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-------------------- INTRODUZIONE --------------------
Ogni giorno siamo bombardati da decine, o forse addirittura centinaia, di
messaggi pubblicitari: spot televisivi, cartelloni, affissioni stradali, giornali,
banner su internet, vetrine dei negozi. Siamo colpiti da tutte le direzioni,
incessantemente, da brand, marchi ed informazioni relative a prodotti
nuovi e non.
E’ vero, siamo tutti consumatori, chi piø chi meno, e tutti riceviamo
centinaia di informazioni pubblicitarie quotidianamente. Ma, detto tra noi,
cosa ci resta in testa? Cosa ricordiamo di tutto ciò che vediamo e
sentiamo? Cos’è che ci attrae verso alcuni brand mentre non riusciamo
nemmeno a ricordare il nome di altri? Siamo inseriti in un enorme oceano
di messaggi culturali che vengono recepiti dai nostri neuroni. Tuttavia non
capiamo il modo in cui essi possano arrivare al controllo dei nostri
comportamenti.
Proviamo, però, a vestire anche i panni di un responsabile marketing. Il
suo sogno ricorrente? Ovviamente riuscire a prevedere con precisione il
comportamento dei tanti consumatori di fronte ad un nuovo prodotto, ad
una nuova campagna pubblicitaria. Anche il responsabile si pone diverse
domande. La piø importante di queste è sapere se il nuovo spot, o la
nuova pubblicità, possiede le caratteristiche giuste per funzionare, cioè
per entrare nella mente del consumatore, senza essere dimenticata.
L’obiettivo del responsabile marketing è, quindi, quello di far vendere i
prodotti dell’azienda, possibilmente senza commettere errori, e con una
dispersione minima di risorse, il che permetterebbe di avere un notevole
vantaggio competitivo sui concorrenti.
La chiave di risposta alle domande sia del consumatore, sia del
responsabile marketing, risiede nel cervello umano e nella sua fisiologia.
Ecco, allora, che l’interesse di entrambe le figure è quello di conoscere il
funzionamento del cervello umano e di riuscire a capire ciò che permette
di scegliere un prodotto piuttosto che un altro.
Nel 2002, il Professore di Analisi di mercato della Rotterdam School of
Management, Ale Smidts, ha coniato il termine Neuromarketing. Il
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Neuromarketing offre risorse preziose ed utili ad indagare il mercato, la
segmentazione, il posizionamento, il prezzo, i canali di comunicazione, in
definitiva, le strategie di successo dei prodotti (focalizzandosi sul marchio,
sul packaging e sul design). Tali risorse si basano sulla conoscenza dei
processi cerebrali legati alla percezione sensoriale, all’elaborazione delle
informazioni, all’attenzione, alla memoria, alle emozioni,
all’apprendimento, alla razionalità. In poche parole, al processo
decisionale del consumatore.
Lo scopo di questo lavoro è quello di conoscere ed esplorare il mondo nel
Neuromarketing, partendo dalle basi ed arrivando ad esempi concreti di
applicazione, in particolar modo nel settore dell’ Automotive. Al fine di
toccare le tappe principali del nostro “viaggio alla scoperta del
Neuromarketing”, ho deciso di strutturare tale lavoro in capitoli che
descrivono macro argomenti.
Il capitolo 1 tratta le emozioni, le quali sono alla base della vita dell’uomo;
come queste influiscano sulle scelte di prodotto e la loro importanza
all’interno delle neuroscienze.
Il capitolo 2 è incentrato sulla figura del consumatore ed il relativo
comportamento. Il taglio dato a questo capitolo è prettamente sociologico
e psicologico. Ho evidenziato i diversi approcci alla teoria del consumer
behaviour, da quello cognitivista a quello behaviorista, sino alla moderna
cultura di consumo. PoichØ alla base della scelta di consumo c’è la
soddisfazione di un desiderio o bisogno, ho riservato un paragrafo per la
trattazione delle teorie e classificazioni dei bisogni.
Il capitolo 3 parla delle neuroscienze e di come queste si stiano
sviluppando grazie alla medicina, permettendo così lo sviluppo del
Neuromarketing. Il taglio dato a questo capitolo è di carattere medico
scientifico poichØ, oltre ad illustrare il processo decisionale del
consumatore, mi soffermo sull’anatomia e la fisiologia del cervello umano,
sulle tecniche e gli strumenti medici utilizzati dal Neuromarketing.
Il capitolo 4 rappresenta un po’ il cuore del mio lavoro. E’ incentrato
esclusivamente sul Neuromarketing, considerando i principi, gli obiettivi e
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gli strumenti relativi a questa disciplina. Un paragrafo è dedicato alle
critiche che sono attualmente rivolte al Neuromarketing. Sottolineo anche
il ruolo e la considerazione relativa a tale disciplina, soprattutto nello
scenario italiano, grazie ad alcune indagini condotte da esperti del settore.
Nel capitolo 5 descrivo la realtà di 1to1lab e l’esperienza che ho vissuto
collaborando con esso. Gran parte del capitolo è costituito da una mia
analisi in merito ad alcuni spot televisivi relativi al settore dell’automotive.
L’analisi è stata possibile grazie agli studi di Neuromarketing condotti
tramite l’EEG Biofeedback e l’Eye Tracking. Mi sono focalizzata sia
sull’analisi di brand italiano, sia su quella di brand esteri.
Infine, nel capitolo 6, ho deciso di illustrare uno studio esemplificativo delle
tecniche del Neuromarketing, che è stato condotto in Spagna, grazie alla
collaborazione tra la Gfk Emer e la Volkswagen.
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-------------------- CAPITOLO 1 --------------------
LE EMOZIONI
Il linguaggio delle emozioni pervade la cultura, il mondo della politica, i
luoghi di lavoro, le scuole, le università, i siti dello shopping, del consumo
e del tempo libero.
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La vita di tutti i giorni. Ed ecco che la sfera emozionale
diventa un’importante strategia per tutte le aziende che vogliono arrivare
alle persone, ai consumatori. Data l’importanza e la presenza delle
emozioni nella vita delle persone, le imprese di marca hanno iniziato a
servirsi delle emozioni per arrivare ai consumatori. Le aziende
comunicano con i clienti acquisiti e quelli potenziali, ed il messaggio è
espresso quasi sempre con toni gradevoli e rassicuranti. I prodotti delle
imprese di marca in particolare, sono diretti alle persone belle, sane, che
desiderano vivere meglio e che sono alla ricerca di stile e bellezza. Le
persone apprezzano molto il modo rassicurante mediante il quale le
aziende trasmettono il proprio messaggio. La pubblicità, attraverso la
promozione dei valori delle marche, è l’espressione del mondo della
continuità, mentre il prodotto resta nell’ombra: tanto piø la marca evoca un
mondo di valori e di emozioni tanto meno il prodotto riesce a comunicare
ciò che è, di che cosa è fatto, a che cosa serve realmente.
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Le aziende, i
media e i retailer, al fine di soddisfare la domanda emotiva inespressa dei
consumatori, agiscono su quattro fattori principali: informazioni di prodotto
piø trasparenti e “vere”, contenuti della pubblicità piø ricchi di senso e
meno di affetto, maggiore “ascolto” dei consumatori a livello emozionale,
maggiori verifiche da parte dei media e piø elevata referenzialità. Al giorno
d’oggi, data l’ampia scelta di prodotti per ogni categoria merceologica, non
è piø il prodotto ad essere venduto e diventa fondamentale il ruolo del
brand. In altre parole, ciò che è essenziale è il rapporto che si viene ad
instaurare tra la marca ed il consumatore, un rapporto fondato sulle
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Furedi F. Il nuovo conformismo. Milano: Feltrinelli, 2005
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Gallucci F. Marketing emozionale e neuroscienze. Milano: Egea, 2011
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emozioni e sui valori che il brand comunica. L’obiettivo che oggi il
marketing si pone è quello di indagare, non piø solo sul comportamento
del consumatore, ma sulla sua mente, sulla sua soggettività, sui suoi
desideri, sulle sue emozioni e percezioni, in rapporto ad un prodotto o ad
una comunicazione, al fine di capire meglio i suoi bisogni e quindi
soddisfarli.
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1.1 Origini
Qual è il significato della parola “emozione”? Il dibattito è aperto, non
esiste una definizione esatta, in tanti hanno cercato di dare un significato a
questo termine, ma l’unico punto di arrivo comune, di filosofi e ricercatori,
è il dire che si tratta di un concetto non semplice da inquadrare. Se
potessimo viaggiare nel tempo e giungere nel XVII e XVIII secolo,
sfogliando i dizionari europei di quell’epoca, leggeremmo una definizione
diversa rispetto a quella odierna. In quel periodo, infatti, al termine
“emozione” era associato il verbo latino emovere, muoversi da. Nei
vocabolari italiani, la parola “emozione” si inizia a trovare a partire dal
Settecento, in riferimento al termine francese Ømotion, derivante a sua
volta dalla parola latina emotio, smuovere, commuovere. E’ da notare, che
il termine francese era utilizzato come un verbo di movimento fisico e,
nello specifico, in riferimento alle sommosse e alle agitazioni popolari.
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Dalla lettura di queste prime righe, si comprende subito che è complicato
trovare una definizione che metta tutti d’accordo: si sta parlando, infatti, di
un termine entrato recentemente nell’uso corrente del nostro linguaggio e
che deve ancora trovare una determinata stabilità del proprio significato.
Al giorno d’oggi si sente spesso citare la parola emozione, in particolare
nell’ambito della comunicazione e in quello del marketing, ma anche nella
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Gallucci F. Marketing emozionale. Milano: Egea, 2006
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Anche il verbo émouvoir per qualche secolo ha associato al termine “emozione” un
concetto a forti tinte che richiamava l’azione del movimento, turbamento ed agitazione.
Su una direttrice diversa, ma sempre connesso al movimento, ha assunto poi un altro
significato: l’agitarsi dell’animo e dei sentimenti, che è proprio il senso complessivo
attribuito al termine ai nostri giorni anche in italiano.
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vita di tutti i giorni, eppure sino agli inizi del Novecento, questo termine è
stato censurato dai puristi della lingua. Come mai la parola è rimasta
nell’aria per molti secoli senza entrare nell’uso? Probabilmente perchØ
aveva significati troppo forti, non adatti a rappresentare nØ i movimenti
dell’anima (leggeri e di natura angelica) nØ i sentimenti piø comuni (riferiti
a cose sicuramente belle e corpose, ma non ancora associate ai moti
dell’animo).
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Se si avesse tra le mani un dizionario della lingua italiana
risalente al 1872, accanto al termine emozione troveremmo la seguente
definizione “Commozione, specialmente di leggera entità”
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Qualche
decennio piø tardi, sfogliando il dizionario classico del Tommaseo del
1935, si può invece leggere una definizione differente: “Emozione, si dice,
ma non bene, per moto, movimento, commozione e piø specialmente in
senso morale. Impressione viva, affezione, tenerezza, turbamento”.
Nell’epoca fascista la parola emozione sembra essere ancora un tabø,
sebbene alcuni giornalisti coraggiosi la utilizzassero al fine di narrare
situazioni non diversamente descrivibili, ma si trattava di casi sporadici.
Dalla radio alla pubblicità, la parola emozione era totalmente assente. Una
ventina di anni piø tardi, prendendo in mano il vocabolario Mestica, la
definizione che si legge è molto distaccata: “voce presa in prestito dai
francesi. Chi vuol parlare e scrivere italianamente non usi ‘emozione’ e
tanto meno ‘emozionante’ per commovente”. Quando allora la parola
emozione si stabilizza nella lingua italiana? Alla fine degli Anni Settanta, in
concomitanza con l’affermarsi dei cicli di attività in cui si provano delle
emozioni. Attività rappresentante dai primi grandi raduni rock, dalle auto
sempre piø veloci, dai prodotti di design e dal made in Italy e dall’alta
moda. Da quegli anni di grande cambiamento l’emozione comincia ad
estendere il proprio campo di significato fino ad invaderne altri contigui e
lontani. La vera diffusione di massa del concetto inizia solo con
l’associazione degli stati emotivi alle cose della vita quotidiana. Un ruolo
decisivo in tale processo è svolto dalla musica, la quale contribuisce a
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Gallucci F. Marketing emozionale e neuroscienze. Milano: Egea, 2011
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Amore P.L.; Delu A. Rimario universale della lingua italiana, scientifico, storico, letterario,
geografico, mitologico biografico. Arcireale, 1892
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dare alla dimensione emotiva una connotazione giovanile e a renderla di
fatto una delle componenti della nouvelle vague che negli Anni Sessanta e
Settanta promuovevano in associazione a slogan, quali “l’immaginazione
al potere” o “la creatività dal basso”.
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1.2 Cosa sono
Spiegare e definire cosa siano le emozioni è complicato. Esse
costituiscono un insieme di interazioni che influiscono ed interagiscono su
molti livelli della percezione umana, contribuendo a dare un certo valore
alle esperienze che si vivono. Spesso si parla di emozioni per descrivere
lo stato d’animo in cui ci troviamo o per spiegare l’effetto prodotto in noi da
un bel panorama.
Il mondo emotivo pervade i nostri pensieri e i nostri discorsi in relazione ai
sentimenti nel momento in cui ci sono modificazioni della tonalità emotiva
durevoli e di intensità spesso moderata; alle emozioni nel senso piø stretto
del termine se le modificazioni della tonalità emotiva sono repentine,
transitorie e di intensità rilevante; al temperamento al fine di descrivere
uno stato duraturo; all’umore quando si desidera descrivere una tonalità
emotiva di base della persona. Ad ogni modo, le emozioni si attivano
come reazione a specifici stimoli o situazioni e si manifestano come
sistemi coordinati che comprendono:
i. risposte comportamentali
ii. risonanze affettive
iii. risonanze cognitive
iv. valutazione degli stimoli
v. mutamenti fisiologici
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Con la canzone Emozioni, emblema di quegli anni, Lucio Battisti svolse certamente un
ruolo importante quale innovatore non solo nella musica ma anche nel linguaggio.
Gallucci F. Marketing emozionale e neuroscienze. Milano: Egea, 2011
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Riferendosi alla natura fisiologica, le emozioni possono essere definite
come la catena di eventi che si innescano tra uno stimolo scatenante
(input) e l’esecuzione del comportamento elaborato come risposta
(output).
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L’emozione si manifesta attraverso tre principali livelli di risposta:
1. Psicologico: espressione verbale dell’esperienza emozionale;
quando per esempio si esprime un giudizio personale su un’opera
d’arte o su un film (“Mi è piaciuto molto, soprattutto quando..”)
2. Comportamentale: azione che si manifesta nel comportamento;
quando per esempio ci si avvicina a qualcuno o lo si evita di
proposito, quando ci si esprime mediante la postura o le
espressioni del viso
3. Cambiamenti funzionali: modificazioni fisiologiche, come ad
esempio le alterazioni della frequenza cardiaca, della pressione
arteriosa, della sudorazione, del ritmo respiratorio o del colore del
viso
Tutti i livelli sono interconnessi gli uni con gli altri e nessuno di essi prevale
sull’altro; nonostante siano indipendenti (parzialmente) interagiscono tra di
essi.
1.3 Quante sono
Esistono diverse classificazioni delle emozioni e variano a seconda della
prospettiva che l’autore ha deciso di adottare. In riferimento, per esempio,
alla prospettiva di tipo strutturalista, che evidenzia la natura categoriale
delle emozioni, l’esponente di maggior rilievo è sicuramente Robert
Plutchik.
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Egli individua otto emozioni primarie, innate ed universali, che
combinate insieme originano le emozioni secondarie, complesse e non
universali.
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Gallucci F. Marketing emozionale e neuroscienze. Milano: Egea, 2011
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Professore emerito e noto studioso delle emozioni