito all’udienza
fissata per la prescritta audizione il tribunale adotta la propria decisione in camera di
consiglio. Se dispone l’ apertura della procedura concorsuale, vi provvede con
sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza; se decide di respingere l’ istanza a
13 L’importanza assunta dal puntuale rispetto del principio del contraddittorio e ben illustrata da
DIMUNDO, Il processo di dichiarazione dello stato di insolvenza, cit. , 89.
14 Sebbene il creditore ricorrente non possa considerarsi direttamente coinvolto dalla successiva
eventuale sentenza, la sua convocazione è funzionale all’attuazione del contraddittorio cui si è
appena fatto cenno: DIMUNDO, Il processo di dichiarazione dello stato di insolvenza, cit., 90.
15 Quanto ai mezzi di prova esperibili ed al riparto degli oneri probatori, in entrambi i casi fortemente
influenzati dalla particolarità del rito, si veda l’ ampia prospettazione già datane da DIMUNDO, Il
processo di dichiarazione di insolvenza, cit., 86 e successivamente ripresa da TEDESCHI, Manuale
del nuovo diritto fallimentare, cit., 625. E’ tuttavia bene tenere presente che i caratteri
dell’istruttoria, anche per quel che attiene ai mezzi di prova esperibili, deve essere oggi rivisto nel
senso del suo ampliamento in relazione alle modifiche introdotte all’art. 15 l. fall.