2
INTRODUZIONE
Ho ventuno anni, e sono forte, non solo, ma nei
movimenti miei e nei miei occhi ride la cordialità
spensierata di questa mia forza, anzi quasi la
superbia d’uno che non sente l’ostacolo. Spesso
incontrando sul mio passo una panchina, invece di
deviare, raccolgo sul petto la mia lunga mantella e
salto imperturbato, senz’arrestare il cammino: i
monelli ridono di questo lor fratello che non
conoscono ed egli continua la sua strada un po’
curvo, con la testa china, quasi a dar forma cruda di
terra ai suoi pensieri. Sono quasi bello, benché il
naso mi si protenda affilato sulla bocca carnosa. Gli
occhi hanno un color indefinito di verde – giallastro
chiaro, ma in cui si riflette il nero della pupilla,
mobilissimi e capaci di costringere gli altrui ad
abbassarsi.
1
Forte nell’aspetto, lo sguardo inquisitore, un corpo che esibisce la superbia
delle proprie potenzialità: nella persona fisica di Scipio Slataper si rivela
spontaneamente tutto il suo spirito.
Giovane orgoglioso della propria purezza, altero della sua nobiltà,
impavido nel suo rigido moralismo, nacque a Trieste il 14 luglio 1888 e
morì il 3 dicembre 1915 sul monte Podgora, come soldato italiano:
ventisette anni di furore, una breve esistenza assillata dal conflitto tra vita
intesa come dovere, impegno, disciplina, e le irrefrenabili ragioni del
cuore.
1
Anco Marzio Mutterle, Scipio Slataper, U. Mursia & C., Milano, 1965, pp.19-20
3
Quello di Slataper fu un percorso antinomico alla ricerca dei valori della
vita e dell’arte, affrontato senza mai evitare passioni, disquilibri, fratture.
2
Egli visse questo dramma gradualmente in ognuna delle tappe che
segnarono lo sviluppo della sua precoce personalità, a partire dai primi
anni caratterizzati da una forte esuberanza giovanile, sino alle ultime fasi
della sua esistenza, che si interruppe nel momento di maggior
consapevolezza ed umanità
3
.
Slataper sperimentò visceralmente le più forti emozioni che un uomo può
sperimentare nella vita, cioè l’amore e il dolore; quello stesso amore che
dapprima gli infiammò l’anima lo fece soffrire a tal punto che egli piombò
in una forte crisi spirituale (in seguito alla morte di Anna), la quale, d’altra
parte, fu per lui rivelazione e crescita, se non addirittura “rinascita”.
L’epistolario Alle tre amiche, documento essenziale per la ricostruzione
della sua vicenda biografica, illumina completamente il passaggio dalla
fase giovanile a quella più matura. Si tratta di un’opera che raccoglie la
corrispondenza di Slataper con tre donne, pubblicata postuma per volontà
di Giani Stuparich.
Il valore dell’opera non si limita però soltanto alla documentazione della
vita di un giovane intellettuale del primo Novecento italiano. In queste
lettere, veri e propri ritratti dell’anima, c’è l’analisi della vita dello spirito e
del cuore
4
, narrata con una forte concessione al lirismo e con l’obiettivo
costante dell’elevazione personale.
2
Wolfango Rossani, in Il dramma di Scipio Slataper, Nistri – Lischi Editori, Pisa, 1961, p.18, scrive:
«Tutto il dramma di quest’uomo si può riassumere nella frase ibseniana del Brand: “Ciò che tu sei,
qualunque cosa tu sia, siilo completamente, non parzialmente, siilo con pienezza e con gioia”»
3
Sue le parole: «La mia vita s’è rotta sempre alla sommità.» (da una lettera del 17 agosto 1911 a Gigetta).
4
Giani Stuparich, amico di Slataper e curatore della prima edizione di Alle tre amiche: «Noi abbiamo tolto
i sugelli a quelle sue care e intime memorie. Egli, nella vita, non amò parlare di sé agli altri, ma si sfogò
e si confidò soltanto alle tre donne che gli furono amiche. Io non credo d’esser venuto meno all’amicizia
che mi legava a lui, schiudendo al pubblico queste Lettere; dalle quali emerge la grande figura d’un
giovane e si levano le parole d’un nobile insegnamento di vita. In un’epoca come la nostra, che tende
facilmente nei suoi estremi a un tormentoso psicologismo da una parte e a una superficialità rozza e
orgogliosa dall’altra, queste Lettere dovrebbero essere di vivo interesse; almeno per tutti coloro che
4
Slataper, in fondo, non concepisce narrazione diversa da quella
dell’esperienza vitale, dei propri sensi e dell’interiorità più profonda, ed è
ammirevole il coraggio con cui egli mostra l’anima “nuda” di fronte a tre
donne, con le quali aveva instaurato uno straordinario rapporto di
confidenza nonché di comunione intellettuale.
In una prosa che risente dei turbamenti della giovinezza, a volte lieve, altre
volte esasperata, è raccontato tutto il “carattere” di un artista, di un poeta,
di un uomo, in quella intimità rassicurante della forma epistolare che per
Slataper equivale a quella diaristica.
5
«Uno degli epistolari più inquietanti e originali della letteratura di tutti i
tempi»
6
, come lo definisce Bàrberi Squarotti in un suo saggio; lo scrittore
triestino vi svela le sue verità più palpitanti, le passioni, le idee letterarie e
morali in un tono che oscilla tra la dolcezza dell’affetto, la comprensione
fraterna, l’esaltazione romantica e la moralità intransigente.
La sincerità della scrittura è tale che queste lettere avvincono come un
romanzo, anche e soprattutto per l’improvvisazione e per l’ineguaglianza
dello sfogo; ma vi è totalmente assente quel distacco, segno necessario
della forma d’arte.
7
L’epoca dell’epistolario è inquadrabile nel primo agitato quindicennio del
Novecento, nell’arco di quegli anni che segnano il passaggio dal governo
giolittiano all’intervento nella Prima guerra mondiale; Slataper fa parte
della “Generazione degli anni ‘80”, quella che sarà letteralmente stroncata
dal conflitto bellico e che vide riunirsi un gruppo difforme di giovani
sentono profondamente il valore umano del “carattere”.» (Scipio Slataper, Alle tre amiche, in I quaderni
dello “Specchio”, a cura e con Introduzione di Giani Stuparich, Arnoldo Mondadori Editore, Milano,
1958, pp.27-28)
5
Scipio Slataper, Alle tre amiche, cit., p.14: «Il suo diario furono le lettere», precisa Stuparich
nell’Introduzione.
6
Giorgio Bàrberi Squarotti, Svevo, Saba e la letteratura a Trieste, in Storia della civiltà letteraria
italiana, diretta da Giorgio Bàrberi Squarotti, vol. V, Il secondo Ottocento e il Novecento, tomo I, UTET,
Torino, 1994, p.821
7
Cfr. Scipio Slataper, Alle tre amiche, cit., p.15
5
talenti, provenienti da tutta Italia, nella “società” dei vociani, impegnati ad
esaurire la vasta gamma di rapporti possibili tra letteratura e vita.
L’autore delle lettere studiate in questa sede fu colui che, tra di loro,
sviluppò un’attività più completa, affiancando alla disponibilità nei
confronti della realtà esterna e della storia, la sua problematica individuale,
la quale rappresenta indiscutibilmente l’altro polo della sua complessa
personalità: egli fu poeta, epistolografo, diarista, critico, traduttore,
giornalista politico, polemista.
Tutta la sua esistenza si svolse sullo sfondo di Trieste, del Carso, della vita
triestina: non si può prendere in esame la sua opera senza considerarne
l’origine.
Trieste è la mia patria. Io scopro in me ogni giorno
di più Trieste. Trieste che è l’ostacolo e può essere
il segno della vittoria.
8
Trieste, nei primi anni del Novecento, era un città commerciale, lo sbocco
al mare ed il porto più importante dell’impero austro – ungarico, dedita
esclusivamente ad interessi immediati ed a esigenze economiche; qui
mancava una salda tradizione culturale alla quale ancorarsi ed i giovani
letterati del tempo, tra cui lo stesso Slataper, furono portati
necessariamente a ricercare una solidità culturale nel Regno, ed in
particolar modo a Firenze, la quale, grazie alla modernità della sua arte,
agli uomini che la vivono, alle idee («La Voce», per l’appunto) che vi
aleggiano, era considerata il maggior centro culturale d’Italia.
8
Ivi, p.424
6
Alcune lettere sono scritte da questa città, altre da Amburgo, altre ancora
da Vienna, Praga, Berlino; ma ognuna di esse non può prescindere
dall’insieme, poiché si integrano e si chiariscono vicendevolmente, e colui
che le scrive fuoriesce completamente solo dalla composizione delle sue
ammissioni e rivelazioni momentanee e frammentarie
9
.
9
Scipio Slataper scrive, nel giugno 1910, all’amico Guido Devescovi : «Scrivi lettere: quando si scrive a
chi ci comprende saltan su fresche e immediate le nostre idee con ancora addosso quell’umido e velo di
linfa che non è affatto chiaro di sole a mezzogiorno, non è il capolavoro, ma una cosa vitale molto più
artistica che non la preoccupazione dell’opera d’arte.»
7
I. ALLE TRE AMICHE, L’EPISTOLARIO
Finché esiste l’espressione con qualunque mezzo -
sangue o inchiostro - non esiste una infelicità
completa.
L’esprimersi, l’effondersi, lo svelarsi: impulsi irreprimibili e necessari per
Scipio Slataper, scrittore che ha rivelato senza timori il proprio complesso
mondo interiore attraverso le sue opere, ed in particolare attraverso il suo
epistolario
10
. Nello sfogo epistolare Slataper vedeva molto di più d’uno
scambio occasionale di sentimenti e pensieri fra lui e la persona alla quale
scriveva; diversi passi indicano come, soprattutto alle lettere che scrive alle
tre amiche, egli attribuisse un valore più duraturo, conferendo alla scrittura
di sé un’intimità tutta spirituale e ponendola su quel piano di valori etici ed
estetici che conferiscono all’esperienza personale, proprio nel momento in
cui è più personale, cioè immediata e diretta, il marchio dell’opera destinata
a perdurare nel tempo.
11
Una personalità come quella di Slataper non poteva trovare conforto in un
diario; egli avverte nel profondo della sua anima infiammata l’urgenza ed il
bisogno di comunicare con gli uomini, di esservi a contatto, di ascoltare le
loro risposte e valutare l’effetto delle sue parole; il suo diario vivo, intimo
10
L’elenco completo delle opere di Scipio Slataper (articoli, racconti, varie edizioni de Il mio Carso,
traduzioni e lettere) steso per la prima volta da Vera Spano, si trova ora in Anco Marzio Mutterle, Scipio
Slataper, cit.
Per quanto riguarda le raccolte di lettere, Mutterle ricorda:
- Lettere, a cura e con introduzione di Giani Stuparich, Torino, 1930
- Epistolario, a cura di Giani Stuparich, Milano, 1950
- Alle tre amiche, a cura e con Introduzione di Giani Stuparich, Milano, 1958
11
Cfr. Scipio Slataper, Alle tre amiche, cit., p.14
8
animato, furono le sue lettere, in primis quelle indirizzate ad Anna, Elody,
Gigetta:
Voi siete il più simpatico Tagebuch ch’io abbia
trovato nella mia vita.
12
Queste pagine, in cui egli registra capillarmente i suoi stati d’animo quasi
giorno per giorno, sono la più vivida espressione del suo carattere: del
carattere di un artista, di un critico, ma in sostanza di un uomo.
…togliere anche una sola ombra o qualche luce
troppo cruda, sarebbe stato falsare la personalità che
in queste lettere spontaneamente si crea. E non c’è
nessun dubbio che l’accento vero di esse è dato
dalla personalità dell’autore e che quello che in esse
noi siamo portati a cercare è l’uomo Slataper.
13
Con tali parole Giani Stuparich, amico caro di Scipio nonché curatore della
prima edizione (1931) delle Lettere
14
, esprime la completezza della figura
che ne emerge, in seguito ad
12
Scipio Slataper, Alle tre amiche, cit., p.33
13
Ivi, Introduzione alla prima edizione di Giani Stuparich, p.13
14
Stuparich ha riflettuto a lungo prima di decidere la pubblicazione di tali lettere, come scrive
nell’Introduzione ad esse. I dubbi e le incertezze provengono dal fatto che Slataper non si è mai espresso
chiaramente in merito, anzi «gli accenni espliciti si contraddicono; alle volte pare ch’egli vedesse chiara
la possibilità di una pubblicazione e che quasi se ne compiacesse, altre volte manifesta la trepidazione
dell’intimità scoperta.»
Gigetta, moglie di Scipio, alla quale spettava l’ultima parola in merito, palesa la sua approvazione, dopo
aver vinto numerosi turbamenti, con tali parole: «Ora in un periodo di molti affanni Giani e Elody mi
hanno riparlato delle tue lettere e io le ho rilette e si pubblicheranno: perché? Perché lì dentro ci sono
delle cose che possono far del bene a dei fratelli sparsi per il mondo. Ed è un grande e difficile passo
questo di dare a tutti quello che era solamente tuo, ma se farà del bene anche a pochi, questo sacrificio
varrà la pena di esse fatto e sarà la ricompensa di questo dolorosissimo passo di esporre a tutti ciò che
dovrebbe esser letto da pochi che vedranno con occhi puri: come tu dici…».
La prima edizione delle Lettere, in tre tomi, uscì nel 1931 a Torino per i Fratelli Buratti Editori ed andò
presto esaurita.
9
uno sviluppo ed una maturazione interiore
sorprendenti. Il giovane esaltato diventa uomo, la
sua complicazione celebrale e fisiologica si risolve
in una complessità organica e equilibrata.
Naturalmente la sua anima da poeta innamorato e
tormentato, fa da sfondo alle sue confessioni, che si
venivano determinando o su nozioni culturali o su
atteggiamenti pratici, vitali o su conquiste di
pensiero. Queste le ragioni che ci possono spiegare
perché le lettere di Slataper siano talvolta così
profondamente eterogenee, sebbene nate sulla
costante di una personalità che, fin dai primi tempi,
scopre delle cifre inequivocabili per una valutazione
critica.
15
Le lettere sono scritte tra il 1910 ed il 1913, senza dimenticare le lettere di
guerra, datate 1915, che in realtà non possono essere affiancate alle altre;
Stuparich decide di inserirle ma sottolinea la diversità di esse:
le poche lettere di guerra resterebbero, veramente,
fuori da quell’unità che formano le lettere a Anna, a
Elody, a Gigetta. Appartengono a un altro periodo.
Tuttavia ho voluto aggiungerle, perché, come un
grande epilogo in poche battute, esse chiudono la
vita di lui e illuminano, quasi da una sommità,
anche il suo periodo “romantico”. […] Quel
profondo senso morale, religioso, della
coordinazione umana, che tante volte abbiamo
15
Wolfango Rossani, Il dramma di Scipio Slataper, cit., p.42
10
trovato nelle lettere a Elody e a Gigetta, è vivo
anche qui, davanti al volto tremendo della guerra.
16
Scipio Slataper è un giovane studente triestino che si laurea, tiene le sue
prime lezioni come lettore all’Università di Amburgo, vive una ricca
esperienza culturale, scrive articoli, libri, traduzioni, progetta il suo futuro
ma principalmente compie l’attività che gli é più a cuore, quella nella quale
rintraccia lo scopo della sua esistenza: vivere tra gli uomini, con gli
uomini.
17
In quattro anni di corrispondenza si può assistere allo sviluppo di un
individuo nel pieno dell’esaltazione amorosa, nel turbinio delle pulsioni
giovanili accentuate da una tensione intellettualistica che lo porta ad un
turgore espressivo estremo; giovane che diventerà poi uomo, che
raggiungerà la fase più matura della sua ricerca umana, che conquisterà una
dimensione spirituale pacata e razionale.
Le lettere Alle tre amiche sono la voce narrante di questa storia, sono il
vero bildungsroman, il romanzo di formazione della personalità, tanto che
lo stesso Slataper ne comprese per primo il valore paradigmatico
progettando di ricavarne un romanzo vero e proprio, che sarebbe dovuto
essere l’opera successiva a Il mio Carso:
Dopo (ora ti racconto la mia biografia di scrittore!):
scriverò il romanzo: Le tre amiche. Ci saranno tre
amiche e un giovane che vuol far del bene agli
uomini, (ma non poeta: sarò io, ma solo la mia parte
cristiana).
16
Scipio Slataper, Alle tre amiche, cit., Introduzione alla prima edizione, p.27
17
Per una biografia completa di Slataper si rimanda a Romano Luperini, Slataper, in Il Castoro, La
Nuova Italia Editrice, Firenze, 1977, pp.92-94
11
Sarà il seguito del Mio Carso. Perché tutta la mia
vita è armoniosa, e io so dove vado. Io vorrei che
ogni mio libro fosse una continuazione dell’altro,
finché potessi scrivere sull’ultima pagina bianca:
Fratelli, sento serenamente che sto per morire. Io
v’ho voluto bene, e ho lavorato per voi. Così voi
non pregate sulla mia tomba, ma voletevi bene e
lavorate per i figlioli. Ora vi saluto.
18
È proprio l’immediatezza del valore umano a fare di questo epistolario
un’opera romanzesca, per la sua vitalità e per il suo interesse che sono, per
l’appunto, quelli che derivano da un’esperienza di maturazione
dolorosamente vissuta giorno per giorno, in un precario equilibrio tra
introversione ed estroversione.
Non si può certo parlare di romanzo in senso stretto, poiché totalmente
estraneo a qualsiasi tentativo di fuoriuscita dalla sfera personale, egoistica
ed egotistica: ogni approccio all’obiettivazione e proiezione su un piano più
ampio di quello strettamente privato e personale è accuratamente evitato.
C’è tutto Slataper qui dentro, a volte falso, «schiavo della letteratura»,
(come si autodefinisce)
19
, più spesso autentico, nel finale umile.
Lo scrittore è l’autentico ed indiscusso protagonista, ma le tre donne
destinatarie delle lettere, pur non essendo in primo piano, lo accompagnano
18
Scipio Slataper, Alle tre amiche, cit., p.374. Nella lettera a Gigetta del 18 aprile 1913 aggiunge: «Io
credo che ad ogni periodo della mia vita non possa corrispondere altro che un’opera. E la opera non può
rappresentare altro che il periodo che è già finito per me. Cosicché solo quando avrò tenuto giudizio di
tutto me stesso, degli anni della Voce, del nostro tempo, della nostra opera storica, e avrò trovato
chiaramente la ragione della loro debolezza e il principio della mia fede, il nuovo fondamento, vedrò
bene tutto il mio dramma, e lo potrò scrivere.»
19
Wolfango Rossani, in Il dramma di Scipio Slataper, scrive: «Non vogliamo dire che in alcuni momenti
lo Slataper non si sentisse sincero, ma solo rilevare che la sua sincerità anziché nascere da una
disposizione profonda, umana del suo spirito, era il frutto di una vera e propria suggestione o montatura
troppo scoperta e ottenuta perché, ad un certo punto, non tradisse il suo aspetto. Più tardi egli stesso se
ne accorgerà.»
12
con i riflessi delle loro persone e con il loro proprio personale modo di
essere e di pensare, creando l’aria in cui il “romanzo” si respira.
Anna, Elody, Gigetta, formarono tanta parte della sua vita, ma sopra ad
ogni cosa furono i «porti della sua navigazione»: Slataper vi trovò un
attracco sicuro, un rifugio accogliente, un riposo per la sua anima,
travagliata, palpitante, serena o turbata che fosse.
20
Nel gennaio 1909, al
ritorno dalla Calabria, prima di rientrare a Firenze, il giovane Scipio si
ferma a Trieste per una settimana, tra il 17 ed il 24 del mese: fu in quella
occasione che conobbe Anna Pulitzer, Elody Oblath, Gigetta (Luisa)
Carniel.
21
Elody, nelle Confessioni e lettere a Scipio
22
, scriverà:
Io e le amiche conoscemmo Scipio dopo il suo
ritorno da Avezzano, dov’era andato a porgere aiuto
ai danneggiati del grande terremoto. Era forte,
coraggioso, umanissimo. Ci piacemmo a vicenda fin
dal primo incontro e diventammo presto amici. Egli
veniva da Firenze, da quel mondo di cultura di cui
noi ragazze eravamo digiune, e ce lo porgeva con la
sua innata freschezza e cordialità, ravvivando ogni
cosa con la sua forte fiducia, col suo sano alito
vitale.
23
Per Slataper, natura molto espansiva, l’amicizia femminile è il rapporto
umano più congeniale al suo essere, gli permette di estrinsecare la sua
20
Cfr. Scipio Slataper, Alle tre amiche, cit., Introduzione alla prima edizione, p.16
21
Nel gennaio del 1909 Anna Pulitzer (nata il 2 febbraio 1889 e morta suicida per un colpo di rivoltella
alla tempia il 2 maggio 1910) ha quasi 20 anni; Elody Oblath (nata il 2 dicembre 1889) ha da poco
compiuto 19 anni; Gigetta (Luisa) Carniel (nata il 31 gennaio 1887; il 15 settembre 1913 diviene la
moglie di Scipio) ne compie 22. Il poeta, nato il 14 luglio 1888, ne ha 21 e mezzo.
22
Elody Oblath Stuparich, Confessioni e lettere a Scipio, a cura di G. Criscione, Torino, Fògola, 1979
23
Ilvano Caliaro, Tra vita e scrittura, Capitoli slataperiani, in Saggi di «Lettere Italiane», LXVII,
Firenze, Olschki Editore, MMXI, p.13
13
tendenza ad esercitare sulle persone un’egemonia spirituale che è durezza e
dolcezza insieme
24
, che trapela un senso di tenerezza quasi materna, quasi
fosse la promessa di un ritorno ad uno stato indifferenziato di comunione
con il tutto.
Il rapporto con le tre donne si inserisce in una prospettiva etica più ampia,
ed arricchisce allo stesso tempo tutta una serie di altri problemi e di altre
esigenze. Ma questo sentimento umano assume coloriture e gradi diversi a
seconda della personalità delle amiche
25
(«sorelle della mia anima più
buona»
26
): impetuoso sentire, poi trasformatosi in vorticoso rapporto
amoroso, verso Anna, carattere complesso destinato a rimanere vittima di
un dramma spirituale che la porta a suicidarsi davanti allo specchio con un
colpo di rivoltella; esigenza didattico - educativa, fatta di tenerezza nonché
di affettuosi rimproveri, verso Elody, anima debole e inquieta; amicizia
amorosa ed amore per Gigetta, che poi diventerà sua moglie.
Tutto ciò finisce per essere testimonianza preziosa ed autentica dello
sviluppo della personalità del giovane triestino: vi manca quasi del tutto
una riflessione sui fatti storici o politici, mentre l’attenzione è tutta
focalizzata sul momento etico e culturale.
24
Come afferma Stuparich c’è «un senso spontaneo della propria superiorità, quasi di guida spirituale».
È come se Slataper, attraverso la sicurezza della propria coscienza morale e della vocazione poetica,
volesse plasmare il mondo che lo circonda ed ancor prima le persone che lo vivono. Nell’amicizia con le
tre donne questa volontà etica si esplica totalmente.
25
Stuparich, sempre nell’Introduzione alla prima edizione, scrive: «tre le donne a cui le lettere furono
scritte, e tre i diversi atteggiamenti spirituali e pratici dello scrivente.»
26
Scipio Slataper, Alle tre amiche, cit., p.32