II
I principali punti in comune sono il nome della protagonista, la
Guerra dei Trent’anni e il carro. Ho poi trattato della Guerra dei
Trent’anni, quale sfondo dell’opera, analizzandone in particolare il
periodo che va dal 1624 al 1636, periodo nel quale si svolge l’opera,
attraverso i titoli delle 12 scene. Sicuramente la scelta di Brecht di
utilizzare questo conflitto è stata dettata da diversi fattori: innanzitutto le
ripercussioni sulla coscienza storica dei paesi scandinavi che ospitavano
in quegli anni Brecht e ai quali egli non ha mai risparmiato critiche sulla
loro “eccessiva neutralità” ed anche le conseguenze sulla coscienza
storica dei tedeschi in quanto la Germania era stata teatro del conflitto.
Il fatto che la Guerra dei Trent’anni si avvicinava profeticamente alla
tragedia imminente, che di lì a poco avrebbe annientato la dignità umana,
mi ha spinto ad accostare la guerra dei Trent’anni alla seconda guerra
mondiale. Infine, ho brevemente illustrato le prime rappresentazioni
teatrali (il primo progetto di messa in scena risale al 1940 durante l’esilio
svedese, ma che purtroppo Brecht, costretto nuovamente alla fuga, non
riuscì a portare a termine; la prima rappresentazione dell’opera avvenne
il 19/4/1941 allo Schauspielhaus di Zurigo per la regia di Lepold
Lintberg e con Therese Giehse nel ruolo della protagonista; l’11/1/1949
per la regia dello stesso Brecht e con la moglie Helene Weigel nel ruolo
di Madre Courage al Deutsches Theater di Berlino per la prima volta
Mutter Courage viene rappresentata in Germania.
III
Segue poi l’allestimento dell’8/10/1950 ai Kammerspiele di
Monaco nuovamente con la regia di Leopold Lintberg e con la Giehse
che oltre a Zurigo aveva interpretato Madre Courage nel 1948 alla Scala
di Vienna. All’11/9/1951 risale il primo allestimento a cura del Berliner
Ensemble, compagnia teatrale fondata dallo stesso Brecht e dalla
moglie).
Ho poi dedicato un paragrafo al progetto, mai realizzato, del film
di Mutter Courage. Il copione iniziato nel 1951 con la collaborazione di
Emil Burri, venne poi terminato nel 1955 e successivamente pubblicato
nel 1969 in Texte für Filme da Suhrkamp. Nel 1955 Brecht firmò
addirittura il contratto con la DEFA (Deustche Filmaktiengesellschaft
della DDR), ma causa di alcune incomprensioni con il regista Wolfgang
Staudte vennero girati solo 21 minuti di pellicola.
Nel secondo capitolo ho trattato delle quattro principali
rappresentazioni teatrali italiane (1952 Teatro dei Satiri di Roma, 1970 e
2002 Teatro Stabile di Genova e 1991 Teatro Bonci di Cesena) al fine
tracciare una breve cronaca di come l’opera sia stata allestita e accolta dal
pubblico italiano.
Nel successivo capitolo ho introdotto le cinque traduzioni prese
in esame: quelle di Fortini e Leiser del 1951 e del 1963, quella di Filippini
1970 per il TS di Genova, quella di Vigliero del 2000 e quella di Vertone
per TS di Genova.
IV
Ho anche affrontato il tema della traduzione letteraria ed in
particolare i problemi e le difficoltà legate alla traduzione del testo
teatrale (dialoghi e monologhi, indicazioni sceniche; traduzione letterale=
metodo traduttivo che veicola nella lingua d’arrivo il significato del testo
di partenza nel modo più diretto possibile basandosi sulla
corrispondenza concettuale e funzionale al livello della singola parola, del
singolo sintagma o della singola frase. Quando però questa
corrispondenza uno-a-uno non è possibile a causa del fatto che le norme
lessicali, morfosintattiche o idiomatiche sono contrastanti nelle due
lingue, il traduttore deve ovviare a questo problema utilizzando la
traduzione libera o parafrasi. Egli deve quindi rielaborare l’originale per
renderne il potenziale semantico nella lingua d’arrivo ossia “proiettare” il
testo di partenza nella cultura di arrivo).
Il quarto capitolo è invece dedicato ad alcuni aspetti del
linguaggio di Mutter Courage, nello specifico ad alcune particolarità del
linguaggio [alcune particolarità ortografiche esempio: nix per nichts;
numerose sincopi, contrazioni ed elisioni esempio: mitm per mit dem,
von per davon, wien per wie ein, hergericht per hergerichtet, mein per
meinen, ein per einen; mancata declinazione dei sostantivi esempio: seit
zwei Tag per seit zwei Tagen,; quasi totale omissione degli apostrofi che
indicano l’elisione della vocale del pronome impersonale es davanti a
verbi o preposizioni oppure la contrazione dell’articolo das che segue la
V
preposizione esempio: merkts per merkt’s – merkt es; aufs per auf’s – auf
es, auf das; omissione della dieresi nella coniugazione dei verbi forti
esempio fangt per fängt; mancata inversione verbo/soggetto esempio:
Wie richtig das ist! per Wie richtig ist das! al fine di mettere in evidenza il
soggetto; contrazione dei pronomi sie e Sie che, in presenza di
inversione, vengono assorbiti dal verbo esempio: dann müssens per dann
müssen Sie, nehmens per nehmen sie, ecc.. molto usata nella lingua
parlata da persone appartenenti a ceti sociali di livello basso quando si
rivolgono ad interlocutori di rango a loro superiore; anticipazione della
particella dei verbi separabili ossia non viene posta alla fine della frase,
ma all’interno della stessa esempio: wir … tragen die Sach aus unter uns
Männer per wir … tragen die Sach unter uns Männer aus; uso di wo in
sostituzione del pronome relativo esempio: Dafür soll ein
Feldhauptmann, wo verfressen ist bis dorthinaus per Dafür soll ein
Feldhauptmann, der verfressen ist bis dorthinaus; uso delle preposizioni
aus, von, mit, vor e bei seguite dall’accusativo anziché dal dativo;
omissione di zu nelle infinitive esempio: Du brauchst nicht drängen per
Du brauchst nicht zu drängen; omissione del pronome du in frasi
interrogative esempio: Was denkst? Per Was denkst du?; uso del verbo
lernen in luogo di lehren esempio: lernens ihm nicht ihre Kniffe], ad
un’analisi dei nomi dei personaggi con particolare riguardo ai nomi
propri e ad alcuni termini della gerarchia militare.
VI
Infine, dopo un riepilogo del sistema allocutivo dell’italiano e di
quello del tedesco e dei principi d’uso degli allocutivi nelle due lingue, ho
analizzato il sistema allocutivo dell’opera e i conseguenti esiti nelle
traduzioni italiane.
Ho concluso il mio lavoro con un capitolo interamente dedicato
alle canzoni (12 nella 5 e 11 NO, nella 3 e 12 2, nella 7 e 10 NESSUNA),
vista la rilevanza data da Brecht alla funzione di straniamento della
musica e alla sua costante presenza nel testo. Ho ritenuto infatti
importante esaminare sette delle dodici canzoni presenti nel dramma, al
fine di mettere in evidenza la difficoltà della traduzione di un testo, qual
è la canzone, e le relative strategie traduttive adottate. Al fine appunto di
agevolare questo confronto, ho elaborato delle tavole sinottiche che
precedono ogni singola canzone analizzata. Dopo quest’analisi sono
giunta alla conclusione che entrambe le canzoni tradotte da Fortini e
Leiser e quelle tradotte da Vigliero sono le più fedeli ed aderenti al testo
concepite per un testo da leggere e non da cantare, quelle di Filippini
sono molto sobrie ed essenziali, visto lo “spolpare” di cui fa cenno nella
sua Lettera del Traduttore, quelle di Vertone sono le più libere, ma
sicuramente le più cantabili.
In questo lavoro ho preso in esame non le traduzioni nella loro
totalità, bensì i loro passi più significativi. Tuttavia ritengo di aver
raccolto materiale sufficiente per approdare a delle considerazioni finali.
VII
Innanzitutto ho potuto riscontare che tradurre un testo teatrale
comporta un lavoro molto complesso e delicato. Non si tratta
semplicemente di riprodurre parole e concetti da una lingua ad un’altra,
ma consiste soprattutto nel “trasportare” nella lingua d’arrivo un insieme
di elementi appartenenti ad un’altra cultura.
Ho poi rilevato che, proprio per questo motivo, il traduttore si
trova di fronte ad una grande difficoltà: dover scegliere se effettuare una
traduzione “letterale” – che non implica una “rielaborazione” del testo –
oppure se optare per una traduzione “libera” per meglio “proiettare” il
testo originale nella cultura di arrivo.
Un altro elemento da prendere in considerazione sono le finalità
per le quali le traduzioni sono state elaborate ossia se il testo sia stato
tradotto esclusivamente per la pubblicazione oppure predisposto
appositamente per una rappresentazione teatrale. Questa
differenziazione comporta, da parte di chi traduce, una scelta iniziale di
strategia traduttiva, che permetterà di classificare il suo lavoro in un
senso piuttosto che in un altro.
Ho anche notato che in nome della recitabilità, vera e propria
dominante del testo teatrale, in certi casi è necessario sacrificare
l’esattezza filologica.
Se prendiamo ad esempio la traduzione delle canzoni possiamo
notare come tutte le difficoltà del tradurre convergano in questo tipo di
VIII
testo: bisogna far combaciare il significato, il ritmo, la metrica ed in
alcuni casi anche la rima. Naturalmente la corrispondenza concettuale e
funzionale tra due lingue non è possibile a tutti questi livelli
contemporaneamente e quindi il traduttore dovrà scegliere cosa
privilegiare, sacrificando uno o più elementi al fine di rendere al meglio il
messaggio dell’opera.
Alla luce di quanto esaminato e considerando quindi la
complessità del testo teatrale, posso affermare che non è affatto facile
classificare le traduzioni analizzate. Tuttavia è anche vero che la
traduttologia suggerisce comunque delle categorizzazioni: traduzione
letterale, piuttosto che libera, infedele piuttosto che fedele.
Tenendo conto di tutti questi elementi, sono giunta alla
conclusione che le traduzioni esaminate possono essere così classificate:
- la traduzione di Fortini e Leiser del 1951 è sicuramente la più
letterale ed oggi può risultare un po’ antiquata ed obsoleta per la
lingua che viene impiegata;
- la traduzione di Fortini e Leiser del 1963, per quanto sia
l’aggiornamento della precedente, rimane sempre molto aderente
al testo originale quasi certamente perché, come quella di dodici
anni prima, elaborata per un testo che deve essere letto e non
recitato;
IX
- la traduzione di Filippini è molto puntuale e precisa (intendendo
per puntualità una certa precisione ed attenzione nella scelta
delle parole e fedeltà alle strutture sintattiche) ed anche se
concepita per essere rappresentata, tende per lo più ad essere
letterale che non libera;
- la traduzione di Vigliero si mantiene molto fedele all’originale e
non perde in termini di chiarezza ed immediatezza, nonostante
sia stata approntata per una edizione con il testo a fronte;
- la traduzione di Vertone, anch’essa opportunamente predisposta
per essere recitata, è quella più libera e più attuale. È quella in cui
le canzoni sono sicuramente più cantabili ed i dialoghi sono più
penetranti.
In conclusione, tutte queste considerazioni non vogliono essere
naturalmente un giudizio indiscutibile, ma il modesto parere di chi ha
condotto questo studio.