Introduzione.
3
non si scorda mai), la filosofia del diritto fu un matrimonio di interesse, magari
addolcito da qualche tenerezza, ma pronto ad essere tradito anche dopo molti
anni alla prima occasione. Destino, questo di Vanni, che sarà comune a molti
altri intellettuali italiani fino a dopo la seconda guerra mondiale.
La vicenda si Vanni si colloca, in massima parte, negli ultimi venti anni
dell'ottocento, in un'epoca che, per la sociologia italiana, si può definire della
morte prematura; in questo scenario Vanni si proponeva di affermare in Italia
1
la
sociologia come scienza autonoma, schiettamente positiva, che avrebbe dovuto
studiare le leggi che governano la vita della società. Compito assai arduo: in
Italia, infatti, nella patria di Machiavelli, l'idea dell'autonoma esistenza di una
società, per di più rappresentante un'entità specifica dotata di leggi proprie, non
era ancora apparsa. Era invece ancora dominante l'idea tradizionale
dell'essenza politica della società: l'ordine sociale derivava, necessariamente,
da un certo volere politico; in questa visione nessun ordinamento era da
ritenersi legittimo, ma qualunque ordine sociale derivava dal possesso della
forza effettiva, e perciò da una manipolazione politica. Questa specificità
italiana avrà poi la meglio: non a caso quelli che diverranno i più noti sociologi
italiani dell'epoca, Mosca e Pareto, si concentreranno sullo studio delle élites,
versione moderna del Principe.
La ricezione in Italia della nuova scienza nata in Francia e Gran Bretagna
sarà alquanto contrastata e, complice l'avvento del fascismo, di fatto avverrà
solo dopo la seconda guerra mondiale. Nello scorcio di fine ottocento durante il
quale Vanni si trova a scrivere, l'idea che la società venga prima dello Stato,
che emerga spontaneamente obbedendo a leggi proprie, non era facile da
1
Per un breve sunto su come fu recepita in Italia la sociologia abbiamo fatto riferimento a: F.
JONAS, Storia della sociologia, Roma-Bari, Laterza, 1989, pp. 449-465; e soprattutto a: F.
BARBANO, Sociologia e positivismo in Italia: 1850-1910. Un capitolo di sociologia storica, in Il
positivismo e la cultura italiana a cura di Emilio R. Papa, Milano, F. Angeli, 1985, pp. 163-226.
Introduzione.
4
professare in Italia, dove la società era essenzialmente diversa da quelle
d'oltralpe e d'oltremanica.
Più di una volta, negli scritti di Vanni, si osserveranno tentativi di coniugare
le posizioni, tra loro antitetiche, di chi intendeva la società come prodotto di un
certo potere contrapposta alla visione di chi riteneva la società civile come
antecedente allo Stato
2
: sintomi, questi, della difficile situazione in cui Vanni era
costretto, e del suo procedere, cauto e periglioso, tipico di chi si trovi a
camminare sul filo di una lama.
La sociologia condivise, in quegli anni, le fortune (poche) e lo sfortune
(molte) che toccarono al positivismo. Barbano riassume così il riflesso con cui,
in Italia, il positivismo venne, infine, rigettato:
In contesti culturali come quello italiano, il fiero disprezzo per il positivismo e i suoi
caratteri culturali era spesso un riflesso di giudizi sia del contesto epistemologico su quello
epistemico, sia viceversa; ... . Studiosi, insiders aristocratici della filosofia, come Croce e
Gentile, rifiutavano in blocco i positivisti, in base ad una improponibile divisione del lavoro
intellettuale, aristocratica appunto e storicamente determinata; gli idealisti nostrani
consideravano i positivisti come outsiders, non addetti alla professione di filosofi
3
.
In Italia la sociologia arrivò in maniera diffusiva, e la sua comparsa nel
nostro paese avvenne in un contesto particolare: se infatti altrove la sociologia
era apparsa dopo la trasformazione industriale della società, in quasi
concomitanza con l'affiorare delle tensioni sociali indotte da tale rivoluzione
economica, in Italia - al contrario - la sociologia apparve in un contesto che si
2
Un esempio si può trovare nelle considerazioni che Vanni scriverà sullo Stato e sui rapporti tra
la sociologia e le dottrine morali e giuridiche. Cfr. in seguito in questo volume.
3
F. BARBANO, op. cit., pp. 168-169.
Introduzione.
5
potrebbe definire proto-industriale. Di più, come molti hanno osservato, la
rivoluzione industriale era avvenuta, originariamente, in paesi che avevano
sviluppato prima una cultura industriale, cosa che in Italia non avvenne.
Dunque, il positivismo si diffonde in una situazione di non-
industrializzazione, e ciò, evidentemente, ne condizionerà in senso negativo la
vicenda; tanto che negli anni venti e trenta del secolo diciannovesimo, la
«reazione idealistica» terrà fuori l'Italia dal dibattito sul metodo e quindi dal
superamento, avvenuto negli altri paesi europei, del tardo-positivismo col neo-
positivismo e con una sociologia che sviluppava relazioni con lo storicismo, il
neo-kantismo, la fenomenologia
4
.
Se, come sostiene Ghisleri
5
, il positivismo da cui originò la sociologia
rappresentò l'espressione scientifica dell'ideologia massonico-democratica del
progresso, allora Vanni fu, in Italia, un sostenitore di tale ideologia massonico-
democratica. Come afferma Bozzi, infatti, Vanni si presenta come sostenitore
delle posizioni della borghesia post-risorgimentale, di ispirazione liberale,
anticlericale e massonica (egli ricorda, tra l'altro, che Vanni partecipò, con
alcuni esponenti massonici, alla costituzione di un comitato per l'erezione, a
Roma, di un monumento a Giordano Bruno
6
). Noi aggiungiamo che però, se
questo è vero, non bisogna dimenticare che Vanni non fu un semplice epigono -
interessato - dei teorici del laissez-faire d'oltralpe, ma cercò, riteniamo in
maniera sincera, di plasmare un contributo personale e originale.
4
Ibidem, p. 175.
5
A. GHISLERI, Sociologia italiana; di alcune vedute fondamentali di G.D. Romagnosi, «Rivista
d'Italia», 22, 1919, p. 437. [Citato in F. JONAS, op. cit., Roma-Bari, Laterza, 1989, p. 450.]
6
F. BOZZI, Icilio Vanni e la critica del positivismo giuridico ottocentesco alle dottrine socialiste,
in: AA. VV., Scienza e pensiero politico nella seconda metà dell'800. Atti del Convegno di Pisa,
25-27 Settembre 1981, Pisa, Leo Olschki, 1982, pp. 296-297.
Introduzione.
6
Nel suo pensiero troviamo rappresentate, nitidamente, tutte le grandi
contraddizioni del tempo; la sua opera rappresenta sempre, sebbene con
contenuti e obiettivi diversi, il tentativo di coniugare posizioni distanti,
contraddittorie, che però egli intuiva portatrici ognuna di elementi fondamentali
per la costruzione di una teoria della società, e per lo sviluppo della scienza
della società, la sociologia.
Punti di partenza sono, per Vanni, i grandi padri fondatori della sociologia:
Comte e Spencer. Si tratta di un punto di partenza obbligato: in Italia, infatti, i
due pensatori arrivarono insieme come co-fondatori del positivismo, in
un'accezione riduttiva che ne eludeva le differenze: «Comte non fu
propriamente un «evoluzionista», ma da noi, attraverso il «naturalismo», e
insistendo sul «monismo», la sociologia comtiana finì col confondersi con quella
spenceriana.»
7
; in questa versione nostrana del positivismo, nella quale Comte
fu più citato che letto, il pensiero di Spencer e il darwinismo sociale finiranno per
diffondere la sociologia in Italia precludendone, però, lo sviluppo.
Vanni, al contrario, non si accontenta della letteratura divulgativa e
volgarizzatrice, ma si fa cura di visitare il pensiero originale degli autori.
Dell'opera di Comte recupera molto, ma non l'avversione per la psicologia; da
quella di Spencer molto meno, in particolare ne supera di slancio il riduzionismo
della sociologia alla biologia, ne rifiuta il discendente darwinismo sociale e,
anche se rimane intrappolato nel suo monismo evoluzionista, si tratta più di una
sfumatura stonata che di un abbaglio, tanto che sempre, e con vigore, Vanni si
richiama alla legge universale dell'evoluzione non in maniera fideistica ma per
dichiarare necessaria la verifica della sua applicabilità ai fenomeni sociali.
A questi ingredienti di base egli unisce la sua vasta frequentazione della
scuola idealista tedesca e della filosofia della storia, che giungerà a definire una
7
F. BARBANO, op. cit., p. 197.
Introduzione.
7
quasi-antenata della sociologia. Unendo questi elementi con il filo di uno spirito
critico, richiamandosi cioè continuamente a Kant e alla sua lezione, egli
giungerà a formulare una sua idea della sociologia, che si sostanzierà - non
poteva essere altrimenti - nel definirne l'oggetto e la portata.
Per Vanni la sociologia deve identificare le leggi che regolano la società,
leggi che non vanno confuse con quelle - immutabili nel tempo - della natura
inanimata né tantomeno con quelle del mondo biologico; bensì leggi sociali,
aventi quindi caratteristiche specifiche, in particolare il loro carattere storico e
quindi transitorio.
Riallacciandosi a Comte, Vanni ritiene che la società cominci con la storia,
con l'accumularsi di prodotti sociali, materiali e immateriali, con il costituirsi di un
fondo comune di cose da apprendere; tra queste cose massima importanza ha
il prodotto sociale per eccellenza: il linguaggio tramite il quale si accumula ed
evolve il sapere dell'umanità. Qui, ossia nella storicità, e nel carattere etico della
società, sta il confine tra l'uomo e l'animale, tra l'organico e il superorganico.
La sociologia, avendo come oggetto quanto appena detto, è intesa come
scienza suprema della società: scienza che da una parte non esclude
l'esistenza di altre scienze sociali (anzi se ne avvale), ma che non può neppure
rappresentare una denominazione con cui rinominare le stesse. La sociologia,
per Vanni, deve coordinare il lavoro delle altre scienze sociali e sintetizzarne i
risultati, intendendo con ciò non un lavoro meramente riassuntivo ma una vera
sintesi, da cui emerga la comprensione della società nel suo complesso, cosa
che riesce, inevitabilmente, impossibile alle scienze particolari.
Infine, una volta identificate le leggi sociali, queste dovranno essere
utilizzate come paradigma su cui modellare la società, in maniera da garantirne
- razionalmente - l'integrità e promuoverne il necessario sviluppo verso il
meglio.
Introduzione.
8
Come si può vedere, Vanni fu molto lontano da quella ubriacatura che
colse molti studiosi sociali in Italia tra il 1890 e il 1910, e della quale Barbano
dice:
Alludo a quelle mescolanze di sociologismo e di socialismo, di darwinismo e di marxismo,
di spencerismo, darwinismo e socialismo che, in realtà, sono stati, non già dei prodotti della
sociologia, come spesso si dice, ma di un debole, astorico e mal assimilato positivismo. ... È in
quegli anni che si entrò nella stagione del cosidetto «darwinismo sociale», nel quale, la scienza
sociale, anziché svilupparsi, definitivamente si dissolveva in ideologia, nazionalismo,
imperialismo, colonialismo, eccetera
8
;
tanto lontano che già nel 1886 - a soli trentun anni - nello studio sulle Teorie
della popolazione, dichiarava inammissibile e ascientifico il darwinismo sociale,
escludendo che lo stesso Darwin potesse servire come pretesa fonte di tali
teorie. Anche sotto altri aspetti l'opera di Vanni costituì un tentativo promettente
per la revisione critica del positivismo italiano: egli infatti condannò
l'enciclopedismo, il divorzio tra positivismo e indagine storica, il
«machiavellismo» che riduceva tutta la società al rapporto governanti-governati,
e che propendeva per una scienza della politica in luogo di una sociologia della
politica.
È per queste ragioni, e per la diffidenza e l'ostilità che certo tennero lontani
molti da studi simili, che l'opera di Vanni è per noi emblematica e meritevole di
essere ricompresa in quel percorso critico del quale affidiamo il bilancio
conclusivo alle parole di Barbano:
8
Ibidem, pp. 203-204.
Introduzione.
9
In conclusione, a proposito del percorso critico-espositivo della sociologia italiana, negli
anni fra il 1890 e il 1910, si può dire che, mentre si faceva sempre più insistente la temperie
della crisi del positivismo, e mentre gli effetti piuttosto perversi del sociologismo evoluzionistico
e trasformistico aprivano il varco, in filosofia e nella cultura in generale, al risveglio prima, e poi
alla reazione idealistica, la sociologia stava cercando abbastanza vigorosamente il suo assetto
critico. Non la filosofia avrebbe oscurato la scienza sociale e la sociologia in Italia, ma
l'idealismo fattosi anche istituzione, accademia, concorsi per cattedre universitarie eccetera
9
.
Ma passiamo ora ad esaminare direttamente l'opera di Icilio Vanni,
sperando di averne dato, nei limiti di questo lavoro e in quelli ancora più angusti
del suo autore, un ritratto verosimile. Della produzione intellettuale di Vanni, di
seguito, ricorderemo alcuni degli episodi principali, soprattutto dal punto di vista
sociologico; attraverso questi il lettore avrà maniera - o meglio così ci
auguriamo - di verificare la statura intellettuale di Vanni e la rilevanza della sua
opera.
9
Ibidem, p. 217. Non a caso, come avremo occasione di sottolineare, Vanni fu professore di
Filosofia del diritto; a tale proposito Barbano riporta un'osservazione di Gioele Solari raccolta
nel 1947: «... se le scienze sociali e la sociologia in particolare non avessero dovuto subire una
lunga fase di delegittimazione scientifica e avessero potuto avere una qualche
istituzionalizzazione universitaria «non pochi di coloro che oggi sono filosofi del diritto,
sarebbero sociologi» ».
CAPITOLO I. - Vita e opere.
1855 (20 agosto) Icilio Vanni nasce a Città della Pieve, in provincia di Perugia,
da Camillo e da Altavilla Matteucci. Il padre era segretario comunale in Città
della Pieve.
1863 La famiglia si trasferisce a Perugia, dove il padre ricoprirà il medesimo
incarico di segretario comunale. Dall'Università perugina Camillo Vanni riceverà
una laurea ad honorem.
1869 Muore il padre.
1876 (8 agosto) Vanni si laurea, a pieni voti e con dignità di stampa,
all'Università di Perugia, con la tesi Della consuetudine nei suoi rapporti col
diritto e colla legislatura, che dedica al padre.
1877-78 (Anno Accademico) Inizia ad insegnare, a Perugia, in un Istituto
Tecnico e, contemporaneamente, anche all'Università, dove viene incaricato
dell'insegnamento di Storia del diritto e Statistica.
1878 Pubblica I progressi della legislazione civile in Italia dopo la rivoluzione; si
tratta di un discorso letto all'Università di Perugia a chiusura del ciclo di lezioni
dell'Anno Accademico 1877-78.
1878 (14 dicembre) Viene nominato, dall'Università di Perugia, ordinario di
Storia del diritto.
CAPITOLO I - Vita e opere.
11
1880 Tiene una supplenza di Diritto internazionale e un corso libero di
Sociologia.
1882 (febbraio) Muore la madre. (dicembre) Vanni si sposa con Daria De
Angelis.
1884 Si rafforza l'interesse di Vanni per la sociologia; in questo anno viene
pubblicato Lo studio comparativo delle razze inferiori nella sociologia
contemporanea. Si tratta del discorso letto per l'inaugurazione degli studi
dell'Anno Accademico 1883-84. Conosce, a Perugia, il Prof. F. Filomusi-Guelfi:
questi avrà parte importante, alcuni anni più tardi, nel passaggio di Vanni
all'Università di Roma.
1885 (dicembre) Inizia la collaborazione con la «Rivista italiana di Filosofia
scientifica»: il fascicolo di dicembre include l'articolo di Vanni I giuristi della
scuola storica di Germania nella storia della sociologia e della filosofia positiva.
Questa rivista rappresentò il vero e proprio organo ufficiale del positivismo
italiano; così infatti ne parla - rifacendosi a G. Gentile - Barbano: «La «Rivista di
Filosofia scientifica», che visse per dieci anni (1881-1891) diretta da Enrico
Morselli, accoglieva il fior fiore della militanza intellettuale positivistica di quegli
anni.»
1
.
1886 Pubblica Saggi critici sulla teoria sociologica della popolazione.
1
F. BARBANO, op. cit., p. 190. Negli stessi termini si esprime Bobbio, nella Prefazione al
medesimo volume.
CAPITOLO I - Vita e opere.
12
1887 Scrive Sulla costituzione dei senati - Nota critica -, commento inserito nel
libro di V. Ansidei: Studi sulla costituzione dei Senati ed alcuni criteri per la
riforma di quello italiano.
1888 (febbraio) Pronuncia, in Perugia, un discorso commemorativo per
Giordano Bruno. (giugno) Vanni pubblica il lavoro sociologico più importante:
Prime linee di un programma critico di sociologia, dedicato a Filippo Perfetti,
che era stato suo maestro a Perugia. Questo lavoro fu presentato da Vanni,
secondo quanto riferito da Napoleone Colajanni
2
, al concorso per professore
straordinario di Filosofia del diritto all'Università di Pavia.
1889 Partecipa al concorso come professore ordinario di Filosofia del diritto
all'Università di Parma.
1889-90 (Anno Accademico) Avendo vinto entrambi i concorsi si trasferisce a
Parma. La decisione di lasciare la natia Perugia fu molto travagliata, ma il « ...
potersi finalmente dedicare alla filosofia del diritto, soddisfazione che non
avrebbe potuto ottenere a Perugia dove tale insegnamento era tenuto da molti
anni da un professore ordinario»
3
lo spinse ad accettare il trasferimento. Inizia
anche a tenere un corso domenicale di Sociologia. Viene nominato preside
della Facoltà giuridica. Da questo periodo si allontana dalla sociologia per
avvicinarsi maggiormente allo studio della filosofia del diritto.
2
N. COLAJANNI, Un sociologo ottimista: il Prof. Icilio Vanni, «Rivista di filosofia scientifica»,
(Milano-Torino), 1889, p. 17.
3
A. FALCHI, Per Icilio Vanni. Discorso commemorativo, Perugia, Un. Tip. Cooperativa, 1904, p.
9.
CAPITOLO I - Vita e opere.
13
1890 Viene dato alle stampe Il problema della filosofia del diritto ... , prelezione
letta il 15 gennaio 1890 all'Università di Parma.
1891 Il lavoro precedente viene riassunto, dall'autore, per la «Rivista di Filosofia
scientifica». Scrive inoltre delle recensioni per la «Rivista italiana per le scienze
giuridiche», rivista con la quale collaborerà a lungo.
1892 Pubblica lo studio su Sumner-Maine.
1893 Riassume, sulla «Rivista internazionale di Scienze giuridiche», il suo
studio su Sumner-Maine. Pubblica la prefazione all'opera di Spencer La
Giustizia.
1893-94 (Anno Accademico) Viene chiamato all'Università di Bologna per
tenervi il corso di Filosofia del diritto. Anche qui viene nominato preside della
Facoltà giuridica.
1894 Viene pubblicato lo studio sui rapporti tra la filosofia del diritto e le dottrine
socialiste che Vanni aveva letto, nel gennaio, come prelezione al corso di
filosofia del diritto nell'Università di Bologna.
1896 In questo anno scrive La filosofia del diritto in Germania e la ricerca
positiva; si tratta di un articolo pubblicato sulla «Rivista italiana per le scienze
giuridiche».
1899-1900 (Anno Accademico) Viene chiamato, per la medesima cattedra
tenuta a Bologna, all'Università di Roma. La sua salute pare essere già minata;
CAPITOLO I - Vita e opere.
14
Filomusi-Guelfi dirà a tal proposito: « ... non solo per il numero statistico delle
lezioni, ma anche per la coscienza con cui il Vanni le dettava, a me sembrò che
il compianto collega si mostrasse a Roma affaticato»
4
.
1900 Inizia la collaborazione di Vanni con la «Rivista italiana di Sociologia»: ciò
avviene con la pubblicazione della prelezione al corso di Filosofia del diritto
tenuta da Vanni all'Università di Roma l'11 gennaio.
1901 Pubblica La teoria della conoscenza come induzione sociologica e
l'esigenza critica del positivismo: sarà questo il secondo, e ultimo, articolo di
Vanni per la «Rivista italiana di Sociologia».
1902 Esce la stampa litografica delle Lezioni di filosofia del diritto. Non è l'unica
stampa litografica dei corsi tenuti da Vanni, ma questa ha un'importanza
particolare in quanto autorizzata dall'autore. Inoltre verrà ripubblicata, con
poche correzioni, in forma tipografica.
1903 (30 marzo) Muore. Poco prima aveva vietato la pubblicazione di opere
postume. La sua libreria è lasciata all'Università di Perugia. Nel suo necrologio
Antonio Falchi scriverà «L'uomo, o signori, è sceso nella tomba, si è riconfuso
nell'essere infinito; ma l'opera sua rimane ed il suo pensiero affluisce nel gran
fiume del pensiero umano, che corre nel tempo e s'ingrossa senza posa, che
illumina le menti e feconda la vita»
5
.
4
F. FILOMUSI-GUELFI, Icilio Vanni, necrologia, «Rivista italiana di sociologia» (Roma), 1903,
anno VII, fasc. I-II, p. 3.
5
A. FALCHI, op. cit., 1904, p. 22.
CAPITOLO I - Vita e opere.
15
1904 Vengono pubblicate, per volere della vedova, le Lezioni. Non si tratta
comunque di un'opera postuma: viene ristampato, infatti, un testo già apparso,
con il benestare di Vanni, in forma litografica. Questa edizione è curata dal Prof.
Giuseppe Brini, che era stato collega di Vanni a Bologna. Ne seguiranno quattro
edizioni, di cui l'ultima, nel 1920, curata dal Prof. Widar Cesarini Sforza. Tale
opera sarà anche tradotta in spagnolo.
1906 (aprile) Compare il primo dei due volumi dei Saggi di filosofia sociale e
giuridica, contenenti tutte le principali opere. La redazione di tale raccolta viene
curata dal Prof. Giovanni Marabelli.
1911 (febbraio) Viene pubblicato il secondo volume dell'opera sopra citata.