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1.1 LA COMUNICAZIONE POLITICA NELLA SOCIETA’ GLOBALE.
Nell’era dei new media e della video politica globale il mondo politico e quello della
comunicazione e dell’informazione risultano ormai legati in modo inscindibile in un
rapporto di reciprocità ed interdipendenza.
Una disciplina complessa che ha come oggetto di studio proprio i rapporti tra questi due
sistemi, quello della comunicazione dei mass-media tradizionali (stampa, televisione,
radio) e dei nuovi mezzi di informazione (Internet, tecnologie digitali) e quello della
politica è la comunicazione politica.
Quest’ultima indaga una realtà fenomenica molto complessa e variegata che la porta a
sconfinare in più territori spaziando dalla politologia alla sociologia all’antropologia, dalle
scienze della comunicazione e dell’opinione pubblica.
La comunicazione politica è nella definizione di Giampietro Mazzoleni “lo scambio e il
confronto dei contenuti di interesse pubblico-politico prodotti dal sistema politico, dal
sistema dei media e dal cittadino-elettore
2
”.
Da semplici mezzi di informazione a osservatori delle lotte politiche i mezzi di
comunicazione di massa, la televisione in primis, si sono conquistati progressivamente un
ruolo primario all’interno dell’arena politica; ruolo che non si esaurisce soltanto nella
funzione di mediazione ma comprende anche l’assunzione di ruoli quali interlocutori e
controllori del potere politico. Quando i soggetti politici vogliono lanciare un messaggio
al pubblico dei cittadini o ad altre istituzioni, per funzioni pubbliche o propagandistiche
2
Giampietro Mazzoleni, La comunicazione politica, Il Mulino Le vie della civiltà 1998, p. 34
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infatti devono ricorrere ai media e negoziare con questi tempi, modalità, registri e persino
i contenuti delle loro comunicazioni.
La “mediatizzazione della politica” ovvero “la capacità da parte dello spazio mediale di
incidere in maniera sostanziale sui contenuti stessi della comunicazione
3
” nella
definizione di Sara Bentivegna, ha determinato dei mutamenti nelle dinamiche del sistema
politico.
Questo fenomeno infatti, come sostiene Mazzoleni, ha prodotto degli effetti che possono
essere riassunti in due grandi categorie: gli effetti “mediatici”, ossia quelli che riguardano
prevalentemente gli aspetti mediali della comunicazione politica quali la costruzione
dell’agenda, la spettacolarizzazione e la frammentazione dell’azione politica, e gli effetti
“politici” come la personalizzazione, la leaderizzazione e la selezione delle elite politiche.
Dal punto di vista disciplinare della linguistica adottato in questa sede i fenomeni che più
interessano sono ovviamente i primi ed in particolare quelli che riguardano i cambiamenti
nel discorso politico ossia la modalità di produzione, articolazione e diffusione del
messaggio politico sia propagandistico che informativo.
A causa dei limiti temporali imposti dai media (si pensi a talk-show e alle tribune
politiche) la comunicazione audiovisiva impone oggi una semplicità e una chiarezza
espressiva del linguaggio e ne determina la sua frammentazione; per questo motivo nei
dibattiti pubblici si afferma sempre di più una politica “in pillole” che spesso preferisce
esprimersi per slogan a danno dell’approfondimento dei contenuti.
La velocità e la simultaneità che caratterizzano ormai il sistema dell’informazione inoltre
hanno reso necessaria la creazione di messaggi politici “preconfezionati”; l’attività
3
Bentivegna Sara, Comunicare nel sistema dei media, Genica Costa & Nolan, 1996
7
politica si è così trasformata in un’attività di marketing nella quale il messaggio politico è
considerato un “prodotto” da rendere appetibile ed efficace per essere poi “venduto” ai
media.
Questa tendenza si è sviluppata soprattutto negli Stati Uniti, paese nel quale come osserva
Paola Springa “il passaggio da una comunicazione generalista-rivolta ad un pubblico
eterogeneo attraverso i mass media tradizionali- ad una comunicazione target-oriented
capace di adattarsi a diversi media e quindi a diversi stili e a diversi pubblici- è avvenuto
molto prima che in Europa dove l’organizzazione politica fortemente radicata sul territorio
e gestita dalle forme di partito hanno posto un freno all’affermarsi di nuove forme di
comunicazione politica.”
4
Un’altra differenza tra gli Stati Uniti e l’Europa è costituita dal fatto che il sistema politico
americano a differenza di quello europeo è fortemente incentrato sulla leadership e nel suo
“electoral cycle” si consuma in assoluto più denaro di tutti i paesi del mondo. I
finanziamenti della politica poi si basano su donazioni private indirizzate verso i candidati
e non verso i partiti di appartenenza.
In questo scenario dominato dalla concezione della politica come marketing si sono
affermate così nuove figure come quella del “fundraiser” (ricercatore di fondi per le
campagne elettorali), il “sondaggista”, lo “speech writer” (chi scrive i discorsi per i
candidati) e infine lo “spin doctor”.
Quest’ ultimo che in Italia corrisponde più o meno al portavoce o al consulente politico,
secondo la definizione della studiosa Springa , “è colui che, per arginare il potere dei
media, utilizza le tecniche della comunicazione o addirittura del marketing per delineare
4
Springa Paola, Lo spin doctoring: strategie di comunicazione politica, Carocci 2009, p. 20
8
l’agenda politica quotidiana
5
”. Questi professionisti dell’informazione furono assoldati
inizialmente dai presidenti americani per proteggersi dallo strapotere dei media che
minacciava spesso la loro credibilità e sporcava la loro immagine istituzionale.
Oggi invece si occupano principalmente di difendere l’immagine dei loro leader
soprattutto durante le campagne elettorali (in Europa) ma anche in quella che ormai è stata
definita la “campagna permanente” dei politici e che copre tutto il loro mandato (negli
Stati Uniti).
In questo contesto di grande evoluzione e dinamismo del mondo politico dunque, i
professionisti della comunicazione politica non possono che sfruttare al meglio le loro
tattiche e strategie persuasive realizzandole attraverso lo strumento espressivo per
eccellenza , ovvero il linguaggio politico.
5
Springa Paola, p. 8
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1.2 LINGUA POLITICA E LINGUAGGI SETTORIALI
Quando parliamo di scienza politica intendiamo la scienza del potere. Potere è assunzione di decisioni. Il
linguaggio della politica è il linguaggio del potere; è il linguaggio della decisione. Esso registra e modifica
le decisioni: è il grido di battaglia, verdetto e sentenza, statuto, ordinanza e norma, giuramento solenne,
notizia controversa, commento e dibattito.
Harold Lasswell
Non è semplice dare una definizione univoca ed esaustiva del concetto di “linguaggio
politico”; l’espressione è infatti utilizzata per indicare una complessità di fenomeni che
sconfinano in più territori spaziando dalla politologia alla sociologia, all’antropologia,
dalle scienze della comunicazione alla retorica, alla pubblicità.
L’espressione “linguaggio politico” è così usata spesso in maniera indifferenziata con
quella di “discorso politico”, con “messaggio politico”o con la comunicazione politica
tout court.
Vi sono anche delle differenze nel significato e nella connotazione delle parole political e
politics da una lingua all’altra; come osserva Allum: “Mentre l’inglese ha due termini,
politics e policy per indicare due tipi di attività politica (come nel caso di espressioni quali
lotta politica e linee di azioni politica) il francese, il tedesco e l’italiano ne hanno solo una
rispettivamente politique, politik e politica
6
”.
In italiano inoltre vi sono due espressioni apparentemente simili ma concettualmente
diverse ovvero lingua politica e linguaggio politico.
Come osserva Maria Vittoria Dell’Anna nella sua opera Lingua Italiana e Politica
7
mentre
la lingua politica è la lingua della scienza politica e della speculazione dottrinale, storica e
6
Allum P., Democrazia reale. Stato e società civile nell’Europa Occidentale, Padova, Liviana p.92.
7
Maria Vittoria Dell’Anna, Lingua Italiana e politica, Carocci 2010.
10
ideologica, il linguaggio politico è quello della prassi cioè delle pratiche e delle esperienze
che si attuano nella comunità politica.
La lingua della politica come scienza viene classificata da Dell’Anna come una varietà
tecnico-scientifica poiché presenta un certo grado di formalizzazione, un lessico in buona
parte specialistico e la tendenza a un’univocità di significati.
La lingua dei politici invece rientrerebbe nella categoria dei linguaggi settoriali poiché non
riguarda un ambito d’uso circoscritto, non dispone di un lessico tecnico-specialistico ma si
apre a un ventaglio lessicale diversificato e per sua natura tende alla pluralità e
all’ambiguità dei significati.
La distinzione fondamentale tra linguaggi specialistici e linguaggi settoriali riguarda
fondamentalmente il lessico; i primi hanno un lessico specifico caratterizzato dalla
monosemia e dall’assenza di esatti corrispondenti nella lingua comune; i secondi, i
linguaggi settoriali, invece non dispongono di un lessico specifico ma ricorrono a parole
della lingua comune o al prelievo da altri linguaggi specialistici e settoriali.
Questa differenza dipende essenzialmente dalle diverse finalità della comunicazione,
mentre i testi dei linguaggi specialistici sono rivolti a un’elite ristretta di addetti ai lavori, i
testi del linguaggio settoriale hanno una diffusione più capillare e si rivolgono a un
pubblico più ampio ed eterogeneo.
Il dibattito sulla settorialità del linguaggio politico vede posizioni diverse tra gli studiosi;
alcuni infatti sostengono ancora la cosiddetta tesi del “panpoliticismo”, ossia la
concezione per cui politico non è un linguaggio particolare, distinto e discernibile da altri
linguaggi bensì il linguaggio stesso o il suo uso o i processi che condizionano tale uso, in
una parola il linguaggio in quanto istituzione sociale.
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Contro questa concezione, da lui stesso definita “pregiudizio” Giorgio Fedel afferma che
“il linguaggio politico è una locuzione che designa un linguaggio settoriale, ossia un
linguaggio circoscritto a un particolare ambito di pertinenza…l’impostazione politologica
deve partire dall’assunto che la politica imprima al linguaggio delle caratteristiche
specifiche, quelle che lo qualificano appunto come linguaggio politico”.
8
Nel suo saggio intitolato “Il linguaggio politico
9
” Umberto Eco quest’ultimo come un
linguaggio settoriale al pari di quello giornalistico, televisivo, sportivo, della scienza e
della tecnica.
Partendo dalla distinzione Aristotelica tra genere discorsivo giudiziario, epidittico e
deliberativo, Eco fa rientrare in quest’ultima tipologia il linguaggio politico.
Un’altra argomentazione a favore della tesi della settorialità del linguaggio politico è
quella basata sulla tipizzazione di tale linguaggio; come osserva Mazzoleni infatti “la
tipologia si presenta come un utile strumento di definizione della complessa realtà del
linguaggio politico”
10
.
Un’ interessante classificazione del linguaggio politico è quella elaborata da Murray
Edelman nella sua opera più importante, The Symbolic Uses of Politics (1976); per il suo
carattere critico normativo questa celebre tipologia non ha avuto molta popolarità tra gli
accademici ma poiché tiene conto non solo del lessico ma dell’intero processo
comunicativo ha comunque il merito di connettere in un senso specifico gli aspetti del
linguaggio con i ruoli politici degli attori in gioco.
8
G. Fedel, Sul linguaggio politico, in “Quaderni di Scienza politica” 1, n°3, 1994.
9
U. Eco Il linguaggio politico in I linguaggi settoriali in Italia, G. L. Beccaria (a cura di), Milano,
Bompiani, 1973.
10
Mazzoleni Giampietro, op.cit. p.139