corpus giuridico europeo finora accumulato e alla sua messa in atto
con adeguate strutture amministrative e giudiziarie.
Vengono presi in esame in questa dissertazione, nel primo capitolo,
i diritti umani, il modo in cui essi si sono affermati nell’ambito della
UE. Un rilievo particolare per quel che riguarda i concetti di
universalità e di interdipendenza dei diritti umani ed evidenziare la
matrice occidentale degli stessi così come sono intesi, non tanto per
limitarsi a prendere atto di tale situazione, bensì per tentare di stabilire
se un tale modello abbia delle caratteristiche di estendibilità che possa
valorizzare e promuovere i diritti umani e lo sviluppo in maniera
umana e sostenibile. Non si trascura di raccordare le tematiche e le
problematiche legate ai diritti umani e allo sviluppo
contestualizzandole nella discussione circa i nuovi assetti politici
derivanti dopo la fine della guerra fredda, dall’ampliamento della UE
di nuovi membri vincolati all’accettazione dei principi enunciati dalla
Convenzione europea sui diritti umani (CEDU), il cui rispetto è stato
confermato nel preambolo dell’Atto Unico del 1986 e,
successivamente, inserito nell’art. 6 del Trattato di Amsterdam. Con la
Carta di Nizza, inoltre, l’UE si dota di una raccolta di diritti
fondamentali giuridicamente vincolanti per i soggetti che l’hanno
sottoscritta. Essa sancisce diritti che non sono tutelati nell’ambito
della CEDU, che si limita alla tutela dei diritti civili e politici. La
Carta annovera i diritti sociali dei lavoratori, la protezione dei dati, la
bioetica e il diritto a una buona amministrazione.
Nel secondo capitolo si tratta dell’allargamento dell’UE a 27 membri
dopo un lungo processo di adesione che ha permesso la riunificazione
del popolo europeo, diviso per mezzo secolo dalla cortina di ferro e
dalla guerra. Nei Partenariati per l’adesione, adottati nel 1998 e
riveduti nel 1999 e nel 2002, sono stati definiti i criteri prioritari per il
Paese candidato e il sostegno specifico necessario a ciascuno di essi.
L’insieme di questi strumenti ha permesso di effettuare uno
“screening” (valutazione settore per settore) che permette di stabilire
per ciascun candidato un “vademecum orientativo” sugli atti
legislativi da adottare o modificare per rispettare l’acquis comunitario.
Come è noto, i Paesi candidati sono stati prima riconosciuti come Stati
europei (art. 49 del Trattato UE), e poi conformarsi ai principi, sopra
citati, contemplati nell’art. 6 del Trattato UE ed, infine, hanno dovuto
altresì soddisfare i criteri economici e politici noti come “criteri di
Copenaghen”.
La parte finale del capitolo riguarda la relazione esistente tra il
concetto di identità europea e l’idea tradizionale di identità nazionale.
3
L’idea di una comune identità nazionale è stata legata alla possibilità
stessa di un qualsiasi assetto democratico e poteva essere considerata
come collante per la strutturazione e la conservazione della comunità
politica, quale base decisionale su cui fondare le procedure
democratiche stesse. Ora, siccome allo stato attuale non è
rintracciabile qualcosa come una comunità politica europea, sembra
impossibile una qualsiasi legittimazione dell’autorità dell’Unione
stessa. Ciò spiega il perché di una ipotetica cultura comune europea,
in modo da poter costruire su di essa una nuova dimensione identitaria
sovranazionale.
Per poter parlare di identità sovranazionale, infatti, si deve
presupporre una chiarezza di fondo circa l’idea di identità nazionale.
Un’idea che presenta degli aspetti problematici in quanto presuppone
ed implica idee di lealtà civile, di solidarietà, di impegno collettivo,
che spesso vengono a mancare già entro i confini nazionali, e che, di
conseguenza, sembrano essere difficilmente estendibili a livello
sovranazionale.
Considero, però, i concetti di identità europea e identità nazionali
non come opposti o, comunque, inconciliabili. Infatti entro le
coordinate del pluralismo, l’identità perde il suo carattere monolitico
per sfumarsi su più livelli. Perciò, entrambe le identità sembrano
coesistere, articolandosi entro un’unica identità collettiva,
politicamente definita. Solo nella definizione di un accordo politico,
approvato da tutti i cittadini europei, l’identità europea si può
delineare nei termini di una condivisione di un progetto politico.
Il processo di adesione della Turchia all’UE, argomento sviluppato
nel terzo capitolo, è uno dei più controversi nella storia dell’Europa
unita. Motivazioni economiche, politiche, culturali e religiose hanno
reso il dibattito particolarmente aspro, dividendo in modo netto il
fronte dei favorevoli da quello dei contrari. L’adesione turca è
strettamente correlata alle condizioni poste all’avvio delle trattative.
L’adesione all’UE comporta vari passaggi istituzionali: tutti i Paesi
europei, Turchia inclusa, possono fare domanda di adesione, ma
devono impegnarsi a soddisfare i criteri di Copenaghen. Attualmente i
rimproveri più noti indirizzati alla Turchia, nonostante notevoli
progressi, sono la violazione dei diritti umani, la pratica della tortura,
l’esistenza della pena di morte, il maltrattamento delle minoranze
etniche e la questione di Cipro, l’isola divisa in due parti (il nord sotto
l’autorità dei turco-ciprioti e il sud delle autorità greco-cipriote
governative) e infinite sofferenze alla popolazione, soprattutto alle
minoranze. Aspetti secondari, come le differenze culturali e religiose,
4
pesano sulle coscienze europee come macigni ed episodi storici
nascosti nella vergogna del passato, come il genocidio armeno.
Questi motivi bloccano il processo di adesione a data da destinarsi.
Certamente gli aspetti negativi non sono irrisolvibili, la loro soluzione
è connessa all’attuazione delle riforme costituzionali auspicate da
Bruxelles. Con l’apertura dei negoziati (3 ottobre 2005) hanno
prevalso le ragioni di ritenere questo allargamento un’occasione
imperdibile. La tesi si fonda essenzialmente sulla posizione geo-
strategica della Turchia, che dovrebbe garantire maggiore efficacia
agli sforzi di politica estera compiuta dall’Unione in regioni di vitale
importanza. La Turchia, per motivi di natura geografica, culturale,
religiosa e linguistica, fa sperare in maggiori possibilità di successo. I
dati demografici ed economici del Paese non convincono tutti. A
questi timori si aggiunge quello sulla crescita economica per via dello
squilibrio fra un vasto e poverissimo settore agricolo e un settore più
moderno concentrato in poche regioni occidentali. Tutti questi fattori
dovrebbero progressivamente ridursi di importanza proprio grazie ai
negoziati con l’UE. La loro durata sarà abbastanza lunga, dai 10 ai 15
anni, da permettere delle efficaci strategie correttive.
Si tratta di un processo faticoso, ma indispensabile, soprattutto per
la sfida dell’UE a riscattarsi dall’immagine di “club cristiano” chiuso.
L’adesione della Turchia confermerebbe la natura aperta e tollerante
dell’UE, fondata su una società che trae forza dalla sua diversità ed è
mantenuta insieme dai valori comuni di libertà, democrazia, stato di
diritto e rispetto dei diritti umani.
5
Capitolo I
I diritti umani all’interno dell’Unione Europea
I.1. Evoluzione storica dell’Unione Europea; I:2. I diritti
dell’uomo nei Trattati istitutivi e il ruolo della Corte di Giustizia;
I.3. I diritti fondamentali dall’Atto Unico Europeo al Trattato di
Amsterdam; I.4. La Carta dei diritti fondamentali (Nizza 2000);
I.5. La nuova sfida dell’Europa: la Costituzione Europea.
I.1. Evoluzione storica dell’Unione Europea.
Negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, è stata
perseguita e realizzata l'idea di un processo di integrazione fra Stati e
popoli europei. Già nel settembre del 1946 in un discorso
all'Università di Zurigo, Churchill sosteneva la necessità di costruire
gli Stati Uniti d’Europa partendo da una partnership tra Francia e
Germania
1
.
Nell'immediato dopoguerra e durante l'ultima fase del conflitto, si
pensava a come impedire il riprodursi delle situazioni politiche,
economiche e militari che avevano portato l'Europa e il mondo intero
a quel disastro. L'ipotesi di un'Europa unita stabiliva un legame stretto
e definitivo tra Francia e Germania e la presa di coscienza che solo
l'unificazione poteva porre fine ai conflitti che avevano causato nel
continente europeo tante distruzioni e spargimento di sangue. Le
preoccupazioni maggiori e i problemi più urgenti riguardavano, da un
lato, l'assetto territoriale e militare dell'Europa centrale e, dall'altro, le
vicende economiche dell'industria carbosiderurgica della Ruhr e della
Saar.
Con una celebre dichiarazione del maggio 1950, il Ministro degli
Esteri francese Schuman, uno dei padri dell'Europa comunitaria
insieme a De Gasperi e Adenauer, poneva l'accento sull'esigenza di
eliminare l'opposizione tra Francia e Germania e << di porre l'insieme
della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto un'Alta
autorità comune, in un'organizzazione aperta alla partecipazione
1
Tesauro, G., Diritto Comunitario, Cedam, Padova 2003, p. 3.
6
degli altri Paesi europei>>
2
.
Schuman, infatti, era convinto che solo la realizzazione di opere
concrete, che originassero di fatto l'unione tra i diversi Paesi, potesse
determinare il superamento dell'ostacolo rappresentato dalla distanza
tra una posizione funzionalista e una federalista
3
. Pur aderendo alla
prima, anche per cercare di coinvolgere la Gran Bretagna nel disegno
associativo, Schuman lasciò intuire le grandi possibilità che il suo
piano apriva all'integrazione politica.
La proposta di Schuman fu accolta da Belgio, Germania Federale,
Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi, che insieme alla Francia,
firmarono, il 18 aprile 1951, il Trattato di Parigi, dando vita alla
Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio
4
.
Con la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio
(CECA), entrata in vigore il 25 luglio 1952, si realizzava la prima
Europa sovranazionale
5
.
Fu così che nacque l’idea di mettere in comune la produzione
franco-tedesca del carbone e dell’acciaio. Tale scelta non era dettata
solamente da una logica economica, ma anche da motivi politici,
poiché queste due materie prime costituivano l’elemento chiave
dell’industria e della potenza dei due Paesi. L’obiettivo politico di
base era quello di rafforzare la solidarietà franco-tedesca, spianare la
strada al processo di integrazione europea, ricostruire l’economia del
continente europeo, allontanare lo spettro della guerra e garantire una
pace durevole.
Il trattato CECA era circoscritto alle industrie del carbone e
dell’acciaio e prevede l’instaurazione di un mercato interno solamente
2
Tesauro, op. cit., p. 4.
3
La posizione funzionalista privilegiava la collaborazione economica e militare,
soprattutto in funzione antisovietica; quella federalista, invece, optava per la
creazione immediata di istituzioni europee con poteri sovrani.
4
All’accordo erano interessati gli Stati del Benelux perché produttori di
carbone e di acciaio, confinanti con Francia e Germania e, quindi, favorevoli
alla risoluzione dei conflitti tra questi due Paesi. La situazione dell’Italia era
diversa. La nazione non primeggiava nella produzione di queste materie, è
geograficamente più distante dalle zone interessate dall’accordo e confina
soltanto con la Francia. Comunque, De Gasperi riteneva la CECA un ottimo
sbocco per rinvigorire la disastrosa economia italiana e reinserire l’Italia nelle
situazioni politiche ed economiche internazionali.
5
Per la prima volta, i sei Stati membri di tale organizzazione rinunciavano a
una parte della loro sovranità a favore della Comunità. Questo primo sforzo
d’integrazione rivela presto i suoi limiti, fallendo nel 1954 il progetto di una
Comunità europea di difesa (CED). Il Trattato, fondato sull’idea di una forza
armata europea collegata ad una struttura istituzionale unitaria, fu firmato a
Parigi il 27 maggio 1952, ma non entrò mai in vigore, in quanto non ebbe il
consenso del parlamento francese. Cfr. Tesauro, op. cit. p. 5.
7
per la circolazione delle merci, da realizzarsi attraverso l’abbattimento
delle barriere economiche fra gli Stati, ma non contempla la creazione
di una tariffa doganale esterna.
La struttura istituzionale della CECA era composta da:
- un’Alta Autorità, organo esecutivo, composto da nove membri in
carica per sei anni, dotato di ampia indipendenza deliberativa rispetto
ai Paesi membri e con ampi poteri decisionali nei diretti confronti
delle imprese del settore per questo considerato ente sopranazionale. Il
primo Presidente dell’Alta Autorità fu Jean Monnet;
- un Consiglio dei Ministri, composto dai rappresentanti degli Stati
membri e con competenze sostanzialmente di controllo;
- un’Assemblea comune, con membri designati dai Parlamenti e dotata
di poteri di controllo;
- la Corte di Giustizia, composta da sette giudici nominati dagli Stati
membri.
Un ulteriore passo avanti verso l’integrazione europea veniva
compiuto quando il 25 marzo 1957 venivano firmati a Roma i celebri
"Trattati di Roma". Il primo istituiva una Comunità Economica
Europea (CEE), il secondo invece una Comunità Europea dell'energia
atomica, meglio conosciuta come EURATOM. Le ratifiche da parte
degli ordinamenti nazionali non posero problemi e il 14 gennaio 1958
i due trattati entrarono in vigore.
Sorto nel 1957, al fine di contribuire allo sviluppo dell'impiego
pacifico dell'energia atomica, l'EURATOM aveva stabilito un vero e
proprio mercato comune dei materiali nucleari, grazie al
funzionamento di un proprio centro di ricerche e di quattro attrezzati
stabilimenti di ricerca nucleare installati a Ispra, Karlsruhe, Mol e
Petten
6
.
Il trattato mira alla formazione e allo sviluppo delle industrie
nucleari europee, consente di trarre beneficio dallo sviluppo
dell’energia atomica e controlla la sicurezza dell’approvvigionamento.
Il trattato garantisce un livello di sicurezza elevato per la popolazione
assicurando che le materie nucleari destinate a finalità civili non
vengano utilizzate per fini militari. L’EURATOM, quindi, ha
competenze soltanto nel settore dell’energia nucleare civile e pacifica.
Potendo disporre di circa 900 milioni di U.C.
7
nel corso dei primi tre
piani quinquennali, aveva portato a termine tutta una serie di
6
Monti, S., L’Europa degli Organismi Comunitari, Loffredo Editore, Napoli,
1974 p. 51.
7
U. C. (unità di conto) che corrispondeva nel 1971 a 625 lire. Monti, S., op.
cit. p. 51.
8
interessanti ricerche ed era riuscita sia a facilitare notevolmente la
costruzione di nuove centrali nucleari a carattere comunitario, sia ad
incentivare non poco la formazione professionale, attraverso la
stipulazione di numerosi contratti di ricerca con i vari centri nazionali
e di un accordo di cooperazione con gli Stati Uniti, che consente di
realizzare un programma comune in materia di produzione di energia
nucleare e di ricerche.
Con l'istituzione della CEE e la creazione del mercato comune si
volevano raggiungere due obiettivi. Il primo consisteva nella
trasformazione delle condizioni economiche degli scambi e della
produzione nella Comunità. Il secondo, più politico, vedeva nella CEE
un contributo alla costruzione funzionale dell'Europa politica e un
passo verso un'unificazione più ampia dell'Europa.
Nel preambolo, i firmatari del Trattato dichiararono di:
- essere determinati a porre le fondamenta di un'unione sempre più
stretta fra i popoli europei;
- essere decisi ad assicurare mediante un'azione comune il progresso
economico e sociale dei loro Paesi, eliminando le barriere che
dividono l'Europa;
- avere per scopo essenziale il miglioramento costante delle condizioni
di vita e di occupazione dei loro popoli;
- riconoscere che l'eliminazione degli ostacoli esistenti impone
un'azione concertata intesa a garantire la stabilità nell'espansione,
l'equilibrio negli scambi e la lealtà nella concorrenza;
- essere solleciti nel rafforzare l'unità delle loro economie e di
assicurarne lo sviluppo armonioso riducendo le disparità fra le
differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite;
- essere desiderosi di contribuire, grazie a una politica commerciale
comune, alla soppressione progressiva delle restrizioni agli scambi
internazionali;
- voler confermare la solidarietà che lega l'Europa ai Paesi d'oltremare
e assicurare lo sviluppo della loro prosperità conformemente ai
principi dello statuto delle Nazioni Unite;
- essere risoluti a rafforzare le difese della pace e della libertà e a fare
appello agli altri popoli d'Europa, animati dallo stesso ideale, perché si
associno al loro sforzo.
Per conseguire questi obiettivi venivano previste tre linee d’azione:
- l’unione doganale mediante l’eliminazione progressiva tra gli Stati
membri dei dazi doganali, l’istituzione di una tariffa doganale unica e
l’avvio di una politica commerciale comune verso i Paesi terzi;
- l’unione economica mediante la libera circolazione dei cittadini, dei
9
servizi e dei capitali, l’instaurazione di politiche comuni nei settori
agricolo e dei trasporti, l’armonizzazione delle politiche economiche;
- la creazione di nuove risorse mediante la valorizzazione delle regioni
sottosviluppate e delle forze di lavoro inutilizzate
8
.
Il Trattato CE ha assegnato alla Comunità il compito di instaurare
un mercato comune (art. 2), cioè uno spazio economico dove le merci,
le persone, i servizi e i capitali possono circolare liberamente in un
regime concorrenziale unico. Il suo nucleo, disciplinato nel primo
capitolo (art. 12-29) della parte I del trattato CE, è una unione
doganale <<che si estende al complesso degli scambi di merci>>,
perciò anche alle merci provenienti dai Paesi non membri, che si
trovano in libera pratica negli Stati membri, e che comporta il divieto
<<fra gli Stati membri, dei dazi doganali all’importazione e
all’esportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure
l’adozione di una tariffa doganale comune nei loro rapporti con i Paesi
terzi>> (art. 9 comma I). L’unione doganale include anche il principio
del libero transito delle merci attraverso il territorio di uno Stato
membro
9
. L’abbattimento delle barriere doganali viene completato dal
divieto di altre limitazioni imposte dalle autorità nazionali al traffico
interno delle merci, come le restrizioni quantitative e le misure di
effetto equivalente (i cosiddetti ostacoli commerciali non tariffari)
degli artt. 30-36 trattato CE, le imposizioni interne discriminatorie
degli artt. 95 e ss. e le pratiche discriminatorie dei monopoli nazionali
dell’art. 37. Nei rapporti con i Paesi terzi, la tariffa doganale comune
viene completata dalle disposizioni relative alla politica commerciale
8
Mammarella, G., Cacace, P., Storia E Politica Dell’Unione Europea, Laterza,
Roma-Bari, pp 88-89.
9
Il concetto di <<unione doganale>> deve essere distinto da quello di
<<zona di libero scambio>>. Si tratta di un’area dove la circolazione interna
delle merci è stata liberalizzata, ma nei rapporti con i Paesi terzi continuano
ad essere applicate delle tariffe doganali differenziate. L’unione doganale,
creata sulla base del Trattato CE, non è in contraddizione con la clausola della
nazione più favorita contenuta nel GATT, in base alla quale ogni facilitazione
doganale, concessa a un Paese membro, deve essere estesa, in linea di
principio, a tutti gli altri Paesi membri del GATT. Infatti, l’art. XXIV del GATT,
a determinate condizioni che il Trattato CE adempie, esonera le unioni
doganali dall’osservare la clausola della nazione più favorita. Con la creazione
dell’OMC, le Comunità europee sono state considerate come membri originari
della nuova organizzazione. Invece, nelle zone di libero scambio necessario
applicare delle complicate regole di origine, le quali permettono di distinguere
le merci che provengono dai Paesi membri da quelle dei Paesi non membri,
quando arrivano alla dogana; queste sono le regole previste nell’art. 5 della
Convenzione per la creazione dell’Associazione europea di libero scambio
(EFTA). Cfr. Beutler, B., Bieber, R., Pipkorn, J., Streil, J. Weiler, J.,H.,H.,
L’Unione Europea. Istituzioni, ordinamento e politiche, il Mulino, Bologna,
1998, p. 355.
10
comune degli artt. 110-111 che consentono agli Stati membri di
unificare le loro politiche nei confronti dei Paesi terzi sul piano dei
contingentamenti.
Accanto alle merci, il Trattato persegue l’abolizione degli ostacoli
alla libera circolazione dei lavoratori, dei servizi e dei capitali. Le
quattro libertà disciplinate dagli artt. 48-73 H trattato CE riguardano
forme di scambio economico fra gli Stati, il cui regolare
funzionamento costituisce, insieme alla libera circolazione delle
merci, la premessa indispensabile per istituire quello spazio
economico unico ambito dal trattato CE. Si tratta, nello specifico,
della libera circolazione dei lavoratori (artt. 48-51); la libertà di
stabilimento (artt. 52-58); la libera prestazione dei servizi (artt. 59-
66); e la libera circolazione dei capitali (artt. 67-73 H).
Il Trattato comprendeva inoltre quattro allegati, relativi a talune
posizioni tariffarie, ai prodotti agricoli, alle transazioni invisibili e ai
Paesi e territori d'oltremare.
Al Trattato erano altresì acclusi dodici protocolli. Il primo
concerneva lo statuto della Banca Europea per gli Investimenti (BEI),
gli altri invece riguardavano vari problemi legati specificatamente a
un Paese (Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) o a
un prodotto quale gli oli minerali, le banane e il caffè verde.
Infine, all'atto finale erano state allegate nove dichiarazioni
10
.
La risposta ai motivi dell’esistenza di una politica regionale al
livello comunitario può essere rintracciata direttamente nel Trattato di
Roma, sia nel Preambolo, dove si sostiene che gli Stati membri sono
<<ansiosi di rafforzare la coesione delle loro economie e di assicurare
il loro sviluppo armonioso attraverso la riduzione delle differenze
esistenti tra le varie regioni e dell’arretratezza di quelle meno
favorite>>, che nell’art. 158 che stabilisce che <<la Comunità mira
alla riduzione delle disparità tra i livelli di sviluppo delle varie
regioni>>. Una politica espressamente rivolta ai livelli sub-statali è
stata gradualmente introdotta nel quadro delle attività della Comunità
formalmente per il rafforzamento della <<coesione economica e
sociale>>, concetto vago e obiettivo squisitamente politico che viene
inteso come il raggiungimento del livello al quale la disparità di
benessere economico e sociale tra le varie regioni siano politicamente
e socialmente tollerabili. Nel corso della sua storia, la Comunità si è
dotata di strumenti finanziari e operativi per realizzare gli ambiziosi
10
www.europa.eu
11
obiettivi legati alla riduzione delle asimmetrie e delle disparità
11
.
I.2. I diritti dell’uomo nei Trattati istitutivi e il ruolo della Corte
di Giustizia
A partire dall’immediato secondo dopoguerra, si sono affermate,
sul piano del diritto internazionale, numerose convenzioni
internazionali
12
sulla tutela dei diritti fondamentali della persona che li
elencano e li definiscono proponendosi di assicurare un minimo di
garanzia per l’individuo nei confronti dello Stato al cui potere è
soggetto.
Questi atti internazionali rappresentano un arricchimento dei
tradizionali cataloghi dei diritti di libertà. Infatti, al riferimento ai
classici diritti di libertà (libertà personale, di domicilio, di
corrispondenza, di circolazione e soggiorno, di opinione, religiosa, di
riunione, di associazione, di voto), si accompagna la previsione della
tutela di altre posizioni soggettive, le quali si possono riassumere nella
categoria dei diritti sociali (diritto alla vita, a formarsi una famiglia, al
lavoro, ad una retribuzione equa, alla sicurezza sociale, alla salute,
11
Per eliminare i disequilibri strutturali nei diversi settori dell’economia,
l’azione della Comunità, in base agli artt. 130° e 130C del Trattato, tende a
contribuire, attraverso fondi strutturali, la BEI e strumenti finanziari, al
conseguimento dei seguenti obiettivi prioritari:
- promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni il cui
sviluppo è in ritardo (in seguito denominato “obiettivo n.1”);
- riconvertire le regioni, regioni frontaliere o parti di regioni (compresi i bacini
d’occupazione e le comunità urbane) gravemente colpite dal declino
industriale (poi denominato “obiettivo n. 2”);
- lottare contro la disoccupazione di lunga durata (poi denominato “obiettivo
n. 3”);
- facilitare l’inserimento professionale dei giovani (poi denominato “obiettivo
n. 4”);
- istituire prospettive di riforma della dottrina agricola comune.
www.europa.eu
12
Ne è una prima chiara testimonianza la Carta delle Nazioni Unite del 1945,
che, nell’enunciare le finalità generali dell’ONU, allude espressamente al
mantenimento della pace mondiale e alla tutela dei diritti dell’uomo, nonché
all’impegno a risolvere i problemi di natura economica, sociale e culturale dei
popoli. E’ su questa base che tre anni più tardi, nel dicembre del 1948, verrà
approvata dall’Assemblea generale dell’ONU, sotto forma di risoluzione, la
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il cui contenuto ha trovato poi
ulteriori specificazioni, sempre ad opera dell’ONU, nel Patto internazionale sui
diritti economici, sociali e culturali e nel Patto internazionale sui diritti civili e
politici del 1966. Cfr. Caretti, P., La Tutela Internazionale Dei Diritti
Fondamentali in “I Diritti Fondamentali, Libertà e Diritti Sociali”. Giappichelli
Editore, Torino, 2002, pp. 439-440.
12
all’istruzione, a partecipare alla vita culturale). Questi diritti
cominciano ad apparire anche nel testo delle Costituzioni europee del
secondo dopoguerra, ispirate al modello della forma di Stato sociale.
Inoltre, tali atti, quanto alla loro effettiva applicazione fanno
affidamento, come tutti i trattati internazionali, sull’azione degli Stati
che li hanno sottoscritti e ratificati, secondo le regole che, nei singoli
ordinamenti, disciplinano i rapporti tra diritto interno e diritto
internazionale pattizio.
Talvolta, per renderli più efficaci, è previsto un sistema di controllo
internazionale accessibile alla persona che ne lamenta la violazione. Si
tratta tuttavia di un controllo che tende esclusivamente ad accertare la
violazione della convenzione invocata, senza sconfinare nel diritto
interno dello Stato. Un controllo, pertanto, avente un effetto limitato
all’ordinamento internazionale e senza alcuna conseguenza sulla
validità delle norme dello Stato oggetto di censura.
Ciò che manca in questi trattati è, dunque, la predisposizione di un
meccanismo autonomo di tutela, azionabile dai singoli o dai gruppi,
che faccia capo ad istituzioni di garanzia di livello sovranazionale.
Accanto a questo primo tipo di atti internazionali volti alla tutela
dei diritti di libertà, ne esistono altri che, a differenza dei primi,
presentano come novità principale proprio quella di corredare la
previsione di appositi cataloghi di diritti con l’espressa previsione di
un autonomo meccanismo di garanzia in ordine al loro effettivo
rispetto da parte degli Stati che li hanno sottoscritti.
In quest’ambito si inscrivono la Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
(CEDU), sottoscritta a Roma nel 1950 dagli Stati membri del
Consiglio d’Europa ed entrata in vigore nel 1953, e i successivi
Protocolli addizionali di Parigi, di Strasburgo e di Vienna, nonché il
Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea del 1957
(successivamente modificato dal Trattato di Bruxelles del 1965,
dall’Atto Unico Europeo del 1986, dal Trattato sull’Unione Europea
di Maastricht del 1992, dal Trattato di Amsterdam del 1988 e, da
ultimo, dal Trattato di Nizza del 2000), che costituiscono una sorta di
“Magna Charta” a livello europeo dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali.
I Trattati istitutivi della Comunità Europea non contengono alcun
catalogo dei diritti fondamentali, ad eccezione di quei diritti ritenuti
strettamente funzionali al perseguimento delle finalità economiche che
ne erano il fondamento (realizzazione di un mercato unico europeo):
13