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INTRODUZIONE
Nel corso dei miei studi ho incontrato il concetto di “allegoria sociale” teorizzato da
Giulio Maria Chiodi, che mi ha particolarmente colpita. Vi ho intravisto la possibilità di
praticare un’interpretazione simbolica della vita sociale, caratterizzata da soggetti che
presentano caratteri “allegorici”. Si tratta di personalità disorientate o artefatte o
collettivamente manipolate, che vivono in un clima di cambiamento nel quale sono
andate perdute le basi di convivenza fondate su valori e convinzioni comuni condivisi,
ai quali si sostituiscono manifestazioni di costumi superficiali, alquanto effimeri e
spesso strumentalizzati.
Prendere in considerazione tali situazioni alla luce del simbolico, tenendo presente le
caratteristiche del simbolo come identità vissuta, mi ha intensamente stimolato ad
approfondire l’argomento.
Le considerazioni che accompagnano lo svolgimento del mio lavoro, provengono
principalmente dallo studio di alcuni scritti di Zygmunt Bauman e di Giulio Maria
Chiodi, dai quali ho attinto soprattutto l’impostazione teorica che ho seguito.
Più precisamente, rilevate consistenti coincidenze nei due autori, ho cercato di far
interagire le due prospettive, rispettivamente quella dell’osservazione comportamentale
degli individui all’interno di una società che viene definita “fluida” e quella di
un’analisi di tipo simbolico, in quanto consentono di affrontare coerentemente la
considerazione della realtà sociale presa nel complesso unitario delle dinamiche che la
caratterizzano.
Nella mia esposizione ho cercato di seguire un metodo che non dispone la materia in
forma sistematica, bensì in maniera che potremmo dire fenomenologica, ossia
affrontando gli argomenti di cui si parla così come essi si presentano e nei medesimi
contesti in cui si producono.
Mi è parso infatti che questo tipo di esposizione, essendo per molti aspetti più dialogico
e meno soggetto a inquadramenti astratti, sia più efficace nel favorire la comprensione
dei singoli argomenti e del senso che ne possiamo ricavare, mettendo in evidenza di
volta in volta il problema emergente.
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Mi è parso più utile impiegare questo metodo, che non indulge a classificazioni
preconcette né alla ricostruzione di quadri astratti e perciò si presta a cogliere i problemi
più dal vivo, senza che vengano forzatamente introdotti in nessun genere di
schematismo.
Questo tipo di approccio, secondo il mio punto di vista, favorisce una visione più
realistica e più sollecita a sollevare riflessioni adeguate alla natura dell’argomento.
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CAPITOLO I
La tematica generale
Fin dai tempi delle prime innovazioni tecnologiche nel mondo ha avuto inizio un
repentino cambiamento, gli effetti dell’industrializzazione e della globalizzazione sono
stati e sono ancora oggi chiaramente riscontrabili in diverse situazioni.
Il mutamento del mondo è verificabile nella società, nell’individuo come singolo, nel
profondo del proprio “io”, nei modi di pensare e nei comportamenti in generale di
cittadini e istituzioni.
Questo elaborato si ripropone di analizzare gli effetti della situazione generata da questi
plurimi cambiamenti attraverso un punto di vista di simbolico esulando alcuni aspetti
significativi del fenomeno che si ripercuotono tanto sugli aspetti individuali quanto su
quelli sociali di maggior rilevanza. Simbolico qui ha un significato in senso stretto, che
non confonde il termine di simbolo con la sua connotazione semplicemente semiotica,
che lo riduce a segno, indicativo, informativo, alludente ad altro da sé
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.
I simboli infatti considerati nell’ottica di un’ermeneutica simbolica e non puramente
semiotica, si caratterizzano per la loro dimensione esistenziale, ovvero si esplicano in
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Il simbolo in senso stretto è costituito dalle seguenti peculiarità: “il simbolo ha natura costitutiva, poiché
pone in essere realtà vissute; non è arbitrario, perché non può essere costruito a volontà come un segno e
risponde sempre ad una situazione che chiama in causa l’interiorità; è speculare, in quanto rispecchia una
realtà che altrimenti non si percepirebbe e che non si può dare che in quella forma simbolica e non in
un’altra; ha valore identitario, in quanto fa parte del sentire e del percepire della coscienza di chi lo
riconosce e vive proprio come singolo; è energetico, in quanto infonde energie di carattere patico in chi è
partecipe di quanto esso esprime; è enantiodromico, in quanto il suo significato può rovesciarsi nei sui
contrari, trasformando le sue valenze positive in negative o negative in positive”.
Cit. G. MARIA CHIODI – Speculum symbolicum I. Allegorie vissute. Axis sui. Gioco. Artetetra
edizioni. 2014, p 14.
“Imparerai a tue spese che nel
lungo tragitto della vita
incontrerai
tante maschere e pochi volti.”
Luigi Pirandello
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quanto espressione di un vissuto personale o collettivo che non si può assolutamente
risolvere su un piano meramente rappresentativo.
L’epoca contemporanea trova difficoltà a ritrovarsi in simboli fortemente identitari, ma
sembra affidarsi maggiormente a labili simboli che in realtà sono sganciati dai loro
significati originali e proiettati come immagini sociali. Sono simboli che non
costituiscono un reale vissuto interiore. Si tratta di simboli trasposti, ossia prelevati da
un loro campo semantico e trasportati in altro campo con lo scopo di attrarre
l’attenzione, ma al tempo stesso di distrarre dagli effettivi contenuti identitari.
Da un punto di vista simbolico, la situazione in cui ci troviamo a vivere è riconducibile
ad uno stato che è definibile come “Allegoria sociale”.
Questo elaborato focalizza la sua attenzione su temi che assumono l’allegoria sociale
come punto focale della loro interpretazione. Questa espressione è stata adottata da
Giulio Maria Chiodi, fautore di questo pensiero e al quale mi sono ispirata, per
descrivere le modalità di essere di una società nella quale “si sono logorate le certezze,
derivanti da una fede religiosa, da costumi radicati, da ideali e valori comunemente
condivisi, così come da ideologie capaci di aggregare su convincimenti sufficientemente
operativi”
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.
La globalizzazione, il forte sviluppo tecnologico, la burocratizzazione, l’individualismo
di massa, hanno portato il mondo ad esistere in uno status alquanto surreale, abitato da
tanti soggetti che corrono il rischio automi e di ridursi ad una natura fantomatica. Uno
status in cui i soggetti sembrano aver perso le loro identità stabili per abbandonarsi ad
identità fittizie; in cui la virtualizzazione ha portato alla creazione di maschere da
indossare per ogni occasione, in cui è più facile incontrare una figura virtuale
personificata piuttosto che un vero volto.
Nello stato di allegoria sociale valori, credenze, ideali e aggreganti sono andati perduti;
è sempre più frequente la propensione a dare importanza a situazioni effimere o a fattori
superflui, qualche volta anche dannosi nei confronti delle reali necessità aggregative.
È facile riscontrare una spettacolarizzazione continua la quale si estende anche alle
dimensioni politico – istituzionali in generale.
In pratica, nella comunicazione sociale acquista sempre più spazio la finzione e la
rappresentazione esteriore.
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Anche la rappresentanza politica tende spesso a trasformarsi in rappresentazione.
Una volta le istituzioni avevano il compito di “rassicurare” la popolazione, mentre oggi
è invalso sempre più l’uso di considerare il cittadino come consumatore di beni e
servizi, mentre si vanno incrementando fenomeni quali degrado dell’ambiente e della
vita civile, povertà, incapacità di gestire rapporti a livelli sia locali che molto più estesi.
Nel complesso a fronte della rivendicazione di diritti non si percepisce una adeguata
ottemperanza ai doveri.
Incombe un proceduralismo burocratico, attraverso il quale ogni responsabilità viene
oramai scaricata sul cittadino, spesso incurante, a volte carico di risentimento e in
entrambi i casi non abbastanza “formato” per rendersi conto degli effetti negativi di
questi processi di burocratizzazione.
Emblematica è diventata la figura dell’uomo politico, se così ancora lo si può
etichettare, difatti il termine più appropriato di fronte alla pubblica comunità sarebbe
“attore”, inteso per lo più ad accaparrare consensi e fama attraverso il suo agire se
vogliamo sostanzialmente esibitorio, capace di suggestionare ed irretire le masse
attraverso studiate retoriche, utilizzando un linguaggio spesso ambiguo ed equivoco.
Egli stesso è spettacolarizzato, nel senso che non traspare quella chiarezza che il
cittadino desidererebbe di riscontrare, sia nelle trasmissioni televisive che nei comizi di
piazza. Il cittadino si trova così preda di bugie, catapultato in realtà effimere, prive di
ogni reale senso simbolico, privo di ogni reale senso di appartenenza.
Ancora, gli individui spaesati e insicuri sono indotti a riversare le loro aspettative in un
mondo irreale, ingannevole affidato al mondo della rete.
Le comunità alla cui base c’è senso di appartenenza, sicurezza e fiducia reciproca, nello
stato di allegoria sociale si minimizzano al punto che l’individuo, alla disperata ricerca
di quel senso di appartenenza, si affida ad un nuovo tipo di comunità, quella virtuale;
che è attraente da un lato in quanto permette la condivisione di interessi e passioni
comuni, ma è al contempo pericolosa in quanto cela pericoli difficili da immaginare.
In ogni caso è certamente più allettante in quanto non è vincolante, non ha dei vincoli
ben definiti ed è facile per il soggetto passare da una comunità all’altra come più lo
aggrada. Resta però il fatto che non è assolutamente un luogo sicuro come potrebbe
sembrare, è sfuggevole ed alla base manca il rapporto di fiducia che si viene a creare nei
rapporti face to face, ricchi di emozione e sentimenti.
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È in queste circostanze che si sviluppa il soggetto allegorico ossia che esprime una
natura per così dire allotropica, ossia non effettivamente confacente alla sua natura.
È un soggetto che spesso sperimenta in sé un vuoto interiore oppure percepisce timori
indefiniti, insicurezze, alterazioni e finzioni del proprio essere, come se vivesse una
condizione innaturale. Tra questi sono frequenti i soggetti privi di autocoscienza, di
autoconsapevolezza, di capacità autocritica, che si esprimono attraverso ciò che
posseggono, attraverso i luoghi che frequentano, vivendo una vita all’insegna del
consumo-simbolo di oggetti-simbolo.
È diventato di routine partecipare ad un evento per la sola paura di sentirsi esclusi,
messi da parte. Un modo per sopperire a quella sensazione di solitudine individuale che
si trasforma in solitudine sociale, stato che favorisce in un soggetto la tendenza a
diventare aggressivo, conseguentemente alla repressione di tensioni palpabili, oppure
depressivo, che non è che una forma di aggressività rivolta verso se stessi.
Si tratta di una solitudine diversa da quella che ognuno di noi può esperire per rilassarsi
e restare soli con i propri pensieri, ma la solitudine sociale ha un’altra natura e porta ad
essere aggressivi, depressivi, fino ad arrivare ad arrivare a dei casi patologici.
Ecco che ci si “butta” letteralmente in avvenimenti pubblici per i quali non si
prova un reale interesse oppure ci si fa un tatuaggio per “adeguarsi” alla massa o più
semplicemente per sentirsi vivere, un simbolo privo di significato reale atto soltanto a
far credere di “essere parte di qualcosa”.
Lo stato di allegoria sociale è appunto quello in cui si sono persi i referenti
originari che tengono i soggetti legati a “qualcosa di realmente significativo”, è il luogo
in cui conta più l’apparenza che la sostanza, in cui i soggetti, privati delle loro identità
agiscono e vivono attraverso elementi che danno loro il senso di acquisire uno status o
una personalità; in difficoltà di esercitare un’adeguata autoconsapevolezza e di
assumere un buon grado di responsabilità di se stessi, diventano una facile preda dei
mezzi di comunicazione di massa.
Approfondiremo nel corso dell’elaborato quanto sia diventato difficile far sì che si
configurino pensieri anche stando seduti da soli al bar, o li si comunichi con gli amici,
così come diventa sempre più raro riflettere su una reazione avuta di fronte ad una
notizia della televisione e magari ci si appaga delle false risate registraste su sottofondo.
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Perché è esattamente questo che accade in una situazione allegorica: si vive cioè una
trasposizione della realtà rimanendo assoggettati e suggestionati dai mezzi attraverso la
comunicazione di massa, incapaci di costruire un vero e proprio punto di vista
personale, attinto alla propria esperienza e ad una concreta autonomia di giudizio.
Ma come siamo arrivati ad uno stato di allegoria sociale?
Quali sono le cause che hanno portato ad una società che preferisce le comunità virtuali
a quelle reali?
Perché il cittadino si sente insicuro e non protetto dalle istituzioni?
Cosa porta il cittadino a riversare i suoi reali bisogni in acquisti effimeri di oggetti-
simbolo?
Il mio proposito in questo elaborato è di mettere in evidenza le problematiche
principali sollevate da queste domande. Spero vivamente di riuscirci in quanto ho
sentito fin dai primi contatti con l’argomento ho sentito questa tesi come mia, anche se
ritengo di non possedere tutti gli strumenti per approfondire la maggior parte degli
argomenti trattati, ma il concetto di allegoria sociale mi ha sollevato stimoli di analisi
che ho cercato di orientare nel migliore dei modi per fare luce sulla tematica e anche
sollecitare l’attenzione di chiunque leggerà questo elaborato, auspicando la stessa
partecipazione che ho sentito io.
La tesi si articola, ad esclusione del presente che funge da continuazione
dell’introduzione e delle conclusioni, in altri tre capitoli principali.
Nel secondo capitolo tenterò di dare un’introduzione più chiara dell’allegoria
sociale, spiegandone un po’ le caratteristiche fondamentali; darò una prima infarinatura
del concetto di “modernità” liquida di Zygmunt Bauman ad essa collegata ed infine
spiegherò a grandi linee quanto sia cambiato il concetto d’informazione negli anni e
quanto questa influenzi la società.
Nel terzo capitolo mi è sembrato opportuno fornire una spiegazione più precisa
dello sviluppo delle nuove tecnologie e dei mezzi di comunicazione di massa in
generale mettendo in evidenza quanto e come agiscono sul controllo delle masse, e della
globalizzazione, facendo riferimento in particolare alle differenze generazionali, allo
sviluppo del bambino nativo digitale, ai pro e contro delle tecnologie in quanto parte
integrante del concetto base di questa tesi.