4
struttura”. La struttura dell’industria e le relazioni economiche
all’interno delle imprese e tra le industrie saranno descritte seguendo
in particolare la teoria di Ronald Dore, che distingue il “Sistema
orientato all’organizzazione” dei giapponesi dal “Sistema orientato al
mercato” tipico delle aziende occidentali. Anche il mercato del lavoro,
che sarà analizzato facendo particolare riferimento all’analisi svolta
da Michio Morishima, è caratterizzato da una doppia struttura, con le
assunzioni “a vita” e i “salari di anzianità” caratteristica delle grandi
imprese, assunzioni temporanee e bassi salari nelle piccole imprese.
La possibilità di sfruttare i lavoratori con bassi salari delle piccole e
medie imprese anche da parte delle grandi aziende, attraverso il
sistema dei subcontratti, verrà esaminata come uno dei possibili
fattori della crescita economica.
Un elemento molto evidente nel periodo della crescita sono gli
alti tassi di risparmio. Verranno prese in considerazione alcune delle
possibili cause che sembrano essere state all’origine di risparmi così
alti. Particolare attenzione sarà però rivolta alla teoria secondo cui
è stata la crescita a generare i risparmi, e non il contrario.
Successivamente verranno analizzate altre teorie che cercano
di spiegare il boom economico. Particolarmente interessante ho
trovato la teoria di Yoshikawa, il quale considera lo spostamento
della popolazione dalle campagne verso le zone industriali e la
formazione di nuove famiglie indipendenti come i fattori principali
della grande crescita.
Verrà riportato anche il punto di vista di Itoh Makoto. Anch’egli ritiene
l’abbondante disponibilità di lavoratori e l’aumento della produttività
come fattori importanti per lo sviluppo. Ma considera anche altri
elementi, che verranno esaminati, come essenziali nel periodo dello
sviluppo giapponese: le favorevoli condizioni internazionali, la
possibilità di utilizzare la tecnologia industriale dell’occidente, la
disponibilità nel mercato mondiale di materie prime a basso prezzo.
5
Infine, una breve analisi mostrerà il non favorevole andamento
dell’economia negli anni Novanta. A dicembre del 1998
l’ambasciatore del Giappone in Italia ha tenuto un discorso,
pubblicato dall’ambasciata giapponese e che verrà riportato in
appendice, nel quale cerca di spiegare quali iniziative ha preso il
Giappone per risollevare la sua economia.
6
L’economia Giapponese: dalla ricostruzione allo
sviluppo
Nel periodo 1945-1955 l’economia giapponese era in tumulto: nel ’46
il prodotto netto e i consumi erano scesi ai minimi livelli di
sussistenza. Questa caduta dell’output era dovuta non tanto alla
limitatezza di capitali quanto alla mancanza di materie prime,
causata dall’interruzione delle importazioni. Allo stesso tempo
l’economia giapponese subiva l’effetto di una iperinflazione.
Questa situazione aveva radicalmente cambiato la distribuzione delle
entrate e della ricchezza;
il tasso di risparmio delle famiglie era estremamente basso, perfino
negativo.
Dopo la seconda guerra mondiale, il Giappone aveva perso un
quarto della sua ricchezza nazionale, l’82% della sua flotta, mentre la
popolazione era cresciuta a causa del rientro dei veterani di guerra.
In questo periodo la popolazione Giapponese viveva ai limiti della
sussistenza. Data la gravità della situazione, il governo giapponese
cercò di assicurare un eguale distribuzione di prodotti di base, come
il cibo, attraverso vari sussidi. Questo provocò un deficit di bilancio,
“monetizzato” direttamente o indirettamente dalla Banca del
Giappone (Nippon Ginko). Il risultato fu l’iperinflazione: Nel ’46
l’inflazione era altissima.
Inflazione
Come si può vedere dalla tabella che segue, dal 1946 al 1950
l’inflazione fu molto elevata: l’indice dei prezzi all’ingrosso aumentò di
70 volte tra il ’45 e il ‘50.
7
Inflazione nel dopoguerra in Giappone, 1945-1950
Indice dei prezzi
all’ingrosso
Rapporto tra mercato
nero e prezzi ufficiali
1945 100 n.d.
1946 464 7.2
1947 1375 5.3
1948 3651 2.9
1949 5961 1.7
1950 7045 1.2
Da: Ministero delle Finanze, 1978
Yoshikawa, “Macroeconomics and the Japanese Economy”
Anche se l’iperinflazione del dopoguerra giapponese non fece
collassare il sistema monetario, certamente provocò effetti
sull’economia reale.
Il ritorno al baratto fu un fenomeno solo marginale, ma i prezzi
ufficiali e quelli del mercato nero erano significativamente divergenti
(come si vede dalla tabella). Ad esempio, nel ’47 la percentuale di
riso acquistata dalle famiglie al mercato nero era del 30% in termini
di quantità, e dell’80% in termini di spesa.
Il maggior effetto dell’inflazione fu redistributivo:
Il valore dei titoli di stato scese vicino a zero; con la guerra il
governo aveva emesso molti “war bonds” che formavano un
grosso debito. L’inflazione ridusse molto questo debito.
Anche il valore dei depositi fu ridotto. Nel febbraio del ’46 il
governo apportò delle misure finanziarie di emergenza per
forzare i cittadini a depositare i contanti nelle banche e il 2 marzo
la vecchia valuta in circolazione fu invalidata. Tutte le transazioni
aziendali avvenivano tramite i depositi, e i pagamenti in contanti
ai dipendenti dovevano essere autorizzati. Durante il ’46 il 70%
del totale dei depositi fu “congelato”, e l’inflazione ne ridusse il
valore reale a circa un quarto; il risultato fu che le istituzioni
8
finanziarie, danneggiate dalla riduzione del valore dei titoli di stato
e delle azioni, potessero risollevarsi.
Anche il debito degli agricoltori che avevano ottenuto le terre
grazie alla riforma terriera diminuì notevolmente.
Con l’inflazione anche i redditi vennero redistribuiti;
Distribuzione dei redditi, 1934-1950 (%)
1934-6 1946 1947 1948 1949 1950
Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0
Salari dei dipendenti 39.3 31.8 33.2 29.2 43.5 42.6
Entrate dei proprietari di
imprese (“unincorporated”)
32.4 64.0 65.1 54.5 47.4 45.9
Affitti 10.3 1.1 0.8 0.7 0.7 0.8
Interessi 6.9 2.0 0.9 0.8 1.1 1.4
“Corporate reserve” 8.3 1.0 1.0 2.4 5.1 9.1
Da: Keizai Shingi-cho (Economic Deliberation Agency), Sengo Nihon no Kokumin
Shotoku (National Income of Postwar Japan)
La proporzione delle entrate derivanti dal lavoro autonomo
aumentarono, nel ’46 rispetto al periodo prebellico, del 31.6%.
Questo incremento è in parte dovuto alla riforma terriera.
I lavoratori dipendenti e le “corporate firms” soffrirono nel 1946-’48, il
periodo di alta inflazione. Rappresentativamente, il tasso di risparmio
delle famiglie che vivevano a Tokyo non raggiunse mai il 2% in
questo periodo, e nel ’48 ci furono anche risparmi negativi
1
. Anche
se oggi alcuni considerano gli alti risparmi come una caratteristica
nazionale, in periodi di difficoltà, anche i giapponesi hanno risparmi
negativi.
Nel ’49, la lotta all’inflazione era uno degli obiettivi del “Dodge Plan”
americano.
1
Fonte: città di Tokyo, Annual Survey of Households, in “Macroeconomics and the
Japanese Economy”, Yoshikawa
9
La guerra aveva portato un duro colpo all’ordine sociale e politico
esistente, mentre la povertà diffusa della popolazione portò allo
sviluppo dei movimenti dei lavoratori, del partito Socialista e
Comunista. Non è inconsueto, quindi, che in quest’atmosfera
tumultuosa soffiasse un vento di rivoluzione. L’ondata rivoluzionaria
cominciò a manifestarsi con lo sciopero dell’ottobre 1946, che
precedeva l’annunciato sciopero generale del Febbraio 1947.
Lo sciopero generale fu fermato dalle forze dell’Occupazione; alle
elezioni che seguirono il Partito Socialista fu vincitore, e formò un
Governo di coalizione con il Partito Democratico. Incapace di
risolvere i conflitti fuori e dentro il partito, però, il Governo fu costretto
a dare le dimissioni.
La revoca dello sciopero da parte dell’Occupazione fu criticata come
voltafaccia allo sviluppo della democrazia; l’opportunità della
rivoluzione era ormai andata perduta. Non è noto però quanti
scioperi generali si sarebbero tenuti se non ci fosse stato
quest’intervento, ed è un punto di discussione quale successo
avrebbe raggiunto il Giappone se si fosse tenuto lo sciopero
Generale e la rivoluzione avesse avuto successo. E’ probabile che
uno stato di potere dittatoriale sarebbe stato l’unico modo di
controllare la situazione; inoltre il Giappone sarebbe rimasto
coinvolto in un pericoloso conflitto internazionale. E’ positivo che i
giapponesi non abbiano ceduto al radicalismo, ed abbiano trovato
invece la strada verso la prosperità.
Con l’occupazione militare, l’economia in crisi e un livello di
vita ai minimi livelli di sussistenza, il confronto con l’alto tenore di vita
Americano teneva alta la disillusione, l’invidia, l’insoddisfazione, Ma
nessuna rivoluzione ebbe luogo. Oggi si può dire che un’altra
rivoluzione stava per cominciare: la popolazione concentrò tutti gli
sforzi nell’industrializzazione e nella crescita del livello di vita.
10
Le Forze Alleate di Occupazione, con a capo gli americani, misero in
atto diverse misure per la democratizzazione del paese:
Misure anti-trust
La struttura industriale prima della guerra era caratterizzata da
“Zaibatsu”, larghi gruppi di imprese posseduti dalle “grandi famiglie”,
che controllavano la maggioranza delle industrie in diversi campi. Il
comando di Occupazione richiese la vendita delle azioni, e i gruppi
Zaibatsu furono tecnicamente dissolti nel ’46 e ’47; inoltre vennero
introdotte misure per rompere i monopoli ed introdurre la
concorrenza (Anti-Monopoly law).
Riforma della terra
Nel 1946 e ’47 molte terre furono confiscate ai proprietari terrieri e
rivendute a prezzi concordati agli agricoltori. La riforma della terra
provocò una notevole ridistribuzione della ricchezza, contribuì a
creare una classe media e portò notevole stabilità nel settore
agricolo. La crescita della produzione agricola fu elevata, anche se la
distribuzione della terra in piccoli lotti non permise di sfruttare i
vantaggi delle economie di scala; l’agricoltura ha ricevuto
gradualmente notevoli sussidi ed è stata posta sotto numerosi
controlli governativi.