SYNOPSIS
This is a study of the English of American Indians, the English they use at home, at work,
in the classroom, and in other areas of daily experience.
The term American Indian English refers to a number of varieties of English that are
spoken by indigenous communities throughout North America. Each one is unique in its
phonology, morphology, syntax and semantic and pragmatic properties.
The work is divided into three chapters; each one of which is about a different aspect of the
world of the American Indians.
In the first chapter, there is a brief historical description of the peopling of the American
continent, with a discussion of the problems which arose after the beginning of
colonization. In fact, there was a cruel genocide, an effective physical and cultural
destruction.
The subject people received a series of epithets. They were called Indians by Christopher
Columbus. When he arrived in the New World he described the people he encountered as
Indians because he mistakenly believed that he had reached the Indies, the original
destination of his voyage.
Another theme is that of the origin of these people. According to the New World migration
model, a migration of humans from Asia to the Americas took place via Beringia, a land
bridge which connected the two continents across what is now the Bering Strait. These
early Americans soon spread throughout the continent, diversifying into many hundreds of
culturally distinct nations and tribes.
Then there is a classification of American Indian languages; they are divided into three
groups: North American, Meso-American and South American.
The last part of the chapter is dedicated to the speakers of American Indian English, to
their proficiency in English, and to their present political conditions. Today they still live
in territories known as reservations, that is, lands reserved for the various Indian tribes.
The second chapter is dedicated to the characteristics of American Indian languages.
The grammatical structure (phonology, or sound system; morphology, or word structure;
and syntax, or sentence structure) of these languages varies considerably.
Though some languages have a simple phonological structure, the phonology of others is
very complex.
A grammatical characteristic of widespread occurrence in these languages is
polysynthesism, the expression of complicated ideas within a single word containing many
separate meaningful elements, or morphemes.
Then there is the description of the consonant cluster reduction, a phenomenon that is
sensitive to morphological information, because word-final consonant clusters are reduced.
There is also a part dedicated to semantics and pragmatics.
In the third and last chapter attention is turned to the reciprocal influences between the
languages which stay in contact, particularly to the presence of numerous loan words.
Finally, the problem of linguistic difficulties is discussed. Researchers often can’t
communicate with people of the tribe they are visiting, and they need the presence of
interpreters. In fact, only the researcher who has a complete mastery of the language can
really comprehend all the customs, the beliefs, the traditions and all the other cultural
aspects of the people he is studying.
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INTRODUZIONE
La lingua inglese è oggi parlata in tutti e cinque i continenti, risultato dovuto
all’espansione coloniale dei secoli passati. L’epoca coloniale ora si è conclusa, ma le sue
conseguenze si manifestano chiaramente nella presenza dell’inglese come lingua ufficiale e
spesso nativa in molte delle precedenti colonie. Tutto ciò fa dell’inglese una lingua
internazionale.
Esso possiede un grande numero di varietà linguistiche, a causa della sua diffusione in
vaste zone del mondo, ognuna delle quali possiede caratteristiche proprie, che la
distinguono dall’inglese standard britannico.
Il seguente elaborato è rivolto allo studio dell’American Indian English, ovvero quella
varietà dell’inglese che racchiude al suo interno tutte le lingue parlate dalle comunità
indigene americane.
Il lavoro è strutturato in tre capitoli, ciascuno dei quali si occupa di un aspetto diverso,
riguardante il mondo degli indiani d’America.
Nel primo capitolo si è affrontato innanzitutto il problema di identità dei popoli indigeni di
tutto il mondo, e poi in particolare di quelli americani, che ancora oggi si battono per far
valere i propri diritti, chiedendo rispetto per la propria cultura oltre che l’indipendenza
linguistica e territoriale.
Ci si è poi soffermati sul problema della denominazione degli indiani americani, ai quali
nel corso dei secoli sono stati attribuiti numerosi denominativi. Il loro erroneo appellativo
di Indiani è dovuto alla convinzione di Cristoforo Colombo di essere giunto sulle coste
indiane, che erano l’originaria destinazione del suo viaggio transoceanico.
In seguito si è accennato al lavoro svolto da un importante linguista e antropologo, Franz
Boas, che dedicò gran parte della sua carriera alle lingue native americane, impegnandosi
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affinché i popoli parlanti quelle lingue non fossero posti ai margini della storia, e affinché
potessero invece conservare e diffondere le proprie culture. Infatti, in seguito alla
colonizzazione, ci fu una vera e propria distruzione culturale e fisica delle popolazioni
sottomesse; è per questo che si preferisce parlare di conquista piuttosto che di scoperta
delle Americhe, proprio a causa dello spietato genocidio al quale furono sottoposti gli
Indiani.
Altro tema affrontato è il problema della provenienza della popolazione amerindia; varie
ipotesi sono state proposte, e la più verosimile sembra essere quella secondo la quale i
primi umani siano giunti sulle coste americane dall’Asia, attraverso lo stretto di Bering.
Altro studioso importante cui si fa riferimento è Joseph Greenberg, il quale, basandosi sul
confronto tra idiomi, propose una classificazione delle lingue indiane d’America che fu
giudicata irrispettosa e provocatoria; essa prevedeva una suddivisione in tre ceppi
linguistici, rappresentanti tre gruppi genetici distinti, che erano stati protagonisti di tre
migrazioni differenti.
Nel capitolo si è proposta inoltre una classificazione delle lingue indiane d’America,
suddivise in lingue nordamericane, mesoamericane e sudamericane; all’interno di questi tre
gruppi vi sono poi ulteriori sottodivisioni. Si fa poi riferimento ai sistemi di scrittura
utilizzati dagli indigeni, nessuno dei quali si avvicinava alla scrittura vera e propria,
introdotta solo più tardi, in seguito al contatto con gli europei; ciò è la principale causa
della mancanza di tradizione scritta, e di conseguenza anche della difficoltà di ipotizzare
una ricostruzione dell’origine delle lingue native.
L’ultima parte del capitolo è dedicata ai parlanti dell’American Indian English, alcuni dei
quali parlano soltanto la propria lingua ancestrale, mentre altri hanno una buona
competenza linguistica anche per quanto riguarda l’inglese standard.
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È presente una serie di articoli che dimostrano l’alto grado di conoscenza della lingua
inglese da parte degli Indiani, dovuto all’attitudine linguistica che permise loro di
affrontare l’arrivo dei colonizzatori inglesi, i quali inevitabilmente causarono loro uno
stravolgimento linguistico.
Infine si è data una descrizione della situazione attuale degli Indiani, molti dei quali vivono
ancora organizzati in tribù. Essi risiedono in territori noti come riserve, le quali sono poste
sotto il controllo del Bureau of Indian Affaire, una sorta di governo nel governo.
È anche presente una serie di dati forniti da alcune statistiche effettuate dal National Adult
Indian Education Needs Survey ; tali dati si riferiscono alle percentuali di individui che
utilizzano la lingua inglese all’interno delle comunità indiane.
Il secondo capitolo, il più lungo dei tre, è dedicato alle caratteristiche delle lingue indiane
americane, alla loro struttura fonologica, morfologica, sintattica, semantica e pragmatica.
Anche in questo capitolo si fa riferimento al linguista Franz Boas, il quale fondò
l’International Journal of American Linguistics, la più importante rivista per coloro i quali
si interessano dello studio delle lingue native americane.
Si è poi data un’illustrazione di alcuni dei suoni più tipici dell’American Indian English.
Spesso i suoni vengono interpretati in modo diverso dagli ascoltatori stranieri, poiché essi
li percepiscono in base ai suoni della propria lingua madre, quelli a loro più familiari.
I sistemi fonetici delle lingue americane variano considerevolmente, alcuni sono molto ben
sviluppati, altri molto poveri.
Per quanto riguarda la morfologia, la caratteristica delle lingue americane è che esse sono
polisintetiche; si sono quindi date una definizione di polisintesi e una serie di esempi che
distinguono questo tipo di lingue da quelle europee che invece sono flessive.
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In seguito si è analizzato uno dei processi più ricorrenti in queste varietà dell’inglese, e
cioè la tendenza a sfocare la fine delle parole, in special modo se si tratta di gruppi
consonantici (la cosiddetta consonant cluster reduction).
Segue poi una serie di spiegazioni riguardo le varie categorie grammaticali: gli affissi (il
cui uso è molto frequente nelle lingue americane), il genere (che non è una distinzione
fondamentale così come lo è invece nelle lingue indoeuropee, e spesso gli oggetti vengono
classificati in animati e inanimati), il numero (in molti idiomi è totalmente irrilevante
indicare la singolarità o la pluralità, le quali vanno ricavate dal contesto), il tempo
(fondamentale è indicare la presenza o assenza dell’oggetto di discussione, attraverso il
cosiddetto “assentativo”), i pronomi personali (i quali spesso vengono omessi all’interno
della frase), l’articolo (molto frequentemente esso non compare nelle lingue americane), i
pronomi dimostrativi (una particolare vicinanza o lontananza viene espressa nelle varie
lingue in modo diverso, dando una particolare intonazione, aggiungendo delle voci
lessicali, ecc.), i verbi (in molte varietà linguistiche i rapporti tra soggetto, verbo e oggetto
vengono espressi attraverso gruppi fonetici speciali; inoltre la temporalità e la modalità
vanno spesso perdute), gli avverbi (la loro posizione nella frase è fondamentale per
comprendere la temporalità dell’azione espressa dal verbo), la forma passiva (è ricorrente
l’uso di get come verbo ausiliare al posto di to be), la concordanza verbo-soggetto (nelle
lingue indiane a volte non c’è questa concordanza a causa delle difficoltà di pronuncia di
alcuni suoni in posizione finale di parola).
Per quanto riguarda la sintassi, si è sottolineata l’importanza delle preposizioni all’interno
delle frasi, attraverso alcuni esempi. Le frasi citate nell’esempio mostrano quanto influenti
siano la scelta della preposizione, la sua posizione e la sua eventuale assenza, sulla sintassi
generale della frase.
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Si è poi dedicato uno spazio ai campi della semantica, con esempi di alcuni costrutti
particolari quali quelli di verbal imagery, e della pragmatica, con riferimento agli studi di
Susan Phillips. Ella osservò l’interazione alunno-insegnante nell’ambiente scolastico,
all’interno di una riserva, e l’uso del linguaggio da parte degli alunni in contesti extra-
scolastici.
Si è inoltre osservato l’utilizzo di due strategie comunicative: le interrogative dirette e la
tecnica del silenzio.
Nel terzo e ultimo capitolo l’attenzione è stata rivolta alle influenze reciproche che si
stabiliscono tra lingue che si trovano a contatto, e in particolar modo ci si è soffermati sulla
presenza di numerose loan words, ovvero di prestiti. Infatti, quando i popoli indigeni
giunsero a contatto con i colonizzatori inglesi, adottarono vari termini stranieri per
designare oggetti a loro sconosciuti, e viceversa lo stesso accadde per gli inglesi.
Infine, si è discusso il problema della difficoltà, da parte dei ricercatori che visitano una
tribù indiana, di comunicare con gli abitanti di quest’ultima, e della necessità di servirsi di
interpreti per riuscire a raccogliere informazioni riguardanti i numerosi aspetti della vita
tribale. La padronanza della lingua è infatti un mezzo fondamentale per raggiungere questi
obiettivi e ottenere risultati soddisfacenti.
Si è giunti infine alla conclusione che solo chi possiede una totale conoscenza delle lingue
indiane comprenderà fino in fondo le usanze, le credenze, le tradizioni e in generale la
totalità della cultura del popolo oggetto del proprio studio.