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tutta in pochi giorni, provocando così alluvioni come nel Polesine e Sarno.
Ci si chiede quale sia la causa di tutto ciò. C’è chi dice del “El Niño”,
fenomeno meteorologico che si ripete circa ogni 12 anni, ma che nell’ultimo
decennio ha fatto sentire la sua “mano”, più di una volta. Ma non è solo sua la
responsabilità, non di certo. L’uomo, con la sua tecnologia, il suo progresso, la
sua voglia di espandersi, ha danneggiato interi ecosistemi, modificando in
negativo “l’effetto serra”, quel fenomeno che ha reso possibile la vita sulla Terra,
grazie al quale il calore dei raggi del sole, viene catturato dall’atmosfera e
rilasciato lentamente, proprio come in una serra, permettendo così alla vita di
avere il suo ciclo. Ma, i gas nocivi sprigionati dall’uso dei combustibili fossili per
produrre energia, per far circolare le nostre automobili e per il funzionamento
delle industrie, ne hanno alterato la funzione naturale, portando la temperatura
media del pianeta, ad innalzarsi anche più di 1° C negli ultimi anni, aumento
questo, che se visto sulla scala di valori planetaria, si verifica in 10000 anni e non
in un ventennio!
Aggiungiamoci poi, la distruzione dei “polmoni verdi” come l’Amazzonia,
per la produzione del legname e la creazione di nuove terre coltivabili, che ha
diminuito sensibilmente la possibilità d’assorbimento, da parte di Gaia
1
,
dell’anidride carbonica (CO
2
), destabilizzando così, ancor di più, l’equilibrio
1
Gaia è il nome che gli scienziati danno al nostro pianeta.
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dell’effetto serra; il disboscamento selvaggio, soprattutto in Italia, per dare la
possibilità di costruire anche dove le condizioni idrogeologiche non lo
permettono, creando le condizioni per frane e smottamenti al primo acquazzone;
la produzione e l’uso dei clorofluorocarburi (CFC), vale a dire quei gas contenuti
nelle famigerate bombolette spray e nei frigoriferi, che sono stati la causa
dell’assottigliamento e della successiva distruzione, ai due Poli del pianeta, dello
strato di ozono, che protegge la Terra dai dannosissimi raggi ultravioletti del sole,
e che ha portato ad un aumento di tumori della pelle. Insomma, è inutile negarlo,
la colpa di tutti questi disastri e del clima impazzito, è dell’uomo e del suo
scarsissimo rispetto per l’ambiente. Chiudiamo questa introduzione, con un saggio
di un vecchio capo indiano Navajo:
“ Noi sappiamo che la terra non appartiene all’uomo,
è l’uomo che appartiene alla terra. Questo sappiamo.
Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia.
Tutto è connesso. Quello che accade alla terra, accade ai figli della terra.
L’uomo non ha tessuto la trama della vita, in essa egli non è che un filo,
qualsiasi cosa egli faccia alla trama, la fa a se stesso.”
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PARTE I – L’ASPETTO ECONOMICO
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Capitolo I – Sostenibilità ambientale del sistema
economico
1.1 Un nuovo sistema economico
Il modello di sistema economico lineare “aperto”, esposto nei moderni
manuali di teoria economica, va rivisto, in parte, per considerare sia le funzioni
economiche dell’ambiente naturale, sia le equivalenze delle leggi della
termodinamica tra lo sfruttamento delle risorse e lo smaltimento dei rifiuti.
Lo sviluppo di un nuovo sistema economico, che tenga conto anche
dell’ambiente, solleva immediatamente il problema della capacità, da parte di
questo sistema, che chiameremo “chiuso”, di sostenere l’economia, vale a dire
renderlo duraturo e in grado di esistere e di conservarsi.
Sostenere un sistema economico, tuttavia, non significa solo mantenerlo in
vita: può accadere, infatti, che esista un’economia duratura in cui, il livello di vita
peggiori nel corso del tempo. Molti concorderebbero sul fatto che l’economia
deve cambiare nel tempo per migliorare la qualità della vita, ma stabilire cosa sia
il “livello di vita” rappresenta una questione controversa. Ovviamente, non può
essere un unico valore come il reddito reale pro capite, anche se non si può
certamente negare il ruolo importante che ricopre questo parametro,
nell’accrescere la felicità delle persone. Allora si potrebbe pensare al livello di
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vita quindi, come ad un insieme di componenti, tra le quali ci sono: l’utilità
procurata dal reddito reale, la cultura, lo stato di salute e di benessere spirituale,
dove alcuni porrebbero l’accento su una componente piuttosto che su un’altra, ma
non è importante quale sia l’interpretazione del livello di vita che viene adottato,
la questione rilevante è: come dovremmo utilizzare l’ambiente naturale affinché
possa svolgere il suo ruolo nella sostenibilità del sistema economico, quale fonte
di un migliore livello di vita?
Le due funzioni principali dell’ambiente, quella di fornitore di risorse naturali
e quella di assimilatore di rifiuti, richiedono il rispetto di alcune regole nella
gestione e delle risorse e dell’ambiente, se si desidera che queste funzioni
vengano mantenute per lunghi periodi.
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Queste regole comprendono:
a. un impiego delle risorse rinnovabili tale che il tasso di utilizzo (tasso di
raccolto) non sia superiore al tasso di rigenerazione naturale;
b. il mantenimento del flusso di rifiuti nell’ambiente al pari o al di sotto
della capacità di assimilazione dell’ambiente stesso.
Se rispettiamo queste due regole, sappiamo che lo stock di risorse rinnovabili
e lo stock di capacità di assimilazione di rifiuti da parte dell’ambiente non
diminuiranno e saranno, di conseguenza, disponibili in futuro per sostenere
ulteriormente il sistema economico.
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D.W. Pearce R.K. Turner, Economia delle risorse naturali e dell’ambiente, Il Mulino 1991
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In effetti è più conveniente considerare la capacità di assimilazione come ad
una risorsa rinnovabile, cosicché le regole si riducono a sancire che, le risorse
rinnovabili non dovrebbero ridursi nel corso del tempo. Ma, dal momento che le
risorse non rinnovabili, per definizione, devono essere consumate in un giorno, è
necessario pensare a come modificare le regole di gestione, per comprendere
anche tali tipi di risorse. Esistono due modi in cui esse possono essere integrate
nelle regole di gestione dell’ambiente:
1. assicurare che, quando le risorse non rinnovabili vengono sfruttate, la
riduzione del loro stock venga compensata da un incremento delle risorse
rinnovabili;
2. permettere che un dato livello di vita possa essere garantito, con una
riduzione nello stock di risorse naturali.
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La prima modificazione, da spazio alla sostituibilità tra risorse non
rinnovabili e risorse rinnovabili, ad esempio possiamo citare la sostituzione tra
l’energia prodotta con combustibili fossili e quella prodotta sfruttando risorse
rinnovabili come il sole, il vento, le maree e le onde. La seconda modificazione
consente una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse, ad esempio oggi le
economie più avanzate utilizzano una quantità minore di energia per produrre
un’unità di PIL rispetto a cento anni fa.
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D.W. Pearce R.K. Turner, Economia delle risorse naturali e dell’ambiente, Il Mulino 1991
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D’altro canto esiste però un terzo fattore che influenza maggiormente
l’equazione, e cioè la crescita demografica, poiché è ben vero che è possibile
sostenere un certo livello di vita con una quantità minore di input nel tempo ma,
se la popolazione mondiale è in rapida crescita, l’effetto dell’aumento della
domanda di risorse può “affondare” velocemente quei guadagni ottenuti in termini
di efficienza produttiva. E poiché non è possibile mettere un freno alla crescita
della popolazione mondiale, la distruzione delle risorse è ormai inevitabile.
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1.2 Il Capitale Naturale
Non è necessario essere catastrofici quando osserviamo le conseguenze della
distruzione delle risorse, ma quello che a noi interessa in questo momento, è
stabilire se si possono ottenere dei miglioramenti nel livello di vita, qualora lo
stock di risorse si riduca. Vediamo di mostrare la questione attraverso un grafico.
Figura n. 1 – Paradigmi delle relazioni tra ambiente e standard di vita.
Osservando la figura n. 1, notiamo che sull’asse verticale è indicato il livello
di vita LDV, mentre su quello orizzontale abbiamo lo stock delle risorse
ambientali o “capitale naturale” KN; l’origine O rappresenta un certo livello di
vita positivo, di sussistenza, cosicché gli spostamenti verso la parte negativa
dell’asse verticale implicano una notevole riduzione della probabilità di
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sopravvivenza, una minore alimentazione, un’estrema povertà e forse la fame, in
corrispondenza del punto L. Il punto Kmin corrisponde al livello minimo di stock
di capitale naturale necessario a sostenere un LDV di pura sussistenza. Si possono
allora immaginare due approcci estremi della relazione tra stock di KN e LDV.
Il primo afferma che, nei sistemi economici caratterizzati da bassi livelli di
KN, si possono ottenere miglioramenti del LDV solo accrescendo KN, in altre
parole KN e LDV sono complementi. La retta che va da Kmin a WJ indica il
sentiero attraverso il quale, i sistemi economici poveri si possono sviluppare,
sentiero che denominiamo paradigma della sostenibilità. Infatti, una volta che il
sistema economico è decollato e raggiunge, ad esempio, il punto W, sarebbe
possibile migliorare il LDV collocandosi in qualsiasi punto dell’area ombreggiata
PWQ, in altre parole aumentando, o mantenendo costante, lo stock di capitale
naturale. Al contrario, un sentiero che aumenti il LDV e che riduca KN, sarebbe
possibile solo temporaneamente, poiché sviluppo e ambiente sono complementi.
Il secondo approccio, denominato paradigma del trade-off, è più
tradizionale e suppone che il sistema economico si trovi sempre in un punto come
W, e che sia possibile garantire lo sviluppo solo rinunciando ad una parte di KN
per ottenere miglioramenti di LDV; in questo caso il sentiero è rappresentato dalla
retta XWY, dove se si desiderano più risorse ambientali, LDV per definizione
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deve diminuire, se desideriamo un LDV migliore, KN dovrà diminuire.
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La figura n. 1 ha uno scopo puramente illustrativo, solleva cioè la questione
di come sia possibile realizzare un sentiero come WXZ, nel quale il capitale
naturale si riduce, se il nostro interesse è rivolto alla sostenibilità di un sistema
economico. Il modo in cui questo sentiero potrebbe essere compatibile con la
sostenibilità, avviene mediante incrementi nell’efficienza di utilizzo delle risorse,
dove la fonte principale di questi cambiamenti nell’efficienza è il progresso
tecnologico, che tuttavia, non dovrebbe essere considerato un “bene libero”,
perché produce anche effetti collaterali: la combustione del combustibile fossile,
ad esempio, ha rappresentato indubbiamente un importante progresso tecnologico,
ma ha determinato anche problemi di inquinamento.
Vi è poi un altro tipo di sostituzione da tenere presente in questo contesto: gli
economisti parlano di sostituire il capitale naturale KN, con il capitale prodotto
dall’uomo KU, come ad esempio i macchinari, le fabbriche e le strade. A ben
considerare la crescita economica è avvenuta proprio in questo modo, con le
macchine che hanno sostituito la forza animale, l’elettricità il legname come
combustibile, i fertilizzanti artificiali quelli organici. Se questo è vero, il capitale
naturale può divenire non essenziale per il miglioramento di LDV; nei termini
della figura n. 1, si può raggiungere il sentiero WXZ rinunciando a KN in cambio
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D.W. Pearce R.K. Turner, Economia delle risorse naturali e dell’ambiente, Il Mulino 1991
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di KU. Se i due tipi di capitale producono gli stessi miglioramenti nel LDV,
saremmo indifferenti tra i due, oppure potremmo preferire KN per altre
caratteristiche, ad esempio, per le bellezze paesaggistiche; ma, qualora KU
permettesse di realizzare un miglioramento maggiore nel LDV, allora la scelta
potrebbe ricadere su KU.
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1.3 Conservazione e costanza dello stock di KN
Abbiamo osservato nel paragrafo precedente che, sia il cambiamento
tecnologico, che migliora l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, sia la sostituzione
di KN con KU, che è più produttivo, spiegano perché non sia essenziale, dopo
tutto, per un sistema economico sostenibile, conservare lo stock di capitale
naturale. Ora però, dobbiamo inserire le due questioni esaminate, nel contesto di
una giustificazione razionale più generale della conservazione e
dell’accrescimento del capitale naturale.
Si presenta subito un problema nella distinzione tra KU e KN, in quanto il
capitale prodotto dall’uomo non è indipendente da quello naturale, che spesso è
necessario per la produzione di KU.
La prima legge della termodinamica ci ricorda che, per produrre qualsiasi
bene dobbiamo consumare alcune risorse naturali: l’idea di sostituzione, dunque,
potrebbe essere giustificata se potessimo dimostrare che, il guadagno di
produttività che si otterrebbe utilizzando KU, supera la quantità aggiuntiva di
risorse naturali che sono utilizzate nella produzione di KU. A questo punto della
discussione, possiamo affermare che, quanto detto, non è assolutamente ovvio.
Secondo, sempre per quanto concerne la sostituzione tra KU e KN, non
bisogna dimenticare che il capitale naturale svolge altre funzioni economiche, dal
momento che, includendo le foreste tropicali, gli habitat marini, le zone umide e le
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zone peschiere, l’atmosfera e la stratosfera, esso assolve alle funzioni di sostegno
della vita, che non sono garantite dal capitale prodotto dall’uomo: tra queste,
ricordiamo la regolazione del clima, la protezione dei bacini idrografici e il
mantenimento dello stock di risorse biologiche. Dire che KU è più “produttivo” di
KN, quindi, evade in un certo senso la questione, poiché è importante considerare
la multifunzionalità delle risorse naturali, caratteristica questa non posseduta da
KU. A questo dobbiamo aggiungere anche le differenze nel profilo
dell’inquinamento dei due tipi di capitale: l’utilizzo dell’elettricità prodotta con
combustibile fossile, ad esempio, provoca un inquinamento maggiore dell’utilizzo
dell’energia solare, e persino l’energia nucleare, che un tempo ci si illudeva essere
pulita e conveniente, non è più considerata nella stessa prospettiva.
Terzo, si tenga presente che la sostituibilità non è applicabile per tutte le
risorse naturali, mentre la teoria economica neoclassica, spesso è guidata dall’idea
di una sostituzione perfetta tra gli input, grazie alla quale è possibile, a livello
analitico, ottenere risultati che riducono l’importanza da noi attribuita alle risorse
naturali. D’altronde, queste ultime non sono identiche alle “artificiali”, e che
hanno tra le altre, anche funzioni per il mantenimento dei cicli biogeochimici
nell’ambiente, dai quali dipende la stessa sopravvivenza dell’uomo, quindi se e
solo se, potessimo sostituire interamente queste funzioni, potremmo continuare a
sostenere l’idea di sostituibilità di KN con KU.