Tale”, si dubita della sua reale competenza - ed in queste vesti pubblicò “Euclid and
his Modern Rivals” (1879); tuttavia la sua fama immortale è data dalla sua opera più
famosa, considerata un capolavoro letterario, “Alice’s Adventures in Wonderland”
(1865), e dal suo seguito, “Through the Looking Glass” (1871), anche se non mancano
altre pubblicazioni degne di nota, in uno stile altrettanto fantastico, ricco di nonsense e
giochi di parole: il racconto in versi “The Hunting of the Snark” (dove Snark è la
fusione delle parole Snake - serpente - e Shark - squalo -, secondo l’invenzione
linguistica - da lui creata in Through the Looking Glass - delle cosiddette parole
portmanteau
1
), 1876; “Symbolic Logic” (1896) - libretto attraverso cui intendeva
sviluppare la logica dei bimbi, divertendoli allo stesso tempo -; il già citato “A Tangled
Tale”, storia fantastica che apparve inizialmente a puntate su “The Monthly Packet” a
partire dal 1880 e venendo poi pubblicata nel 1885, caratterizzata da 10 nodi (logico-
matematici) da sciogliere e - ancora una volta - da personaggi bislacchi e abbondanza
di nonsense - che tuttavia non raggiungono la densità fantastica di Alice -; “Sylvie and
Bruno” (1889), lungo romanzo fantastico che merita particolare attenzione in quanto
lascia trasparire un forte mutamento nella mentalità del giocoso Carroll, infatti - a
parte alcune brevi parti nonsensical - l’autore propina ai propri lettori una lunga serie
di lezioni morali (volutamente rifuggite - e addirittura parodiate - in Alice) cercando
probabilmente di rendere questo romanzo una sorta di atto riparatore rispetto ai
precedenti, di stile decisamente poco conforme alla pedagogia di stampo vittoriano
2
.
1
Una portmanteau word (parola-macedonia) è il risultato della riduzione di una sequenza di parole in un’unica parola
che conserva soltanto la parte iniziale della prima parola e quella finale dell’ultima - “SNARK” [SNA(ke)(sha)RK] -. Una
portmanteu word entrata ormai nell’uso comune è “smog”, nata da “smoke”+”fog”.
2
La pedagogia vittoriana - presuntuosa e opprimente, piena di morale astratta e priva di un reale progetto
relativo all’istruzione - considerava i bambini come adulti in miniatura, e si reggeva sul ciclo punizione-
premiazione inteso soprattutto come “terapia” (se non possiamo parlare di effettive percosse, possiamo riferirci
quantomeno alle “purghe”, utili per liberare l’infante dal Male congenito); questo tipo di educazione, impartita
nelle public schools, mirava esclusivamente a preparare i figli maschi delle famiglie benestanti al ruolo di futuri
dirigenti, mentre le femminucce venivano educate in casa. Un esempio di “ridicolizzazione carrolliana” della
morale vittoriana può essere ravvisato nel cap. IX del testo; Alice si trova in compagnia della Duchessa (the
Duchess - chiaro esempio di pedagogo vittoriano -) la quale, durante la loro conversazione, non fa altro che
snocciolare “morali” adatte ad ogni occasione, puntualizzando che “Everything’s got a moral, if only you can
find it” (Tutto ha una morale, se solo sai trovarla); l’apice dei suoi tentativi moraleggianti sta in questa eccentrica
parabola: “ (…) Be what you would seem to be- or if you’d like it put more simply: Never imagine yourself not to
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Carroll, come già detto in precedenza, fu anche un eccellente fotografo: possiamo
annoverare tra i soggetti da lui immortalati svariati illustri personaggi quali Dante
Gabriel Rossetti e Lord Alfred Tennyson, nonché nobildonne, nobiluomini e rispettive
famiglie, ma anche ragazzine, tra cui le piccole Liddell - con particolare predilezione
per Alice - ed una certa Alexandra Kitchin, della quale si sono ritrovati numerosi studi
fatti da Dodgson tra il 1869 ed il 1880, anno in cui la ragazza compì sedici anni.
Si è molto discusso di questa sua passione nel fotografare bambine e giovinette -
che si esauriva quando queste raggiungevano l‘età adolescenziale -, ma sarà giusto
annoverare tra i suoi studi fotografici anche paesaggi, uomini, donne, animali,
bambole, statue, dipinti e molti altri soggetti che sembrano scagionarlo da qualsiasi
accusa di perversione ed inserirlo piuttosto nella categoria dell’esteta unicamente in
cerca di pura bellezza.
Tuttavia l’analisi psicoanalitica di Alice, con continui richiami alla sessualità di
stampo freudiano, ci mostra una forte dicotomia tra Dodgson e il suo “doppio” - ossia
Lewis Carroll - nonché tra Dodgson/Carroll e il mondo adulto, perciò sembra certo che
l‘autore soffrisse di qualche profondo disturbo emotivo, da non collegare tuttavia
necessariamente a malate perversioni.
Di questo controverso eppure geniale artista è stato ormai detto tutto ed anche più
(ad esempio che chiese alla piccola Alice di sposarlo quando questa era ancora una
bambina - e che questo gesto portò alla fine della sua amicizia con la famiglia Liddell -
e persino che fosse lui il temibile e temuto serial-killer nascosto nei bui meandri dei
vicoli della Londra vittoriana, il fantomatico Jack the Ripper, lo Squartatore, il segreto
della cui identità si è oramai cristallizzato nel tempo), e il mistero si è ulteriormente
infittito con la scoperta dei suoi diari, mutilati in più parti dai suoi familiari
be otherwise than what it might appear to others that what you were or might have been was not otherwise than
what you had been would have appeared to them to be otherwise”. Questo vero e proprio sproloquio è stato
tradotto da Giglio (2004:219) con “Non immaginare mai né di essere diversa da quello che può sembrare agli
altri che tu sia o possa essere stata o potresti diventare; né diversa da quella che avresti dovuto essere per
apparire agli altri diversa” e da Busi (2006:133) con “Non pensare neppure per un’istante di non essere diversa
da ciò che può sembrare agli altri che tu sia stata o potresti essere stata non è diverso da ciò che saresti
sembrata loro differente da come sei”. L’intento satirico dell’autore è pertanto incredibilmente palese, ed è
perfettamente reso anche dai due traduttori italiani.
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probabilmente per nascondere delle riflessioni ritenute sconvenienti.
Tuttavia, in questo lavoro, ogni congettura sull’autore sarà bandita a favore
dell’analisi linguistica di una singolare opera, Alice’s Adventures in Wonderland, che -
sopravvissuta al suo mortale creatore e alle sue possibili nevrosi - continua ad
affascinare generazioni di lettori e studiosi con i suoi fantastici personaggi e la sua
pungente e deliziosa ironia.
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INTRODUZIONE
Begin at the beginning - the King said gravely -
And go on till you come to the end: then stop.
Comincia dall’inizio - disse solennemente il Re -
E vai avanti fino alla fine: a quel punto fermati.
Alice’s Adventures In Wonderland
Lewis Carroll con il suo elogio dell’assurdo, Alice’s Adventures in Wonderland,
regala ad ogni traduttore che si avvicini alla sua opera un difficoltoso groviglio di
nonsense, puns
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, proverbi da districare, adattare, ricostruire, ricreare.
La storia nacque per caso, durante il cosiddetto “pomeriggio d’oro”
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del 4 luglio
1862, quando il Reverendo Charles Lutwidge Dodgson, per allietare la gita sul Tamigi
delle tre piccole figlie del decano Henry George Liddell (Lorina Charlotte, Alice
Pleasance ed Edith Mary), prese a raccontare la storia di Alice, bambina caduta nella
tana di un coniglio, e delle sue avventure. Il racconto divenne ben presto un
manoscritto illustrato dallo stesso Dodgson, regalo per le tre bambine, richiesto
espressamente al reverendo da una delle tre sorelle, Alice appunto.
Nacque così la prima versione di questo capolavoro letterario, intitolata “Le
Avventure di Alice nel Sottosuolo” (Alice’s Adventures Under Ground).
Il manoscritto venne molto apprezzato anche dai conoscenti di Dodgson, il quale,
dopo aver apportato alcune modifiche (omettendo i dettagli troppo diretti alle sorelline
Liddell nonché mutando il titolo in quello che tutti oggi conosciamo) ed ampliato il
testo con l’aggiunta di alcuni capitoli, decise nel luglio 1865 di pubblicarlo sotto lo
pseudonimo di Lewis Carroll, affidando però le illustrazioni - di cui non si riteneva
pienamente soddisfatto - al principale disegnatore della rivista “Punch”, John Tenniel.
Tuttavia, della prima edizione vennero distribuite unicamente 48 copie, in quanto la
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Giochi di Parole. Affronterò il concetto in maniera estesa nel capitolo 4 di questo lavoro.
4
Riferimento alla poesia che dà l’avvio al testo, “All in the Golden Afternoon”, tradotta da Giglio con “Per tutto
il pomeriggio dorato” e da Busi con “E scivola nel pomeriggio d’oro”. È curioso osservare che negli anni ‘50,
controllando i bollettini dell’Osservatorio Meteorologico dell’anno 1862, si scoprì che quel giorno non fu affatto
assolato - come ricordarono invece tanto l‘Autore, quanto la sua piccola musa -, ma fresco e a tratti piovoso.
(Busi 2006:192)
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qualità della stampa fu considerata imperfetta; venne allora data alle stampe una
seconda edizione nel novembre 1865, approvata dall’autore, che nel 1898 (anno della
morte di Carroll) aveva venduto già 160.000 copie, ed era stata tradotta in Francia,
Germania, Italia.
Il manoscritto originale è esposto oggi nella British Library a Londra.
Caratterizzano il racconto delle avventure di Alice le allusioni alle persone vicine al
Reverendo e alla piccola Liddell (viene citata persino la gattina della bimba, “Dinah”)
nonché parodie di canzoni, poemetti e proverbi propri del Vittorianesimo.
Riguardo alle persone che ispirarono i personaggi della storia, sarà opportuno citare
un passo del testo, significativo a questo proposito, ossia la conclusione del capitolo II,
intitolato The pool of tears: “(…) the pool was getting quite crowded with the birds
and animals that had fallen into it: there was a Duck and a Dodo, a Lory and a Eaglet
(...)” (Carroll 2004:78). Gli animali citati da Carroll altro non sono se non il Reverendo
Duckworth - che accompagnò Dodgson e le bimbe durante la già citata gita sul Tamigi
- (the Duck, l‘Anatra), Lorina Liddell (the Lory, Pappagallino australiano, italianizzato
in Lorichetto), la piccola Edith Liddell (the Eaglet, l‘Aquilotto) ed infine “the Dodo”,
che dietro alla deliziosa onomatopea cela la parodia dello stesso Dodgson e della sua
balbuzie (che si manifestava quando doveva parlare in pubblico e che lo costringeva a
presentarsi come Reverendo “Do-do-dodgson”).
Ritroveremo le tre bimbe nel capitolo VII, sotto le mentite spoglie delle sorelline
che abitavano il pozzo di melassa nel racconto del Ghiro: “Once upon a time there
were three little sisters (…) and their names were Elsie, Lacie and Tillie (…)”
(Carroll 2004:180); anche qui le astuzie di Carroll sorprendono piacevolmente, basterà
infatti aguzzare un po’ la vista e l’ingegno per ritrovare nelle “three little sisters” le
nostre “three Liddell sisters” (nel sottile gioco omofonico tra LITTLE e LIDDELL),
ma non solo, i nomi delle tre bimbe non sono frutto di un puro caso, ma un’ennesima
prova della passione del Reverendo Dodgson per le parole e le loro infinite
combinazioni: Elsie, acronimo di L.C., Lorina Charlotte; Lacie, anagramma di Alice;
Tillie diminutivo di Matilda, ossia il nomignolo della piccola Edith Mary.
Merita inoltre particolare attenzione il gusto di Carroll per le parodie, presenti quasi
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