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funzioni sociali di coloro che la indossano.
- La seconda fase inizia dal XIV secolo, quando l'abito maschile nel
suo insieme subisce una trasformazione e diventa corto e attillato e
termina nel XIX secolo, periodo della Rivoluzione Industriale.
L'abbigliamento acquista un carattere più personale e di identità
nazionale. L'abito si libera completamente di tutte le riminescenze di
spirito religioso: ogni nazione forma lo stile del suo abito, ma ogni
individuo l'adatta ai suoi gusti personali.
- La terza fase che incomincia a metà del XIX secolo fino ai giorni
nostri si sviluppa in un clima di prosperità. Infatti questi sono i secoli
in cui le grandi trasformazioni economiche e sociali portano all'uomo
delle migliori condizioni di vita: queste condizioni ideali vedono
affermarsi l'individualismo ed in senso più esteso il concetto moderno
del termine moda. L'abito diventa sempre più internazionale, sotto la
doppia influenza della "confezione" e dell'espansionismo Europeo nel
mondo.
La moda odierna è caratterizzata dall'articolazione attorno a due
industrie principali: la Haute Couture e il Prêt à Porter. Fra le due
colonne portanti esistono le organizzazioni interne, la piccola e la
media sartoria, la piccola e la media industria.
La Haute Couture (o alta moda) si avvale della tradizione sartoriale.
Con il termine (sartoria) s'indica il taglio di un capo "su misura" e la
lavorazione realizzata quasi completamente a mano. E' una creazione
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di lusso, rivolta ad una classe di élite, utilizzando i tessuti più preziosi.
Il capo è prodotto in songola copia o in piccolissima serie.
Il prêt à porter si avvale della confezione industriale. La confezione
produce in "serie" capi di abbigliamento alla moda in taglie
standardizzate, gli abiti sono realizzati con ottimi tessuti e ben rifiniti
e sono adatti ad una classe più ampia, ma ben definita.
"L'Haute Couture" è progettata dal "Couturier", sarto creativo che
progetta il singolo abito per una produzione d'élite.
Il Prêt-à-Porter è progettato dallo "Stilista", che crea linee di
abbigliamento "di moda", che fanno tendenza e che saranno realizzate
in serie. Egli rivolge la sua attenzione a un suo particolare ideale di
donna.
Il Couturier, prima figura di creativo di modelli di abiti, si afferma con
Worth solo nella metà dell'ottocento, trasformandosi per la prima volta
da sarto artigiano "ripetitivo" e tradizionale in "creatore" genio
artistico moderno.
Dal Medioevo sino al seicento l'arte dell'abbigliamento era monopolio
dei soli uomini e veniva svolto nelle botteghe dei sarti. Dal 1675
anche le donne vengono riconosciute giuridicamente appartenere alle
corporazioni delle sarte e viene riconosciuta loro la "patente" (prima
svolgevano ugualmente tale lavoro ma clandestinamente).
Nel 1776 acquistano l'indipendenza le "Marchandes de Modes"
piumaie e fioriste la cui attività si basa sul talento.
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Specializzate nell'arte della Toilette, esse cuciono e adattano, secondo
la moda del giorno, gli ornamenti e gli accessori che poi rivendono.
Prima di Worth esse sono le prime uniche figure di creatrici di Moda,
relative però solo agli accessori e agli ornamenti.
Fino alla metà dell'ottocento, l'abbigliamento veniva prodotto
esclusivamente "su misura" nelle botteghe dei sarti, e la sua
lavorazione era realizzata completamente a mano, tradizione di cui si
avvale ancora oggi l'Haute Couture (o alta moda). Nel 1840 si
incomincia ad utilizzare la macchina da cucire prima pietra
dell'industria del prêt - à - porter. Da qui il vero terremoto della
confezione degli abiti. Con l'utilizzo della macchina da cucire nelle
officine usciranno prodotti tessili meno costosi, fabbriche in cui si
eseguono articoli "in serie", abiti già pronti da indossare.
Dalla seconda metà del seicento, fino alla fine degli anni 30 inizi '40 di
questo secolo, la moda sarà monopolio della Francia, di Parigi. E' lì
che nasce e si sviluppa la Haute Couture e che si diffondono i primi
"magazzini di novità", ed inoltre iniziano ad essere creati e venduti, su
imitazione inglese, i primi abiti confezionati. Negli altri paesi ci si
limitava a copiare ciò che si produceva a Parigi.
Il Made in Italy della moda nasce ufficialmente solo negli anni '50
grazie alla genialità di un commerciante di talento Giovan Battista
Giorgini che presentò ai "Buyer Americani", nella sua casa di Firenze,
le collezioni
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delle migliori sartorie di Roma e di Milano. Da qui il successo della
moda Italiana nel Mondo, successo di cui i creatori italiani non hanno
più smesso di godere. Oggi la moda italiana è la più venduta in tutto il
mondo.
Negli anni sessanta, grazie ai profondi cambiamenti economici e
sociali, nasce e si sviluppa il prêt - à - porter, e nasce lo "stilismo".
Nel mondo della moda la fama della Haute Couture è affiancata da
nuovi nomi di creatori di moda "Gli Stilisti".
Le collezioni di alta moda e quelle di Prêt - à - Porter soddisfano
entrambe le esigenze di una donna che vuole essere alla moda, che
vuole vestirsi di tendenza ma lo fanno con canoni differenti usando
metodi diversi: sartoriale per una classe di élite, industriale per una
classe più vasta, quella borghese medio-alta.
Nella mia tesi intendo evidenziare le caratteristiche tipiche dell'Haute
Couture e del Prêt - à - Porter, mettere a confronto i diversi metodi di
ideazione di lavorazione dei capi, dopo naturalmente aver parlato della
loro nascita.
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CAPITOLO I
ARTIGIANATO
DELLA MODA
ARTIGIANATO DELLA MODA
INTRODUZIONE
A partire dal XIV secolo si avranno le prime manifestazioni di
moda.
Da questo secolo si assisterà alla comparsa nell'abito di elementi nuovi
che parteciperanno più alla creatività e alla fantasia anziché alla
necessita. Le variazioni nel modo di vestire si fanno più frequenti, più
stravaganti, più capricciose e con un ritmo prima d'allora sconosciuto
appaiono fogge estrose, bizzarre, decorative determinando appunto il
meccanismo della moda. Il cambiamento diventa uno dei piaceri
"dell'alta società" che da allora non ha mai cessato di aver libero corso
negli ambienti mondani.
La grande novità nell'evoluzione dell'abito in Europa a partire dalla
metà del XIV secolo, è l'abbandono dell'abito lungo comune ai due
sessi, questo diventa corto per gli uomini mentre continua ad essere
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lungo per le donne, evoluzione che rappresenta una prima tappa verso
il nostro abito moderno.
Nel XIII sec., in Europa, era d'uso comune un solo tipo di abito ma a
partire dal secolo successivo sino al XIX sec. ciascuno stato
territoriale ha espressamente differenziato il proprio stile da quello
degli stati vicini. Ogni nazione forma lo stile del suo abito ma ogni
individuo lo adatta a suoi gusti personali.
Gia dalla fine del duecento è percepibile uno spirito nuovo che si
afferma e si sviluppa solo all'inizio del XIV sec. e per primo in italia:
le prime espressioni dell'umanesimo denotano una inclinazione più
pronunciata per la profanizzazione di un'arte laica, per un ideale di
uomo più indipendente e più avido di azione, per un interesse non più
rivolto all'universo ma bensì all'individuo. Nello stesso tempo si
produrranno dei cambiamenti sociali considerevoli: la classe contadina
si libera della classe signorile che tende verso la sua funzione futura
più ristretta di società di corte. Un altro fattore, meno visibile e più
sottile ma non meno importante che interviene è quello della nascita di
un concetto di bellezza ideale. L'espressione di questa idea è tangibile
nell'arte e nella letteratura francese e soprattutto in quella italiana già
nel XIII secolo con esempi illustri quali Dante, Giotto, Petrarca,
Pisanello, Boccaccio e Raffaello.
Si attribuisce una maggiore importanza alla figura femminile e nello
stesso tempo ci si concede il lusso di considerare di più l'aspetto
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esteriore.
In tutti gli stati italiani, uomini e donne trasferiscono nell'abito questa
ricerca di una bellezza di forme soddisfacendo il proprio gusto per
l'eleganza, la personale idea di associazione di colori e la loro
aspirazione di distinguersi dalla moltitudine. E' gia da allora che
appare in Italia, il disegnatore di moda: degli artisti come
Pisanello, Pollaiuolo e Jacopo Bellini creano dei modelli di costume e
disegnano dei decori di tessuto.
Da universale, da uniforme, da impersonale l'abito diventerà
particolare, personale e con uno spirito di identificazione nazionale. I
gusti di uomini e di donne si sono liberano, ma si afferma la
personalità del cliente, non quella del sarto, artigiano produttore. Gli
artigiani risultano privi di riconoscimento sociale, sono considerati
soltanto dei fedeli esecutori al servizio dei clienti.
Italia, Spagna e Borgogna hanno giocato un ruolo fondamentale nella
moda fino al XVI sec., ma a partire dalla metà del XVIII sec., è la
moda francese ad imporsi in modo definitivo e ad apparire come faro
dell'eleganza ed è in Francia che la figura dell'artigiano si evolve fino a
portare alla nascita della Haute Couture al servizio di una classe
privilegiata, di élite, nel XIX sec.. In Italia occorre attendere il XX
secolo affinché ciò avvenga e precisamente gli anni '50.
L'universalità dell'abito francese del XVIII sec. è stato l'opera della
donna che detiene il potere quasi "assoluto" nella Francia del XVIII
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secolo. Il prestigio femminile è evidente nel campo della moda: è la
donna, infatti, che impone i suoi gusti e le sue idee per il vestire
femminile. Questo ruolo è, ben inteso privilegio solo di alcune; un
esempio per tutte quello di Mme de Pompadour alla corte di
Versailles.
Ella ha "l'autorità" di ricevere i suoi pari esclusivamente abbigliati
secondo i suoi criteri e dettami di moda. Il lusso ed il gusto con il
quale ella si abbiglia, suscita tante sorte di creazione; verso il 1750
infatti tutto è alla Pompadour: tessuti, nastri, vesti da camere. Il suo
amore per le culture orientali diffondono sotto lo "stile Pompadour"
degli accessori, delle acconciature, delle tendenze di Maquillage
(esempi neo-ventagli). I disegnatori di tessuto, lusingando le sue
inclinazioni alle cineserie e le arti dell'estremo oriente immaginano,
per lei modelli speciali.
In Francia è quindi la donna elegante a far prevalere il suo gusto e le
sue preferenze orientando il lavoro degli artigiani. Il sarto che lavora a
contatto con la cliente, ne decide insieme la toilette ma con poca
iniziativa nell'elaborazione dei modelli. Solo con le "Marchandes de
Modes" sarà consentito agli artigiani un minimo di autonomia
creativa. Ciò cambierà nel corso dell'ottocento con Worth, sarto, che
finalmente non esegue più solo artigianalmente ma idéa, crea i propri
abiti, detta le mode.
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ANTENATO DEL COUTURIER: IL "SARTO"
Il couturier che progetta alta moda, ha come antenato il sarto.
E' nelle botteghe dei sarti che vengono svolte, dal medioevo, le attività
che concernono l'artigianato delle confezioni degli abiti. Fino a tutto il
XVII sec. l'arte dell'abbigliamento è riservata ai soli uomini, dovunque
in Europa. La donna solo più tardi, a partire dal sec. XVIII, si occuperà
a livello professionale di sartoria almeno per il proprio sesso. A
Venezia però, gia dal 1218 (anno in cui risale il "capitulare de
sartoribus") esistevano, oltre alle "Manderesas" donne che
aggiustavano abiti vecchi, un numero ridottissimo di
"SARTORESAS" che tagliavano e cucivano "panni nuovi" e che
pagavano un "grosso" di tassa all'anno alla scuola stessa, "per
sostenere i poveri e i malati dell'Arte".
La prima "Charta" di corporazione artigianale di sarti che si riconosca
risale al 1152 ed è Tedesca, ma pare che una corporazione di tessitori,
sarti e tintori esistesse a Milano già nel 1102. Fino alla fine del sec.
XVIII il sarto lavorava esclusivamente su misura nella sua bottega.
Toccava a lui occuparsi personalmente del taglio, della confezione,
della decorazione con galloni, guarnizioni, ricami, degli abiti sia
maschili che femminili presentando per questi ultimi, per ordinamento
interno, una parcella più salata. Era suo dovere, sotto giuramento,
consigliare onestamente il cliente sulla qualità e sulla quantità di stoffa
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necessaria per un abito, impegnandosi a restituire i ritagli avanzati e
con un occhio sempre attento alle leggi sontuarie.
Suoi utensili erano grandi forbici, aghi, ditali, pesanti ferri da stiro e,
per prendere le misure, non disponendo ovviamente del metro a
nastro, strisce di carta cucite insieme. Per il modello pare
provvedevano gli stessi clienti; comunque non sarà mai un suo
problema essendo sufficiente, a volte, attraverso i lustri, cambiare un
solo particolare, tanto lentamente mutavano le fogge, per riuscire
ugualmente a "fare moda". E' l'epoca in cui si prevedono pene in
"denari, preggion, galea over bando" (autore Doretta D'Avanzo Poli
"Edizioni Panini) per chiunque osasse pensare a "ritrovare nove foze
et invention....si in materia del vestire delle donne, come di Homini,
ornamenti di case, de barche et altro", (opera citata ("La Moda del
Libro del Sarto").
Forse si aiuta con schizzi, realizzati in proprio o commissionati ad
artisti "minori". I libri di modelli di abiti non devono comunque essere
rari almeno per i sarti con clientela altamente qualificata, se Prospero
Visconti, che attorno al 1571 si occupa dell'acquisto di vesti ed altro
per i Duchi di Baviera, nella sua corrispondenza accenna proprio a un
libro di modelli da lui mostrato agli illustri committenti per facilitarli.
In Francia dal XVII sec., i sarti Parigini godono di una reputazione
invidiabile, frutto appunto, di una tradizione che si è venuta
consolidando già nel '500, quando il governo regio riunisce
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definitivamente, in una corporazione unica, nel 1588, l'insieme dei
mestieri coinvolti nella confezione dei vestiti sia maschili che
femminili. Il sarto che incarna il monopolio maschile, ha il privilegio
di vestire i due sessi, mentre alla donna sono affidati i compiti più
umili del rammendo e delle varie incombenze inerenti alla gestione
domestica e al lavoro a domicilio.
Dal duecento al seicento, la corporazione dei sarti è definita dagli
statuti in cui sono rilevati tre principi di base:
1) i regolamenti definiscono la gerarchia;
2) determinano le condizioni di esercizio della professione
3) impongono rispetto delle norme sociali e culturali tradizionali
fissando regole, tecniche, anche i limiti della innovazione.
All'apice della propria gerarchia interna i sarti piazzano quattro giurati,
nominati per due anni dall'insieme dei mastri e degli exmastri giurati -
i "Bacheliers". Tali giurati, spalleggiati da sedici mastri giovani,
procedono alle ispezioni nelle botteghe e negli atelier. I sarti giurati,
designati allo "Châtelet", alla presenza del "Procureur" del re, devono
saper leggere e scrivere a sufficienza. Essi hanno il compito di
sorvegliare il mestiere, di garantirne la disciplina e assicurarne la
coesione operativa. Sotto la loro amministrazione, sono riuniti i vari
artigiani della sartoria: addoppiatori, fabbricanti di farsetti, cucitori,
calzettai, fabbricanti di cuscinetti di corsetti; di guardinfanti,
"tagliatori di abiti". L'accorpamento delle diverse competenze sotto
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un'unica autorità morale, amministrativa e tecnica corrispondeva
all'esigenza di assicurare la qualità del lavoro e del prodotto.
A tal fine, lo statuto prescrive le condizioni di accesso alla "Maîtrise"
dell'arte: non possono esserci più di dieci nuovi mastri all'anno
(esclusi i figli dei mastri),; per diventare mastro occorrono tre anni di
apprendistato e altrettanto di "Compagnonnage", capolavoro
obbligatorio (tranne che per i figli dei mastri), possibilità per le vedove
di mandare avanti l'attività del marito. Ogni mastro non può impiegare
più di sei "Compagnons", ogni vedova non più di uno. Nè si può avere
due botteghe.
Due sono i principi che sovrintendono all'attività dei sarti: quello
dell'aggregazione, a partire dal tessuto originario, delle diverse
incombenze proprie della confezione, e quello di fabbricare "su
misura" gli abiti nuovi mentre, il lavoro di riadattamento dei vestiti
usati è tradizionale appannaggio dei rigattieri. Operazioni di
sorveglianza venivano svolte da giurati e sindaci delle due
corporazioni con lo scopo di smascherare i casi di infrazione e di
concorrenza illecita.
Gli statuti testimoniano la volontà di difendere il monopolio dei sarti
nel settore sorvegliando la manodopera interna da quella dei migranti.
L'accesso alla matrîse viene riservato ai figli di mastri e a quanti
riescono a mettere da parte 500 livres, costo medio di una "lettera
patente", cui vanno aggiunti i diritti regi, le mazzette ai giurati, il
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prezzo del banchetto inaugurale, il valore di una bottega e di uno stock
di forniture e di materiali, le garanzie per l'indennizzo di eventuali
creditori. Tra fine seicento e Rivoluzione, è lunga la lista dei
contenziosi che riflettono la difficoltà dell'impresa del sarto. La
corporazione dei sarti, impugnando i regolamenti colbertiani, si
difende dall'assalto dei mestieri e di individui che contestano
tradizioni ritenute superate. ma simili contenziosi, e l'instaurazione del
numero chiuso, sono i segni evidenti di una crisi della centralità dei
sarti in una economia del vestiario che vede crescere la domanda e
stimola dunque forme di produzione e di vendita.
Nel 1670 ai merciai, viene riconosciuto il diritto di vendere tele,
camiciole, vestaglie, giacchette fatte dai sarti, con tanto di sigillo della
corporazione, ma abbellite da loro stessi.
Nel 1676 ai rigattieri viene vietata la confezione di abiti nuovi, ma
viene permesso loro di "far fare e vendere" ogni genere di vestito per
uomo, donna e bambino, sino al valore di 8 "livres" ognuno.
Nel 1737 i magliai avevano diritto di produrre e vendere, in
concorrenza con i sarti, berretti di lana.
Nel 1747 i sarti possono fare borse come i borsai.
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LIBRI DEL TAGLIO SARTORIALE
Un manoscritto interamente dedicato al taglio sartoriale datato
1501 è del sarto Jörg Praun "Il Libro dei capolavori" conservato al
museo Ferdinando di Insbruck.
In Spagna a Madrid si stampa il primo libro di taglio sartoriale nel
1589. Si intitola "Libro de geometria pratica y Traca... ed il suo autore
è Yuan de Alcegá, imitato nel 1640 da Martin de Anduxar, con
"Geometria Y Tracos pertenecientes". Anche in Austria si segnala il
proseguire del fenomeno sartoriale nell'opera di un sarto di Enn del
1590 intitolata "Kaysserli che Frayhatten der Shneyder und ab
Kunderfector irer materi auf allerley Stük zue Endwerffen und zue
sagen", manoscritto di 55 fogli con 44 disegni di taglio, ed in quelle di
un altro sarto di Leonfield, della fine del sec. XVI che ce ne tramanda
altri 46.
Durante la prima metà del XIX sec., in Inghilterra più che altrove che
vengono redatte delle opere tecniche riguardanti il vestire. A partire
dall' "epoca della moda" i libri consacrati al taglio e all'abbigliamento
diventano sempre più numerosi: nel 1829, The improved Tailors aera
di J. Jackson; nel 1839, Science complete in the art of cutting, de W.
Walker; nel 1848, "A pratical guide for the Tailors cutting-room, di J.
Couts".