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INTRODUZIONE
Nell'ultimo secolo la città di Salerno non è mai riuscita a perseguire
una linea di sviluppo economico ben definita, si è passati
dall'industrializzazione immaginata da Carmine De Martino prima e
realizzata da Alfonso Menna poi, alla Salerno città turistica sbandierata a
più riprese da Vincenzo De Luca nell'ultimo ventennio.
Dal sogno sfiorato di Carmine De Martino all'edilizia selvaggia
contrastata con risultati poco felici da Alfonso Menna, che diede però
grande impulso al settore industriale, fino alla Salerno «catalana»
immaginata dall'architetto Oriol Bohigas, chiamato a redigere il piano
regolatore cittadino da Vincenzo De Luca durante i suoi primi anni di
mandato, al fine di costruire una location di stampo europeo dopo i
disastrosi anni ottanta, durante i quali Salerno era ridotta ad una specie di
paesone e nulla più.
Un progetto che ancora oggi lascia dietro di sé punti interrogativi e
molte perplessità, anche nello stesso Alfonso Menna che negli ultimi anni di
vita dichiarò di non vedere di buon occhio il progetto dell'architetto iberico.
Alcuni risultati sono stati raggiunti dal punto di vista estetico, mentre
prosegue a passo sostenuto dopo alcuni intoppi la costruzione del Crescent,
complesso disegnato da Ricardo Bofill che ha attirato diverse polemiche,
fortissimamente voluto dallo stesso De Luca, tornato in sella dopo la
parentesi della sindacatura di Mario De Biase.
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I numeri però sono impietosi: dall'ultimo dossier sulla qualità della vita
redatto dal quotidiano economico «Il Sole 24 ore» la provincia salernitana
ne esce con le ossa rotte, 95° su 107 province totali, ma la situazione
migliora nettamente se prendiamo in considerazione il reddito pro capite
cittadino, che vede la città di Salerno posizionarsi alla cinquantunesima
posizione nazionale.
Ciò nonostante l'emigrazione giovanile è fortissima, urge intraprendere
una nuova politica economica di poca apparenza e di molta sostanza, e
soprattutto una scelta precisa da parte della classe dirigente, tra il rendere
Salerno il volano turistico ideale tra il Cilento e la Costiera Amalfitana,
(risolvendo fra l'altro la vicenda ormai tragica dell'aeroporto), oppure
riportare in auge, seppur con i dovuti accorgimenti, il progetto di Alfonso
Menna, che immaginava Salerno come il polo industriale guida del
Mezzogiorno.
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CAPITOLO I
IL SOGNO DELLA «GRANDE SALERNO»
Durante la campagna elettorale del 1956, Carmine De Martino1,
all'epoca deus ex machina della DC salernitana, citò per la prima volta lo
slogan «Grande Salerno».
Uno spot elettorale che strideva in modo vistoso con la realtà, in una
città disastrata dall'alluvione di due anni prima, che doveva ricorrere
persino alle autobotti per portare l'acqua potabile in alcune zone.
Già nel 1947 il patron della SAIM si espresse così:
«La Provincia di Salerno possiede le carte in regola per potere aspirare a formare,
essa sola, una Regione. Ne ha diritto storico, tradizionale, geografico, agricolo,
produttivo, economico, demografico, culturale, archeologico, turistico, ecc.; ha una
popolazione attiva tenace, industrie, ha elementi di primissimo ordine sul piano della
possibilità; ha, forse unica in Italia, una sua propria e caratteristica autosufficienza, in tutti
i settori»2.
Carmine De Martino, nato a Salerno nel 1898, già allora politico di
1 Amministratore delegato della SAIM (Società Agricola Industriale Meridionale), società che si
occupava del business del tabacco, in particolare nella Piana del Sele, contando oltre 10.000
dipendenti, nonché poi politico di caratura nazionale.
Nel 1949 suscitò fortissime polemiche il suo progetto di controriforma agraria, che mirava ad
eliminare il principio dell'esproprio (F. MALGERI, La stagione del centrismo: Politica e società
nell'Italia del secondo dopoguerra (1945-1960),Rubettino, 2002 p. 101)
2 C. DE MARTINO, La Regione Irpino – Salernitana, estr. dall'”Annuario della II Rassegna della
Ricostruzione”, Salerno – settembre 1947, p.3.
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fama nazionale, deputato da quando aveva 32 anni, candidato come
capolista Dc alla carica di Sindaco di Salerno, credeva ormai cosa fatta la
sua elezione, arrivando a rilevare persino la allora U.S. Salernitana,
impelagata in terza serie, pur di conquistare il favore popolare, ma le
sorprese erano dietro l'angolo...
1.1 - Il programma elettorale di Carmine De Martino
Data l'espansione ad est (era di recente costruzione il quartiere
Torrione), resasi necessaria per il flusso immigratorio, il primo obiettivo del
patron della SAIM era l'annessione al Comune di Salerno di Vietri sul
Mare.
C'era inoltre in ballo la questione del nuovo porto, in costruzione da
dieci anni a spese del Comune, ma che come è noto si sviluppa nelle
vicinanze del borgo costiero, al quale il deputato guardava con interesse
anche per l'impulso notevole che poteva dare al turismo.
Bisognava inoltre attuare un piano di sviluppo cittadino per l'energia
elettrica, sia per scopi civili, sia per quelli industriali.
E proprio lo sviluppo industriale era visto da Carmine De Martino
come la panacea per il male della disoccupazione, che già allora affliggeva
la realtà salernitana.
Tuttavia il settore primario non doveva essere tralasciato, e secondo De
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Martino bisognava incrementarne le attività, oltre a valorizzare i prodotti
agricoli delle colline salernitane, ossia Giovi ed Ogliara, e a migliorare le
strutture allora vigenti dei Mercati Generali che necessitavano di
ammodernamenti importanti come la costruzione di cantine e di idonei
impianti di refrigerazione.
Inoltre gli sfollati dell'alluvione di due anni prima avevano bisogno di
una sistemazione degna di tale nome, Carmine De Martino sottolineò come
questa fosse un'occasione anche per risanare diversi rioni insalubri,
sfruttando i vantaggi provenienti dalla legge speciale approvata ad hoc per
l'alluvione salernitana, da egli fortemente voluta, dato che era membro della
Commissione Parlamentare che si dedicò alla stesura del testo di legge, che
mise a disposizione della città un miliardo di lire per la ricostruzione.
Era quindi una grande occasione per dare notevole impulso all'edilizia
media e popolare, come poi avvenne, con le conseguenze a tutti ben note...
Come già detto sopra, Carmine De Martino guardava con interesse
anche al settore turistico, l'onorevole salernitano spingeva per la
costituzione di una regolare azienda di soggiorno, al fine di dare una certa
coordinazione alle varie iniziative turistico-culturali cittadine.
Un provvedimento doveroso considerando la posizione «strategica»
della nostra città, a cavallo fra la Divina Costiera, Paestum e il misterioso
ma splendido Cilento.
Carmine De Martino voleva inoltre valorizzare la costa cittadina fino
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ed oltre Torre Angellara ( ma ciò non è mai avvenuto...), al fine di costruire
un polo turistico degno di tale nome.
Nel frattempo erano ormai iniziati da dieci anni i lavori di
adeguamento del porto commerciale, un'opera di fondamentale importanza
per la città di Salerno, storicamente fulcro di scambi commerciali.
Carmine De Martino notò un certo rallentamento dei lavori, d'altronde
occorrevano qualcosa come 7 miliardi di lire per completare il porto, ed
escogitò una soluzione tornata d'attualità nei nostri giorni.
Il deputato della Dc progettava infatti di destinare ad aree edificabili
circa 200.000 mq intorno alla spiaggia di Santa Teresa3, escamotage che
avrebbe permesso di costruire un quartiere residenziale capace di ospitare
circa 15.000 persone, questo progetto avrebbe portato denaro fresco nelle
casse comunali, per finanziare appunto il completamento del porto.
A sostegno della sua idea, Carmine De Martino dichiarò di avere anche
il consenso formale dell'allora Ministro della Marina Mercantile, l'on.
Gennaro Cassiani, e del suo parigrado delle Finanze, l'on. Giulio Andreotti.
Il deputato Dc fece presentare già il piano regolatore urbanistico per le
aree demaniali, che prevedeva il completamento del Molo di Ponente per un
altro mezzo chilometro, e la costruzione di due prolungamenti per il Molo
di Levante, per un totale di 1380 metri4.
Inoltre per non gravare sul traffico cittadino, Carmine De Martino
3 C. DE MARTINO, Programma amministrativo del quadriennio 1956-1960, Salerno, La Voce di
Salerno, 1956, p.24.
4 Ibidem, p.25.
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pensava di collegare il porto all'asse autostradale attraverso una galleria
ferroviaria.
I lettori più attenti noteranno che entrambi i progetti sono stati ripresi
per grandi linee dall'attuale primo cittadino Vincenzo De Luca, come
vedremo più dettagliatamente nelle pagine a venire.
L'alluvione del 1954 aveva messo in luce un altro grave problema della
città, ossia l'inadeguatezza del suo settore sanitario.
Carmine De Martino, che allora presiedeva anche il Consiglio
d'Amministrazione dell'ospedale cittadino, decise così nel 1956 di affidare
all'ing. Matteo Guida la progettazione del nuovo nosocomio.
L'area scelta fu quella di via San Leonardo, circa 70.000 mq, dove
attualmente sorgono gli Ospedali riuniti «S.Giovanni di Dio e Ruggi
d'Aragona»5, opera che sarà completata nel 1981.
Carmine De Martino volle un complesso capace di almeno mille posti-
letto, mossa resa possibile anche da una legge allora recente che permetteva
agli enti ospedalieri di contrarre mutui per la costruzione e l'ampliamento di
nuovi edifici.
Inutile dire che la decisione di De Martino scatenò diverse proteste, in
particolare per la lontananza del centro, ma col senno di poi questa scelta si
5 Gli Ospedali Riuniti nascono dalla fusione, avvenuta intorno agli inizi del Novecento, di due
ospedali preesistenti: il S.Giovanni di Dio, la cui prima origine risale al 1183, che fu fondato da
Matteo Daiello, ubicato nella Salerno antica, presso la Chiesa dell'Annunziata in via Porta
Catena, con la denominazione di S.Biagio; l'altro, fondato nel 1873 con i cospicui lasciti del
marchese Giovanni Ruggi d'Aragona ( Napoli 1807 - Salerno 1870 ), con sede all'imbocco di
via Mercanti in locali modesti. Il sindaco Giovanni Cuomo promosse la fusione dei due piccoli
ospedali, dando loro, nel 1923, una più ampia sede in via Michele Vernieri; da qui la
denominazione di Ospedali Riuniti.
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dimostrò oculata, considerando l'attuale congestione abitativa della città.
Vi erano però altre importanti problematiche da risolvere, come
l'adeguamento dell'impianto fognario cittadino, il potenziamento della
pubblica illuminazione, il miglioramento dei servizi di nettezza urbana,
soprattutto nei nuovi rioni che stavano per sorgere, e risolvere le notevoli
carenze igieniche (ricordiamo le tristi condizioni nelle quali versavano
alcune zone del centro storico).
Bisognava inoltre potenziare a livello produttivo la Centrale del Latte,
e costruire il nuovo gasdotto sulle colline di Giovi, grazie ai 150 milioni di
lire ottenuti dallo Stato come risarcimento per i danni di guerra e al mezzo
miliardo di lire ottenibile con la vendita del suolo dove sorgeva il vecchio
impianto6.
Il nuovo quartiere di Torrione necessitava di una disponibilità idrica
degna di tale nome, e grazie ai fondi messi a disposizione dalla Cassa per il
Mezzogiorno si sarebbe realizzato il nuovo acquedotto dell'Ausino,
eliminando così dal quartiere le autobotti.
Insomma dalle parole di Carmine De Martino si evince la gravità dello
stato cittadino, aggravato dalla sciagura dell'alluvione, una fase allora
tutt'altro che superata.
Ricordiamo inoltre che il bilancio comunale nel 1956 versava in
pessime condizioni, contando un passivo di circa 334 milioni di lire, che
6 C. DE MARTINO, Programma amministrativo del quadriennio 1956-1960, Salerno, La Voce di
Salerno, 1956, p.28.