INTRODUZIONE
In un mondo del lavoro in continua crescita ed evoluzione, l’obiettivo della
costruzione di un mercato del lavoro trasparente ed efficiente,in grado di
incrementare le occasioni di lavoro e di garantire a tutti un equo accesso ad
un’occupazione regolare e di qualità, ha preso sempre più piede,
soprattutto al fine di avvicinare la realtà del nostro Paese a quella degli
altri stati europei. L’Europa, infatti, ci ricorda come l’Italia si collochi in
una posizione di svantaggio nella competizione internazionale, pertanto
occorre intraprendere con convinzione e coraggio la strada del
cambiamento.
A questo riguardo, il Parlamento ha approvato la legge delega 14 febbraio
2003 n°30 (cd. Legge Biagi), con cui ha delegato il Governo ad emanare
uno o più decreti legislativi diretti a portare a compimento il disegno
riformatore del mercato del lavoro in Italia; un disegno già anticipato nel
Libro Bianco dell’ottobre 2001 su “Il mercato del lavoro in Italia. Proposte
per una società attiva e per un lavoro di qualità”. Il disegno di riforma del
mercato del lavoro si ispira alle indicazioni delineato a livello comunitario,
nell’ambito della cosiddetta “Strategia Europea per l’occupazione”, ed è
volto alla modernizzazione del nostro mercato del lavoro attraverso tutta
una serie di misure tese principalmente alla effettiva promozione di una
società attiva e di un lavoro di migliore qualità, ove
2
Introduzione
maggiori siano le possibilità di occupazione per tutti, più moderne e adatte
alle esigenze dei lavoratori e delle imprese, le regole che presiedono
all’organizzazione dei rapporti e dei mercati del lavoro.
La filosofia dell’intervento prospettato nello schema del decreto legislativo
del 10 settembre 2003 n°276,corretto poi dal D.lgs n°251/2004,e approvato
dal Governo, è riassumibile, con specifico riferimento ai contratti a
contenuto formativo, nel tentativo di porre fine alle ambiguità che hanno
contraddistinto l’utilizzo e lo sviluppo di tali contratti nel nostro Paese.
Certo è che il contratto di formazione e lavoro ha conosciuto, soprattutto
negli ultimi tempi, un utilizzo decisamente improprio. La componente più
genuinamente formativa è stata, più delle volte, mortificata da una sorta
di sovraccarico funzionale di altre tipologie contrattuali, tanto è vero che,
accanto ai tradizionali obiettivi formativi, si sono progressivamente
affiancate funzioni ulteriori e improprie, quali la riduzione del costo
del lavoro e l’allentamento di talune (presunte o reali) rigidità della
normativa di tutela del lavoro subordinato, il sostegno del reddito di
fasce sempre più estese di giovani disoccupati, il consenso sociale,
ecc.. In tal senso si manifesta l’attuale ambiguità dei contratti cosiddetti
a contenuto formativo che, dietro la duplicità della causa negoziale,
mostrano l’incapacità di progettare un reale percorso di formazione in
alternanza che non si traduca, poi, nella pratica quotidiana, in un mero
espediente per garantire l’acquisizione di forza-lavoro a basso costo. In
3
Introduzione
questo senso,la riforma dei contratti formativi prospettata dal Governo deve
essere intesa alla luce del complesso delle disposizioni contenute nello
schema del decreto legislativo attuativo che contemplano sia interventi
sulla adattabilità, volti ad arginare l’impiego improprio delle flessibilità
del lavoro e delle politiche formative, sia misure per l’occupabilità,
misure volte cioè a rafforzare la posizione del singolo lavoratore
rispetto alle evoluzioni del mercato di lavoro.
Il contratto di formazione e lavoro viene definitivamente meno e al suo
posto il legislatore tipizza un nuovo schema contrattuale flessibile,
denominato contratto di inserimento, dove il profilo della formazione è
del tutto eventuale rispetto all’obiettivo di politica occupazionale che è
rappresentato dall’inserimento nel mercato del lavoro di particolari
categorie di persone; tale contratto,reso compatibile con la normativa
comunitaria in materia di incentivi all’occupazione, ha anche lo scopo di
agevolare il reinserimento di quanti siano stati espulsi nell’ambito di
processi di riorganizzazione produttiva. In questa materia il Governo si è
peraltro limitato a delineare un quadro generale,in modo da consentire alle
parti sociali ed alle Regioni di intervenire, anche al fine di realizzare
meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei risultati
conseguiti, soprattutto in relazione all’impatto sui livelli di occupazione
femminile e sul tasso di occupazione in generale. Sarà poi la contrattazione
collettiva a determinare le modalità di attuazione dell’attività formativa in
4
Introduzione
azienda contemperando le potenzialità di questa tecnica con quella “off
the job” (formazione esterna all’azienda).
Il contratto di formazione lavoro o, se si preferisce, il contratto di lavoro a
termine con finalità formative, introdotto per la prima volta in Italia con la l.
1° giugno 1977, n. 285, “Legge sulla occupazione giovanile”, più volte
modificata ed integrata, ha dato risposta a due richieste particolarmente
conciliabili: da un lato il Governo e le organizzazioni sindacali dei
lavoratori che puntavano ad un incremento dell’occupazione giovanile e
dall’altro, la parte imprenditoriale che proponeva un uso più flessibile
della forza lavoro.
La nostra dissertazione esaminerà, quindi, questo fondamentale istituto sin
dalle origini valutando anche criticamente, la sua evoluzione storica,
ponendo particolare attenzione alle fonti normative che lo hanno introdotto
e regolato.
Un attenta analisi sarà dedicata all’aspetto previdenziale del contratto di
formazione e lavoro,con riferimento agli oneri sociali,alle varie forme di
assicurazione,al trattamento economico di malattia e di maternità,alla cassa
integrazione e al trattamento di disoccupazione.
Seguirà l’analisi del contratto di formazione e lavoro a livello comunitario,
in particolar modo concentrando l’attenzione su una sentenza della Corte di
giustizia europea che ha condannato il nostro Paese ad un obbligo di
recupero delle agevolazioni contributive,con decisione della corte di
5
Introduzione
giustizia europea del 7 marzo 2002(c-310/99).
Il lavoro si conclude con una rassegna delle modifiche recenti e delle
proiezioni future dell’istituto oggetto della nostra ricerca, tra i quali
assume particolare rilievo il passaggio dal contratto di formazione e lavoro
al contratto di inserimento.
L’analisi si conclude con una rassegna delle modifiche recenti e delle
proiezioni future dell’istituto oggetto della nostra ricerca, tra i quali
assume particolare rilievo il passaggio dal contratto di formazione e lavoro
al contratto di inserimento.
6
CAPITOLO PRIMO
LE ORIGINI E LE FONTI DEL C.F.L.
SOMMARIO
1.1 L’introduzione e disciplina dell’apprendistato come antecedente logico temporale del
c.f.l..- 1.2 L’origine della normativa sul c.f.l., in altre parole la l. 1° giugno 1977, n. 285.-
1.3 Le novità in tema di formazione professionale nella l. 25 marzo 1983, n. 79 ed il
successo del c.f.l..- 1.4 La l. 19 dicembre 1984, n. 863 in tema di sostegno ed incremento dei livelli
occupazionali realizzati attraverso l’utilizzo del c.f.l..- 1.5 L’evoluzione della normativa nella
l. 19 luglio 1994, n. 451. La formazione professionale come strumento di promozione
dell’occupazione.- 1.6 La formazione professionale nella politica attiva del lavoro in relazione agli
apporti innovativi della l. 24 giugno 1997, n. 196.- 1.7 L. 17 maggio 1999, n. 144, misure in
materia di investimenti, delega al governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e
della normativa che disciplina l’i.n.a.i.l., nonche’ disposizioni per il riordino degli elementi
previdenziali.- 1.8 Il mercato del lavoro.- 1.9 Il progetto di formazione.- 1.10 Il contenuto del
progetto di formazione.- 1.11 La specialità del c.f.l..- 1.12 La formazione professionale.
1.1 L’introduzione e disciplina dell’apprendistato come antecedente
logico temporale del c.f.l..
La formazione professionale dei giovani si è geneticamente basata su di uno
dei più antichi rapporti di lavoro “speciali” conosciuti ed utilizzati, fin
dall’età delle corporazioni d’arti e mestieri, ovvero il rapporto di tirocinio o
apprendistato
1
.
1
MELE, Il contratto di formazione e lavoro, piano straordinario per l’occupazione giovanile,
Giuffrè, Milano,1995, 5-10.
PAGANO, Il contratto di formazione e lavoro, in PAGANO, Il contratto di formazione e
lavoro fra legislazione e contrattazione. Normativa nazionale e normativa regionale siciliana:
Atti del Convegno di Catania, 24-25 novembre 1989, Giuffrè, Milano, 1991, 21-32. FANELLI,
Il controllo giudiziale sul contratto di formazione e lavoro, in PAGANO, Il contratto di
formazione e lavoro fra legislazione…, 127- 133.
7
Capitolo Primo - Le origini e le fonti del c.f.l.
Tale rapporto è definito dall’art. 2 della l. 19 gennaio 1955, n. 25
2
, come:
“Uno speciale rapporto di lavoro, in forza del quale il datore di lavoro ha il
dovere di impartire o fare impartire, nella sua impresa, all’apprendista
assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario a conseguire
la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone
l’attività nell’impresa medesima”.
In passato, l’apprendistato era visto come l’insegnamento che il soggetto
chiedeva al principale e che questi si obbligava a fornire in cambio di un
corrispettivo pagato dal tirocinante.
Con il r.d.l. 21 settembre 1938, n. 1906, sulla disciplina dell’apprendistato,
si usa per la prima volta tale termine per indicare il rapporto che comporta
l’obbligo per il datore di lavoro di “fargli acquisire una professionalità e di
retribuire le prestazioni dell’apprendista.
La disciplina del contratto d’apprendistato è contenuta negli artt. 2130-2134
c.c.,nella l. 19 gennaio 1955, n. 25 (disciplina dell’apprendistato) e
relativo regolamento d’esecuzione, nella l. 2 aprile 1968, n. 424, nella l. 28
febbraio 1987,n. 56, nella c.d. l. Treu del 24 giugno 1997, n. 196
3
,
nel d.m. 8 aprile 1998,nonché, da ultimo, nel d.m. 20 maggio 1999
4
4.
L’apprendistato rientra nei rapporti speciali di lavoro giacché si ritiene
2
L. 19 dicembre 1955, n. 25, pubblicata in GAZZETTA UFFICIALE 14 febbraio 1955, n. 36.
Si veda anche il commento di ARRIGO’, L’intervento pubblico contro la disoccupazione
giovanile in Italia,in AA. VV., L’occupazione giovanile, Giuffrè, Milano, 1983.
3
Nella l. 24 giugno 1997, n. 196, l’APPRENDISTATO è disciplinato all’art. 16, ma tale
articolo è stato di recente modificato dal d.l. 1° luglio 1999, n. 214, pubblicato in GAZZETTA
UFFICIALE 2 luglio 1999, n. 153. La modifica praticamente attiene alle agevolazioni
contributive inerenti all’obbligo formativo che ricade sul datore di lav.
4
D.M. 20 maggio 1999, pubblicato in GAZZETTA UFFICIALE 15 giugno 1999, n. 138.
8
Capitolo Primo - Le origini e le fonti del c.f.l.
che la giovane età dell’apprendista sia una causa di sotto protezione
sociale
5
.
Fino a qualche anno fa tale rapporto di lavoro sembrava essere in declino,
infatti, era utilizzato solo in pochi rapporti di lavoro, ad esempio
l’artigianato, poiché era venuta meno sia la funzione sociale
dell’apprendistato nell’industria tradizionale, visto il contenuto
professionale povero dell’apprendista, sia anche nell’industria tecnologica,
siccome il contenuto professionale qui richiesto era elevato ed era,
quindi, tale da non giustificare la presenza dell’apprendista.
Alla luce della normativa poc’anzi menzionata, e con l’intento di favorirne
una ripresa attraverso incentivi e sgravi contributivi
6
per datori di
lavoro che lo utilizzeranno, schematicamente possiamo evidenziare che
il legislatore prevedeva che: 1) l’aspirante apprendista deve iscriversi in
appositi elenchi presso l’ufficio di collocamento, a cui poi si rifaranno
le imprese; 2) il numero di apprendisti occupabili in un’azienda non
deve superare il numero dei lavoratori dipendenti effettivi, e se il
numero di lavoratori dipendenti sia qualificati che specializzati è inferiore
alle tre unità, non si possono assumere apprendisti in misura superiore a tre
unità; 3) il rapporto di lavoro è possibile solo dopo autorizzazione
della Direzione Provinciale del lavoro e dei Servizi Ispettivi; 4) gli
apprendisti da assumere sono solo quelli reperiti attraverso l’Ufficio di
5
GHERA, Diritto del lavoro, Cacucci, Bari., 1996, 327-332.SCOGNAMIGLIO, Formazione e
lavoro, in PAGANO, Il contratto di formazione e lavoro fra legislazione…,243-249.
6
In materia di incentivi per l’utilizzo del contratto di apprendistato si può fare rinvio a quanto
di recente nella L. 17 maggio 1999, n. 144, in G.U. 22 maggio 1999, n. 118, s.o..
9
Capitolo Primo - Le origini e le fonti del c.f.l.
collocamento mediante assunzione nominativa e solo dopo un accertamento
sanitario della idoneità fisica al particolare lavoro da svolgere; 5) l’età
dell’apprendista va dai 16 ai 24 anni, 26 anni al sud. Nel settore
dell’artigianato i c.c.n.l. possono elevare i limiti di età fino al 29° anno di
vita; 6) la durata massima non può superare i 4 anni, mentre la
minima è di 18 mesi; 7) l’apprendista non può svolgere lavori troppo
gravosi, ne’ può essere adibito a mansioni non consone alla specialità
professionale per cui è assunto; 8) è vietata la retribuzione a cottimo
(art. 36 Cost.); 9) le ferie non possono essere meno di 30 giorni per i
minori di anni 16 e di 20 giorni per gli altri.
Proprio la legge Treu ha ampliato la fascia di età e le caratteristiche dei
giovani che possono essere assunti come apprendisti potenziando il
momento formativo da svolgere all’esterno dell’azienda
7
.
Da ultimo il d.m. 20 maggio 1999
8
individuò, ottemperando ai principi
della l. 17 maggio 1999, n. 144
9
, sia i contenuti dell’attività formativa degli
apprendisti, sia delle linee guida per le Regioni al fine di garantire
una programmazione coerente delle attività formative.
Proprio alle Regioni, il legislatore ha delegato il dovere di proporre le
7
GAROFALO, Giovani e lavoro, in DPL, 1997, 2102-2119.
ROCCELLA, C.f.l. e apprendistato nella l. 196/1997, in DPL, 1997, 2575
ROCCELLA, I rapporti di lavoro atipici in Italia dall’Accordo tripartito del 23 luglio 1993
alla legge 196/1997, in RGL, 1998, 3 e ss..
8
SANTARELLI, Apprendistato: l’equilibrio tra formazione interna ed esterna, in GL, 1999, XXV,
14-15.
9
Va ricordato che proprio tale legge con l’art. 69, oltre a tracciare il percorso formativo
che consente all’apprendista di assolvere al c.d. “obbligo formativo”, ha articolato in due
parti il “nuovo contratto di apprendistato”: una parte quella esterna alla azienda, ed una interna
affidata ad un tutor.
10
Capitolo Primo - Le origini e le fonti del c.f.l.
iniziative formative alle aziende, che per beneficiare delle agevolazioni
contributive sono obbligate ad inviarvi gli apprendisti
10
.
Visto tutto ciò il rapporto di lavoro dell’apprendista rientra nella disciplina
del lavoro subordinato come la specie nel genere
11
.
Va da sé che l’apprendistato è ictu oculi l’antecedente logico temporale per
cui si è giunti all’introduzione nel nostro ordinamento giuridico del
contratto di formazione e lavoro
12
(da ora in poi: c.f.l.).
Molto arduo è individuare dei criteri di differenziazione tra il c.f.l. ed il
contratto di apprendistato, ma la Corte Costituzionale con la sentenza 15
maggio 1990, n.245
13
, evidenzia che la funzione del primo è di
“facilitare l’inserimento dei giovani nelle occupazioni alle dipendenze di
imprese di produzioni in serie, nelle quali il progresso tecnologico e la
connessa evoluzione dell’organizzazione del lavoro hanno prodotto una
frantumazione degli antichi mestieri”, mentre il secondo “è un mezzo
adeguato per l’apprendimento di un mestiere altamente qualificato
esercitabile anche in qualità di lavoro autonomo”.
Sinteticamente il c.f.l. ha una funzione occupazionale, mentre
l’apprendistato ha funzione formativa (anche se oggi nel settore industriale
tale figura non ha alcun rilievo poiché non è più necessario far acquisire,
10
Tale potere è derivato ex D.L. 27 luglio 1999, n. 214, che ha modificato l’art. 16, 2° comma,
della l. 24 giugno 1997, n. 196. Per una sintesi cronologica delle normative de quibus:
BONATI, Apprendisti: alle Regioni il compito di proporre le iniziative formative, in GL, 1999,
XXXII-XXXIII, 36-38.
11
LOY, Il contratto di formazione e lavoro, in Il diritto del lavoro dopo la “emergenza”, in
AA.VV., Giuffrè, Milano, 1988, 85-87.
12
OLIVELLI, Il lavoro dei giovani, Giuffrè, Milano, 1981, 234-240.
BALANDI, Occupazione giovanile, in NNDI-Appendice, Torino, 1985, 370.
13
CORTE COSTITUZIONALE 15 maggio 1990, n. 245, in GC, 1990, I, 1509-1515.
11
Capitolo Primo - Le origini e le fonti del c.f.l.
mediante tirocinio, un mestiere).
1.2 L’origine della normativa sul c.f.l., in altre parole la l. 1° giugno
1977, n. 285.
L’apprendistato ha svolto una funzione di preparazione professionale ed al
contempo d’inserimento nel mondo del lavoro per i giovani,
anche se la costituzione del rapporto di lavoro può avvenire in modi
differenti ed anche se la formazione professionale può essere impartita dal
sistema scolastico.
Tuttavia, l’apprendistato trova il suo elemento di caratterizzazione proprio
nel prevedere la formazione professionale contestualmente al rapporto di
lavoro, ed altresì nel fornire, al termine, una qualifica professionale
valida per l’iscrizione all’ufficio di collocamento.
Il c.f.l. è apparso nel panorama giuridico italiano con l’art. 7 della l.
1 giugno 1977, n. 285
14
(Provvedimenti per l’occupazione giovanile), con
una finalità non dissimile da quella propria dell’apprendistato, anche se
quest’ultimo “non ha rappresentato un reale momento di qualificazione
della forza lavoro giovanile quanto piuttosto uno strumento per potere
utilizzare forza lavoro a più basso costo”
15
.
14
Per una analisi più dettagliata della l. 1° giugno 1977, n. 285, cfr.: GAROFALO-
MAZZAMUTO, La legge sull’occupazione giovanile, in RGL, 1977, I, 845.
BALANDI-TREU-LOY, Commento alla legge 1°giugno 1977, n. 285, Le nuove leggi civili e
comm., 1978, 515.
OLIVELLI, Il lavoro dei giovani…, 220 e ss..
15
LAGALA, I contratti di formazione lavoro: una occasione perduta, in Crisi occupazione e
legge di GAROFALO, Cacucci, Bari, 1985, 94.
12