5
Orbene, al fine di procedere con massimo profitto all’esame degli
attuali sviluppi del dibattito e delle recentissime proposte di
riforma, è preliminarmente necessario ripercorrere scrupolosamente
le tappe più significative che hanno segnato nel corso dei decenni
l’evoluzione delle competenze sull’amministrazione della giustizia
italiana. Occorrerà dunque innanzitutto mettere in luce l’intima
contraddizione del periodo liberale, diviso tra la svolta garantista
impressa dallo Stato liberale ai principi e agli istituti già noti al
liberalismo ottocentesco, da un lato, ed il controllo particolarmente
incisivo ed esteso esercitato dal potere esecutivo sull’attività del
Consiglio superiore, dall’altro.
Dovrà poi procedersi alla congrua disamina degli sviluppi autoritari
del regime fascista e dei rovinosi effetti sull’amministrazione della
giustizia, prima di passare finalmente alla descrizione del modello
introdotto dalla Costituzione repubblicana e, dunque, all’esame
accurato dei principi cui è informato l’ordinamento giudiziario.
Occorrerà infine esaminare i contenuti delle recenti riforme
sull’ordinamento giudiziario, considerando anche l’intenso dibattito
che ne hanno accompagnato l’entrata in vigore.
6
CAITOLO I
MINISTRO DELLA GIUSTIZIA E CSM. GENESI
STORICA
1. Il periodo pre-costituzionale.
La disciplina contenuta nel titolo quarto della Carta Costituzionale,
ancorché rappresenti l’esito finale di un’evoluzione garantista di
principi ed istituti già noti al liberalismo ottocentesco
1
, segna nel
contempo il distacco da quel medesimo passato per inscriversi
all’interno di un tessuto
costituzionale informato ad un pluralismo assiologico sconosciuto
alla tradizione statutaria e, ancor di più, al regime fascista. Nel
corso del periodo liberale, nonostante l’esplicita previsione
statutaria di alcune garanzie a favore dell’ordine giudiziario, il
potere esecutivo arrivò a svolgere un controllo esteso e
particolarmente incisivo sull’attività dei giudici, assolutamente
pregiudizievole per la loro indipendenza, che Calamandrei giudicò
priva di consistenza
2
, alla mercè di gruppi reazionari o nazionali,
avvezzi a considerare la giustizia elusivamente come strumento per
la difesa dei loro privilegi
3
.
Del resto, la stessa previsione statutaria di una derivazione della
Magistratura dal Sovrano, nel cui nome avrebbe dovuto
amministrare la giustizia (art. 68), induceva i più a considerare
1
Cfr. A. Pizzorusso, L’organizzazione della giustizia in Italia, Torino, 1990, p. 38.
2
Cfr. P. Calamandrei, Indipendenza e senso di responsabilità del giudice, in opere giuridiche,
a cura di M. Cappelletti, vol. I, Napoli, 1965, p.654.
3
On. P. Togliatti, Per l’indipendenza della giustizia e la dignità della magistratura, in
L’Unità, del 17 luglio 1945, richiamato da F. Rigano, Costituzione e potere giudiziario,
Padova, 1982, p. 44.
7
l’ordine giudiziario come una mera articolazione della pubblica
amministrazione, una sua appendice, al cui vertice era posto il
Ministro della Giustizia e non come un “distinto potere dello
Stato”
4
. Siffatta accessorietà era poi, ulteriormente comprovata da
una sostanziale dipendenza
5
dei Magistrati, per tutto quanto
concerneva il loro status impiegatizio (dalle nomine, ai
trasferimenti, alle promozioni, ai poteri disciplinari, ecc….), da un
organo politico che, pur rimanendo in teoria estraneo alle funzioni
giudiziarie, finiva sempre per portare l’influsso della corrente
politica da lui rappresentata in seno al governo, fino a condizionare
la “vita interna” del corpo giudiziario
6
. A conferma di quanto
precede, la stessa facoltà attribuita al Guardasigilli di trasferire il
giudice, anche senza il suo consenso, “per l’unità del servizio” (art.
199, 2° comma dell’ordinamento giudiziario del 1865)
7
, nonché di
esercitare “l’alta sorveglianza su tutte le Corti, i Tribunali e i
Giudizi dello Stato”, potendo anche ammonirli e chiamarli «a sé»
per rispondere sui fatti ad essi imputati (art. 216), fu sovente
esercitata dai diversi governi per tenere sotto tutela i magistrati
recalcitranti e per influenzare le Corti giudicanti. Frequente, almeno
fino al 1890, fu altresì il ricorso da parte del Governo alla nomina
politica e partigiana dei magistrati, che consentiva la selezione di
4
Cfr. S. Senese, Giudice (nozione e diritto costituzionale), in Dig. Disc. Pubb., vol. VII,
Torino 1991, p. 202.
5
In particolare il R.D. 6 dicembre 1865, n. 2626 (ordinamento giudiziario del Regno d’Italia),
la legge Orlando 24 luglio 1908, n. 438 (sul sistema disciplinare), il R.D. 14 dicembre 1921, n.
1978 (sulle promozioni)
6
Relazione introduttiva al progetto presentato dall’ On. G. Patricolo (il potere giudiziario e la
Suprema Corte Costituzionale) alla Commissione per la Costituzione, e discusso durante le
sedute della Sec. Sott. Sez. del 5 e 6 dicembre 1946, in Materiali della Repubblica, Assemblea
Costituente, vol. I, Tomo II, Reggio Emilia, 1991, p.245.
7
R.D. 6 dicembre, n. 2626. G. Neppi Modona, La magistratura e il fascismo, in Pol. del Dir.
1972, p. 568
8
persone compiacenti, certamente poco ostili all’indirizzo
governativo. Non tralasciando poi di considerare il particolare ruolo
del Magistrato del Pubblico Ministero,collocato, già prima
dell’unità, sotto la direzione del Ministro della giustizia, come suo
“rappresentante” presso l’autorità giudiziaria (art. 129
dell’ordinamento giudiziario del 1865),e del quale doveva osservare
le istruzioni impartite mediante circolari, in grado di condizionare
finanche l’avvio dell’azione penale, oltre ai comportamenti
8
.
Da qui un atteggiamento, giustificato da aspirazioni di carriera, di
un diffuso conformismo che talvolta si confondeva col servilismo
da parte di un cospicuo settore della magistratura nei riguardi dei
detentori del potere, tanto da indurre Calamandrei a rilevare come il
nostro ordinamento giudiziario, pur riuscendo a salvaguardare il
giudice « contro le vendette », non era per converso nelle
condizioni di difenderlo da un’arma assai più insidiosa e penetrante,
cioè contro i favori dei governanti
9
.
Ma i condizionamenti del potere politico non si fermavano alla
soglia della carriera del magistrato, poiché investivano la stessa
amministrazione della giustizia attraverso una varietà di
comportamenti che andavano dalla preventiva preclusione, al potere
giudiziario di intervenire nei casi in cui la legge l’avrebbe richiesto,
fino alla sostituzione del giudice per dirimere controversie
determinatesi tra amministrazione e cittadini
10
.
8
G. Neppi Modona, La magistratura e il fascismo, cit. , p. 567.
9
P. Calamandrei, Governo e magistratura, Discorso inaugurale dell’ Anno Accademico
dell’ Università di Siena (1921), in Opere Giuridiche, a cura di M. Cappelletti, vol. II, p.
208. La contiguità tra magistratura e ambienti politici è evidenziata da G. Neppi Modana,
Ruolo della giustizia e crisi del potere politico, p. 10 sulla base di dati che dimostrano che
sino alla fine dell’ 800 i magistrati chiamati a coprire le più alte cariche dell’organizzazione
giudiziaria erano in genere di estrazione politica
10
On. G. Leone, A. C. Sec. Sott. Sec. Sez., seduta del 18 Dicembre 1946, p. 1937.
9
Nell’esperienza statutaria l’indipendenza della magistratura era,
quindi, solo funzionale e si atteggiava come limitata indipendenza
esterna: l’indipendenza del giudice si traduceva essenzialmente
nell’inamovibilità; tradizionalmente riconosciuta alla magistratura,
anche se poi in concreto diversamente applicata e variamente
limitata.
L’art. 69 dello statuto Albertino che prevede, appunto,
l’inamovibilità, in base al quale: “ i giudici nominati dal re, ad
eccezione di quelli di mandamento, sono inamovibili dopo tre anni
di esercizio”, riconosce la guarentigia ma con due notevoli limiti:
l’inapplicabilità ai pretori e solo dopo un triennio. Consentendo così
all’esecutivo di premere sulla magistratura e quindi svuotando la
garanzia di ogni effetto e valore
11
.
Un timido passo avanti, verso la previsione di garanzie istituzionali
in tema di assetto dei rapporti tra Ministro e magistrati, si ebbe
all’inizio del XX secolo, con la legge n. 511 del 1907 cd. legge
Orlando, con la quale si istituì il Consiglio superiore della
magistratura, organo consultivo composto da due membri di diritto,
il primo Presidente e il Procuratore generale della Cassazione di
Roma , da sei Consiglieri e tre Sostituti procuratori generali di
Corte di cassazione eletti dai magistrati delle cinque Corti di
cassazione, e da nove magistrati con il grado almeno di Primo
Presidente di Corte d’Appello, nominati dall’esecutivo.
Il Consiglio, presieduto dal Primo Presidente della Cassazione di
Roma, formulava pareri soprattutto in merito alla carriera dei
magistrati. Tale legge introdusse per la prima volta una forma di
garanzia istituzionale dell’autonomia e dell’indipendenza della
11
FERRARI, La magistratura, cit.., 192.
10
magistratura, tuttavia permane un notevole potere di controllo
politico. Infatti nonostante l’attribuzione di alcune competenze al
CSM, era il Guardasigilli a mantenere il controllo della magistratura
potendosi discostare dalle decisioni del Consiglio, previa delibera
del Consiglio dei ministri.
1.1 Sviluppi autoritari del regime fascista e suoi effetti
sull’amministrazione della giustizia
Sotto il profilo strutturale, benché il regime fascista non avesse
introdotto una riforma particolarmente significativa
dell’ordinamento giudiziario vigente, tanto da indurre taluno a
parlare di una «sostanziale continuità istituzionale e normativa
12
»
con lo Stato ottocentesco, è indubbio che esso portò a maturazione
un’inclinazione autoritaria già presente durante il periodo liberale.
Tale evoluzione, certamente rovinosa per i diritti individuali,
procedette in varie direzioni: attraverso il potenziamento della
gerarchia interna della magistratura; l’amplificazione dei poteri
dell’esecutivo, anche ricorrendo all’esercizio di un controllo
indiretto sugli apparati giurisdizionali e diretto sull’ufficio del
Magistrato del Pubblico Ministero, che continuava ad essere alle
sue dipendenze; la moltiplicazione delle giurisdizioni speciali e
straordinarie, come il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, a
composizione prevalentemente militare, istituito per perseguire e
reprimere gli oppositori politici
13
. Nonostante il regime fascista non
si fosse mai formalmente espresso per la sospensione dello Statuto
12
Cfr. S. Senese, Giudice (nozione e diritto costituzionale), cit., p.204.
13
Cfr. C. Guarnirei, Magistratura e politica in Italia, Bologna, Il Mulino, 1993, p.86.
11
Albertino, è indubitabile, tuttavia, che il testo fondamentale dello
Stato fu di fatto reso inoperante per essere stato costretto in una
gabbia di leggi fasciste
14
. E così, al costante richiamo da parte degli
stessi magistrati alla “apoliticità” della magistratura
15
, si
sovrapposero: la riforma di cui r.d. 30 dicembre 1923 n. 2876,
relativa all’ordinamento degli uffici giudiziari, la quale rafforzava
ulteriormente il controllo governativo sulla magistratura
indebolendo la guarentigia dell’inamovibilità del magistrato;
la riforma del CSM di cui al r.d. 30 dicembre 1926, n. 2219 e alla
legge 5 giugno 1933, n. 557, che rendevano il CSM organo di
nomina regia
16
e attribuivano al Ministro, di fatto, ampi poteri
discrezionali in materia di composizione delle piante organiche;
infine, l’ordinamento Grandi di cui r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, che
respinse il principio dell’autogoverno
17
e concentrando enormi
poteri in capo al Guardasigilli in merito alla formazione della
commissioni d’esame, le promozioni, il passaggio di funzioni dei
magistrati, il controllo governativo sul Pubblico ministero, le
assegnazioni e le designazioni dei membri del CSM, tanto da far
ritenere che “il Consiglio superiore appariva, nella sua funzione
consultiva, come organo ausiliario del ministero di Grazia e
Giustizia, e nelle sue funzioni di scrutinio dei magistrati come
organo tecnico interno dello stesso Ministero, con funzioni
analoghe ai Consigli del personale presso gli altri Dicasteri dello
14
Cfr. U. Terracini, Come nacque la Costituzione, a cura di P. Balsamo, Roma, 1978, p. 23.
15
Cfr. Discorso del Ministro Gonella, in Legislazione it., 1958, 763. Nonostante l’attribuzione
di alcune competenze al CSM era in Guardasigilli a mantenere il controllo della magistratura
potendosi discostare dalle decisioni del Consiglio previa delibera del Consiglio dei Ministri.
16
Il CSM veniva nominato dal re su proposta del Guardasigilli sentito il Consiglio dei Ministri.
Il r.g. 2219/1926 modificava anche la composizione dell’organo.
17
Cfr. sul tema, Camera dei Deputati, seduta del 12 marzo 1958, res. sten. Intervento del
Ministro Gonella, cit. par. 315.
12
stato”
18
. Si può dire, in definitiva, che prima dell’entrata in vigore
del testo costituzionale, la magistratura costituiva un instrumentum
regni del Governo
19
.
1.2 Il dibattito in Assemblea Costituente. Il Progetto di
Costituzione.
In seguito alla caduta del fascismo con il R.D.lg. 31 maggio 1946,
n. 511 sulle Guarentigie della magistratura, fu ristabilita l’elettività
dei magistrati componenti il CSM con l’eccezione dei membri di
diritto, Primo Presidente e Procuratore Generale della Cassazione
ed estese le sue competenze. Salvo che in materia disciplinare, il
Consiglio mantenne il ruolo di organo consultivo.
Dalla breve analisi dei precedenti del Csm si evince come
l’ordinamento giudiziario italiano sia stato caratterizzato, fino
all’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, dalla sua
dipendenza dall’esecutivo e da una struttura fortemente gerarchica,
tale da assicurare ai magistrati di Cassazione, anche grazie alla
composizione delle commissioni consultive del Ministro, un ruolo
di preminenza nel governo della magistratura stessa.
Alla vigilia dell’avvio dei lavori della Costituente, l’orientamento
prevalente tra le forze politiche e nella magistratura
20
era favorevole
18
Daga, 1973, 129
19
Daga, 1973, 74-77. La disciplina del d.l. 13 novembre 1859, n. 3781 recante l’ordinamento
giudiziario ( noto anche come decreto Rattizzi), poi transitò nell’ordinamento giudiziario del
Regno di cui al r.d. 6 dicembre 1865 n. 2626.
20
Si deve ricordare che nel 1945 era stata ricostituita l’Associazione Nazionale Magistrati
Italiani. Nello stesso anno apparve il primo numero della rivista dell’Associazione, La
Magistratura, che avviò un’intensa campagna in favore dell’indipendenza della magistratura.
Le rivendicazioni dei magistrati si indirizzarono soprattutto verso “l’indipendenza ‘esterna’ …
13
all’istituzione di un Csm elettivo, composto esclusivamente da
magistrati e tale da assicurare la preponderanza dei magistrati di
Cassazione. Nell’intento di garantire una effettiva indipendenza
della magistratura
dall’ingerenza del potere politico si sostenne da più parti la
necessità di affidare l’elezione dei membri del Consiglio ai soli
magistrati. Tuttavia tra le forze politiche di sinistra si diffuse il
timore che un Consiglio composto di soli magistrati ed eletto dai
magistrati stessi divenisse eccessivamente autonomo, al punto da
consentire l’emergere di istanze corporative a discapito della
concezione democratica della giurisdizione, caratteristica di tale
orientamento politico.
In tale prospettiva appariva evidente l’esigenza di attuare una forma
di coordinamento tra i poteri dello Stato tramite la previsione
dell’elezione da parte del legislativo di alcuni dei membri del Csm.
Già la “Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello
Stato”, la c.d. “Commissione Forti”
21
istituita nel 1945, allo scopo di
svolgere un’attività di studio intorno ai principali problemi
istituzionali che l’Assemblea costituente avrebbe dovuto affrontare,
evidenziò con chiarezza la necessità dell’auto-governo quale
strumento indispensabile per assicurare concretamente, non solo
l’indipendenza “esterna” della magistratura, ma anche quella
“interna”, ossia organizzativa.
dell’ordine giudiziario, mentre restava nell’ombra … il problema dei rapporti tra magistrati”,
Luigi Daga, Il Consiglio superiore della magistratura, cit., p. 156. Sul punto cfr., tra gli altri,
Ezio Moriondo, L’ideologia della magistratura, Bari, 1967; Ignazio Micelisopo,
L’Associazione nazionale magistrati italiani, “Il Ponte”, XXIV (1968), pp. 759-769.
21
La Commissione fu articolata in cinque sottocommissioni. La prima, dedicata ai Problemi
costituzionali, era composta di alcuni dei più illustri giuspubblicisti dell’epoca: è sufficiente
ricordare, tra gli altri, i nomi di Piero Calamandrei, Vezio Crisafulli, Massimo Severo
Giannini, Arturo Carlo Jemolo e Costantino Mortati. La Relazione sulla Posizione
costituzionale del potere giudiziario fu svolta da Piero Calamandrei
14
La relazione preliminare sulla Posizione costituzionale del potere
giudiziario fu affidata a Piero Calamandrei, il quale affermò il 22
maggio 1946: “il principio della indipendenza del potere
giudiziario” deve essere praticamente attuato mediante la
autonomia amministrativa della magistratura. Ormai è
comunemente riconosciuto che l’indipendenza della magistratura
dal potere esecutivo rimane un voto puramente platonico, fino a che
il potere esecutivo anche se tecnicamente sprovvisto di ogni diretta
ingerenza sulla funzione giurisdizionale, conserva però una
ingerenza anche indiretta sulla ‘carriera’ dei magistrati, cioè sulle
loro nomine, promozioni, trasferimenti, assegnazioni di incarichi e
di uffici direttivi. Se il potere giudiziario deve essere veramente un
potere indipendente, com’è il potere legislativo, bisogna che i
componenti dei suoi organi, al pari di quelli che compongono gli
organi legislativi, non dipendano come impiegati del potere
esecutivo”
22
.
Nella Commissione dei 75 il dibattito ruotò intorno alle tre relazioni
scritte sul potere giudiziario di Calamandrei, Leone e Patricolo; le
prime due valorizzavano L’autogoverno della magistratura (ved.
supra ), la proposta di Patricolo, di natura più radicale, proponeva
l’eliminazione della figura del Ministro della giustizia al fine di
rendere effettivi tali principi
23
.
L’esito di questo dibattito confluì nella redazione del testo dell’art.
97 del Progetto di Costituzione. Sulla base del terzo comma dell’art.
22
Relazione preliminare sul tema “Posizione costituzionale del potere giudiziario nella nuova
Costituzione italiana”, in Gianfranco D’Alessio, Alle origini della Costituzione italiana. I lavori
preparatori della “Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato” (1945-
1946), Bologna, 1979, seduta del 22 maggio 1946, pp. 623-624.
23
GUSTAPANE, 1997 sul progetto Calamandrei spec. 162; sul progetto Leone spec. 168; sul
progetto Patricolo spec. 171.
15
97 del Progetto, i primi commentatori del testo dell’art. 105 Cost.
(elaborato sullo stesso 3° co. Art. 97), evidenziarono che la
costituente, inserendo fra le attribuzioni del CSM quella relativa ai
trasferimenti dei magistrati, aveva optato per un modello in cui,
tutto ciò che era demandato al Governo in tema di assunzioni,
assegnazioni, promozioni, trasferimenti e sanzioni disciplinari è
trasferito alla competenza specifica dell’organo costituzionale,
senza che il Ministro della Giustizia abbia alcuna ingerenza
24
.
Le opinioni della dottrina erano in tal senso orientati, infatti
decisive furono le posiziioni di Meuccio Ruini, che sottolineava la
necessità di espropriare il Guardasigilli dalla “direzione generale
del personale” della magistratura
25
, e di Leone che segnalò
l’importanza di attribuire al Consiglio la facoltà di “imporre
sanzioni disciplinari”
26
per affermare in senso pieno l’autonomia e
l’indipendenza della magistratura dall’esecutivo. Quindi dall’esame
dei lavori dell’Assemblea costituende emerge la volontà dei suoi
membri di configurare il CSM come l’organo intorno al quale ruota
una parte consistente del complesso delle guarentigie della
magistratura. Restava il problema del ruolo del Ministro della
giustizia; si trattò di un compromesso tendente a conciliare
l’indipendenza e l’autonomia della magistratura con la previsione
della responsabilità politica del Ministro davanti al Parlamento
(ved. Par succ. 1.3.).
24
GIANNATTASIO, 1950, II, 180.
25
CARULLO, 1959, 336.
26
Ivi, 336.