II
Si è temuto che il ricorso eccessivo e indiscriminato alle risorse naturali
avrebbe determinato gravi danni all’ecosistema e alla vita stessa del
pianeta nonché un divario insanabile tra il Nord ricco e il Sud povero.
Naturalmente questa preoccupazione era fondata su analisi scientifiche e
concrete che lasciavano intravedere, con chiarezza, come le previsioni
sulla domanda di risorse materiali ed energetiche a medio e a lungo
termine da parte di un’economia mondiale fossero di gran lunga superiori
a quelle sull’offerta disponibile e aumentassero a ritmo esponenziale.
Partendo da queste considerazioni, una consistente serie di ricerche
sull’ambiente e sull’economia danno l’avvio a numerose conferenze e
rapporti ufficiali che troveranno la loro maturità nel moderno concetto di
“sviluppo sostenibile”.
L’inizio di questo percorso ha luogo nel 1968 con il Club di Roma,
associazione impegnata ad elaborare politiche economiche su modelli di
sviluppo alternativi a quello dominante e con una nuova attenzione alle
realtà sociali e ambientali. Nel 1972 con il rapporto Meadows (I limiti dello
Sviluppo, 1972), si avvia una riflessione scientifica intorno ai possibili
equilibri futuri del pianeta sulla base della crescita demografica e
dell’esaurimento delle risorse della terra.
Nello stesso anno le Nazioni Unite organizzano la Conferenza di
Stoccolma sull’ambiente umano e sui nuovi strumenti per garantire alle
generazioni presenti e future di tutto il mondo, un pianeta risanato e
capace di offrire sviluppo e benessere.
III
Nei decenni successivi gli studi e le iniziative proseguono e nel 1987 viene
pubblicato il Rapporto Brundtland con la prima definizione storica di
“Sviluppo Sostenibile” ed il principio di equità intergenerazionale. L’ OMS
(Organizzazione Mondiale per la Sanità) si pone l’obiettivo di tutelare e
accrescere il benessere fisico, mentale, sociale e ambientale delle
comunità urbane con il Progetto “Città Sane”. Circa 800 città europee
hanno sviluppato programmi per aumentare il livello di coscienza sulla
salute.
Nel 1992, a Rio de Janeiro, è indetta la conferenza “Earth Summit da
parte delle Nazioni Unite. Vi prendono parte oltre 100 capi di stato ed è
pubblicata Agenda 21, un voluminoso documento contenente indicazioni
per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile nel 21° secolo.
La risposta europea alla conferenza di Rio ha luogo nel 1994 ad Aalborg
(Conferenza Europea sulle Città Europee Sostenibili) dove è pubblicata la
Carta di Aalborg che si impegna a tradurre in realizzazioni pratiche la
sostenibilità secondo i principi di Rio. Si supera in tal modo l’idea di
sviluppo sostenibile brundtlandiano che, per quanto suggestiva e
stimolante, è stata oggetto di critiche e di scetticismo da parte dei gruppi
ecologisti più intransigenti che ne hanno denunciato l’antropocentrismo e
l’incapacità di interpretare il problema dal punto di vista soggettivo
dell’ambiente.
Interessante a questo proposito la riflessione di L.F.Girard, sulla “tensione”
esistente tra i termini Sostenibilità e Sviluppo. Sostenibilità rinvia all’idea di
IV
mantenimento e conservazione nel tempo, soprattutto nel lungo periodo,
delle condizioni esistenti, e la capacità di dare un supporto, un
sostentamento, senza produrre degrado. Sviluppo implica cambiamento,
trasformazione dello status quo, alterazione, modifiche e quindi instabilità,
fluttuazioni. (L.F. Girard, Valutazioni e Processo di Piano, Alinea, Firenze
1996 ).
L’economista ambientale Herman Daly amplia il concetto della Brundtland e
del World Conservation Union affermando che per uso sostenibile delle
risorse si intende un tasso di utilizzo non eccedente la riproduzione e la
rinnovabilità delle risorse naturali e la capacità assimilativa dell’ambiente.
(H.E. Daly “Toward some operational principles of sustainable
development ”, Ecological Economics, 2, 1-6. 1990). Si giunge con queste
premesse e riflessioni alla Conferenza di Rio, dove la biodiversità e
l’approccio ecosistemico sono stati dibattuti ampiamente e si è giunti ad
una possibile gestione sostenibile delle risorse presenti con un approccio
integrato che miri alla salvaguardia e alla gestione degli ecosistemi più
vicina alla teoria di Van Berg (Libro Verde sullo Sviluppo Sostenibile 1998
Enea), al contempo è stata criticata la posizione oltranzista di alcuni
ambientalisti in quanto non si può esprimere la qualità ambientale soltanto
in termini di quantità e tassi d’inquinamento ma anche di fruibilità e di
giusto uso dell’ambiente a favore della salute dell’uomo.
L’ambiente costruito coincide con l’habitat umano con il modo di vivere,
alimentarsi e curarsi dell’uomo, che però oggi può scegliere nuove
V
tecnologie di ultima generazione che gli consentono di minimizzare
l’impatto dei processi inquinanti e di riusare sistematicamente i
sottoprodotti.
Il modello urbano è stato oggetto di grande attenzione a Rio perchè esso
è ovunque in continua crescita, dovendo ospitare una popolazione che si
è decuplicata durante lo scorso secolo e che rappresenta il 45% della
popolazione totale con oltre 400 città che superano un milione di abitanti.
Questo processo di crescita coinvolge sia il nord che il Sud del mondo con
la differenza che nel Nord del pianeta le città si sviluppano invecchiando
nella popolazione, impoverendo il loro patrimonio storico e sociale e
aumentando i consumi delle risorse naturali, mentre nel Sud del mondo le
città vanno costituendosi a ritmi velocissimi e insostenibili.
Tutte le attività relative alla costruzione e alla vita nelle città sono
inquinanti; la città si comporta come una consumatrice inefficiente il cui
metabolismo produce emissioni e rifiuti che vengono trasportati in aree
extraurbane sempre più esterne.
In tal modo l’impronta ecologica che supera i confini della città e interessa
aree ben più estese, pone in relazione il locale e il globale e induce alla
ricerca e all’impegno dei governi a minimizzare ogni possibile causa di
perturbamento partendo proprio dalle città e dalla loro organizzazione.
Nelle attuali aree urbane dove è concentrata una popolazione differente
per età, cultura e reddito, in un ambiente depauperato dove scarseggiano
VI
il verde, il silenzio, l’aria e l’acqua pulite, il paesaggio e i beni culturali, i
potenziali motivi di conflitto rischiano di diventare esplosivi.
A tal proposito è interessante notare come Daly definisce l’impatto antropico
o l’impronta ecologica secondo un teorema di sovvertimento della
produzione: “Oggi, la quantità di petrolio greggio estratta è limitata dalla
disponibilità di petrolio nei pozzi (o anche dalla capacità dell’atmosfera di
assorbire CO2), non dalla capacità di estrazione. La produzione agricola è
spesso limitata dalla disponibilità d’acqua, non dai trattori o dalle mietitrici.
Siamo passati da un mondo relativamente ricco di capitale naturale e privo
di capitale prodotto (e di uomini), ad un mondo che è, al contrario, povero di
capitale naturale e ricco di capitale prodotto. Nella passata era di “economia
da mondo vuoto”, il capitale umano era, come abbiamo visto, il fattore
limitante. Ora stiamo entrando in un’era di “economia da mondo pieno”, in
cui il capitale naturale sarà sempre più il fattore limitante” (Herman E.Daly
1991, From empty world economics to full world economics: recognizing an
historic turning point in economic development. In Enviromentally
Sustainable Economic Development: Building on Brundtland, R.Goodland,
H. Daly, S.El Serafy and B. von Droste (eds). Paris: UNESCO).
Porre rimedio a questi mali, significa pensarli nel loro reale intersecarsi,
nel loro coesistere, avviando pertanto una sostenibilità che tenga conto
del bene dell’uomo e dell’ambiente contemporaneamente e in modo
integrato.
VII
Ciò che si chiede alla città moderna è diventare attrice del recupero e della
riqualificazione ambientale di ecosistemi economicamente più deboli, ma
ecologicamente più importanti per il futuro del pianeta.
Il tema della sostenibilità, così inteso, ormai ampiamente penetrato nei
processi decisionali europei e nelle direzioni prese dai finanziamenti, si
pone al centro di una grande campagna che partendo da Rio de Janeiro e
Aalborg, ha coinvolto più di 1.600 città all’adozione di Agenda21 Locale a
favore della sostenibilità urbana con progettazioni e realizzazione di azioni
concrete.
Il bilancio positivo di quei comuni europei, che hanno già avviato i loro
piani di azione, hanno rafforzato la fiducia nella sostenibilità e
incoraggiato nuove adesioni.A21L è diventata l’occasione per lanciare
programmi di progresso di rinnovamento edilizio nei centri e nelle periferie
urbane per mezzo di una rete di interventi integrati mirati al riciclo delle
risorse naturali, a garantire la mobilità con mezzi pubblici non inquinanti, a
migliorare la convivenza sociale e la qualità della vita di tutti.
Per garantire il successo delle iniziative, alla pubblica amministrazione.
È stato richiesto di comportarsi come un soggetto trasparente capace di
produrre, far circolare e migliorare l’informazione necessaria a favorire e
ad accrescere la consapevolezza sociale.
Per quanto riguarda l’A21L in Italia, va evidenziata la distanza delle città
italiane dalle tante città europee i cui ministeri dell’ambiente e le
VIII
amministrazioni comunali hanno aderito alla Carta di Aalborg con
sollecitudine iniziando progettazioni e interventi, oggi visibili.
Questo scarto temporale è in parte dovuto all’adozione di altri modelli
d’intervento nel territorio, in particolare, I Patti Territoriali.
Ci sembra doveroso nell’economia del nostro lavoro accennare a questa
tipologia di intervento, mirato al raggiungimento dell’obiettivo risanamento
ambientale, creazione posti di lavoro al quale hanno preso parte varie città
inclusa Catania.
Ciò avveniva negli anni ’90 con l’acquisizione di una coscienza diffusa che
la crescita economica dovesse prendere le mosse da un adeguato
risanamento ambientale, naturale e urbano, secondo le linee
programmatiche dei Patti Territoriali, nati nel Mezzogiorno d’Italia come
strumento di sviluppo e programmazione dal basso del proprio destino
comunitario. All’interno dei Patti vigeva la logica della contiguità e
sussidiarietà, l’unica che consentiva il doppio percorso dal globale al locale
e viceversa. Senza questo meccanismo di andata e ritorno si perde di vista
il senso del cambiamento e ci si consegna mani e piedi al localismo asfittico
privo di respiro strategico o al globalismo astratto- catastrofista o entusiasta
secondo i punti di vista di quanti non riescono a cogliere le concrete
determinazioni che il territorio impone anche alle iniziative imprenditoriali più
internazionalizzate (De Rita G., Bonomi A., Manifesto per lo sviluppo
Sociale, Bollati Boringhieri, Torino 1999).
IX
I sindaci sono stati gli attori principali dello sviluppo territoriale, in
concertazione con imprenditori industriali, forze sociali e istituti di credito.
E’ accaduto però, che la debolezza di una delle parti abbia compromesso
la buona riuscita del progetto; quanto meno di alcuni obiettivi. Se una delle
parti è debole, il Patto decolla male, se la perimetrazione territoriale è
limitata, lo sviluppo e le opportunità di lavoro saranno anch’essi limitati, se
non si dà l’adeguata importanza sia all’ambiente che allo sviluppo
economico il degrado coinvolgerà negativamente entrambi e infine, come
di fatto si è verificato, la politica diventa il motore primo del risanamento e
dello sviluppo, il rischio di una compromissione del progetto diventa
inevitabile.
Avviene pertanto che i risultati siano notevolmente inferiori alle aspettative,
che il risanamento appaia troppo frammentato e presente in porzioni
territoriali esigue e che i posti di lavoro siano inferiori a quelli stimati. Dei
Patti Territoriali occorre, però, conservare la memoria di vicende che, nel
bene e nel male, sono ricche di indicazioni per quanti oggi intendano
misurarsi con lo studio e la pratica dello sviluppo locale. Una storia nella
quale le sconfitte e le occasioni perdute sono forse più numerose dei
successi ma che, proprio per questo, dobbiamo considerare preziosa.
Catania si colloca fra le città che, solo recentemente ha adottato un’A21L
dopo le esperienze dei Patti Territoriali ed è pertanto, impossibile tirare le
somme definitive degli impegni presi e delle azioni avviate, così come non
X
ci è ancora dato di sapere quanti e quali progetti sono stati riconosciuti
validi e meritevoli di finanziamento.
I progetti presentati alla Commissione Europea sono numerosissimi,
economicamente onerosi ma sicuramente tutti necessari al
raggiungimento di un risanamento integrato.
Al fine di illustrare lo spirito e il modus operandi dell’A21L a Catania
abbiamo diviso il presente lavoro in quattro capitoli, il primo dei quali
descriverà la realizzazione di un’A21L dal momento dell’adozione, alla
presentazione del Rapporto sullo Stato dell’Ambiente, al Forum, alla
pianificazione dei progetti e del Piano Operativo. Daremo rilievo
all’assoluta novità dell’A21L, che si propone come strumento democratico
sia per la sua concertazione dalla base con il Forum dei cittadini
rappresentati da varie associazioni che per l’opera di sensibilizzazione e di
rieducazione ambientale della comunità. Nel capitolo successivo abbiamo
seguito l’iter di alcune importanti esperienze di Agenda21Locale in Europa
e in Italia.
Le città europee, sentito il Forum dei cittadini, hanno trasformato le
esigenze della popolazione in programmi e azioni, diversificati in base alle
necessità specifiche delle singole città. Alcuni casi esemplari, tra cui la
città di Ferrara, sono stati premiati per correttezza, democrazia e
tempismo oltre che per i risultati concreti.
XI
Il terzo capitolo entra nel merito delle problematiche ambientali e urbane di
Catania grazie alle informazioni fornite dal “Primo Rapporto sullo Stato
dell’Ambiente della Città di Catania (Ed. Renna, Palermo,2002).
Il quadro che ne deriva evidenzia, oltre alle problematiche comuni alla
maggior parte delle città europee, la pericolosità sismica e vulcanica del
nostro territorio.
Inoltre, similmente ad altre realtà urbane a Sud dell’Europa e dell’Italia,
emerge prepotentemente la questione sociale con alti tassi di povertà,
di mortalità scolastica, di scarse opportunità educative extra-scolastiche
e di disoccupazione; i quartieri ghetto centrali e periferici, costellati da
abitazioni fatiscenti o di scarsa qualità costituiscono i luoghi più idonei al
proliferare della criminalità.
Nel quarto ed ultimo capitolo, presentiamo i progetti con i relativi Piani di
Azione. Quattro progetti in particolare verranno attenzionati poiché attivati
– Il Progetto di Contabilità Ambientale, il Progetto San Cristoforo,
l’Agenda21 Junior e il Progetto sulla Mobilità.
Pur essendo nella fase di attuazione di questi progetti, è possibile
individuare i primi interventi sparsi per la città, la cui eccessiva
frammentazione non consente, al momento, di cogliere cambiamenti
essenziali nell’ambiente e nella società.
Da informazioni raccolte presso gli uffici competenti del Comune di
Catania e l’ufficio A21L, abbiamo avuto modo di apprendere che molti
XII
lavori, tra i quali il recupero del quartiere San Cristoforo, sono fermi e in
attesa dei fondi necessari al loro compimento.
L’A21L catanese si rivela, nella sua fase pragmatica, un percorso lungo a
volte lento destinato a conoscere momenti di stasi, dovuti ai finanziamenti
non pervenuti e in senso generale, alla mancanza di spirito di solidarietà
intergenerazionale che prevede atteggiamenti culturali e politici del tutto
nuovi. Tuttavia Il lavoro dei gruppi tematici del Forum di Agenda 21 locale
del Comune di Catania è stato ripreso a novembre 2005 entrando così nel
vivo della fase operativa dell’Agenda21.
Il percorso che descriveremo nel corso del nostro lavoro ha lo scopo di
dimostrare che la sostenibilità può essere raggiunta solo su base locale
lavorando secondo una tecnica di mosaico capace di inglobare comuni
contigui in un’ottica di sviluppo durevole.