Introduzione
L’ Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta di Milano si è dato l’obiettivo di eliminare
gradualmente il materiale sensibile (pellicole radiografiche) per passare ad una gestione
centralizzata di tutto l’imaging radiologico mediante l’implementazione di un sistema PACS
(Picture Archiving and Communication System) correttamente dimensionato e perfettamente
integrato con le apparecchiature diagnostiche installate.
L’intenzione è proprio quella di passare ad una completa ed integrata gestione e fruizione delle
immagini in formato digitale, a partire dalla loro acquisizione fino al processo di refertazione, post-
elaborazione, trasmissione ed archiviazione. Il passaggio ad un tipo di radiologia completamente
“digitale” consente un più efficiente ed efficace trattamento delle immagini e comporta altresì
l’abbattimento dei costi tipicamente associati all’utilizzo dei supporti analogici: è questa una delle
prime motivazioni che spinge l’istituto verso questa strada. [20]
In particolare il sistema, che verrà implementato nel corso del 2006 a seguito di una gara d’appalto
e a completamento dell’esistente, dovrà garantire le seguenti funzionalità:
gestione centralizzata dell’archiviazione delle immagini prodotte dalle apparecchiature
diagnostiche installate con il mantenimento in linea dei dati per 10 anni e realizzazione
dell’archivio legale;
visualizzazione a monitor di tutte le immagini da apposite workstation per la refertazione;
produzione di CD con tutte le immagini radiologiche da consegnare al paziente;
distribuzione delle immagini ai reparti in modalità web per consultazione;
attuazione di programmi di telediagnosi e teleconsulto con altri importanti Istituti di Milano
(tra cui il CDI, Centro Diagnostico Italiano).
Per far fronte alla crescente mole di dati prodotti dalle apparecchiature radiologiche dell’istituto
(circa 1,7 TB nel corso del 2005) si reputa possa essere necessario e doveroso applicare sia in fase
di distribuzione che di archiviazione opportuni algoritmi di compressione alle immagini grezze,
provenienti dalle modalità diagnostiche in formato DICOM 3.0, secondo politiche e criteri da
stabilire. A riguardo è stato approvato e finanziato dalla Direzione Scientifica dell’Istituto uno
studio che mira a perseguire proprio questi obiettivi, avendo come fine ultimo una corretta
ottimizzazione del workflow operativo della Radiologia e, più in generale, dell’intero istituto.
E’ importante notare, infatti, come gli algoritmi di compressione trovino applicazione anche in fase
di richiamo e trasmissione dei dati dai reparti dell’Istituto, che tramite un comune web browser,
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possono accedere per consultazione alle immagini radiologiche presenti nell’archivio centrale. Tale
funzionalità viene garantita da specifici applicativi e, come si può intuire, presenta alcune criticità,
dovute tipicamente alla mole di dati (immagini) che continuamente viene richiesta e alla limita
larghezza di banda della rete. Attualmente l’Istituto Besta utilizza il web server denominato “Magic
Web”, prodotto da Siemens S.p.A. Questo, come anche altri della sua categoria, consente di gestire
selettivamente le modalità di accesso e trasferimento delle immagini all’interno della rete
ospedaliera, contemplando altresì la possibilità di applicare a queste diversi livelli di compressione.
In particolare vengono previste due differenti modalità di compressione (tipicamente una con
codifica lossless e l’altra con codifica lossy) per ogni specifica modalità diagnostica; sorge così
l’esigenza di effettuare alcune valutazioni sia qualitative sia quantitative in merito.
Questo elaborato muove i primi passi proprio in questa direzione; partendo da considerazioni
generali sulle immagini cliniche, si sofferma su quelle di tipo digitale ed evolve prendendo in
considerazione gli aspetti alla base della compressione dei dati, in particolare delle immagini. Viene
poi presentato quello che agli effetti potrebbe diventare lo standard di compressione del nuovo
millennio basato su trasformata wavelet, il JPEG2000.
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Richiami ad insegnamenti del corso di laurea
Durante la stesura di questo elaborato e per la comprensione delle tematiche trattate si sono rivelati
particolarmente utili alcuni dei corsi seguiti al Politecnico di Milano in questi primi tre anni di corso.
Dai corsi di studio di Elementi di Analisi Matematica (A) e di Geometria, Analisi Matematica B e
Calcolo di Probabilità e Statistica Matematica A è stata ricevuta la preparazione di base necessaria
per comprendere gli argomenti trattati nei corsi successivi.
I corsi a carattere chimico-biologico quali Biologia e Fisiologia, Fenomeni Chimici nei Sistemi
Biologici e Chimica Organica si sono rivelati un valido supporto alla compilazione del capitolo sul
sistema visivo umano e sulla psicofisica della visione.
Il corso di Informatica Applicata mi ha aiutato ad avere una visione d’insieme per quel che
concerne il mondo delle basi di dati e, nello specifico, dei sistemi RIS-PACS presenti in una
radiologia.
I corsi di Fondamenti di Bioingegneria Elettronica-I parte, Tecnologie per sensori e strumentazione
e Bioimmagini sono senz’altro serviti per meglio approcciarmi al settore della diagnostica per
immagini e per meglio comprendere le tecnologie che vi sono alla base.
Infine il corso di Fondamenti di Bioingegneria Elettronica-II parte è senz’altro servito alla stesura
del capitolo sulla trasformata wavelet e alla comprensione degli argomenti che vi sono alla base.
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Bioimmagini: storia e classificazione
La storia delle immagini biomediche, iniziata poco più di cento anni fa con la scoperta dei raggi X
da parte di W. C. Roentgen, è stata oggetto nel corso degli anni di notevoli e svariate spinte
innovative, al punto che i sistemi di generazione delle immagini, siano queste analogiche o digitali,
hanno raggiunto un grado di sofisticatezza tale da richiedere, per la loro piena fruizione, il
contributo congiunto di fisici sanitari, ingegneri e, naturalmente, clinici.
Volendo riassumere in poche parole la storia delle bioimmagini, si può affermare che i primi
sessant’anni del secolo scorso sono stati dominati dalla presenza dei raggi X; gli anni Sessanta sono
caratterizzati dall’affermarsi delle apparecchiature ad ultrasuoni; gli anni Settanta hanno visto
l’esplosione delle tecniche tomografiche ad assorbimento di raggi X; negli anni Ottanta, infine, le
apparecchiature a risonanza magnetica hanno avuto un analogo successo, dapprima in misura
ridotta dato il loro maggiore costo; negli anni Novanta, però, anche queste apparecchiature si sono
ampiamente diffuse. I primi anni di questo secolo hanno in parte spostato l’attenzione verso le
apparecchiature tomografiche ad emissione di positroni e verso le tecniche avanzate di risonanza
magnetica come fMRI (functional magnetic resonance imaging), imaging di perfusione, di
diffusione e spettroscopia, particolarmente utili in ambito oncologico e neurologico.
1895 oggi
Figura 0 Linea storica delle bioimmagini
Capitolo 1
21
Nell’evoluzione temporale delle tecnologie di immagine in Medicina si possono distinguere cinque
periodi storici. Il primo copre gli anni dal 1895, anno in cui Roentgen scopre i raggi X e che segna
l’inizio della diagnostica per immagini, al 1944. In questi anni la tecnica radiografica era utilizzata
tipicamente per localizzare oggetti estranei penetranti nell’organismo umano o per evidenziare
fratture ossee; in questi anni lo sforzo dei progettisti fu principalmente rivolto al miglioramento
della risoluzione spaziale delle immagini.
Nel secondo periodo, che comprende gli anni dal 1945 al 1970, si afferma gradatamente
l’elettronica la quale contribuisce così allo sviluppo di nuove e più sofisticate tecnologie
d’immagine (qui si annoverano l’invenzione dell’ amplificatore di brillanza, nonché l’introduzione
di tecniche scintigrafiche ed ecografiche). Viene scoperto il fenomeno della risonanza magnetica
nucleare (NMR).
Nel terzo periodo, dal 1971 al 1980, l’introduzione delle tecniche di tomografia computerizzata
basate sulla teoria matematica proposta da Radon nel 1917 determina una svolta radicale nel settore
clinico-diagnostico: queste tecniche forniscono immagini numeriche tomografiche, cioè sezionali,
caratterizzate dalla potenzialità ad avere una maggiore risoluzione in ampiezza e quindi ad essere
rappresentate con un maggior numero di livelli di grigio rispetto alle immagini di radiografia
proiettiva. Ma l’indiscusso vantaggio delle immagini tomografiche è quello di poter discriminare i
tessuti dei distretti corporei d’interesse da quelli della restante parte dell’organismo, che nel caso di
radiografia proiettiva sono elementi di disturbo.
Nel quarto periodo (1981-1990) i miglioramenti metodologici e tecnologici sono finalizzati alla
riduzione del tempo di acquisizione delle immagini, allo scopo di migliorare la risoluzione
temporale delle tecniche e consentire quindi, secondo i casi, l’acquisizione di fenomeni di breve
durata oppure una elevata cadenza di acquisizione.
Nell’ultimo periodo (dal 1991 ad oggi) si assiste all’introduzione di tecnologie d’immagine
completamente elettroniche, che consentono la formazione di immagini radiografiche in forma
numerica in tempo reale, evitando la memorizzazione su pellicola fotosensibile. [1]
Perché così tanti tipi di immagine?
La formazione delle immagini richiede che un’opportuna forma di energia interagisca con la
struttura studiata in modo che una grandezza fisica associata riproduca con la sua distribuzione
spazio-temporale l’analoga distribuzione di altre grandezze fisiche (di interesse medico) nella
struttura. Requisito perché una forma di energia sia utile è che vi sia un suo assorbimento o
Capitolo 1
22
deviazione parziale: l’oggetto non deve essere né totalmente trasparente né totalmente
impenetrabile rispetto alla forma di energia considerata.
I differenti metodi sono basati su differenti interazioni di energia coi tessuti biologici, alcuni dei
quali come spesso accade possono essere simili in relazione ad una data proprietà fisica, ma
possono differire molto per altre (ad esempio, muscolo ed acqua hanno un coefficiente di
attenuazione simile per i raggi X ma molto diverso per la luce visibile): ciò induce pertanto ad
adottare differenti tecnologie d’immagine a seconda delle strutture corporee che si intende
contrastare. In ragione di ciò è importante considerare molte delle tecnologie di nuova concezione
come complementari e non sostitutive di quelle preesistenti.
Ad oggi esistono così tanti metodi d’immagine che risulta persino difficoltosa una loro
classificazione e persino il termine bioimmagini non possiede una definizione universale e precisa.
Un primo approccio ad una loro classificazione consta nel distinguere tra mappe, proiezioni e
tomografie, ma come è facile intuire esistono diversi criteri per la loro classificazione, ad esempio
distinguendole in base alle grandezze fisiche rappresentate e alla forma di energia usata per sondare
il volume interno (radiazioni ionizzanti, ultrasuoni, onde radio, …), oppure a seconda del distretto
corporeo per il quale vengono più comunemente utilizzate, o ancora in riferimento alle
caratteristiche del sistema immagine che le ha generate. Per un ingegnere risulta più naturale ed
opportuna una classificazione dal punto di vista fisico-tecnologico, piuttosto che clinico-diagnostico.
[1]
Capitolo 1
23
Processo di generazione di un’immagine, parametri fisici
descrittivi e caratteristiche di un sistema di acquisizione
Dal punto di vista strettamente fisico le immagini sono il risultato dell’interazione dell’energia,
inviata da una sorgente, con la materia di interesse, ovvero i tessuti biologici. In generale l’intero
processo di generazione dell’immagine comporta:
La generazione di un fascio di energia (ad esempio elettromagnetica o meccanica) mediante
una sorgente esterna (tubo a raggi X, sonda ultrasonica) o interna all'oggetto (radioisotopi
nel caso di imaging nucleare);
L'interazione (trasmissione, riflessione) dell'energia generata con la materia;
La generazione di un fascio di energia emergente che rende accessibile, tramite adeguate
misure o rilevazioni, una determinata grandezza caratteristica (attenuazione, riflettanza,
attività della sorgente): in questo modo si associa alla scena la distribuzione spazio-
temporale g(x, y, z, t) della grandezza fisica in questione;
Una trasformazione geometrica (proiezione, scansione planare) che associa alla g(x, y, z, t)
un'altra grandezza i(x, y, t) funzione delle coordinate di un piano (piano immagine) e del
tempo: per immagini statiche a livelli di grigio – le più diffuse in ambito clinico - si ha
pertanto una funzione z=i(x,y) a valori reali, non negativi e limitati dove z è il livello di
grigio nel punto di coordinate (x,y).
La valutazione del contenuto informativo insito in un’immagine, e quindi della sua qualità, è uno
degli aspetti più difficilmente quantificabili, specie in ambito clinico-diagnostico. Esistono però
diversi criteri che si muovono in questa direzione; alcuni di questi si limitano a valutare la qualità
dell’immagine (e del sistema immagine che l’ha generata) basandosi esclusivamente sulla
valutazione dei parametri fisici caratteristici, altri tengono in considerazione gli aspetti più legati
alla fruizione dell’immagine, alla sua percezione ed interpretazione. Questi ultimi spesso dipendono
fortemente dall’abilità dell’osservatore di discernere anche i più piccoli particolari e proprio per la
loro natura richiedono, a differenza dei primi, un approccio statistico. [2-4]
Capitolo 2
24
Un importante strumento nella caratterizzazione è costituito dall’analisi nel dominio della frequenza
spaziale, che analogamente al caso di segnali monodimensionali permette di associare ad una
funzione scalare di due variabili i(x,y) – l’immagine per l’appunto- una coppia di funzioni delle due
variabili u e v (frequenze spaziali nelle due direzioni) che per ogni valore di (u,v) specificano A e ij
(ampiezza e fase) del corrispondente contributo armonico all’immagine i.
Il segnale-immagine viene così espresso come una combinazione di sinusoidi, ognuna delle quali si
presenterà nella seguente forma:
sin(2 ( ) )ux vySM$
In analogia con l’espressione della trasformata di Fourier nel caso monodimensionale, si avrà:
2( )
(,) (, )
jux vy
F u v f x y e dxdy
S
f f
f f
³³
E’ spesso possibile, sia pure approssimativamente, rappresentare un sistema immagine per mezzo di
un modello lineare spazio invariante e descriverne il comportamento nel dominio della frequenza
spaziale. Per un tale sistema si può assegnare la funzione di risposta impulsiva che viene
denominata, nel caso dell’imaging, Point Spread Function o PSF(x,y). Nel dominio della frequenza
la relativa risposta è detta Optical Transfer Funtcion o OTF(u,v); l’ampiezza della OTF prende il
nome di Modulation Transfer Function o MTF(u,v), mentre la risposta di fase Phase Transfer
Function o PTF(u,v).
Una struttura idealmente puntiforme in una immagine si può considerare come un impulso in un
campo 2-D: la rappresentazione effettiva di questo non è puntiforme ma segue in genere una forma
a campana legata alle caratteristiche del sistema di acquisizione ed eventualmente alle successive
elaborazioni. A tal fine si usa dare come parametro descrittivo della PSF la FWHM (Full Width at
Figura 1 Generalizzazione della
trasformata di Fourier al caso 2D.
Il vettore (u,v) rappresenta le
frequenze spaziali in genere
espresse come cicli/mm
Capitolo 2
25
sfondo
ROI
as
s
iii
c
ii
'
L
u
m
i
n
a
n
z
a
Half Maximum), ovvero la larghezza misurata a metà valore di energia. Come requisito necessario
affinché due punti adiacenti dell’immagine siano tra loro discriminabili deve essere che la loro
distanza sia maggiore della FWHM.
Figura 2 L’immagine di un punto ne è in generale una rappresentazione sfuocata
Le prestazioni di un sistema che genera immagini a scopo di diagnostica medica possono essere
valutate e specificate a partire da un numero limitato di parametri fisici, non del tutto indipendenti tra
loro, quali:
a) Contrasto;
b) Risoluzione(spaziale, temporale e in ampiezza);
c) Rapporto segnale-rumore.
Contrasto: è un parametro indice della variazione relativa dei valori dei pixel all’interno di
un’immagine, in riferimento al riconoscimento delle forme e delle strutture (pattern) di interesse che
necessitano di essere differenziate dalla restante parte dell’immagine (sfondo). Fissando ad arbitrio
una regione di interesse (ROI) può essere definito come:
Processo di
imaging
Figura 3 Definizione di contrasto
_() _()
_()
valor medio ROI valor medio sfondo
contrasto
valor medio sfondo
Capitolo 2
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