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SOMMARIO
Questo studio si propone di illustrare una nuova idea per l’approccio al
problema della determinazione d’assetto di un satellite. L’assetto viene
individuato a partire da misure acquisite da sensori di temperatura, posti
sulla superficie esterna del satellite stesso, secondo criteri dettati dalla sua
geometria. Attraverso l’inversione delle equazioni di bilancio termico, è
infatti possibile risalire agli angoli di assetto.
Gli algoritmi e le considerazioni proposte sfruttano la diversa intensità delle
sorgenti radiative ambientali come la terra, l’albedo e il sole per individuare
almeno due direzioni riferite alla terna satellite, mediante le quali ricostruire
l’assetto.
Al fine di esporre semplicemente i principi teorici del metodo, si è fatto
riferimento ad un satellite di tipo prismatico, compatto e convesso, posto su
un orbita circolare calda.
Si è successivamente studiata la possibilità di estendere questo tipo di
approccio anche ad orbite ellittiche e a casi in cui l’elevazione del sole sul
piano orbitale sia diversa da 90°, dove non è trascurabile l’effetto
dell’albedo.
Si è parlato degli effetti dell’inerzia termica e dei ritardi che essa introduce,
descrivendo casi e modalità specifiche in cui, invece, questi possono essere
trascurati.
Infine si è posta l’attenzione sull’influenza della variazione dei parametri
termo-ottici sulle misurazioni e sulla determinazione dell’assetto.
Questo tipo di approccio alla determinazione d’assetto appare
particolarmente interessante per la categoria dei satelliti a basso costo
realizzati dalle Università e dai centri di ricerca, con finalità scientifiche o
didattiche, che non prevedono l’utilizzo di tecnologie particolarmente
sofisticate e richiedono precisioni d’assetto non molto spinte.
Grazie alle piccole dimensioni dei sensori di temperatura, unite alla loro
economicità e leggerezza, nonché alla relativa semplicità della circuiteria
del loro collegamento agli apparati di bordo, si possono raggiungere buoni
risultati nelle tipologie di missioni suddette.
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1.1 Introduzione
Il moto di uno spacecraft o di un satellite è definito dalla sua posizione, dalla
velocità, dall’assetto e dalla variazione d’assetto.
Le prime due quantità si riferiscono al moto del centro di massa del satellite (o
dello s/c), e sono, quindi, oggetto di studio della meccanica celeste e della
determinazione orbitale.
Le altre due quantità descrivono, invece, il moto di rotazione del corpo stesso
attorno al suo centro di massa e, in particolare, l’assetto e la sua determinazione
saranno oggetto di questo studio.
Generalmente la conoscenza dell’orbita del satellite è necessaria per la
determinazione dell’assetto e per il controllo dello stesso, in quanto l’orbita e
l’assetto possono influenzarsi a vicenda.
Per esempio per orbite basse (LEO), a quote inferiori ai 1000 Km, ove sono
importanti gli effetti della resistenza aerodinamica, l’assetto influisce sulla
resistenza che a sua volta agisce sulla quota. La variazione della quota genera,
quindi, cambiamenti di densità atmosferica e questi ultimi hanno effetto, infine,
sull’assetto stesso.
La determinazione d’assetto è il processo di calcolo dell’orientazione del satellite
rispetto o ad un riferimento inerziale o ad un corpo di particolare interesse, come
può essere il Sole.
Quest’analisi in genere è realizzata grazie ad una serie di sensori posti sul satellite
e a sofisticate procedure di processamento dei dati.
Altro parametro importante per la definizione dell’assetto di un satellite o di uno
spacecraft è quello della tecnica di stabilizzazione.
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Un satellite Stabilizzato per Spin, presenta un momento angolare (e dunque il
moto di rotazione attorno ad un asse) approssimativamente fisso, rispetto allo
spazio inerziale.
Per controllare l’orientazione del satellite nello spazio, si impone una rotazione
attorno ad un suo asse (asse di spin); l’orientazione del satellite riesce a resistere
alle azioni di coppie esterne, al pari di un giroscopio o una trottola.
La stabilizzazione A tre assi, è preferita se si vogliono controllare le orientazioni
dei tre assi mutuamente ortogonali del satellite (la stabilizzazione per spin non
permette il controllo della rotazione attorno all’asse di spin).
In questo caso, occorreranno dei meccanismi di controllo attivo (ruote di reazione,
ruote d’inerzia ed altri), per compensare le azioni delle coppie esterne.
I satelliti stabilizzati su tre assi, possono essere del tutto non spinnanti (fissi nello
spazio inerziale), o fissi rispetto ad un riferimento rotante (per esempio un satellite
che mostra sempre la stessa faccia alla terra ed effettua una rotazione per orbita
attorno all’asse ortogonale al piano orbitale).
1.2 Versori di riferimento
Dato che lo scopo della determinazione d’assetto è quello di evincere
l’orientazione del satellite, rispetto ad un riferimento inerziale o ad un altro
riferimento opportunamente scelto, sono necessari uno o più Versori di
riferimento, ovvero vettori unitari in direzioni note rispetto al satellite
I versori di riferimento comunemente più usati sono: il campo magnetico terrestre
o versori nella direzione del Sole, del centro della Terra o di un’altra stella nota.
Scelto il versore di riferimento, un Sensore d’assetto misurerà l’orientazione di
quel versore nel riferimento del satellite.
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Fatto ciò per due o più versori di riferimento, si potrà calcolare l’orientazione del
satellite rispetto ad essi, seppur con qualche possibile ambiguità.
Ovviamente i processi e le modalità di calcolo saranno diversi a seconda del tipo
di stabilizzazione.
1.3 Tipologie di sensori
Le tipologie di sensori utilizzati si possono differenziare a seconda che si
applichino a satelliti stabilizzati a spin o a tre assi, anche se a volte possono usarsi
in combinazioni diverse.
Per satelliti stabilizzati a spin, si possono citare, ad esempio, i Sensori solari che
misurano uno o due angoli tra la loro montatura e la luce del Sole che incide su di
essi. In particolare, viene misurata la corrente elettrica, che particolari materiali
emettono, se investiti da raggi solari; dalla misura di corrente si determina
l’angolo di incidenza (vedi fig1.1) attraverso la legge del coseno:
cos SW I
Ove S é la superficie, è un coefficiente e W è l’intensità della radiazione
incidente.
Figura 1.1 Misura dell’angolo di incidenza del sole su una superficie.
Possiamo distinguere questi sensori in due categorie: Sensori di presenza del sole
e sensori di posizione del sole (analogici o digitali).
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I sensori di presenza del sole non danno effettivamente la posizione del sole, se
non in modo approssimato. Vi sono montate più fotocellule, orientate in modo
opportuno, per permettere una lettura comparativa dei segnali, anche quando
qualcuna di esse risulta coperta, per esempio, dai supporti. Possono essere, inoltre,
equipaggiate con prismi e specchi per aumentare le superfici riflettenti.
Figura 1.2 Coppia di fotocellule per sensori di presenza del sole.
I sensori di posizione del sole rilevano, invece, precisamente la posizione del sole,
all’interno del loro campo di vista. Per risolvere l’ambiguità sul segno dell’angolo
generata dalla legge del coseno, nonché annullare gli errori che il sensore
darebbe per angoli vicino allo zero, si usa montare due fotocellule inclinate di un
angolo rispetto alla verticale (fig.1.3).
Figura 1.3 fotocellule per sensore solare inclinate di un angolo rispetto alla verticale.
La relazione fra la corrente elettrica e l’angolo di incidenza, in questo caso, si
ricava dalla differenza fra i segnali di destra e di sinistra:
sen sen 2 ) cos( ) cos(
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Il valore 2sen dipende dalla geometria, e all’aumentare di si restringe il campo
di funzionamento.
I sensori solari sono molto diffusi, accurati (precisione fino a 0.125 gradi) e
attendibili, ma per funzionare al meglio richiedono campi di vista molto aperti.
Bisogna inoltre considerare il fatto che, nella maggior parte delle orbite LEO si
verifica un rapido alternarsi fra il periodo diurno e l’eclisse, durante la quale i
sensori solari saranno ovviamente inutilizzabili.
In tal caso bisognerà provvedere a compensare, in qualche modo, la regolare
perdita di dati senza un’eccessiva diminuzione di precisione nel puntamento.
Vi sono poi i Sensori stellari, in particolare gli scanner: le stelle passano nel
campo di vista dello scanner attraverso una serie di fenditure e, dopo alcuni
passaggi, è possibile risalire all’assetto del veicolo.
Sono molto accurati e, mentre nel caso dei sensori solari è possibile che il sole
non sia visibile nei tratti dell’orbita in eclissi, al contrario, si possono scegliere
stelle che risultano sempre visibili. Lo svantaggio di questi sistemi sta nella
pesantezza, nella complessità e nel costo. Possono essere accecati dal sole e dalla
luna e necessitano di un secondo set di sensori per le stime iniziali d’assetto.
Si possono ricordare ancora i Sensori d’orizzonte; sono dei rilevatori infrarossi
che percepiscono il contrasto tra il freddo dello spazio e il calore terrestre a circa
40 km dalla sua superficie.
Permettono di misurare la fase della Terra e gli angoli di corda che, insieme alla
geometria dell’orbita, definiscono due angoli rispetto al vettore Nadir (o vettore
della direzione del centro della Terra).
Poco soggetti al disturbo della luna, devono essere però protetti dal sole e
garantiscono una precisione piuttosto bassa (0.1-0.25 gradi).
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I magnetometri, che misurano direzione e intensità del campo magnetico terrestre,
sono invece utilizzabili sia in satelliti stabilizzati a spin che a tre assi.
Il loro funzionamento si basa sulla conoscenza di un modello del campo
magnetico terrestre; infatti conoscendo la posizione del satellite si può ricavare il
vettore di campo magnetico dal modello e, confrontandolo con quello misurato
dal satellite, ricavare l’assetto.
Non è però semplice misurare un campo magnetico fisso; infatti è necessario
usare corpi che si muovono in esso per ottenere delle misure (in genere si usano
corpi rotanti).
Questi sensori sono economici e leggeri, ma hanno bassa precisione (poco più di
0.5 gradi) e sono utilizzabili solo in orbite basse, ove il campo magnetico terrestre
è sufficientemente forte.
Recentemente sono stati usati per la determinazione d’assetto anche GPS, che
utilizzano diversi segnali, provenienti da antenne separate, a bordo dello stesso
satellite. Poco costosi e leggeri, sono utilizzati per piccoli satelliti in orbite LEO.
I sensori sole e quelli di orizzonte si basano sulla rotazione del satellite per
effettuare la scansione dello spazio, allo scopo di rilevare la posizione del Sole e
della Terra; per velivoli stabilizzati a tre assi, questo non è possibile, a meno di
aggiungere al sistema parti mobili che, oltre ad aumentare la complessità del
progetto sono più facilmente soggette a deterioramento o difetti di funzionamento.
Esistono sensori in grado di rilevare l’orientamento su vaste porzioni di cielo
senza dover essere in moto; tra questi si può ricordare il Sensore solare a due assi
(o Sensore solare ad angolo solido), che sostanzialmente equivale a due normali
sensori solari per satelliti spinnanti montati uno perpendicolarmente all’altro
Vi sono poi delle tipologie di sensori stellari applicabili a satelliti stabilizzati a tre
assi, sono i Tracker, che puntano una o più stelle e, ricavando le informazioni
necessarie, calcolano l’assetto del veicolo.
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I dispositivi più sofisticati non si limitano a tracciare le stelle come spot luminosi,
ma riescono a riconoscere il tipo di stella che stanno osservando fornendo, in
questo modo, un’orientazione comparata a un riferimento inerziale.
Esiste poi un’ ultimo tipo di riferimento che si fonda sul calcolo
dell’accelerazione centrifuga.
E’ la cosiddetta Guida inerziale, ed è realizzata grazie a giroscopi o accelerometri
(Rate Gyro). Essi misurano la velocità o l’angolo di rotazione a partire da un
riferimento iniziale. Non sono, infatti, in grado di fornire un riferimento assoluto
e per questo motivo vengono accoppiati con sensori che danno riferimenti esterni,
come per esempio i sensori solari o stellari. In questo modo si riescono ad ottenere
assetti estremamente precisi.