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Introduzione:
Questa relazione nasce a seguito di una personale curiosità sulle campagne pubblicitarie
contro l‟AIDS, visualizzando tutte le pubblicità presenti su internet, dal celeberrimo spot in
bianco e nero con l‟alone viola a quello di Lupo Alberto, mi sono chiesta come fosse
possibile realizzare uno spot efficace sull‟AIDS riferito ai miei coetanei.
Ho pensato, quindi, di scomporre la tesi in due parti, una teorica e l‟altra di analisi del
questionario.
La parte teorica consiste in una breve panoramica generale del marketing sociale,
soffermandosi sugli argomenti e sulle distinzioni più rilevanti per l‟argomento trattato.
In seguito alla creazione di un questionario inerente al tema HIV/AIDS, la tesi prevede una
seconda parte in cui esamineremo i dati raccolti e proveremo a identificare gli elementi
chiave attorno ai quali dovrebbe essere costruita una campagna comunicativa contro
l‟AIDS avente come target i giovani ventenni.
Sarà analizzato lo spot istituzionale contro l‟AIDS del 2008 e, tramite l‟incrocio dei dati,
valuteremo quali elementi sono piaciuti agli intervistati e quali no.
Questo mio progetto non ha la pretesa di delineare la realtà giovanile dato il numero
esiguo del campione, bensì di simulare, in piccolo, la strutturazione delle fasi di ricerca,
analisi e progettazione di un piano di comunicazione.
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1. Marketing sociale:
Il marketing sociale fu definito nel 1995 da Alan R. Andreasen, docente di Marketing
presso la facoltà di economia McDonough dell'università di Georgetown, come
"l'applicazione delle tecnologie del marketing commerciale all'analisi, pianificazione,
esecuzione e valutazione di programmi volti a influenzare il comportamento volontario di
una popolazione target migliorando il benessere personale e sociale".
Introdotto nel 1971, il marketing sociale spazia attraverso diverse discipline tra cui la
psicologia, la sociologia, l‟antropologia, le teorie economiche e quelle della
comunicazione, ed è teso ad esaminare e comprendere cosa determina il comportamento
umano, inteso come risultante di fattori ambientali, sociali ed individuali.
Nonostante utilizzi principi e tecniche del marketing, come il rapporto di scambio tra costi e
benefici o il concetto di marketing mix, il marketing sociale è profondamente diverso da
quello commerciale per valori e finalità. Nel marketing commerciale si ricerca un vantaggio
economico per chi vende, mentre nel marketing sociale l‟obiettivo principale è ottenere un
beneficio per i destinatari del progetto.
La specificità di questo tipo di comunicazione è, infatti, la funzione educativa nei confronti
di aspetti che riguardano la vita collettiva. Questo è un compito non facile; per incidere sui
comportamenti, infatti, le iniziative di comunicazione devono intervenire nella sfera delle
abitudini, degli atteggiamenti e degli orientamenti di valore. Essendo in presenza di
comportamenti radicati, è opportuno tenere presente che i messaggi di comunicazione di
massa, come gli spot e le campagne televisive, sono quasi sempre insufficienti per attuare
questo tipo di cambiamento; essi devono essere integrati da una serie di elementi di
supporti come per esempio eventi, promozioni, opuscoli e volantini.
Philip Kotler e Eduardo L. Roberto nel 1991 definiscono il marketing sociale “una strategia
per cambiare i comportamenti” che classificano di quattro tipi, in ordine di difficoltà:
cambiamenti a livello cognitivo, cambiamenti nell‟azione, cambiamenti comportamentali e
cambiamenti nella scala dei valori (Kotler, Roberto; 1991).
Nel primo caso gli autori fanno riferimento alle campagne che si limitano ad informare la
gente su un determinato problema, come il valore nutritivo dei cibi per esempio, e a
stimolare l‟acquisizione di conoscenza e di consapevolezza. Il secondo tipo, “il
cambiamento d‟azione”, si propone di persuadere la gente a eseguire un‟azione in un
particolare momento, come nel caso delle campagne per la vaccinazione o per la
prevenzione contro determinate malattie. I due autori rilevano come, in questo caso,
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limitarsi ad informare non sia sufficiente a convincere i destinatari a mettere in atto l‟azione
prevista e sia, pertanto, opportuno prevedere premi o incentivi che ricompensino i
destinatari dei messaggi dei costi sostenuti per mettere in atto le azioni richieste. Le
campagne che si pongono l‟obiettivo di cambiare i comportamenti, come smettere di
fumare o limitare l‟uso delle bevande alcoliche per esempio, sono, come si è già detto, più
difficile da realizzare perché “le persone dovrebbero dimenticare le vecchie abitudini,
impararne di nuove per poi mantenere questo modello comportamentale” (Kotler, Roberto;
1991). Ancora più complessa è la realizzazione dell‟ultimo tipo di comportamento, quello
che attiene alla sfera di credenze e valori radicati, come nel caso delle campagne
sull‟aborto o per il controllo delle nascite. La principale difficoltà nel raggiungere questo
obbiettivo è data dalla resistenza opposta delle persone a staccarsi dai valori di base che
contribuiscono a definire il proprio senso di identità e di benessere. “L‟azione di disturbo
verso uno di questi valori crea una situazione di forte stress. La gente cerca di evitare le
informazioni che disturbano, rimuovendole o resistendo agli attacchi ai loro valori in altro
modo” (Kotler, Roberto; 1991).
Da una ventina di anni sono approdate sugli schermi delle nostre televisioni le pubblicità
istituzionali, volte a migliorare i comportamenti dei cittadini, come l'adozione di
un'alimentazione sana, oppure tese a interrompere abitudini e vizi nocivi alla salute, come
l'abuso di alcool o le campagne contro il fumo.
Va fatta un po‟ di chiarezza, però, sull'ambito di cui il marketing sociale si occupa: una
prima distinzione è quella tra pubblicità sociale e comunicazione sociale.
La prima si basa unicamente sulle campagne informative di massa per modificare
atteggiamenti e comportamenti del pubblico. La comunicazione sociale, invece, è un
approccio alla persuasione più generale e più ampio. Esso, infatti, utilizza in sostegno alle
pubblicità di massa, altri metodi per inviare messaggi persuasivi al pubblico, per esempio
organizzando manifestazioni o eventi che sollecitino l'attenzione del pubblico sul tema
oggetto della campagna pubblicitaria (Gadotti; 2008).
Nel mondo anglosassone rientra nella non commercial advertising la categoria definita
public service advertising, cioè la pubblicità di pubblica utilità o di servizio pubblico che
coincide essenzialmente con la pubblicità sociale, il cui scopo fondamentale è il fornire
nell'interesse collettivo, un'informazione imparziale su tematiche di interesse pubblico. In
questa definizione emerge la caratteristica distintiva di questa categoria di messaggi:
l'imparzialità, intesa come emissione di messaggi non controversi.
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Una seconda categoria della non commercial advertising è l'advocacy, essa si occupa dei
temi controversi proponendo e sottolineando un punto di vista sull'argomento. Tale punto
di vista non si preoccupa di essere neutrale, anzi si presenta come polemico, indicando
esplicitamente, il più delle volte, le tesi o i gruppi cui intendono opporsi. È il caso di una
campagna che si oppone alla vivisezione, considerandola una tortura inutile, contro
l'opinione di quanti la ritengono un ausilio indispensabile nella ricerca scientifica
1.1 I soggetti della pubblicità sociale:
I soggetti della pubblicità sociale vanno ricercati negli ambienti non immediatamente legati
alle dinamiche del mercato: lo stato, la politica, l'associazionismo, i movimenti d'opinione e
le istituzioni benefiche e religiose (Gadotti; 2008).
1.1.1. Enti istituzionali:
In primo luogo affrontiamo i pubblici poteri, quali apparati pubblici di governo come i
ministeri, le regioni, le province e i comuni. Da queste emittenti non ci si può aspettare
un'attività di advocacy, bensì il ricorso al public service. Possiamo distinguere tre tipologie
di campagne istituzionali promosse da questo soggetto:
La prima è la campagna che vede i poteri pubblici affiancarsi ai produttori privati, per
esempio nel caso in cui un'amministrazione provinciale pubblicizza gli asili-nido che essa
gestisce, si muove in un ambito in cui il pubblico incontrerà la competizione dei privati.
Il secondo caso è quello dei messaggi con i quali i pubblici poteri informano i cittadini
sull'esistenza di provvedimenti legislativi o amministrativi in taluni ambiti. Si tratta in questo
caso di "informazione statale" che rientra a pieno titolo nella categoria dei messaggi di
interesse pubblico, proprio perché lo stato si è storicamente accreditato come interprete
autentico dell'interesse collettivo e referente essenziale di tutto ciò che ambisce a definirsi
pubblico.
La terza categoria, infine, è quella di cui si occuperà questa tesi, concerne le
comunicazioni attivate dallo stato quando lancia campagne dirette a stimolare
comportamenti collettivi funzionali ad obbiettivi di crescita civile della società e si fa
interprete di un genere di comunicazione persuasoria con funzione educativa.