INTRODUZIONE
«Bisogna avere il coraggio di essere fragili, e non fa niente se diamo a tanti l’illusione
del bersaglio facile, se mostriamo la crepa che gli altri possono allargare. Dobbiamo
avere il coraggio di farci trovare in affanno, in fuorigioco, in disordine, spettinati nella
vita, in debito di ossigeno e di amicizie, lontani da ogni porto sicuro, sperduti anche a
noi stessi… Dare valore al silenzio, al buio, alla dolcezza…
Forse è proprio il dolore che contiene le istruzioni per un buon uso della gioia.
Io propongo massaggi diffusi,intimità provvisorie, dialoghi intimi dentro un treno.
Il mondo si salva con gli abbracci. […]
Abbiamo furiosamente bisogno d'amore.
Ci devono toccare le mani che sanno di cuore, capaci di ricamare carezze,
di sfiorare leggere gli orli e le pieghe delle tante vite,
e poi morsi e baci tra i capelli e il furore di guardarsi.
Abbiate cura di impazzire per un abbraccio».
(Franco Arminio)
«Se nascere è un dono, rinascere è un compito
che ci è chiesto ogni mattina,
provare ogni giorno a tenere insieme il cielo e la terra,
l'infinito e l'umanità, tutto in un abbraccio.
Dedicatevi a quelle poche cose che contano.
Meravigliatevi di una nuvola che solca il cielo. Siate cercatori di bellezza.
Siate voi stessi la bellezza: quella dei sorrisi e degli sguardi profondi.
…Abbiate cura di splendere, trova il modo di celebrare la vita,
qualunque essa sia e vi scoprirete capace di miracoli».
(Fra Giorgio Bonati, morto d’improvviso per incidente nel 2019)
Talvolta, stare in compagnia dei nostri "scarti" ci permette di scoprire l'inedito, di
sentirci, perché soltanto ciò che sta sul margine guarda il non visibile e ci fa
conoscere più in profondità, sotto la carne che tocchiamo, dietro quello che ci
sfugge. Nella novella “Una giornata” di Pirandello, si narra di un viaggiatore
che, sceso dal treno durante la notte, si ritrova sul marciapiede di una stazione
sconosciuta. Confuso, ha un attimo di disorientamento, non si ricorda da dove
venga e verso quale meta sia diretto. Cerca allora indicazioni frugandosi addosso.
Dalle tasche estrae un’immagine sacra, la foto di una donna, una banconota. Tre
oggetti simbolici dell’universo valoriale umano: l’assoluto, gli affetti, la
realizzazione sociale. Non è chiaro se si tratti di sogno o di perdita di memoria.
1
Quel viaggiatore è un’efficace metafora della condizione umana. Anche noi,
come viandanti confusi, avanziamo verso un futuro sconosciuto, conservando del
passato solamente immagini nebbiose. L’uomo non è che un esploratore in cerca
d’indizi. Gettati nel mondo, come dadi su una carta geografica, in un luogo e in
un tempo ristretti, non sempre scelti da noi.
Così, parte questo nostro viaggio, alla ricerca del senso della vita attraverso la
riscoperta dello stare da soli attendendo rinnovate primavere che risveglino corpo
e cuore.
L’idea di questa tesi nasce da un interrogativo: Si può vivere reprimendo il
desiderio di affettività e sessualità, restando resilienti?
E il percorso scelto è quello di indagare le dimensioni della perdita e del lutto,
della disabilità e della malattia, considerati come portatori di possibilità.
«Nel desiderio e nella carezza che l’esprime, mi incarno per realizzare
l’incarnazione dell’altro; e la carezza, realizzando l’incarnazione
dell’altro, mi manifesta la mia incarnazione; cioè io mi faccio carne per
indurre l’altro a realizzare per-sé e per me la sua carne e le mie carezze
fanno nascere per me la mia carne. […] Il desiderio sessuale non è
allontanabile coma la fame, pensando ad un'altra cosa; piuttosto la
coscienza che desidera non teticamente, è lei stessa coinvolta nelle
corporeità al punto che l'oggetto del desiderio non è sostituibile o
accantonabile; la coscienza stordita e affievolita, scivola in un languore
simile al sonno
1
».
Così ammoniva Jean-Paul Sartre, filosofo esistenzialista, che con i suoi scritti
tanto ha influenzato anche la psicologia, nel suo famoso saggio “L'essere e il
nulla. Saggio di ontologia fenomenologica”, pubblicato nel 1943.
Vedremo se dargli ragione oppure no.
Il presente elaborato, che si compone di quattro capitoli, si prefigge, dunque, di
offrire una panoramica di conoscenze e di esperienze pratiche sulla tematica, da
angolature diverse.
La prima parte del mio lavoro è dedicata al tema della resilienza come
opportunità: indagare le dimensioni della sofferenza come riscatto esistenziale
attraverso un diverso progetto di vita, capace di integrare le luci con le ombre.
Col termine resilienza ci si riferisce alla predisposizione della mente a reagire
1J.P. SARTRE, L’Essere e il Nulla. La condizione umana secondo l’esistenzialismo, Milano 2002, pag.469
2
alle avversità e di “ricostruire” il proprio cammino, dandogli una direzione
nuova, risollevandosi dopo una caduta, trovando una nuova chiave di lettura di
sé, degli altri; favorendo la ripresa di uno sviluppo possibile dopo una
lacerazione traumatica e nonostante la presenza di circostanze ostili. Non elimina
il trauma né cancella le ferite dell’anima, non nasconde le cicatrici ma le integra
e ne germoglia una nuova trasformazione bellissima.
Ogni essere umano contiene in sé le risorse per diventare al meglio se stesso, che
si estrinsecheranno nella misura in cui l’ambiente fisico e psicologico sarà
facilitante perché questo si realizzi, ma anche quando ciò sia sfavorevole.
Il cammino prosegue attraverso la presentazione di due incontri speciali, quelli
con Victor Frankl e Etty Hillesum, profeti di speranza e rinascita.
Il secondo capitolo tratta della resilienza in chiave analitico-esistenziale.
Si suddivide in tre parti: la prima fa riferimento alla visione antropologica ed
esistenziale di Frankl, per fornire un’introduzione al suo approccio; la seconda,
riguarda il contributo frankliano e si concentra sull’apporto psicoterapeutico al
concetto di resilienza, inteso come forza di resistenza dello spirito. Dopo una
breve esposizione della biografia di Frankl e del suo approccio, si andrà ad
analizzarne, in particolare, la prospettiva non deterministica, focalizzandosi
piuttosto sulla responsabilità personale circa l’atteggiamento assunto nei
confronti degli eventi della vita che ci interpellano costantemente. Si prenderà in
considerazione uno strumento essenziale per dare significato alla sofferenza: la
ricerca di senso e di costruzione di significati nella propria esistenza.
La terza parte sarà dedicata alla scrittrice di origine ebrea Esther Hillesum, detta
e conosciuta come Etty, che ci rammenta che la vita non è mai priva di cavità,
caverne oscure in cui si rischia di perdersi e che ciò è un bene perché se non
discendiamo al loro interno neghiamo l’essenza più pura e vera dell’esistere.
Alla luce dell'analisi bibliografica e dell'indagine sul campo, nel terzo capitolo,
riporterò gli aspetti più rilevanti emersi sul rapporto tra resilienza ed affettività,
con un excursus sulle terapie psico-corporee e bioenergetiche, sull’importanza di
e del come riappropriarsi del contatto corporeo. Si entrerà, nello specifico, a
riflettere sul ruolo e sullo spazio riservati al corpo nel processo psicoterapeutico.
3
Nella cornice epistemologica e paradigmatica si va, in tale campo esperienziale,
da un lieve e delicato mantenere le mani su una parte del corpo (Brown, 2007)
fino al tocco tantrico, mettendo in connessione la propria fisicità con la ricerca
spirituale; dalla tecnica attiva di Ferenczi (intervenire sul corpo del paziente per
calmarlo e rassicurarlo) all’holding di Winnicott (che introduce il bisogno
d’essere “presi”); dal concetto di amore primario di Balint (che comporta la
necessità di rispondere alla capacità di amore che il bambino, e dunque il
paziente in regressione, hanno sin dalle prime fasi di vita) all’aptonomia (il
contatto fisico in seduta), dagli studi delle interazioni precoci madre-bambino
con sofisticate tecniche di ripresa video, sulle complesse dinamiche relazionali
regolate da “micro pratiche corporee” nell'ottica intersoggettiva dell'Infant
Research (Beebe e Lackman) alla scoperta dei neuroni specchio che ha offerto la
conoscenza delle basi fisiologiche dell’empatia (Rizzolati G., Sinigaglia C.); fino
alle ricerche compiute sui meccanismi psico-fisiologici e corporei, implicati nei
traumi e disturbi post traumatici da stress, che offrono ulteriori chiavi di lettura
per comprendere la complessità dell’interazione tra il livello sociale e
relazionale, quello psicologico, quello organico e fisiologico (Van der Kolk B.,
Ogden P., Levine P., Stupiggia M.).
I differenti orientamenti si distinguono per l’attenzione assegnata nell’intervento
terapeutico allo smantellamento delle difese, alla comprensione e alla risonanza
empatica, alle metodiche attive che coinvolgono la corporeità in una sorta di
drammatizzazione-esternazioni dei contenuti emozionali. Si possono riassumere
in tre vie percorribili: la psicoterapia Bioenergetica, Biosistemica ed
Organismica, alla disamina delle quali, dedicheremo la parte conclusiva del
capitolo. Un aspetto cruciale di questi tre modelli è connesso all’importanza data
alle recenti scoperte riguardanti le mappe di funzionamento del sistema nervoso
rispetto alle emozioni: esprimere ed accogliere il disagio affettivo-emotivo che
non sempre trova 'le parole per raccontarlo'. Sono rintracciabili, in tale contesto,
elementi di incontro con il mondo delle medicine cosiddette alternative,
complementari e naturali, come culture altre, quali la filosofia dell’Ayurveda, da
me esplorata attraverso il massaggio.
4
Presenterò, in merito, una breve panoramica sul concetto di unità psicosomatica,
legato all’integrazione del sé ed un accenno al legame tra somatizzazione ed
attaccamento.
Proseguiremo rispondendo alla domanda iniziale, se si possa vivere rimuovendo
il desiderio di affettività e sessualità. E’ possibile stare senza amore o accettarlo
per il resto della vita, in astinenza, dopo una perdita, una malattia, un incidente
grave, quando l’intimità fisica ed affettiva – appartenente alle profondità di un
essere, completamente privata e di solito nascosta agli altri - può diventare più
difficile?
Nel successivo capitolo sarà affrontato il tema del lutto da diverse prospettive.
Nella prima parte, tratterò l’argomento facendo riferimento alle teorie disponibili
in letteratura, per soffermarmi poi, ad analizzare la relazione tra vedovi
sopravvissuti e chi ne se n’è andato via. Concluderemo con le difficoltà e
potenzialità corporee di malati e disabili, ascoltandole dalla viva voce dei
protagonisti, analizzandone i fattori di rischio e i fattori protettivi resilienti, insiti
nella negazione e nell’affermazione della propria intimità affettiva e sessuale.
L’itinerario ridisegnato nel corso dell’esposizione rappresenta una prospettiva
dinamica, finalizzata ad abbracciare la complessità dell’affettività per mezzo di
un approccio olistico – dal greco holon (“tutto”, “intero”), permette, attraverso
una visione globale, di considerare l’individuo nella sua interezza e unità come
un sistema integrato di parti, le cui varie funzioni concorrono allo sviluppo e alla
manifestazione del Sé -, tenuto conto anche della contaminazione arricchente,
derivante da altre discipline interpellate, quali le Neuroscienze, la Filosofia, la
Letteratura.
Quando si introduce la terminologia di psicoterapia corporea (o olistico o bio-
psico-sociale) si intende un insieme di metodologie e di tecniche sperimentate
che si caratterizzano per uno studio approfondito della correlazione tra psiche
con soma. Nello specifico, esse si basano sull’assunto secondo il quale tutti i
differenti livelli in cui può essere analizzata la persona (biologico, psicologico,
sociale e spirituale, oppure ancora: viscerale, muscolare e cognitivo) sono
interconnessi tra loro e il cambiamento in ognuno di essi determina una
5
modificazione radicale anche negli altri. Per sciogliere il nodo della questione
sollevata, sono state utilizzate sia monografie sia articoli di riviste e contributi
vari, reperendo materiali di consultazione su siti internet significativi.
Il lavoro teorico d’approfondimento è stato, infine, supportato da una ricerca
osservativa sul campo, basata sulla raccolta di testimonianze personali, con
l’arricchimento delle relative suggestioni ricevute, necessaria a dare fondamento
pratico a quanto sostenuto. Quindi, a partire da una serie di ipotesi, derivate dalle
posizioni teoriche sopra menzionate, è stata costruita un’intervista
semistrutturata. Tale intervista, appositamente personalizzata, è stata sottoposta a
quattro malate oncologiche; quattro disabili; una vedova legata all’Antea
(associazione fondata a Roma nel 1987 per garantire assistenza gratuita, a
domicilio e in hospice
2
, ai pazienti oncologici e non, che si trovano in fase
avanzata di malattia, attraverso le cure palliative), dove svolgo un servizio di
volontariato da 20 anni; ad un’esperta di “Nurturing Touch”, massaggio per
persone sofferenti e malate; ad un’assistente olistica all’affettività.
Le suggestioni raccolte sono state successivamente elaborate e confrontate con le
ipotesi di partenza, relative a desideri e bisogni riconosciuti/negati, prestando
attenzione alle differenze riscontrabili rispetto ad affettività e sessualità percepite,
affinché gli intervistati dialogassero con il proprio mondo emotivo, prendendo
spunto da una frase di Antonio Damasio «Tutte le emozioni usano il corpo come
teatro, i sentimenti quello della mente».
La dissertazione termina con alcune conclusioni che non vogliono essere
considerazioni finali ma spunti per ulteriori approfondimenti e riflessioni sul
tema, con un rimando all’appendice finale, dove leggere storie di vite resilienti,
che hanno conosciuto lo sguardo-tocco amorevole, biografie di corpi dimezzati
narrate attraverso delle immagini significative, con l’invito a coltivare l’apertura
mentale e la gentilezza, vivendo la propria esistenza così com’è, nel suo
dispiegarsi meraviglioso, attimo dopo attimo, non restando in superficie.
Lo scrittore francese Victor Hugo scriveva che «L'inverno è nella mia testa ma
una eterna primavera è nel mio cuore».
2L'hospice è una struttura residenziale dedicata esclusivamente e in modo specialistico all'assistenza di
pazienti bisognosi di cure palliative e di supporto, nel caso in cui non sia possibile farlo a domicilio per
ragioni, anche temporanee, di intensità delle cure necessarie o di difficoltà della famiglia.
6
CAPITOLO 1.
COME GERMOGLI DI PAPA VERO SPARSI.
QUANDO LE FERITE INTERIORI DIVENTANO DONO
1.1 LA RESILIENZA TRA DOTE INNATA E CAPACITÀ APPRESA
«Non abbiate paura delle vostre ferite,
dei vostri limiti, della vostra impotenza.
Perché è con quel bagaglio
che siete al servizio dei malati
e non con le vostre presunte forze,
con il vostro presunto sapere».
(Frank Ostaseski)
Per affrontare il tema della resilienza occorre partire da un concetto importante
che è la fragilità, cioè quella componente umana, soggettiva, ed esistenziale che
può accompagnare la nostra vita sia in modo episodico che come una dimensione
“costitutiva” della personalità. Per meglio comprendere questa dimensione della
fragilità si riportano le parole di Vittorino Andreoli con un brano tratto da
“L’uomo di vetro. La forza della fragilità” (2008):
«Essere, senza sapere perché. Ignorando il senso del vagare per un
pianeta sperduto nell'Universo. In una dimensione che si allarga
rendendo la terra sempre più piccola, polvere di sabbia. Un granello di
sabbia doloroso. Il dolore chiama la paura e la paura genera dolore. Il
tempo che passa, il tempo che si consuma e il dubbio di trovarsi sempre
all'ultimo sospiro di esistenza. Si teme per la vita, anche se sfugge il suo
significato e potrebbe ridursi a un inutile. […] Il dolore fa più rumore di
qualsiasi rumore. Ma si è fermi in un letto o immobilizzati in un bagno o
chiusi in uno stanzino di ospedale che sa di morte. […]
La fragilità non è un difetto, un handicap, ma la espressione della
condizione umana
3
».
Le parole sopra riportate e le relative riflessioni ci consentono di affermare che si
può essere resilienti pur essendo fragili o meglio che sia possibile attivare
comportamenti resilienti nella varie situazioni di difficoltà e di fragilità.
3V . ANDREOLI, L’uomo di vetro. La forza della fragilità, Milano 2008, pp. 29-30
7